domenica 28 ottobre 2007

Caso Calabria: dal potere illegale all’arretratezza. Il compito del C.S.M.


di Claudio Nunziata
(Magistrato)


Il caso Catanzaro viene rappresentato come manifestazione di interferenza del potere esecutivo nell’esercizio della giurisdizione e di sovraesposizione e protagonismo eccessivo di un magistrato.

Ma paradossalmente questi aspetti - intollerabile in uno stato di diritto il primo e riferibile solo a problemi di immagine il secondo - sono solo le manifestazioni meno preoccupanti del grumo di illegalità che è stato scoperchiato. Ed esso evidenzia non tanto una situazione di pericolo (l’attentato alla giurisdizione) ma al contrario un danno già realizzatosi per l’avvenuto collasso in quel territorio di tutti i meccanismi di controllo di legalità istituzionale, e prima ancora di quelli giudiziari, degli ordinari controlli amministrativi, che solo l’attivismo indagatorio di un pubblico ministero – anomalo in quel sistema – ha fatto emergere.

Una anomalia di sistema di dimensioni allarmanti tale da annullare ogni significato della parola legalità e levare ogni senso alla tutela dei diritti a qualsiasi livello.

A qualsiasi commentatore che viva lontano da quel territorio, per quanto attento osservatore e strenuo assertore del principio di legalità, l’interferenza, che già appare come un momento di crisi grave per lo stato di diritto, viene ritenuta sintomatica del fatto che una parte del paese è ostaggio della delinquenza organizzata e della insufficienza di mezzi per contrastarla.

Ma costui non percepisce che sono vasti settori delle istituzioni e del ceto politico - succubi della delinquenza affaristica - a favorire la formazione di un intreccio di interessi trasversali che ha sostituito ai principi dello stato di diritto quelli della gestione concertata a fini privati di interessi volti prioritariamente ad intercettare gli ingenti finanziamenti statali ed europei per poi creare un sistema di coperture con la disarticolazione completa dei controlli di legalità, a tutti i livelli.

In Calabria, se parli di diritti e di legalità, ti ridono in faccia, ti considerano una persona strana incapace di comprendere le complessità di quella terra ed i parametri delle regole di fatto che devono essere rispettate.

Non vi è dubbio che vi sono anche rare aree di eccellenza che sfuggono a queste logiche, che vi sono tanti servitori dello stato che non partecipano alla divisione di questa torta, ma tutti costoro, nella migliore delle ipotesi, non sono in grado di cambiare le cose e considerano un suicidio denunziare le anomalie che emergono alla loro attenzione, nella più frequente delle ipotesi sono costretti anche a sporcarsi le mani o ad abbozzare.

In qualsiasi paese della Calabria circolano da tempo voci di coinvolgimento nei più lucrosi, e poco trasparenti, affari di società nelle quali al fianco di affaristi di vario genere compaiono nomi di magistrati, funzionari, ufficiali di polizia giudiziaria. Per ogni tipologia di affare una società e tutte le coperture che sono necessarie nei vari settori.

Probabilmente su ognuna di queste manifestazioni della autonomia contrattuale nulla si potrebbe obiettare, ma quando questo modulo operativo diventa sistema, allora un qualche problema si pone. E se i vari organismi di controllo non hanno la forza di analizzare questi fenomeni, se questi risultano sconosciuti agli organi di polizia, alle tante stazioni dei carabinieri diffuse sul territorio o se non trovano ascolto in alto loco le anomalie da essi rappresentate, vuol dire che il malessere è più profondo di quanto sia stato percepito.

Non rappresenta una giustificazione sufficiente che molti servitori dello Stato e molti operatori di enti locali di quei territori non hanno esperienza degli standard di legalità che sono richiesti in Europa e nel resto del paese. Questi dovrebbero essere rammentati con adeguate iniziative delle Procure della Repubblica, che, invece, presentano – come quasi tutti gli uffici giudiziari meridionali - il più basso rendimento rispetto alla media di tutti i corrispondenti uffici di altre aree del paese (fanno eccezione 9 sedi su 57, tra i tribunali con più di 30 magistrati solo Palmi e Taranto - l’analisi è stata compiuta valutando il rendimento unitario negli uffici in relazione al numero di magistrati in organico). Una magistratura inquirente spesso sonnacchiosa, poco curiosa, talvolta oppressa da condizionamenti ambientali che sembra siano stati messia nudo dal lavoro di De Magistris.

