sabato 5 dicembre 2020

Panchina corta al CSM.




Abbiamo dato conto della ricusazione presentata dal dott. Stefano Rocco Fava nei riguardi di alcuni componenti della Sezione Disciplinare del CSM. Sulla questione dovranno necessariamente pronunciarsi  giudici diversi da quelli coinvolti nel "sospetto" di non essere imparziali. Ebbene,  anche nel collegio chiamato a decidere su quella ricusazione siede, secondo il dott. Fava, un magistrato che dovrebbe invece alzarsi e rinunciare a giudicare, dato che è stato coinvolto come inquirente proprio nelle indagini della Procura Generale contro il dott. Fava.

Di seguito la ricusazione del giudice della ricusazione.          



Consiglio Superiore della Magistratura Sezione Disciplinare
Invito all'astensione Istanza di ricusazione del componente del collegio dott. Carmelo CALENTANO ex art. 52 comma 1 c.p.c. in relazione all'art. 51 comma 1 n. 1 e n. 4 c.p.c.

Il sottoscritto dott. Stefano Rocco Fava, incolpato nel procedimento disciplinare n. 92/2019 come da decreto di citazione in data 8 settembre 2020, avendo appreso, con la notifica del decreto emesso fuori udienza in data 20 novembre 2020, la composizione del collegio giudicante per l'udienza "incidentale" del 2 dicembre 2020, formula invito all'astensione e, in subordine, istanza di ricusazione del dott. Carmelo CELENTANO, in relazione alla predetta udienza incidentale del 2 dicembre 2020, per le ragioni appresso indicate.
In data 16 novembre 2020 lo scrivente ha depositato invito all'astensione e, in subordine, istanza di ricusazione del Presidente ERMINI e del componente del collegio dott. CASCINI ai sensi dell'art. 51 comma 1 n. 1 c.p.c..
 
