lunedì 22 marzo 2010

Il codice tra le mani - Storia di Guido Galli

Questa sera, 22 marzo 2010, alle ore 23.30, su Rai Due, andrà in onda una puntata de “La Storia siamo noi” dedicata al giudice Guido Galli, assassinato da terroristi di Prima Linea il 19 marzo 1980.


A questo link c’è il promo della trasmissione.

Riportiamo qui sotto la presentazione di Stefano Caselli e Davide Valentini.



Un codice aperto accanto ad un cadavere coperto da un lenzuolo bianco, riverso lungo un corridoio dell’Università Statale di Milano.

È l’ultima immagine di Guido Galli, 47 anni, magistrato e professore universitario, ucciso da un commando di Prima Linea nel pomeriggio di mercoledì 19 marzo 1980.

In occasione del 30° anniversario della sua morte, “La Storia siamo noi” di Giovanni Minoli vuole ricordare un eroe del quotidiano in un’epoca che sembrava aver smarrito la ragione.

Un uomo che credeva nella Legge come strumento di democrazia, che amava il Diritto e che amava insegnarlo alle generazioni più giovani.

Un eroe come noi, come tanti “La Storia siamo noi” ha raccontato in questi anni, e che però non finiscono mai di stupire per quel che la loro tragedia – ancora oggi – lascia in eredità.

Giuseppe Galli, figlio di Guido Galli: “Non voleva assolutamente essere un eroe, perché faceva appunto una sua vita normale nella sua straordinarietà”; Gian Carlo Caselli, magistrato: “Non scortare Alessandrini fu un errore, non scortare Galli dopo che era stato ucciso Alessandrini fu ancora più grave”.

Questa insomma è la storia di un uomo schivo e capace, e che proprio per questo, volevano uccidere: Ibio Paolucci, giornalista: “Addirittura erano due organizzazioni che contemporaneamente avevano in programma di ammazzarlo”. Da un lato Marco Barbone, 22 anni, membro del gruppo di Corrado Alunni, studia per entrare nelle Brigate Rosse; dall’altro, c’è Sergio Segio, leader di Prima Linea a Milano. Armando Spataro, magistrato: “Marco Barbone diventò collaboratore nell’autunno dell’80 e ci raccontò di come Galli era uno degli obiettivi principali del suo gruppo, ma ci raccontò anche che la mattina praticamente sotto casa di Galli si poteva immaginare un viavai di gente che lo voleva ammazzare perché si incontrarono terroristi di Prima Linea e quelli del gruppo Alunni. Addirittura questo innescò una sorta di concorrenza per cui Prima Linea accelerò i suoi progetti”.

A sparare contro Guido Galli nei corridoi dell’Università non è però Marco Barbone, che di lì a poco ucciderà invece il giornalista Walter Tobagi. Nella macabra competizione di questi anni spietati, ad assassinarlo è Sergio Segio, leader di Prima Linea.

Ma chi è Guido Galli? Un professore aperto e interessato al dialogo con gli studenti, l’autore di un testo fondamentale sulla politica criminale, un magistrato che vuole che i condannati scontino la loro pena, ma che al tempo stesso studia e propone miglioramenti al sistema carcerario. Ma prima della stagione dell’odio, il nome di Guido Galli si lega negli anni Sessanta al suo ruolo di Pubblico Ministero in importanti processi per alcuni clamorosi crack finanziari, come quello per la bancarotta di Felice Riva, nel 1965.

Durante l’inchiesta sulla Società Finanziaria Italiana, Guido Galli conosce Giorgio Ambrosoli che in quel periodo è assistente dei curatori nominati per la bancarotta della società.

Due destini che si incontrano, e si aggrovigliano: Ambrosoli viene ucciso nel 1979, l’11 luglio, e Galli viene ucciso l’anno dopo.

Milano anni Settanta. L’aria burrascosa, soffia ovunque. Da via Larga a Sesto san Giovanni. Dai corridoi dei licei a quelli della Statale.