E’ evidente che è questo l’allarme che egli tenta invano di lanciare e che costantemente viene eluso, anche dal Consiglio Superiore della Magistratura e da alcune componenti della Magistratura che, per quanto animate da una decisa volontà di ricreare un clima di fiducia, non riescono a percepire la parte più significativa e grave del problema.

Ed anche solo questa specifica carenza è motivo di allarme tale da giustificare l’insistenza con cui De Magistris torna pubblicamente sul problema, anche se con modalità che poi finiscono per non essere tanto efficaci.

Dove non c’è legalità non c’è sviluppo. Dove il principio della concorrenza e le leggi del libero mercato sono quasi completamente alterate non c’è stimolo alla crescita. Dove vige un sistema articolato e stratificato di potere illegale si precipita diritto diritto verso l’arretratezza. Ed è questa la situazione in cui versa la Calabria. Dove pure c’è tanta voglia di vantare e pretendere gli stessi diritti e lo stesso livello di legalità del resto d’Italia.

Chi ha il dovere di rispondere a questa pressante domanda pensa che sia sufficiente dare ascolto ai ragazzi di Locri, sfuggendo poi al dovere di analisi, di individuare le vera natura di questo cancro e di andare alle radici diffuse del problema.

Spero che lunedì il C.S.M. abbia l'occasione di mettere meglio a fuoco la sua attenzione sulle dimensione di questo sistema di potere tanto pervasivo da reagire con arroganza ed aggressività per evitare di essere messo in crisi, anche se ricercando una modalità meno brutale della eliminazione fisica, strada peraltro evocata dal dott. Chiaravallotti, secondo il tenore di una intercettazione diffusa dalla stampa.

Se questo sistema finirà per affermarsi, c’è rischio che finisca per essere praticato anche a livello nazionale e a contaminare le istituzioni democratiche molto di più di quanto non sia già avvenuto in passato.

9 commenti:

Gennaro Giugliano ha detto...

Mi chiedo solo sia l'.A.N.M che il C.S.M con tutte queste vicende che sono oramai palesi a tutti i cittadini perchè non sta avendo alcuna reazione, come se questa situazione fosse una routine qualcosa di normale,signori miei ma di normale qui non ci sta proprio nulla io vedo solo che ci sono apparati dello Stato,media,direttori di quotidiani che stanno portando avanti un disegno criminoso facendo l'impossibile per isolare e delegittimare magistrati che hanno toccato fili scoperti. Voi da che parte state ? Non vedo una massiccia mobilitazione della magistratura,cercate di darvi una smossa anche voi perchè la situazione in essere è estremamente grave ( vedi casi De Magistris e Forleo)

dott frosini ha detto...

le profonde implicazioni sul tessuto sociale e civile del Paese derivanti dall'avocazione dell'indagine "Why not" disposta dal procuratore generale f.f.,Dolcino Favi (2a avocazione in poco tempo per DeMagistris!),dimostrano che un'emergenza democratica è in atto. Ciò che un ministro della giustizia si è permesso di fare,con l'avallo di fatto del presidente del consiglio e del suo governo di centro-sinistra (fa eccezione sostanzialmente il solo Di Pietro) lo dimostra.Ma all'emergenza sappiamo rispondere. F.Frosini,Meetup Empoli

la giustiziera della notte ha detto...

Complimenti per il bellissimo ed utilissimo blog. Sono una studentessa di Giurisprudenza e credo nell'esempio degli uomini che hanno combattuto per un'Italia migliore. Grazie anche a voi che portate avanti questa campagna di legalità in internet.

Gennaro Giugliano ha detto...

dal sito della repubblica

http://www.repubblica.it/2007/09/sezioni/politica/mastella-replica/mancino-intervista/mancino-intervista.html

Penso che il sig Mancino con questa dichiarazione sia proprio fuori luogo,si preoccupa di magistrati che fanno dichiarazione nei media,ma non si domanda perchè tali magistrati siano arrivati a questi estremi,forse la vita di De Magistris e Forleo per il sig Mancino equivalgono a prendersi un caffe al bar. Sig Mancino L'unica decisione valida che deve prendere il C.S.M è quella di restituire l'inchiesta why not a De Magistris per il ripristino della legalità,altre soluzioni decreteranno il fallimento della stessa C.S.M che per quello che mi riguarda in base alla stessa decisione potrebbe tranquillamente chiudere bottega perchè non tutela ne i magistrati e tantomeno i cittadini

salvatore d'urso ha detto...

