domenica 5 ottobre 2008

Al di sopra della legge





di Silvio Liotta
(Consulente per le politiche di sviluppo regionale)




Rispetto a quanto detto fin ora, ci sono interessanti sviluppi della faccenda relativa alla Legge 23 luglio 2008, n. 124 (Disposizioni in materia di sospensione del processo penale nei confronti delle alte cariche dello Stato, pubblicata nella Gazzetta Ufficiale n. 173 del 25 luglio 2008).

Insomma il c.d “Lodo Alfano”, che istituisce il principio di improcedibilità dei processi per quattro cariche dello Stato (dei Presidenti della Repubblica, del Consiglio e dei due rami del Parlamento).

Il Collegio giudicante nel processo sui fondi neri Mediaset (frode fiscale), presieduto dal dott. Edoardo d’Avossa, accoglie la questione di costituzionalità mossa dal P.M. del relativo processo ed investe la Consulta del giudizio di costituzionalità sulla legge Alfano.

Non stralcia la posizione processuale di Berlusconi; sospende il processo e qualora la Corte Costituzionale dovesse accogliere l’eccezione, il dr Berlusconi – nonché Presidente del Consiglio dei Ministri pro tempore – si troverebbe imputato di fronte al medesimo Collegio giudicante.

La continuità dell’attuale Collegio giudicante è di grande importanza in quanto permette: una maggiore celerità del processo in corso, una maggiore efficienza procedimentale (tanto cara al Presidente del Consiglio), la soluzione (nel bene o nel male) dei gravami giudiziari di un cittadino che, ad oggi, riveste importanti uffici costituzionali.

Il Collegio giudicante nel processo per corruzione in atti giudiziari (Mills), presieduto dalla dott.ssa Gandus ha stralciato la posizione del dr Berlusconi, ha trasmesso gli atti relativi alla Consulta per la decisione sulla costituzionalità della legge Alfano e prosegue nel giudizio a carico di Mills.

Fin qui la cronaca processuale.

Ancora più interessanti i contenuti con cui il pm dr De Pasquale solleva eccezione di costituzionalità.

La fonte a cui faccio riferimento è l’articolo di Marco Travaglio che riporta alcuni contenuti della richiesta del pm e le fonti primarie a cui la redazione del Blog ci ha dato accesso; per la qual cosa le siamo profondamente grati.

Come da alcuni già sostenuto su questo blog, il pubblico ministero rileva che la Legge 124/2008, pur sanando alcuni profili di incostituzionalità evidenziati dalla Consulta (sentenza 24/2004) in relazione al Lodo Schifani-Maccanico (Legge 20 giugno 2003 n. 140), ad altri profili non pone alcun rimedio.

Ciò rende la Legge 124/2008 non solo incostituzionale, ma manifestamente incostituzionale, in quanto in evidente contrasto con una sentenza della Consulta (appunto la sentenza 24/2004).

Il voler evidenziare che si tratta di una manifesta incostituzionalità, potrà sembrare un sofisma da basso pòlemos, ma per i cultori della giurisprudenza costituzionale (in particolare quella relativa alle attribuzioni e facoltà del Presidente della Repubblica) l’ictu oculi potrebbe suscitare qualche riflessione.

Per rendere più chiara la portata dell’incostituzionalità della legge 124/2008, si riporto in modo sintetico gli elementi di incostituzionalità rilevati dalla sentenza 24/2004 in relazione al Lodo Schifani-Maccanico; elementi che il pm richiama in quanto “inevasi” dalla Legge 124/2008 (Lodo Alfano):

- la sospensione si applica a tutti i reati senza che sia presa in alcun modo in considerazione la loro gravità (carattere generale della sospensione);

- la causa di sospensione dei processi opera automaticamente senza alcun vaglio preventivo da parte di organi costituzionali (carattere automatico della sospensione);

- il c.d. Lodo Alfano accomuna in un’unica disciplina cariche diverse, non soltanto per le fonti di investitura ma anche per la natura delle funzioni (contrasto con l’uguaglianza sostanziale sancita dall’art. 3 Cost.).

