venerdì 21 dicembre 2007

Il giudice e le intercettazioni



Riportiamo un articolo del prof. Franco Cordero, pubblicato su La Repubblica di oggi.

L’autorevolezza scientifica e morale del prof. Cordero è massima, come sa chiunque ne conosca la storia personale e gli scritti. Gli siamo profondamente grati, come cittadini prima che come magistrati e avvocati, per avere speso, come sempre, con il coraggio e la rettitudine che gli sono propri, il suo impegno nel dire la verità sulle vicende che ci occupano in questi mesi.

Nel merito delle accuse alla collega Clementina Forleo, ieri, nella trasmissione Anno Zero, il prof. Cordero ha definito tecnicamente inconsistente l'atto di accusa del Procuratore Generale Delli Priscoli.



di Franco Cordero

In famose satire, vedi Rabelais, le dispute legali sono dialettica artefatta e coscienza volatile («Iuristen bose Christen», imprecava Lutero, cattivi cristiani) ma ogni tanto toccano i nervi sollevando questioni d’alto interesse etico e politico.

Consideriamo l’anatema disciplinare sull’ordinanza con cui un giudice delle indagini preliminari chiedeva a Montecitorio il permesso d’usare colloqui intercettati dove mettono becco dei parlamentari.

Sappiamo quanti privilegi abbiano.

Ad esempio, l’immunità dalla sonda istruttoria regolata negli artt. 266 ss.c.p.p.: ricorrendo dati presupposti, è ascoltabile chi parla sul filo o nell’etere, loro no; l’indagante supplichi la Camera; se ne discute nella relativa giunta e l’assemblea vota; a quel punto l’ascolto è inutile, salvo che l’onorevole sia un temerario demente.

Talvolta cade nella rete sebbene nessuno lo spiasse: chiama persone poco raccomandabili i cui apparecchi un pubblico ministero sorveglia, o chiamato, risponde incriminandosi; colpa sua, direbbe ogni ragionatore; sia più cauto, ma la legge 20 giugno 2003 n. 140 offre uno scudo, vero-similmente illegittimo, sia detto eufemisticamente; i segni vocali esistono solo dall’istante in cui Camera o Senato permettano d’usarli; altrimenti i reperti vanno al diavolo, tamquam non essent, beneficiandone i conversanti profani e persone nominate nel colloquio; norma manifestamente invalida, quest’ultima, e tale dichiarata poche settimane fa.

Nella fattispecie vari scorridori arrembano le prede: Unipol, rossa, vuoi inghiottire Bnl, tre volte più larga; e siccome la finanza non ha anima, corrono intese trasversali; esponenti del mondo politico tengono bordone ai pirati.

Volano discorsi sui quali è caritatevole stendere spessi veli.

L’indagante sottopone i materiali al giudice affinché scelga i rilevanti e invochi l’assenso della Camera.

Vi provvede un’ordinanza.

Inde ira, anzi irae: finché inveiscano gl’interessati, il fenomeno attesta costumi poco lodevoli; nessuno se ne stupisce; erompono fiotti d’una retorica a buon mercato, violenta quanto elusiva; né varrebbe la pena discutervi se qualche paralogismo non rifluisse nel procedimento disciplinare.

L’affare diventa grave.

Enumeriamo i capi.

Primo, quel magistrato non esercitava giurisdizione né accusa.

Bella scoperta: seguiva la procedura delle intercettazioni applicando l’art. 6 della legge predetta, ad unguem, dicono i vecchi dottori; ha vagliato una massa verbale lutulenta individuando i frammenti secondo lui rilevanti nel procedimento contro i raiders; e spiega perché li ritenga tali; se no, il consesso griderebbe al fumus persecutionis.

Secondo: chiedendo alla Camera il permesso d’usarli contro persone su cui il pubblico ministero non indaga, ha compiuto un atto abusivo: «ultroneo», scrive il requirente, latinismo molto usato nel gergo avvocatesco; l’equivalente italiano è «gratuito», «fuori tema», «insinuato furtivamente».