Il Corriere invece scrive diversamente da Repubblica:

Scontro sui giudici in tv
Forleo: «Continuerò a parlare»
Il gip di Milano al contrattacco dopo la rinuncia alla scorta «Molti i magistrati indipendenti che si vogliono far sentire»

MILANO — «Finché non ci sarà un editto che stabilisca quali magistrati possono parlare e quali non possono, quando possono o non possono farlo, sempre al di là della riservatezza sulle questioni legate agli atti d'ufficio, io riterrò di parlare, come fanno gli altri miei colleghi, assumendomi tutte mie responsabilità. Ci sono molti magistrati indipendenti che vogliono far sentire la loro voce».

È sera quando Clementina Forleo, gip di Milano al centro di polemiche che partono da alcuni settori della politica per le sue prese di posizione e per le sue denunce, decide di rispondere con queste parole a chi l'ha criticata ancora una volta. Non fa il nome, ma è evidente che tra i bersagli ci sono anche le dichiarazioni dell'onorevole ed ex magistrato Luciano Violante. L'ex presidente della Camera dei deputati, intervistato ieri da Lucia Annunziata durante la trasmissione «In 1/2ora», ha bacchettato i magistrati che parlano in tv. Una giornata al contrattacco per Clementina Forleo. Con in testa quello che aveva spiegato a Pescara il giorno prima e che ieri ha ripetuto a chi le telefonava per darle solidarietà: «Borsellino ci ha insegnato che non bisogna cedere al ricatto dei poteri forti, qualunque colore essi abbiano e dietro qualunque colore si nascondano ».

La nuova polemica arriva il giorno dopo della decisione della Forleo, giudice dell'indagine milanese sulle scalate bancarie, di rinunciare alla scorta che le garantivano i carabinieri. Il motivo: erano apparse sulla stampa «notizie alterate ad arte e non corrispondenti al vero» sulle sue dichiarazioni spontanee fatte ai carabinieri di Milano. Ai militari la Forleo aveva riferito nomi (anche di magistrati, prefetti e appartenenti alle forze dell'ordine), fatti e circostanze sospette su minacce e intimidazioni ricevute. Nove pagine di verbale riempite nella caserma milanese di via Moscova dopo che le era arrivato un proiettile calibro 38 scarico con la frase «la prossima volta sarà reale». Nel verbale c'è anche un resoconto di quelle che lei ritiene siano state pressioni arrivate anche da personaggi istituzionali in coincidenza del suo impegno come giudice nell'inchiesta sulle scalate. «Non mi spaventano i proiettili che ho ricevuto e che potrò ancora ricevere e gli attacchi che ho ricevuto e riceverò in futuro da ambienti istituzionali colpevoli di gravi azioni e omissioni», aggiunge il giudice. La protesta è legata al fatto che, a suo parere, l'Arma non avrebbe indagato a fondo sulle sue denunce. La decisione di allontanare la scorta la Forleo l'ha presa a Pescara sabato dopo aver ricevuto commossa dalla mani di Olga D'Antona, moglie del giuslavorista ucciso dalle Br, il premio intitolato a Borsellino. Dopo molti tentativi dei carabinieri di convincerla a desistere e a farsi scortare, con fermezza il gip ha imposto ai militari di lasciarla andare. E ieri è rientrata da sola a Milano in aereo. Ad attenderla all'atterraggio a Linate ha trovato di nuovo i carabinieri con un'auto di servizio. Avrebbero voluto accompagnarla a casa. «No, grazie», ha risposto il giudice con la stessa fermezza del giorno prima. Quindi è salita nella vettura del marito, venuto a prenderla in aeroporto, ed è tornata a casa. Per tutta la giornata ha ricevuto decine di telefonate di solidarietà da colleghi e amici.

Giuseppe Guastella
29 ottobre 2007

salvatore d'urso ha detto...

E invece Grillo scrive sul suo Blog... e ora mi chiedo ma chi fa davvero libera informazione? Casi del genere dovrebbero scatenare le penne dei giornali... e invece...