E talvolta è un vortice pronto alla tempesta. “Un modo di essere normale”, dice Silveria Russo, ex-terrorista di Prima Linea, che ha avuto un ruolo centrale nel progetto dell’omicidio di Guido Galli. Nella Milano degli anni Settanta è “normale” sparare ad altezza uomo nelle manifestazioni del sabato pomeriggio.

È “normale” uccidere il simbolo del sistema. Ma nella Milano degli anni Settanta non sparano soltanto i ragazzi del “movimento” e dell’Autonomia. Sparano anche le Formazioni Comuniste Combattenti, i Comitati Comunisti Rivoluzionari e le Brigate Rosse. Spara, soprattutto, Prima Linea, che nella storia del terrorismo di sinistra, per numero di omicidi, sarà seconda soltanto alle BR.

Il 13 settembre 1978 viene arrestato nel covo di via Negroli Corrado Alunni, 31 anni, ex operaio della Sit-Siemens, uno dei più grossi latitanti italiani.

Ha inizio la più grande inchiesta milanese sull’eversione di sinistra.

Quaranta giorni dopo la scoperta del covo, i pubblici ministeri De Liguori e Spataro trasferiscono gli atti dell’inchiesta al giudice istruttore: Guido Galli.

L’inchiesta Alunni è dell’ottobre 1978: l’Italia, dunque, è ancora sotto choc per il sequestro e l’omicidio di Aldo Moro.

Ciononostante, Guido Galli ammonisce contro la legislazione d’emergenza: contro il terrorismo, ripete, basta applicare il codice, la Legge.

Ma per qualcuno, nell’Italia di quegli anni, la tragedia di Aldo Moro è anche emulazione, competizione: Silveria Russo, ex Prima Linea: “Dopo l’omicidio di Moro tutte le organizzazioni terroristiche volevano la loro via Fani”.

Sostanzialmente dopo Moro anche la magistratura, e allora Galli, Alessandrini, ha cominciato a indagare e a capire che cosa fosse la lotta armata.

Corrado Stajano, scrittore: “Galli è arrivato a soluzioni nella sua ricerca sul terrorismo che hanno fatto capire ai terroristi che l’uomo era estremamente pericoloso perché aveva capito i loro punti deboli e il modo di affrontarli”.

Nessuna scorta per Guido Galli che ha per le mani un’inchiesta delicata come quella sulle Formazioni Comuniste Combattenti.

Ma la volontà di non mettere a repentaglio altre vite diventa, nella Milano di fine anni Settanta, un rischio fatale.

Per i giudici, il 1980 è un anno terribile.

Il 12 febbraio, a Roma, le BR uccidono Vittorio Bachelet, Vice-Presidente del Consiglio Superiore della Magistratura; un mese dopo, è la volta di Nicola Giacumbi, Procuratore Capo a Salerno, e, a sole quarantott’ore di distanza, a Roma, di Girolamo Minervini, appena nominato responsabile delle carceri italiane. E di lì a poco, cadrà Mario Amato, ucciso dai NAR di Valerio Fioravanti.

A questa tragica contabilità della morte, non si sottrae Prima Linea.

La chiamano con disprezzo “Operazione Coccodè”: è il piano per uccidere Guido Galli, che il 17 marzo 1980 firma il suo ultimo atto istruttorio: un ordine di cattura per Sergio Segio: Gian Carlo Caselli, magistrato: “Il 18 marzo ci fu un primo tentativo di colpire Galli … il commando lo aspettò a lungo sotto casa ma Galli non uscì”.

Il gruppo di fuoco si sposta allora all’Università Statale. Quel giorno però Guido Galli non tiene lezione. Mercoledì 19 marzo, San Giuseppe.

Il commando terrorista raggiunge l’Università intorno alle 16.30.