Nossignori: lavorava sul clou; è affare suo la diagnostica penale (stabilire quali fatti siano rilevanti); donde l’ipotesi che le frasi enucleate configurino un insider trading, consumato dall’arrembante, e un concorso del collocutore nell’aggiotaggio.

Eccome doveva dirlo: non conia imputazioni e tanto meno condanne; la scelta se agire spetta al pubblico ministero; l’eventuale udienza preliminare dirà se vi sia materia d’accusa e dibattimento. La norma allora vigente (poi dichiarata invalida) equipara gl’inquisiti ai parlamentari interlocutori incauti: le considerazioni che il gip sviluppa in proposito ventilano dei futuribili; ecco cosa potrebbe accadere se il materiale fosse adoperabile (tale previsione è tecnicamente definibile denuncia).

Insomma, en garde. Siamo sul terreno del fair play.

I destinatari non possono schermirsi: dicano sì su tutta la linea; oppure concedano il permesso solo contro i non parlamentari; tacendo sull’onorevole pericolante, il giudice rischia un no tout court, nel qual caso la prova svanisce.

Terzo: straripa dalle funzioni tirando in ballo persone che il pubblico ministero non aveva iscritto nel registro delle notitiae criminis; argomento simile al paradosso del cretese quando afferma che tutti i cretesi mentano (è vero o falso?: impossibile dirlo).

Non figurano nel registro perché, rebus sic stantibus, il dato a carico emerge dalle voci captate: ed è valutabile solo quando gli unti dal popolo abbiano degnato l’ufficio instante d’un benevolo assenso; qualcuno deve chiederlo; se non può nessuno, l’affare resta sur place all’infinito, ma non pare decorosamente sostenibile che codici evoluti generino perversi circoli chiusi.

Ripetiamolo: l’asserito aggressore non usurpa niente, fa coscienziosamente il suo lavoro; il pastiche è opera degli artt. 268 ss. c.p.p. e 6 legge 20 giugno 2003, dove riappare il giudice istruttore, sepolto 18 anni fa.

Nelle indagini preliminari esiste solo l’embrione d’una possibile imputazione: l’organo chiamato a valutare la rilevanza penale dei reperti violerebbe i doveri d’ufficio chiudendo gli occhi su possibili quasi imputati ancora assenti dalla scena; poi agisca il pubblico ministero, se ritiene d’esservi tenuto.

Quarto, emette «un giudizio anticipato»: argomento non spendibile nelle discussioni dans les règles; se lo fosse, quanti atti dovremmo inibire, ad esempio ogni richiesta d’una misura cautelare e relativa decisione positiva.

E’ anche colpevole d’avere usato «termini suggestivi».

Mah, nessuna regola scritta od orale impone un eloquio pallido: «le style c’est l’homme» o «la femme»; ognuno scrive come l’organismo psichico gli detta.

L’ordinanza vituperatasta nel consueto modello stilistico: non vi trova niente d’enfatico chi legga avendo sotto gli occhi i testi che accompagna; erano più cariche le parole verso i raiders senza sangue blu.

Quinto, offende l’immagine d’alcuni uomini politici senza che possano difendersi, povere anime.

Altro argomento dal pregio tecnico molto esiguo, anzi impercettibile.

Doveva lodarli o glisser riguardosamente? O improvvisare un contraddittorio fuori programma?

Figurano piuttosto male, vero, ma è un autoritratto: i guasti non dipendono da pretesa malignità dello scrivente; se li infliggono parlando così, né li nobilita la tortuosa gestione forense-mediatica del caso.

A proposito d’enfasi, l’iperbole sta nel chiamare «abnorme», ecc., un provvedimento in regola: i rilievi negativi sull’ipotetico fatto sono motivati dal materiale; i colpi di clava disciplinare contro l’ordinanza, no.

Abbiamo visto quanto poco valgano gli argomenti.

Non sarebbe successo in materie meno infestate: ancora mezzo secolo fa la procedura penale stava alle discipline nobili come l’arte del barbiere cerusico sta alla scienza medica; molte cose sono cambiate in meglio ma persistono furberie ataviche, nonché sacche d’ignoranza; e così gli chicaneurs profittano d’apparati normativi che li favoriscono. Qualcuno addirittura se li allestiva in veste da legumlator.