La solitudine di Clementina


Paolo Mieli è il direttore del Corriere della Sera. Alcuni dicono che sia uno storico, altri lo credono un giornalista, molti pensano che sia il postino del consiglio di amministrazione di RCS. Paolone ha preso qualche anno fa, in tutta fretta, il posto di Ferruccio De Bortoli che si è rifugiato al Sole 24 Ore. I motivi della sua fuga non sono stati resi noti.
Di sicuro, dopo la sua uscita, la schiena del Corriere si è piegata ancora. Non sembrava possibile, ma Paolone ha fatto il miracolo. Il Corriere è allineato più di Fede, meglio di Riotta.
E’ il Popolo d'Italia con al posto di Mussolini i nuovi poteri forti. Il consiglio di amministrazione di RCS rappresenta la Confindustria e l’Associazione Bancaria Italiana. Cosa fa più paura ai poteri forti in quest’Italia senza guida e senza futuro? La risposta è una sola: la magistratura.
I magistrati che alzano la testa vanno delegittimati.
Sul perchè dei pubblici ministeri rischino la loro vita e quella dei loro cari di fronte all’ignavia dei politici e all’indifferenza (perchè disinformata) di gran parte dell’opinione pubblica non so darmi una risposta.
Non so le ragioni per cui una donna che si batte per far luce sulla vicenda Unipol sia isolata dai politici, diffamata, indotta al silenzio, minacciata e, nonostante tutto, non si arrenda.
Clementina Forleo ha pianto sabato mentre ritirava il «Premio Borsellino per l'impegno sociale e civile», perché stanca dei continui attacchi e dei tentativi di delegittimazione da parte di un giornale nazionale che da di lei “l'immagine di un fiume in piena e di una pazza”.
Luciano Violante, il companero di D’Alema e Fassino coinvolti nell’inchiesta Uniipol, ha dichiarato ieri: “Un magistrato non deve utilizzare i mezzi d'informazione per cercare consenso o farsi pubblicità”.
La Violante Rossa ha colpito ancora. I magistrati usano i media, quei pochissimi che ancora dicono la verità, per salvarsi la pelle. Più parlano, più rimangono in vita.
Clementina ha ricevuto molte minacce, una di queste: “Preannunciava entro la fine dell'estate la morte di entrambi i miei genitori, che effettivamente morirono in un incidente stradale il 25 agosto 2005", considerata una fatalità. Un'altra la riguardava direttamente: “Se non fossi stata attenta analoga sorte sarebbe toccata a me e a mio marito". L'incidente fu preceduto da un incendio “doloso” che devastò l'azienda agricola e la casa di famiglia.

Anonimo ha detto...

CLAUDIA SPIOMBI (TORINO)

PENSO CHE DE MAGISTRIS E LA FORLEO NON ABBIANO SBAGLIATO AD ANDARE IN TV, ANZI FANNO MOLTO BENE, PERCHE' FANNO CONOSCERE ANCHE ALLE PERSONE CHE SI INFORMANO POCO DI PROPRIA INIZIATIVA DI QUESTIONI CHE ALTRIMENTI I MEDIA CELEREBBERO IN OGNI MODO.
PARLARE DI INTRECCI TRA MAFIA E POLITICA NON E' UNA COSA NUOVA ED E' UN ARGOMENTO TROPPO SCOMODO PER I POLITICI CHE METTONO I BASTONI FRA LE RUOTE AI MAGISTRATI CON OGNI MEZZO SE NON ADDIRITTURA FANNO IN MODO DI NON FARLI PIU' AGIRE.
SE SERVE ANCHE A FARLI VIVERE PIU' TRANQUILLI E' BENE CHE SI ESPONGANO MEDIATICAMENTE PERCHE' SOLO COSI' LA GENTE LI PUO' DIFENDERE E SALVARE SENZA IN FIN DEI CONTI FARE NULLA E PRENDERSI RESPONSABILITA'.
CHISSA' COME MAI QUANDO E' IL MOMENTO DI AGIRE LE PERSONE FUGGONO. PROTEGGERE DEI MAGISTRATI CHE VOGLIONO FARE SOLO IL LORO DOVERE NON MI SEMBRA COSI' GRAVOSO E SCANDALOSO.
SE POTESSI FAREI BEN DI PIU'PER LORO: HO FIRMATO TANTE PETIZIONI PER DE MAGISTRIS.
I MAGISTRATI CHE VOGLIONO FARE IL PROPRIO DOVERE VANNO APPOGGIATI, NON DISTRUTTI SUL PIANO MORALE E PROFESSIONALE, A COMINCIARE DAI LORO COLLEGHI CHE DOVREBBERO ESSERE SOLIDALI CON LORO, MA QUESTO NON AVVIENE SE POI DEVONO CHIEDERE UN TACITO AIUTO ALLA GENTE.
E SOPRATTUTTO NON DEVONO ESSERE UN ECCEZIONE ALLE REGOLE DEL SISTEMA.