Alessandra Galli, figlia di Guido Galli: “Era la pausa dopo la prima lezione, … e mentre eravamo lì c’è stato questo annuncio generico … è successo qualcosa al secondo piano è scoppiata una bomba o qualcosa del genere … io mi ricordo che la prima cosa che ho pensato è che potesse essere successo qualcosa a papà … sono salita fino all’aula dove lui avrebbe dovuto far lezione e girato l’angolo ho visto papà per terra … mi hanno fatto fare il riconoscimento … e da quel momento lì non ho più tanto il ricordo di che cosa è successo”.

Armando Spataro, magistrato: “Conservo tutti gli scritti di Guido e ho anche un appunto dalla sua agenda, che era di questo tenore: “se mi succede qualcosa telefonate al pubblico ministero dott. Armando Spataro” - ed aggiunge - “Quel ricordo mi suscita rabbia quando sento oggi personalità, i cosiddetti esperti di anti terrorismo, che dicono che nessuno può seriamente pensare che il terrorismo si combatte con il codice in mano. E quindi ovviamente si comprende perché io pensi a Guido, perché è morto col codice in mano. E quindi mi chiedo se queste persone conoscono qualcosa della storia d’Italia”.

La colpa di Guido Galli, secondo Prima Linea, era quella di aver ricostruito “l’Ufficio Istruzione di Milano come un centro di lavoro giudiziario efficiente”.

Insomma, è stato ucciso perché era un magistrato bravo e intelligente, riformista e garantista.

Una rivendicazione tragicamente simile a quella di Emilio Alessandrini e a quella che seguirà la morte di Walter Tobagi, assassinato il 28 maggio 1980 dalla Brigata 28 Marzo di Marco Barbone.

Gian Carlo Caselli, magistrato: “Li hanno colpiti perché bravi, capaci, credibili. I sedicenti rivoluzionari non possono sopportare uno Stato o alcune componenti dell’organizzazione statuale che siano credibili. Perché se lo Stato è credibile anche un qualche suo componente, il messaggio di ribellione contro lo Stato passa più difficilmente e quindi la strada per i terroristi è più in salita”.

Nessuno ancora sa che, proprio in quel marzo 1980, l’orizzonte della lotta armata ha già iniziato a chiudersi.

Armando Spataro, magistrato: “Di lì a poco, infatti, grazie alle confessioni di Patrizio Peci prima e di Roberto Sandalo poi, Prima Linea è finita: arresti, pentimenti, dissociazioni e, infine, la stagione dei processi. E’ verosimile che Guido non sarebbe stato ucciso, se solo per 30/40 giorni fosse stato possibile rimandare quella sua lezione all’università”.

Venerdì 21 marzo, intanto, un corteo funebre attraversa le strade del paesino di Piazzolo, tra le montagne della Val Brembana tanto amate dal giudice Galli.

È il primo giorno della primavera del 1980.



2 commenti:

Rosa Grazia Arcifa ha detto...

Dalla morte di Guido Galli qualcosa è cambiato: i magistrati coraggiosi sono sempre meno e il terrorismo vero non è più rappresentato dalle Brigate Rosse o da Prima Linea, ma da alcune sigle che siedono in Parlamento.
Abbiamo potuto osservare che nella corruzione post Galli nel rapporto tra politici ed imprenditori, questi ultimi sembrano dotati di maggiore autonomia e potere negoziale. Un individuo partecipa allo scambio corrotto quando i costi, legati alla probabilità di essere scoperti e alla severità delle sanzioni previste, non superano i benefici attesi.
La "cifra nera", termine con il quale i criminologi indicano l'insieme dei reati commessi e non scoperti è elevata se riferita al fenomeno della corruzione. In Italia, rispetto ad altri paesi, la "cifra nera" della corruzione è particolarmente alta per le tante connessioni con il potere politico ed economico a cui si oppone un diritto penale che versa da anni in uno stato di crisi di legittimazione senza precedenti.
Le numerose modifiche legislative degli ultimi anni presentano un saldo sicuramente negativo per quanto riguarda la capacità di incidere sulla corruzione. Pensiamo alle leggi ad personam, che dal 2001 è una categoria con cui ci si deve confrontare nell'analizzare la legislazione in materia penale. La riforma del falso in bilancio ha drasticamente ridotto di fare ricorso a tale tipologia di reato per aggredire la formazione di fondi neri, normale presupposto di pratiche corruttive.
Rosa Grazia Arcifa

Anonimo ha detto...