10 commenti:

Anonimo ha detto...

Affascinate ma non convincente.

Ritengo che il ragionamento prof. Cordero (sia detto con profondo rispetto) sia molto affascinante ma non altrettanto convincente.

Primo. Non credo esista un ordinamento giuridico perfetto.

Ciò premesso, credo che l’autorizzazione sia necessaria per tutelare la funzione di rappresentanza politica da eventuali invasioni di campo da parti di altri poteri.

Deve esserci una specie di “corridoio istituzionale” o “salvacondotta” che garantisca tale funzione e, inevitabilmente, anche le persone che quella funzione esercitano.

Secondo. Occorre distinguere fra “amministrazione della Giustizia” e “Giustizia”.

La Magistratura deve amministrare la Giustizia non può crearla.

I Magistrati devono porsi di fronte alla “Giustizia” come i chimici di fronte alla “Res naturalis”: limitarsi ad assemblare nel modo più utile possibili gli elementi già presenti in natura e non invocarne altri diversi e/o più potenti (diverse leggi e/o più potenti mezzi).

Terzo. Un livello di corruzione politica (e di converso dei politici) è accettabile e deve essere, in una certa misura, sottratto all’indagine del Magistrati e, soprattutto, dalle pulsioni giustizialiste dei cittadini, che, nella piazza ed in folla, chiedono la forca, ed in solitudine, all’interno delle sagrestie, pregano per ricevere privilegi e favori.

La corruzione del corpo politico sta come la malattia al corpo umano.

La presenza di essa ci rende “umani” e non “fanatici”. I periodi in cui i “puri e duri” sono arrivati al potere sono sta-ti sempre i peggiori per il genere umano.

Quarto. Un politico che sbaglia forse (per lo meno tendenzialmente) può essere cacciato via al termine del suo mandato, un giudice è inamovibile.

Meglio molto potere per poco tempo che poco potere (ma non tanto poco) esercitabile sine die.

Grazie per avermi postato.

Saracino Cosimo
(Avv. del Foro di Taranto)

"Uguale per tutti" ha detto...

Gentile Avvocato Saracino,

grazie di cuore a Lei dell'attenzione che ci presta e del contributo che dà al nostro dibattito.

La Redazione

Anonimo ha detto...

Colgo l'occasione della lettura di quest'altro interessante Post per porgere laa redazione i miei più sentiti auguri.
Il nuovo anno possa portare buone nuove a questa Italia che ha "fame e sete di Giustizia".
Valentina La Mela

Anonimo ha detto...

è grande il mio piacere di leggere qualcosa scritta da un Giurista vero. e il Professor Franco Cordero, per quel che è la mia esperienza, è un Giurista vero in quanto disegna la questione tecnica con al collo le chiavi di lettura.
Non fosse che forse ciò dovrebbe sempre esser fatto sino a quando i cittadini non impareranno il cpp e gli orientamenti dei Fori.
Averavuto Lui come Docente della Scuola di Specializzazione non è stato come seguire la lezione di un normale Accademico. Fortunato chi ha avuto questo privilegio di sentire le Sue lezioni; e lo dico con serietà.
Secondo me, questi aiuti che il Professore ci fornisce dobbiamo sfruttarli tutti, sono rivelazioni per molti che vedono solo televisione.
Ad esempio.
Non poteva non far così il GIP in questione se non violando i propri doveri?
Se non ci crediamo andiamo pure a leggere le norme che ci ha indicato.
E' fonte di illegittimità che i dialoghi siano anche di soggetti non ancora indagati o non lo è?
Anzitutto ci viene ricordato che è il PM a decidere chi è o non è indagato.
Ma, inoltre, come posso io sapere che quella voce è di Tizio se su quella voce non posso ancora lavorare, io PM non io GIP, investigativamente?
Se non ci credete provate a richiedere, prima dell'Autorzzazione, una perizia su una voce per verificare che è di un parlamentare.
Ma quanto ho sino ad ora scritto è solo lo sfogo di un qualsiasi avvocato che se va in Procura prima del fatidico 415 bis non ottiene di certo tutte queste notizie che circolano in giro.
Mi spieghino, Vi prego, i miei Rappresentanti in Parlamento quale norma si deve utilizzare.
Che forse se lo faccio anch'io posso chiedere di essere intervistato!