A seguito di detta istanza il dott. CASCINI, per come si è appreso all'udienza del 20 novembre 2020, si è astenuto mentre sull'istanza di ricusazione del Presidente ERMINI il collegio ha riservato la propria decisione.
Con decreto emesso fuori udienza lo stesso 20 novembre 2020 il Presidente ERMINI ha fissato, per la delibazione dell'istanza di ricusazione, l'udienza del 2 dicembre 2020 ore 14.30 designando, quali componenti del collegio, il consigliere GIGLIOTTI, il consigliere BASILE, il dott. CELENTANO, il dott. MARRA, la dottoressa BRAGGION e il dott. DI MATTEO.
Tuttavia, come risulta dagli atti, il dott. CELENTANO ha esercitato le funzioni di pubblico ministero nel presente procedimento. Alla pagina 356 dell'incarto processuale si rinviene infatti una mail inviata dal sostituto procuratore generale dott. Simone PERELLI in data 28 giugno 2019, avente ad oggetto “Bozza capo di incolpazione", al dott. FUZIO, al dott. SALVATO, al dott. GAETA, al dott. VIOLA, al dott. CELENTANO e al dott. CUOMO concernente i capi di incolpazione contestati allo scrivente con atto della Procura Generale del 5 luglio 2019 e poi ricompresi nella richiesta di fissazione dell'udienza del 24 giugno 2020 e pertanto al vaglio di codesto collegio come capi a) e b) delle incolpazioni (da pagina 1 a pagina 5 della richiesta di fissazione dell'udienza).
Ad ulteriore conferma di quanto sostenuto, alla stessa pagina 356 degli atti del presente procedimento, si rinviene una mail inviata dal dott. FUZIO, in data 1 luglio 2020, al dott. PERELLI al dott. SALVATO, al dott. GAETA, al dott. VIOLA, al dott. CELENTANO e al dott. CUOMO, avente sempre ad oggetto “Bozza capo di incolpazione" con la quale si comunica ai predetti magistrati l'esito di interlocuzioni avviate con la Procura Generale presso la Corte di Appello di Roma e con il Consiglio Superiore della Magistratura con riferimento agli
allegati alla segnalazione inoltrata dallo scrivente al CSM in data 27 marzo 2019 concernente il dott. PIGNATONE pure oggetto dei capi di incolpazioni al vaglio di codesto Collegio.
Appare pertanto evidente che il dott. CELENTANO, peraltro destinatario diretto e non per mera conoscenza delle predette mail, all'epoca sostituto procuratore generale presso la Procura Generale della Cassazione, si sia occupato, nell'esercizio di tali funzioni, della "bozza del capo di incolpazione", di cui ai capi a) e b) del presente giudizio, nonché della segnalazione inoltrata dallo scrivente al CSM in data 27 marzo 2019 pure oggetto dei capi di incolpazione n. la e lb (pagine da 5 a 8 della richiesta di fissazione dell'udienza) ed abbia dunque esercitato i propri compiti di istituto in merito alle determinazioni assunte dall'ufficio di Procura Generale nei confronti dello scrivente senza che, peraltro, risulti dagli atti una qualunque forma di dissenso rispetto alla linea adottata dalla Pubblica Accusa. Detta conclusione deve ritenersi provata sia perché si tratta di documenti di provenienza "pubblica" sia in applicazione dei ben noti principi generali in tema di opponibilità delle scritture a colui che le ha formate (art. 2702 e segg. cod. civ. e 214 c.p.c.). Inoltre, poiché le predette mail risultano allegate al fascicolo di parte attrice Procura Generale e prodotte in giudizio, quindi comunicate a controparte, debbono valutarsi ai sensi dell'art. 2735 codice civile quali atti aventi efficacia di confessione stragiudiziale.
Ricorre pertanto l'ipotesi di cui all'art. 51 comma 1 n. 1 c.p.c. poiché il dott. CELENTANO ha anzitutto un indubbio interesse, lato sensu quantomeno professionale, a vedere convalidata, all'esito del giudizio, le ipotesi di accusa che ha concorso ad istruire e formare ed in ordine alle quali non risulta che comunque abbia dissentito, allorquando esercitava le funzioni di sostituto procuratore presso la Procura Generale della Cassazione. Una decisione difforme rispetto alle aspettative dell'Accusa coinvolgerebbe infatti inevitabilmente, dal punto di vista professionale, il dott. CELENTANO che quelle accuse ha concorso ad istruire e formare e rispetto alle quali comunque non consti abbia manifestato dissenso. A ciò si aggiunga che, terminato il mandato al CSM, il dott. CELENTANO tornerà all'ufficio di provenienza Procura Generale della Cassazione che ha istruito ed esercitato l'azione disciplinare nel presente procedimento del quale lo stesso dott. CELENTANO si è occupato.
Per il precedente esercizio delle ora descritte funzioni, anche il dott. CELENTANO ha inoltre, così come il Presidente ERMINI - e lo stesso dott. CASCINI che si è, infatti, astenuto - interesse personale a sostenere l'infondatezza di quanto rappresentato nella memoria dello scrivente depositata nel presente procedimento in data 10 novembre 2020, in ordine alle riscontrate ed evidenti anomalie delle richieste di astensione del dott. PIGNATONE, poiché il predetto dott. CELENTANO, per quanto consta agli atti, nessuna irregolarità ha mai segnalato in proposito pur avendo avuto la disponibilità degli atti ed in particolare delle richieste di astensione avanzate dal dott. PIGNATONE il 17 maggio 2017 e il 26 marzo 2019.
In altri termini il dott. CELENTANO, laddove ritenesse fondate le argomentazioni espresse dallo scrivente nella predetta memoria del 10 novembre 2020 circa le riscontrate anomalie delle richieste di astensione del dott. PIGNATONE, rischierebbe di recare pregiudizio a sé medesimo poiché nell'esercizio delle precedenti funzioni non consta abbia mai segnalato nulla al riguardo.
In assenza di iniziative proprie del dott. CELENTANO si invita pertanto il medesimo ad astenersi dal giudizio disciplinare ed anche dal presente giudizio incidentale.
Trovandosi inoltre il dott. CELENTANO, per l'esercizio delle ripetute precedenti funzioni, in posizione personale e professionale analoga e sovrapponibile a quella del Presidente ERMINI appare di tutta evidenza come nel valutare nel giudizio "incidentale" la posizione del Presidente ERMINI egli finisca inevitabilmente per valutare anche la propria vertente, peraltro, "su identica questione di diritto".
Ed infatti, laddove il dott. CELENTANO accogliesse l'istanza di ricusazione proposta nei confronti del Presidente ERMINI ne conseguirebbe, da parte sua, l'obbligo di astenersi dal giudizio, in ragione della evidenziata sovrapponibilità delle due posizioni. Ne consegue dunque l'interesse personale del dott. CELENTANO a rigettare la ricusazione proposta dallo scrivente nei confronti del Presidente ERMINI.