Già negli anni ai quali l'articolo si riferisce i più lucidi intellettualmente e i conoscitori delle tecniche di infiltramento e manipolazione dell'O.V.R.A. erano perfettamente in grado di decifrare il valore di "guerra preventiva "( nel quadro della lotta al nemico comunista )di quelle sigle di destra e di sinistra che ammazzavano per bloccare un processo di evoluzione democratica , economica e civile , ancora oggi- ufficialmente finita la "guerra fredda "-bloccato in Italia .
Federico Orlando ( fondatore tra l'altro di articolo 21)nel 2002 , al momento della vittoria di Berlusconi scrisse un bel libro intitolato "lo stato sono io" il sottotitolo diceva "l'ultimo governo della guerra fredda ".
Purtroppo si sbagliava :non era l'ultimo. Sono troppi i politici e gli affaristi a destra e anche a sinistra a rimpiangere segretamente i "vantaggi" dell'epoca dei blocchi.
Non credo che raccontare i fatti crudeli dell'epoca nel modo proposto dall'articolo del blog sia un'operazione di verità: già allora era falso , ma oggi con le cognizioni storiche , date anche dai processi e dalle indagini dei magistrati , quella rappresentazione è pura retorica . Se volessimo sondare la motivazione psicologia del compagno divenuto "terrorista", basterebbe attingere alle ricche fonti dei servizi.
Questo bla bla bla vuoto dovrebbe finire :"...E talvolta è un vortice pronto alla tempesta. “Un modo di essere normale”, dice Silveria Russo, ex-terrorista di Prima Linea, che ha avuto un ruolo centrale nel progetto dell’omicidio di Guido Galli. Nella Milano degli anni Settanta è “normale” sparare ad altezza uomo nelle manifestazioni del sabato pomeriggio....
Sparano anche le Formazioni Comuniste Combattenti, i Comitati Comunisti Rivoluzionari e le Brigate Rosse. Spara, soprattutto, Prima Linea, che nella storia del terrorismo di sinistra, per numero di omicidi, sarà seconda soltanto alle BR...."
Caselli che è un uomo intelligente ha detto tutto l'essenziale
: “Li hanno colpiti perché bravi, capaci, credibili. I sedicenti rivoluzionari non possono sopportare uno Stato o alcune componenti dell’organizzazione statuale che siano credibili. Perché se lo Stato è credibile anche un qualche suo componente, il messaggio di ribellione contro lo Stato passa più difficilmente e quindi la strada per i terroristi è più in salita”.
Ma non ha detto i nomi di coloro che davvero organizzavano lo scempio della società e della democrazia italiana : costoro oggi dovrebbero essere processati per crimini contro l'umanità , come avviene in Argentina e in Cile.
Con la solita squisita ironia Rosa Grazia Arcifa ha commentato adeguatamente l'articolo .Quegli anni non dovrebbero più essere sfruttati per evocare inutili fantasmi . Ricordiamo che nel 1979, lo stesso anno nell'assassinio di Moro ,il grandissimo Altiero Spinelli (che aveva accolto la proposta di candidatura nel P.C.I) scriveva la Costituzione Europea e , sempre negli anni 70 sono state vinte grandi battaglie di libertà .Oggi più che mai l'Italia deve liberarsi dal fantasma della guerra fredda se vuole vivere in Europa . Maria Cristina