Anonimo ha detto...

Vorrei che rifletteste su:

1) Quanti soldi sono spesi SOLO per le intercettazioni telefoniche in Italia ogni anno: almeno 225 MILIONI di Euro nel solo 2006 (cifra del Ministero della Giustizia, incompleta).

Ripeto : nel solo 2006, sono stati spesi 225 MILIONI DI EURO = € 225.000.000,00 !!!

2) La miglior sorte che avrebbero avuto questi soldi se destinati a far funzionare DAVVERO la giustizia.

3) A titolo esemplificativo, la spesa annuale per 1.000 magistrati ammonta, in media, a circa 70 MILIONI DI EURO (oltre tre volte di meno). E più di 1.000 magistrati sono quelli che mancano ancora a completare l'organico !

Qualcuno vuol commentare ?

"Uguale per tutti" ha detto...

Risposta ad Anonimo delle 18.48.

La risposta al problema che Lei pone è semplicissima, perchè la Sua domanda è illogica.

Lei osserva che le intercettazioni costano molto e che quei soldi sarebbero spesi meglio se si investissero per fare funzionare la giustizia.

Forse Lei non ci ha riflettuto, ma uno dei compiti della giustizia è trovare i colpevoli dei reati. E forse non si è accorto che le intercettazioni telefoniche sono lo strumento investigativo più efficiente - sia in assoluto che in termini di costi/benefici - che ci sia (pedinare per mesi un mafioso costerebbe un mare di denaro, metterebbe in pericolo la vita di decine di poliziotti e non raggiungerebbe lo scopo, perchè il pedinamento non viene scoperto dal pedinato solo a certe condizioni e in pochissimi casi).

Una altissima percentuale di processi si fonda, come prove, proprio sulle intercettazioni telefoniche.

Si può dire che non ci sono processi di mafia e di traffico di stupefacenti che non abbiamo come prova fondamentale delle intercettazioni. E i fatti di quest'anno dimostrano che anche per i reati relativi a finanza e banche è la stessa cosa.

Se non lo sapesse, pensi che, come ha spiegato bene il prof. Cordero qualche giorno fa ad Anno Zero, la possibilità di fare intercettazioni per i reati di finanza è stata reintrodotta in Italia solo per obbedire a una direttiva della Comunità Europea.

D'altra parte, ci rifletta, caro Lettore: secondo Lei un mafioso, un bancarottiere, un terrorista, perchè mai dovrebbe confessare i suoi reati? Ascoltando le sue telefonate accade una cosa simile a questa: che egli "confessa" senza accorgersene ciò che sta facendo.

Se ce lo permette, Le aggiungiamo che è proprio perchè le intercettazioni funzionano che alcuni potenti fanno le campagne di stampa delle quali Lei appare con evidenza vittima.

Le aggiungiamo una cosa che Lei ha certamente letto, ma non detto qui: che chi fa le campagne di stampa di cui Lei è vittima aggiunge che le intercettazioni dovrebbero essere limitate ai reati "gravi", intendendo loro per "gravi" ciò che vogliono loro.

Ma a noi appare evidente che cercare di "acquisire" la più grande banca del Paese illegalmente, o procurarsi voti di senatori in cambio di posti di attrici in Rai, o evadere il fisco per migliaia di miliardi sono reati gravi come gli altri e non meno gravi perchè li fanno gli amici e i padroni di quelli che hanno i giornali che fanno le campagne di stampa.

Dunque, se i soldi che Lei dice non venissero spesi in intercettazioni, la giustizia funzionerebbe molto meno, perchè i processi più importanti per i reati più gravi proprio non ci sarebbero.

A tutto questo, Le aggiungiamo un'altra considerazione.

La maggior parte dei soldi ai quali Lei fa riferimento vengono pagati alla Telecom, per l'uso delle sue linee telefoniche, e ai gestori di telefonia mobile per l'uso delle loro reti.

In sostanza, la maggior parte dei costi delle intercettazioni sono somme pagate ai gestori di telefonia.

