Pagine

venerdì 3 ottobre 2025

Un intervento di Andrea Mirenda al XX Congresso ordinario dell'Unione Camere Penali Italiane







Una voce dissonante sul sorteggio dei componenti del CSM, qui sotto il link ed il testo.  

Sono quotidiane le conferme dei mali del correntismo,  come la recente e feroce lottizzazione delle Commissioni del CSM, una a quel gruppo di "colti", una a quell'altro. 

Le Correnti,  centri culturali   in teoria, centri per l'impiego in pratica.

Che la spartizione continui.          





DOTT. ANDREA MIRENDA
CATANIA - CONGRESSO UCPI 27 settembre 2025

Grazie.
prima di tutto, voglio ringraziarvi per l’invito: per me è stato un momento estremamente formativo, anche sul piano personale e professionale, come magistrato. Ieri ho ascoltato discorsi, come usa dire, “alti”.  E, se mi è consentito, vorrei anche aggiungere che la vostra elaborazione culturale — quella dell’Unione delle Camere Penali — è, a mio avviso, più alta e più profonda di quella che oggi riesce a esprimere l’ANM, purtroppo arroccata in una posizione difensiva, di chiusura, di “no a tutto”: una postura che, come ha ben ricordato ieri l’onorevole Morando, ha finito per impedire quello che avrebbe potuto essere un dialogo sereno e costruttivo.

Eppure, ciò che stiamo vivendo — almeno negli ultimi anni — rappresenta una straordinaria lezione di educazione civica, assolutamente trasversale alla societa civile, che avrebbe meritato di essere raccolta e condivisa da tutti. Stiamo assistendo, difatti,  — e questo è un Vostro merito — ad una straordinaria riflessione costituzionale che attraversa tutto il Paese. Perché non riguarda soltanto noi operatori della giustizia — magistrati, avvocati, studiosi — ma coinvolge fortunatamente anche i cittadini, chiamati a interrogarsi sempre più sul significato di giusto processo, di parità delle parti,  in definitiva sul senso stesso del rito accusatorio. Argomenti che, fino a poco tempo fa, erano materia quasi “esoterica”, riservata agli addetti ai lavori.

Per questo, vi esprimo un grazie sincero: comunque andrà a finire questo confronto, il Paese ne uscirà arricchito, più consapevole e — mi auguro — più maturo.

Le questioni sul tavolo sono moltissime e richiederebbero molto più tempo di quello che posso permettermi. Non voglio, quindi, abusare della vostra pazienza.

Come ha ricordato la nostra moderatrice, sono il primo “sorteggiato” della storia… e spero sinceramente di non essere l’ultimo.

E detto questo, credo che il punto di partenza della nostra riflessione debba essere fermo e chiaro: il sorteggio non è “la causa” bensì “la conseguenza” di come la magistratura ha vissuto il proprio ruolo negli ultimi decenni.

Dovete sapere che un piccolo gruppo di magistrati — 7o 8 in tutto — iniziò a proporre il sorteggio oramai più di quindici anni fa,  e ciò fece proprio per reagire alla deriva etica del correntismo. Il progetto non è nato, dunque,  da un’elaborazione ministeriale, né da un’iniziativa politica. È nato proprio dal basso, dal bisogno di contrastare una malattia tutta interna alla magistratura, ad un Sistema che ha progressivamente e severamente compromesso l’indipendenza del singolo giudice.

Quel lavoro — e lo rivendico con orgoglio — non è stato tuttavia soltanto reattivo, non è nato solo come protesta: è stato anche la spinta verso una rifondazione culturale, attraverso una riflessione sul senso autentico dell’indipendenza del magistrato.
La nostra Costituzione prevede, infatti, l’indipendenza del singolo magistrato e attribuisce al Consiglio Superiore della Magistratura un’indipendenza sì, ma strumentale, secondaria, finalizzata a garantire quella primaria dei magistrati.

