giovedì 11 marzo 2010

La pm e «le intercettazioni negate»: i miei capi frenavano l’indagine



di Fiorenza Sarzanini
(Giornalista)



da Corriere.it dell’11 marzo 2010


«Il procuratore Ferrara mi disse: attenta, è un caso delicato»

Perugia — «Secondo il procuratore Giovanni Ferrara al massimo c’erano elementi per individuare un abuso d’ufficio. E mi ha anche responsabilizzato in ordine alla delicatezza dell’indagine in relazione a un’eventuale fuga di notizie in pieno G8, a fronte dell’esistenza di ipotesi di reato che, a parere dell’Ufficio, non erano ancora sufficientemente delineate».

È il 16 febbraio scorso. I pubblici ministeri di Perugia Sergio Sottani e Alessia Tavarnese interrogano la collega romana Assunta Cocomello, titolare dell’inchiesta sugli appalti a La Maddalena che le era stata trasmessa dalla Procura di Nuoro per competenza.

E lei racconta come il procuratore aggiunto Achille Toro – che si è dimesso perché indagato per corruzione, favoreggiamento e rivelazione di notizie – ma anche il Capo dell’ufficio abbiano tentato di fermare l’indagine.

Una testimonianza confermata dai due ufficiali dei carabinieri del Noe, il nucleo operativo ecologico, che furono poi sostituti con investigatori della Guardia di Finanza.

I nomi segreti

«Il mio procedimento è stato iscritto contro noti il 2 febbraio 2009 a carico di Angelo Balducci, Mauro Della Giovampaola, Daniele Anemone, Luciano Anemone, Vanessa Pascucci e Roberto Calabrini. All’interno vi erano stralci di intercettazione disposti dalla procura di Nuoro su un altro procedimento nel quale imprenditori parlavano di fatti relativi agli appalti del G8 alla Maddalena. Ho sempre riferito, prima di ogni atto a Ferrara e a Toro che era il coordinatore del gruppo per i reati contro la pubblica amministrazione. Hanno concordato sia sull’iscrizione del provvedimento a noti, sia sulla segretazione dei nomi. Da settembre 2009 ho sempre riferito a Ferrara perché avevo una certa difficoltà a contattare Toro e in parte per avere il pieno sostegno del mio Capo nella delicata attività di indagine che stavo intraprendendo anche in relazione a eventuali indicazioni da indirizzare alla Guardia di Finanza affinché trovasse nuovi stimoli per l’efficace prosecuzione dell’indagine che, di fatto, era in fase di stallo mentre a breve si palesava la necessità di chiedere una proroga. Per quanto riguarda le indagini della Guardia di Finanza, ricordo che Toro, al quale avevo illustrato l’indagine tutta svolta fino a quell’epoca dal Noe, mi ha segnalato l’opportunità che le indagini, per la loro complessità e natura, venissero svolte dalla Guardia di Finanza e non dal Noe. Non mi sembra che mi avesse indicato un reparto in particolare e comunque, ciò è avvenuto anche all’esito di un confronto che ha coinvolto Ferrara, all’esito del quale il nucleo di polizia tributaria è apparso il più consono ad effettuare gli approfondimenti opportuni».

Le intercettazioni negate

«Sin dall’inizio ritenevo necessaria un’attività di intercettazione telefonica e così ho prospettato a Toro, anche in presenza di esponenti del Noe, tale necessità investigativa ma Toro riteneva non sussistenti elementi a sostegno dell’ipotesi investigativa. Devo segnalare che l’orientamento dei Gip romani in tema di autorizzazione all’intercettazione è molto rigorosa, per cui anche in altre circostanze Toro è stato molto cauto. Ferrara e Toro segnalavano la necessità di individuare il passaggio di somme di denaro per supportare la sussistenza di indizi. Al massimo individuavano elementi per ipotizzare un abuso d’ufficio».

Parla del timore dei vertici dell’ufficio per un’eventuale fuga di notizie e poi aggiunge: «Solo successivamente le indagini della Finanza hanno individuato due Sos (segnalazioni di operazioni sospette) in materia di appalti, sintomatici dell’avvenuto passaggio di denaro, che rendevano a mio parere evidente a quel punto la sussistenza dei gravi indizi giustificativi per la richiesta di intercettazione per corruzione, riciclaggio e a un’ipotesi associativa».

Il magistrato ricorda una riunione che si è tenuta il 19 gennaio 2010 nell’ufficio di Ferrara e alla quale hanno partecipato il suo collega Sergio Colaiocco, titolare dell’inchiesta sui Mondiali di Nuoto, e gli ufficiali della Finanza Augelli e Vizza.

«Agli investigatori - dichiara Cocomello - chiedemmo un’informativa riassuntiva, ma non è mai stata redatta».

Le contestazioni di Toro

Sottolinea comunque come lei e il collega siano andati avanti preparando le richieste per intercettare i telefoni e iscrivendo gli indagati nel registro per i nuovi reati.

Il 29 gennaio tornano da Ferrara dove c’è anche Toro.

Così Cocomello ricostruisce la riunione: «Toro disse che a suo parere le indagini vanno condotte sui documenti e non sul contenuto di intercettazioni telefoniche. Di fronte a queste obiezioni ho ribadito con forza la mia opinione sull’assoluta indispensabilità delle intercettazioni. Nella richiesta erano indicati tutti i soggetti, ma è stata ritenuta comunque “debole” dal Capo e dall’Aggiunto con particolare riferimento a Della Giovampaola, così che io e Colaiocco, convenendo che allo stato dei nostri atti fosse la più debole, abbiamo optato per acconsentire alle loro obiezioni, anche per evitare di perdere altro tempo ».