In breve, l’improcedibilità per le quattro cariche interessate non potrebbe essere concessa per qualsiasi reato (senza alcuna valutazione della gravità) e prescindendo da un preventivo vaglio autorizzativo di un organo costituzionale.

Peraltro questioni già sollevate e dibattute nel post L’ultimo insulto a Napolitano, di Massimo Giannini, tratto da Repubblica.it.

In sostanza, da quanto al momento capisco, si sostiene che la Legge 124/2008 non è solo incostituzionale, ma è nulla perché contrasta con una sentenza della Corte costituzionale.

La promulgazione del Presidente della Repubblica non dovrebbe avere effetto in quanto una legge ordinaria che contrasta con una sentenza costituzionale dovrebbe essere nulla.

In queste poche righe che scrivo non cerco di sistematizzare i profili di incostituzionalità prospettati dal pm dr De Pasquale e accolti dalla prima sezione penale di Milano (per questo i più volenterosi potranno leggere la documentazione disponibile sul blog e l’articolo di Travaglio).

Voglio semplicemente mettere in evidenza che la sentenza 24/2004 della Corte Costituzionale è stata trattata dall’attuale Parlamento come carta straccia; alla faccia dell’equilibrio dei poteri!

Allora dovremmo chiederci alla luce degli attuali fatti: i convenuti dell’8 luglio a Piazza Navona erano degli sprovveduti ribellisti o semplici persone di buon senso che sapevano ciò che facevano?

E tornando all’articolo di Giannini, egli dice riferendosi alla “piazza dell’8 luglio”: “un’opposizione di piazza che non conosce le regole ed esige la battaglia tra le istituzioni al di fuori dei paletti dell’architettura costituzionale”.

Io direi che ad essere fuori dai “paletti dell’architettura costituzionale” non era la “piazza” bensì il Parlamento (e in particolare, ovviamente, la maggioranza parlamentare), che con la Legge Alfano disconosce il principio della separazione dei poteri e del loro equilibrio (cosa che peraltro la maggioranza di centro destra continua a fare indisturbata).

Scusate se sono tornato indietro di qualche mese, ma il punto mi sembra nodale, in quanto cittadini di buon senso, dei quali nella situazione in cui siamo abbiamo grande bisogno, sono stati trattati come feroci Sanculotti.

In ultimo mi preme considerare criticamente, sempre che me ne sia concessa licenza, un concetto espresso dal dr Imperato nel suo articolo che condivido per la più parte.

Egli dice: «[...] nello stesso giorno anche Ghedini aveva utilizzato (evidentemente in maniera volontaria, trattandosi di giurista) un argomento populista e di nessun valore (il fatto che Napolitano abbia promulgato la legge…) per difendere il lodo Alfano, facendo anche lui capire che l’unica sentenza accettabile dalla maggioranza è quella in cui la Corte Costituzionale sancisce la compatibilità con l’ordinamento del Lodo».

In primo luogo, ritengo che Ghedini non trasmetta il proprio dispaccio alle agenzie in veste di giurista (avvocato), ma di parlamentare e membro del governo (in quanto sottosegretario alla giustizia ed onorevole).

Egli non si riferisce al “fatto che Napolitano abbia promulgato la legge …” (quindi non è una questione giuridica), ma alle affermazioni fatte da Napolitano, in occasione del “discorso del ventaglio”, che evidenziano come per il Presidente della Repubblica, nel procedere alla promulgazione della legge Alfano, “unico punto di riferimento è stato la sentenza della Consulta” [Il messaggero del 29 luglio 2009, p. 3; si veda anche Corriere.it].

Volendo con tale dichiarazione mettere in luce che la Legge Alfano “sanava” i profili di incostituzionalità rilevati dalla Consulta con propria sentenza (24/2004).

Stante che i magistrati del processo sui fondi neri Mediaset rilevano, invece, il contrasto del Lodo con la sentenza, il “politico” Ghedini mira a porre nella massima evidenza tale contrasto, così da gettare nuovo discredito su “certa magistratura” che indugia nella persecuzione politica di Berlusconi e così da poter giustificare una volta di più la necessità di “un’attenta riflessione sulla giustizia”.