Lei sa certamente che, per un verso, la telefonia ha in Italia costi molto alti, non giustificati dai costi di gestione del servizio, ma da questioni legate ad affari e malaffari del sistema della telefonia.

E sa anche che, per altro verso, i gestori di telefonia sono concessionari dello Stato.

Per abbattere fortemente le spese a cui Lei fa riferimento, basterebbe che lo Stato imponesse ai gestori di telefonia suoi concessionari un costo "giusto" per i servizi di giustizia. Un costo, cioè, che rimborsi le spese e assicuri un giusto guadagno, ma non l'arricchimento.

Ovviamente, lo Stato questa cosa non se la sogna proprio.

Per quanto ci riguarda, in conclusione:

1. le spese per le intercettazione potrebbero essere più che dimezzate senza alcuna fatica, smettendola di arricchire chi sta dietro e dentro i gestori di telefonia;

2. smettere di intercettare i telefoni per risparmiare comporterebbe la fine delle indagini (a meno che Lei non conosca un modo per fare "confessare" i delinquenti senza ascoltarli di nascosto);

3. seguendo la Sua logica, si potrebbe risparmiare ancora di più e licenziare un migliaio di magistrati oppure, andando in un'altra direzione, abolendo l'appello. Ma è ovvio che sarebbe paradossale.

In definitiva, le Sue domande sono illogiche perchè Lei, dicendo di farlo per fare funzionare meglio la giustizia, propone una cosa che la affosserebbe.

Gentile Lettore, ci sono servizi - e la giustizia è fra quelli - nei quali alcuni costi vanno affrontati per forza, se DAVVERO (usiamo la stessa parola maiuscola usata da Lei) si vuole raggiungere il risultato.

Buon Natale.

La Redazione

P.S. Scusi il tono un po' diretto della risposta, ma la Sua domanda era inutilmente "ostile".

Speriamo davvero che continui a frequentare il nostro blog, partecipando con i Suoi interventi. Ci permettiamo di suggerirLe che la discussione è più costruttiva se la si affronta serenamente e senza pregiudizi.

Chiedere qualcosa scrivendo "Qualcuno vuole commentare" contiene una "sfida" che presuppone torti inconfessabili nel proprio interlocutore.

Consideri, infine, che anche se, per assurdo, fosse stato vero ciò che Lei sostiene (che spendere meno in intercettazioni servirebbe alla giustizia), non saremmo noi coloro a cui dovrebbe dirlo, perchè i magistrati non fanno le leggi. Le applicano.

Il problema italiano è tutto qui: che chi fa le leggi (badi: sono le stesse persone di cui Lei legge i giornali e dalle quali è condizionato culturalmente) non si accontenta di farle e vuole anche decidere a chi e come applicarle.

Anonimo ha detto...

Una cosa credo di aver compreso: che la mia era una domanda "illogica" !

Si vede, del resto, che non siete abituati ad esser contraddetti...per forza, con tutti quegli avvocati disinteressati che Vi dicono: "Ma come è bravo Lei, Signor Giudice..." è quasi inevitabile che dopo venti anni uno si convinca della propria "infallibilità" !

Credetemi, non è una risposta polemica, è semplicemente adeguata al Vostro tono, almeno a quello che avete ora usato.

E, badate bene, siete Voi che avete interpretato la mia domanda come "ostile". Non era questa la mia intenzione.

Mi piacerebbe, invece, che pubblicaste quanti Euro si spendono annualmente in altri paesi europei per le intercettazioni telefoniche: penso alla Francia, per esempio, dove la giustizia funziona (un pochino) meglio che da noi.

Potete fornire delle cifre ? Può darsi che mi sbagli, anzi, spero proprio di sbagliarmi, ma sono abituato a giudicare in base ai fatti, e per ora non ho ancora elementi per sciogliere la mia "riserva".

Grazie.

Anonimo ha detto...