Ricorrono pertanto entrambe le ipotesi previste dall'art. 51 comma 1 n. 1 c.p.c. che impongono l'astensione, vale a dire "interesse nella causa" e interesse "in altra vertente su identica questione di diritto" ed appare anomalo che il Presidente ERMINI, sapendo, per come risultante chiaramente dagli atti, che il dott. CELENTANO avesse esercitato nel presente procedimento le proprie funzioni quando era in servizio alla Procura Generale della Cassazione e si trovasse in condizione analoga alla propria, lo abbia designato a comporre il collegio che deve decidere sulla sua ricusazione.
Appare evidente pertanto che la partecipazione al giudizio (disciplinare di merito ed incidentale) da parte del dott. CELENTANO violerebbe il divieto del nemo index in causa sua codificato appunto nell'art. 51 comma 1 n. 1 c.p.c. avendo l'interesse diretto e proprio dell'inquirente/attore nella causa, di cui all'art. 100 c.p.c. legittimante in astratto, quantomeno, l'intervento di cui all'art. 105 comma 2 c.p.c. adesivo dipendente rispetto alla posizione attorea della Procura Generale della Cassazione sia per quanto concerne le dedotte, da parte dello scrivente, irregolarità delle richieste di astensione avanzate dal dott. PIGNATONE sia per quanto concerne la fondatezza delle incolpazioni di cui ai capi a) e b) sia, infine, per quanto concerne la valutazione dei presupposti che impongano l'astensione. E' noto infatti che l'intervento adesivo dipendente origina da un interesse astrattamente rilevante e dalla necessità di impedire che nella propria sfera giuridica possano ripercuotersi conseguenze derivanti da effetti riflessi o indiretti del giudicato, quale un possibile pregiudizio professionale, ed "è caratterizzato dal fatto che l'interveniente adesivo non fa valere un proprio diritto ma si limita a sostenere le ragioni di una delle parti, ossia assume una posizione che è subordinata a questa parte e si sostanzia in una semplice adesione alla
domanda di questa parte di cui il terzo auspica e cerca di favorire la vittoria" (Mandrioli, Corso di diritto processuale civile 12A edizione pagg. 331 e 332).
Secondo l'indirizzo prevalente la conseguenza della mancata astensione o del rigetto della ricusazione, nel caso previsto dall'art. 51 comma 1 n. 1 c.p.c., è la nullità assoluta della sentenza. Anzi "l'unica ipotesi in cui si determina la nullità assoluta della sentenza si ha quando il giudice è stato parte formale o sostanziale del giudizio e quindi direttamente interessato alla controversia Cass. 565/2007; Cass. 16615/2005. In questo caso infatti in violazione in violazione del principio nemo iudex in causa sua è configurabile un vizio di nullità della sentenza (Cass. 26119/2008; Cass. 3974/2004; Cass: 528/2002" (Taraschi, Diritto Processuale Civile XXIX edizione pagina 158.
Ricorre inoltre la fattispecie di cui all'art. 51 n. 4 c.p.c. poiché, dal tenore delle mail, si desume che il dott. CELENTANO "ha dato consiglio nella causa" ed inoltre "ne ha conosciuto come magistrato in altro grado del processo" dovendosi necessariamente intendere per "grado" anche la fase delle indagini, pur trattandosi di norme di stretta interpretazione, poiché in caso contrario, detta ipotesi di astensione non potrebbe mai trovare applicazione al procedimento disciplinare con la conseguente possibilità di ritenere legittimo che il pubblico ministero che ha esercitato l'azione possa poi giudicare sulla stessa ricoprendo l'ufficio di Giudice pronunciando sentenza sull'azione da lui stesso esercitata. Dalle mail sopra indicate e riportate appare inoltre evidente come il dott. CELENTANO fosse stato non occasionalmente investito delle questioni concernenti la "Bozza del capo di incolpazione" e delle questioni concernenti la segnalazione inviata dallo scrivente al CSM in data 27 marzo 2019 ed in particolare le acquisizioni istruttorie e interlocuzioni con la Procura Generale presso la Corte di Appello di Roma e lo stesso Consiglio Superiore sicché deve, a rigor di logica, desumersi che il dott. CELENTANO abbia costituito il "gruppo di lavoro" che si è occupato di tutte le vicende disciplinari che hanno tratto origine dalla trasmissione degli atti del procedimento penale n. 6652/18 pendente presso l'AG di Perugia. Del resto, l'invio da parte del dott. PERELLI della "bozza delle incolpazioni" per esame anche al dott. CELENTANO implica la conoscenza e disponibilità degli atti di indagine da parte del medesimo dott. CELENTANO atti che, peraltro, sono comuni a tutti i procedimenti disciplinari avviati a seguito della predetta trasmissione da parte della Procura di Perugia. Di tale evenienza il Collegio potrà avere contezza direttamente dal dott. CELENTANO nell'audizione che dovrà effettuare ai sensi dell'art. 53 comma 2 c.p.c..
Inoltre, sempre ai sensi dell'art. 53 comma 2 c.p.c., si chiede che codesta Sezione ordini a parte attrice Procura Generale, ex art. 210 c.p.c., l'esibizione di tutti gli atti concernenti la partecipazione del dott. CELENTANO al presente procedimento disciplinare e a tutti i procedimenti disciplinari originati dalla trasmissione degli atti da parte della Procura della Repubblica di Perugia.
Mette conto infine rilevare, a fine di rimarcare l'evidente anomalia della situazione venutasi a creare, perfettamente nota, ovviamente, al pubblico ministero d'udienza dott. PERELLI ed inoltre, quantomeno, ai magistrati destinatari delle predette mail, come l'incompatibilità del Giudice per l'esercizio di precedenti funzioni inquirenti sia espressamente codificata dall'art. 34
comma 3 del codice di procedura penale laddove prevede che "chi ha esercitato funzioni di pubblico ministero ...non può esercitare nel medesimo procedimento l'ufficio del giudice".
Ritiene pertanto lo scrivente di dover formulare invito all'astensione del dott. CELENTANO sia dal procedimento principale che da quello "incidentale".
Essendo nella vigenza dei termini di cui all'art. 52 comma 2 c.p.c. che recita “il ricorso deve essere depositato in cancelleria due giorni prima dell'udienza" lo scrivente dunque, con il presente ricorso, per le ragioni sopra esposte, ricusa il dott. CELENTANO per il giudizio "incidentale" del 2 dicembre 2020.
Pertanto per tutte tali ragioni, considerato che tale situazione è riconducibile a quella espressamente prevista dall'art. 51 comma 1 n. 1 e n. 4 c.p.c..
Tutto ciò premesso il sottoscritto dott. Stefano Rocco Fava
INVITA
il dott. Carmelo CELENTANO ad astenersi dal giudizio disciplinare di merito ed anche nella presente fase incidentale
CHIEDE
in caso di mancata astensione del dott. Carmelo CELENTANO, l'accoglimento del ricorso, proposto limitatamente all'udienza incidentale del 2 dicembre 2020, e, conseguentemente, la designazione del giudice previsto in tabella per la delibazione dell'istanza di ricusazione del Presidente ERMINI.
Si allegano mail in data 28 giugno 2019 e in data 1 luglio 2019 citate in narrativa.
Roma, 27 novembre 2020.