Peraltro offusca anche la figura di Napolitano come Presidente della Repubblica, la cui debolezza è un sollievo per l’aspirante Berlusconi.

Da un punto di vista più propriamente teorico, si potrebbe sostenere che quando due o più organi costituzionali contrastano tra loro, il “discredito” avvolge l’intero sistema degli equilibri costituzionali.

Insomma “manna dal cielo” per gli apprendisti stregoni.

Quindi si può concludere: “argomento populista” di certo; “di nessun valore” forse giuridico, ma di un preciso valore politico.

In ultimo, mi si conceda una riflessione: penso che la partecipazione non possa ridursi all’adunanza nelle piazze o nelle strade (cosa peraltro auspicabile), ma si nutra voracemente dell’impegno nel cercare di comprendere la realtà in cui si vive, nell’avere di essa una precisa coscienza, una coscienza che si apra al confronto con gli “altri”.



TIRANNIDE indistintamente appellare si debbe ogni qualunque governo, in cui chi è preposto alla esecuzion delle leggi, può farle, distruggerle, infrangerle, interpretarle, impedirle, sospenderle; od anche soltanto deluderle, con sicurezza d’impunità
[…]
La volontà, o la opinione di tutti o dei più, mantiene sola la tirannide: la volontà e l’opinione di tutti o dei più, può sola veramente distruggerla.
[“Della tirannide”, di Vittorio Alfieri]



5 commenti:

Anonimo ha detto...

Ma dove eravate, carissimi giornalisti, fino al 1993 ? All'asilo ?

Perché sino ad allora esisteva l'immunità parlamentare, che salvava ben più di 4 soggetti: quasi 700 !

Anonimo ha detto...

Caro anonimo,

prima del ' 93 ero a scuola, non ero giornalista come non lo sono oggi; cerco solamente di informarmi ed informare (sperando di riuscirci con le mie modeste
capacità), cosa che ogni cittadino penso dovrebbe fare.

Per quanto riguarda l'immunità da lei richiamata, assumendo qui che si tratti dell'immunità parlamentare, essa era gravata da una serie di vincoli e restrizioni disposti con il fine di prevenire degenerazione dell'immunità in impunità (degenerazione invece prodotta dal lodo Alfano).

L'immunità, a cui lei credo si riferisca, serviva a impedire persecuzioni politiche del parlamentare (privo per costituzione del vincolo di mandato) e la cui valutazione era competenza del parlamento. Qui invece si discute di irragionevole impunità, vera e propria.

Comunque anche nel passato si è assistito a casi di impunità, su cui non mi dilungo (almeno su quelli che io conosco).

Tuttavia il fatto che anche nel passato vi siano stati tali casi, non mi solleva dal necessario impegno a denuciare quelli attuali.

Il suo rimprovero rivolto ai giornaisti mi sembra generico ed irragionevole.

E' tangibile, però, e il suo commento lo mette bene in evidenza, una insofferenza generalizzata nei confronti del giornalismo italiano ridotto ormai da tempo ad agenzia pubblicitaria e di promozione dei sistemi di potere consolidati.

Ciò snatura la funzione sociale connaturata al giornalismo.

Su quest'ultimo punto, le do quindi ragione.

Un saluto
Silvio Liotta

Anonimo ha detto...

Non ho parole!!

Anonimo ha detto...

Grazie della risposta, gentile Silvio Liotta.

Ha compreso perfettamente cosa volevo dire.

Anonimo ha detto...

secondo me, e parlo da inesperto e libero cittadino italiano, per entrare a far parte del parlamento, del senato, o di qualsivoglia carica istituzionale, compresi i vari assessori, sindaci, presidenti di provincia e quanto altro. non si dovrebbero avere cause in corso, e non come si dice qui...sospendere le cause. cioè mi spiego meglio spero, si dovrebbe avere la fedina pulita, purtroppo fosse cosi, non ci sarebbe piu nessuno degli attuali politici....e allora continuiamo cosi....meditate gente meditate.

daniele b Lucca