di Nicola Saracino - Magistrato
Non lo sono Egitto e Bangladesh, secondo il tribunale di Roma.
Ciò ha determinato la mancata convalida del trattenimento di alcuni migranti in Albania e le conseguenti polemiche, anzi il vero e proprio “scontro” tra politica e magistratura, ciascuna rivendicando l’esercizio delle proprie prerogative.
Invasioni di campo sono lamentate dall’una e dall’altra parte.
E l’Arbitro dice ad entrambe di tenere in considerazione le ragioni dell’altra.
In mezzo la legislazione europea, di rango sovraordinato a quelle degli Stati membri dell’Unione.
Il punto è tutto lì.
Mentre per disapplicare una norma di legge che violi la Costituzione occorre eliminarla dall’ordinamento giuridico con una pronuncia della Corte Costituzionale, quando sono in gioco contrasti con le norme europee i singoli giudici degli Stati nazionali sono chiamati a dare applicazione diretta alle norme cd “pattizie”, senza che vi sia l’obbligo (né la possibilità) di sospendere il giudizio per sottoporre la questione ad una Corte Costituzionale Europea che possa "eliminare" le leggi degli stati membri contrastanti con l'ordinamento sovranazionale, quell'organo non esiste
Tradurre in legge la lista degli Stati “sicuri”, pertanto, non aiuterà.
A meno che ciò non avvenga a livello di normativa europea.
Tra i criteri adottati a livello europeo per stabilire se uno Stato possa dirsi sicuro - oltre alla garanzia delle libertà fondamentali come ad esempio la segretezza della corrispondenza e la libertà di pensiero - vi è quello del rispetto della separazione dei poteri e, in particolare, della non interferenza dei governi sull’operato della magistratura, che deve essere dai primi indipendente.
Non deve, cioè, “collaborare” coi governi e nemmeno osteggiarli.
Deve applicare le regole, sia quelle nazionali che quelle comunitarie, secondo gli schemi sopra accennati.
L’Italia è un paese sicuro?