2 commenti:

bartolo ha detto...

Più che corta, panchina consumata! Corto è l’organico dei magistrati, considerato che si è dovuto ricorrere all’integrazione con il reclutamento di avvocati.
Per quanto riguarda invece le istanze del Dottor Fava e gli “intrallazzi” correntizi del Dottor Palamara, mi si apre il cuore. Quanto sospettavo, sulla magistratura, è realtà. Manca soltanto un ulteriore indagine dal nome “Trattativa 2”, o meglio “Vera Trattativa” dello Stato. Quella in cui uno dei suoi Poteri ha assoggettato (speriamo solo fino adesso) gli altri due.

francesco Grasso ha detto...

Con riferimento al c.1 art. 51 c.p.c. l'astensione è obbligatoria in quanto norma rigidamente tassativa che comporta nullità. Va ancora detto che le Sez. Un. civ., s. 13 nov.2012, n.19704, statuiscono che: " L'obbligo di astensione , rilevante in sede disciplinare........, non è limitato alle sole ipotesi previste dall'art.51, comma prima c.p.c. e dagli art. 36 e 37 cod. proc. Pen., ma è configurabile tutti i casi nei quali sia ravvisabile un interesse proprio del magistrato o di un suo prossimo congiunto, poiché l'art. 323 c. p. fonda un dovere generale di astenersi , ove sussista un conflitto anche solo potenziale di interessi che possono essere..." Riguardo poi il caso ove un giudice abbia svolto funzioni inquirenti nello stesso caso si è in presenza di violazione dei cardini primari della giurisdizione.