Il pubblico ministero elenca i contatti avuti da Colaiocco con i colleghi di Firenze e sottolinea come «dopo la richiesta di contatto verbale del nostro Capo (avvenuta a fine gennaio scorso, dunque poco prima che in Toscana scattassero gli arresti), nessuno da Firenze aveva risposto».

Poi aggiunge un dettaglio che riguarda i rapporti interni alla procura di Roma: «Ricordo che ad un incontro ha assistito il collega Nicola Maiorano che mi ha manifestato, qualche giorno dopo, tutta la sua solidarietà rispetto alla determinazione nel rappresentare a Toro la mia volontà di affrontare con più energia quel procedimento».

La nota dei carabinieri

Il pomeriggio vengono interrogati i due ufficiali del Noe sostituiti.

Agli atti c’è una relazione di servizio datata 11 febbraio 2009 nella quale elencano i passaggi chiave dell’indagine e il rifiuto dei magistrati a far svolgere loro ulteriori accertamenti.

E a verbale il tenente Francesco Ceccaroni dichiara: «Redigemmo l’annotazione perché rimanemmo perplessi dalle motivazioni della dottoressa Cocomello in ordine al mancato accoglimento delle nostre ipotesi investigative. Le motivazioni erano sia di natura giuridica perché veniva prospettata la mancanza di elementi idonei a configurare l’ipotesi di corruzione, che per il nocumento all’immagine del Paese sarebbe potuto derivare da un’indagine penale un avvenimento di tale portata quale quello del G8. Cocomello si sentì in dovere di riferirci le determinazioni del Capo e dell’Aggiunto, ma se mi chiedete se quelle valutazioni fossero condivise e in parte dico sì. Inoltre ci fece presente che la Guardia di Finanza aveva già accertamenti in corso su alcuni soggetti o società per cui avevano intenzione di affidare loro la delega».

Poi ricorda un incontro nell’ufficio di Toro avvenuto il 3 marzo 2009 e dichiara: «Cocomello ci accompagnò. Toro ci fece presente che gli elementi già raccolti nelle indagini facevano ipotizzare solo l’abuso d’ufficio per cui avrebbero potuto giustificare solo la richiesta di interdizione dai pubblici uffici».

Appalti e «buste»

Tocca al suo collega, il capitano Pasquale Starace, fornire i dettagli.

Ed è lui a rivelare che l’indagine del Noe, avviata a Nuoro e poi trasmessa a Roma, riguardava «due imprenditori sardi in contatto con Angelo Balducci e nelle intercettazioni telefoniche si parlava di “appalti e buste”, una delle quali era definita “di ringraziamento”. Altro soggetto citato con il solo nome era l’“ingegner Mauro” che sembrava suscettibile di interesse investigativo».

Poi aggiunge: «La sorpresa per il mancato accoglimento della nostra richiesta riguardava il fatto che la titolare delle indagini concordasse con noi sulla bontà degli elementi raccolti ma che gli esiti richiesti, e ripeto apparentemente condivisi dalla dottoressa Cocomello, non venivano adottati per contrasti con i vertici della Procura romana, segnatamente il dottor Ferrara e l’Aggiunto Toro, i quali formulavano obiezioni di “opportunità politica” e non di discrezionalità giudiziaria».


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Da Sky.it



In giornata il procuratore generale di Roma Giovanni Ferrara ha annunciato querela contro i giornali “perché i titoli non rispecchiano affatto il contenuto del verbale reso ai pm di Perugia dalla dottoressa Assunta Cocomello” e una querela ai due ufficiali del Noe, “con cui non ho mai parlato”, per aver detto che “le intercettazioni sugli appalti del G8 furono bloccate per opportunità politica”.
“Rivendico il pieno diritto di esercitare le prerogative che spettano a un capo dell’ufficio quale io sono - spiega Ferrara -. Fa parte del mio lavoro, è mio dovere farlo, le regole le ho sempre rispettate. Posso anche sbagliare, sempre in buona fede, ma se non sono convinto che vada adottato un qualunque provvedimento sono capace di discutere anche per giorni interi. Nel caso specifico, escludo fermamente che le intercettazioni non siano state adottate per ragioni di opportunità politica.”



1 commenti:

Anonimo ha detto...

"Nel caso specifico, escludo fermamente che le intercettazioni non siano state adottate per ragioni di opportunità politica.”
Dato che è scomodo riferire quel che si pensa aver detto il procuratore Ferrara, non sarebbe opportuno che questo alto dirigente, oltre a querelare un certo numero di persone che avrebbero male interpretato il suo pensiero, acconsentisse a spiegare a noi cittadini quali furono le ragioni che eventualmente lo indussero a non consentire le intercettazioni? Il termine "eventualmente" è di rigore in questo caso, dato che il dott Ferrara si esprime in prima persona, il che è più che giusto, quando querela e quando esclude; ma
quando accenna alla persona o alle persone eventualmente all'origine delle mancate intercettazioni, utilizza il discorso indiretto.
Non si capisce neanche se qualcuno abbia mai proposto di ricorrere a delle intercettazioni.