Anonimo ha detto...

Finalmente un' analisi seria, meditata, informata sul caso Calabria!
Finalmente qualcosa che non sia l'analisi - moralistica - sulle presunte colpe di De Magistris nell'indulgere a divenire fenomeno mediatico.
Sono davvero d'accordo con Claudio Nunziata che centra il cuore del problema: il comitato affaristico (e forse anche massonico, 'ndranghetista ) che coinvolge e/o lambisce le Istituzioni, ivi compresa la magistratura. Ovviamente, non tutta la magistratura. Ma certo se vogliamo essere seri, questo stato di cose è così da anni, quantomeno dal 1993, quando io arrivai alla Procura di Catanzaro, e Giuseppe Chiaravalloti era Avvocato Generale a Catanzaro.
E già allora, tra un procedimento disciplinare ed un altro in prima commissione, la situazione incancrenita degli ambienti giudiziari fu portata a conoscenza delle istituzioni (CSM, esimi colleghi della procura Generale della Cassazione e colleghi dell'ANM ) da numerosi magistrati perlopiù alla loro prima esperienza;
Nulla fu fatto, le cose continuarono come prima, seguitando continuando a scandalizzare chi giungeva da altre parti di Italia, e nella indifferenza o nella sopportazione dei più.
Io credo che se non partiamo dall'analisi che ci propone Nunziata, e di quella dibattiamo, se non discutiamo del perchè la magistratura non è stata capace di individuare le " mele marce" e di estrometterle dal corpo giudiziario, sprecheremo un'altra occasione importante di dare senso al nostro lavoro ed al nostro ruolo.
Perchè evidentemente il sistema non ha funzionato o non funziona, è chiaro che il "circuito dell'autogoverno" qualcuno se lo è "bevuto".
A meno che non ci basti e ci soddisfi stabilire se e quanto De Magistris ha sbagliato.
Per poi ricominciare a girare la testa dall'altra parte, noi così professionali e "deontologici" che sui giornali non ci andiamo mai.
E a credere che fare il nostro mestiere a Catanzaro sia, grosso modo, la stessa cosa che farlo a Pistoia o a Varese.
Ornella Galeotti
PM Pistoia, già PM in CZ.

ornella galeotti

Anonimo ha detto...

Quel che accade in Calabria(ma anche nelle altre regioni a controllo mafioso) è estremamente pericoloso,se non letale per qualunque paese in cui vige un simulacro di stato di diritto. Non si comprende quanto il funzionamento dela giustizia sia importante per l'Economia e per il funzionamento delle Istituzioni Democratiche . Inoltre è il caso di evidenziare che la Calabria esporta criminalità non solo nel resto d'Italia(nelle forme più disparate ,compreso l'inquinanento mafiso nell'informazione giornalistica) ,ma in tutto il mondo e,fatto ancora più deciso per il deficit di tutela reale dei diritti umani e giuridici dei cittadini italiani ,esporta avvocati ,che andranno ad ingrossare la" zona grigia",nell'italia del centro -nord ,dell'avvocatura al servizio degli affari dei mafiosi(creando zone di influenza negli ordini degli avvocati di tutte le città ),medici(che hanno comprato la laurea e che finiranno in qualche clinica del tipo S.Rita di Milano a far carriera ),ingegnieri di malaffare e sopratutto politici,di destra e di sinistra che sono capaci delle peggiori infamie collusive e corruttive. E'necessario capire che l'Italia non può avere un futuro se si accettano situazioni di degrado istituzionale quali sono quelle denunciate da De Magistris e tanto meno può averlo se magistrati abili ,capaci e coraggiosi come DE Magistris , Forleo e la Bocassini vengono costretti a dimettersi dall'associazione magistrati. Sarebbe ora che le istituzioni ,per tornare o ,forse per cominciare davvero a funzionare ,si liberassero dal cappio con cui il gorgo criminalità -affari imposto dall'appartenenza e dagli interessi di questo o a quel partito sta strangolando l'Italia. In questa direzione la magistratura ,fino a quando riuscirà ad essere indipendente, ha una responsabilità primaria . Credo che proprio questa consapevolezza abbia mosso il coraggio e la dedizione dei magistrati su indicati.