Credo che il ns anonimo sia afflitto da un male molto comune,dal quale tutti possiamo essere colpiti: diffidenza verso l'esercizio del potere(diritto di tutti e non solo di alcuni con deleghe in bianco) che oggi è di moda in quanto assumere posizioni precise non collima con l'andamento generale che scivola spesso verso la vana ricerca dell'equilibrio nell'equilibrio che alla fine non muove nulla e lascia tutto come prima. Quanti cittadini pagherebbero le tasse se fosse dato loro modo di autotassarsi a piacimento? I ns rappresentanti in parlamento si integrano le retribuzioni a piacimento,gestiscono il Potere(economico,amministrativo,giudiziario) a seconda delle loro necessità e non vogliamo applicare le leggi che valgono per tutti gli altri anche a loro? Certo "loro" sono un pò speciali ma allora non usiamo più il termine democrazia (oramai privo di contenuti) e rassegnamoci alla disuguaglianza anche più sfacciata.
Se chi dovrebbe governare non governa (nel senso di dirigere assumendosene la responsabilità) e pensa ad altro (il proprio posto o vitalizio) è naturale che senta come scomodo chi pone di continuo il rispetto delle regole. Oggi siamo semplicemente in questa condizione. O decidiamo che le leggi sono per tutti oppure gettiamo la spugna e avviamoci allegramente verso l'autodistruzione cosa non proprio nuova nella storia dell'uomo.

Anonimo ha detto...

Non è necessario, come dice Guido, che IN CONCRETO le leggi siano ASSOLUTAMENTE uguali per tutti per avere una giustizia decente.

Basterebbe che lo fossero nella concreta misura in cui LO SONO in Svezia, o anche (soltanto...) in Francia.

Già sarebbe abbastanza !

Claudio Solarino (RIHOIR) ha detto...

Ho letto con interesse, pur non essendo un'addetto ai lavori nè una persona particolarmente dotta, l'articolo (grazie al prof. Cordero per avermi riportato con la sua chiarezza dalla confusione nella quale ero precipitato alla luce) e i commenti.
Dei secondi, a parte la valutazione diciamo, molto particolare (tendenzialmente politologica o anche più realpolitologica) dell'Avv. Saracino, mi piace considerare valide le opposte ragioni della diatriba tra l'"anonimo" e "uguale per tutti", sorta secondo me per rispettivi eccessi in partenza del desiderio di dire su quello di apprendere. Io recitavo la parte del lettore, così penso dopo aver ascoltato entrambi che se i costi delle intercettazioni si dimostrano di primaria importanza(le argomentazioni appaiono davvero inoppugnabili vista la contiguità al fine stesso della giustizia che ha come una delle sue naturale condizioni necessarie la prova), pure non possa crearsi il "teorema intangibile" del "giusto costo per intercettazione" per "intrinseca illogicità dell'eccezione". E' questo, semplicemente, in omaggio al principio di concretezza (come qualcun'altro ha già commentato in questa pagina siamo un po' sfiduciati, visto che le cose vanno un bel po' peggio di come seraficamente ce la raccontano; quindi vorremmo dimostrazioni di funzionamento un po' più riscontrabili nella realtà di tutti i giorni; che si rendano visibili in utilità e modernità - soprattutto in fatto di puntuale ed documentazione e controllo delle proprie spese; detto altrimenti: non tutti trovano che le tasse siano un fatto irragionevole ma chi è disponibile a pagarle può benissimo esigere un rapporto NON fiduciario; non regalerei i miei soldi in nome di nessun vangelo delle intercettazioni che non abbia un sistema ferreo ed inalterabile di rilevazione e rendiconto).
Però la richiesta di informazione comparata dell'anonimo non è stata soddisfatta; forse mancano i dati.
Con il dovuto rispetto, mi sento di non poter escludere che proprio perché intuitivamente giusto, il costo per intercettazione possa prestarsi più facilmente di altri ad essere gonfiato. Qui più che il legislatore, sembra chiamato in causa il contratto di lavoro.
Mi scuso se mi sono lasciato trascinare anch'io da un problema assolutamente vitale, che rischia di essere una minaccia gravissima per la democrazia - l'accusa della cassazione al gup Forleo - ad un problema certamente secondario. E' che dell'articolo del prof. non potrei proprio toccare nemmeno una virgola. Grazie e un saluto di buon anno!

Claudio