Il CSM, dunque, non è — né dovrà mai essere — il rappresentante dell’Ordine Giudiziario: è, invece,  a Costituzione invariata, un organo finalizzato a tutelare l’indipendenza dei magistrati, gli unici – si badi - a cui la Costituzione assegna espressamente questa guarentigia.
Eppure, il sistema delle correnti ha finito per rovesciare questo equilibrio con un’operazione culturale raffinatissima e silenziosa: ha, difatti,  surrettiziamente confiscato – mediante mille condizionamenti - al magistrato la sua indipendenza, finendo per attribuersela in ragione di una inesistente funzione di “rappresentanza politica” dell’intero Ordine Giudiziario. Lo ha ricordato bene anche la Corte Costituzionale: quella rappresentanza non esiste, non è scritta da nessuna parte.
Se questo è il quadro “malato” da cui muoviamo, credo allora che  il primo passo — direi il più onesto — sia riconoscere che il sorteggio non è una trovata populista, non è liquidabile in modo sarcastico come una infelice riproposizione, anche per la magistratura,  dello slogan “uno vale uno” .

È, al contrario, una risposta — forse imperfetta ma sincera — a un problema reale e strutturale.

So che persino tra voi ci sono scettici, e mi dispiace. Ma, se mi sarà consentito, cercherò di spiegare perché, a mio modesto avviso, sbagliate a esserlo.

Vedete, come ho già detto l’unica categoria di “servitori dello Stato” per la quale la Costituzione prevede espressamente  la soggezione “soltanto” alla legge, l’unica per la quale è ammessa la distinzione solo per funzioni, l’unica per la quale viene sancita la pari dignità di tutti i suoi componenti,  è quella dei magistrati.
L’unica!
Quelli appena ricordati sono principi che ciascuno di voi conosce bene e sono il fondamento stesso del “principio del giudice naturale precostituito”.

Proviamo allora a ragionare secondo logica e coerenza, utilizzando criteri di efficienza e di merito. Dovremmo cosi’ chiederci: “Perché al Consiglio devono andare i migliori? Per fasre cosa? E quali competenze, quali skill, dovrebbero avere gli “eletti- designati” per esercitare compito? ”. Domande a cui si danno risposte del tutto vaghe, politichesi…

Bene, ma se dobbiamo seguire questo ragionamento fino in fondo, esso condurrebbe a un paradosso: al CSM deve andare il “migliore”, per i processi invece chi capita capita…
Perché non  assicurare al cittadino il migliore anche per il suo processo? 

E invece no! Questo il cittadino, direi giustamente,  non può esigerlo!
Nel processo, ciò che garantisce la qualità e l’indipendenza della Giustizia non è affatto l’idea del “migliore giudice” bensì quella del  giudice assegnato automaticamente per legge, proprio per evitare ogni manovra, ogni sospetto di scelta interessata o di condizionamento,  qualunque manovra, qualunque possibilità di scelta occhiuta o di interferenza.

E questo principio ha un corollario importante: perché sta proprio a certificare il peculiare standard professionale riconosciuto al magistrato dalla Costituzione. 
Uno standard straordinariamente elevato!

È proprio in questa fiducia “costituzionalizzata”e  nel corrispondente principio di uguaglianza dei titolari di questo “Potere diffuso”che si fonda l’idea del sorteggio: la scelta di conferire in via stocastica la “rappresentanza tecnica” ( non politica) delle varie categorie della Magistratura secondo quella che potremmo definire — senza timore — la più democratica delle formule rappresentative non politiche: essa solo, difatti, garantisce a qualunque magistrato la possibilità di accedere al governo autonomo della Magistratura senza mediazioni, senza ricorrere a clientele o ad apparati.
Non si tratta di un sorteggio tra edicolanti o tra tassisti — con tutto il rispetto per quelle professioni — ma di un sorteggio tra magistrati: gli stessi che, ogni giorno, amministrano autorevolmente giustizia per ciascuno di noi.

Dunque, se il sorteggio per il CSM avviene all’interno di una élite dotata ex lege di competenze professionali già altissime, la presunzione di qualità – per il raggiungimento dei corrispondenti compiti tecnici di Alta Amministrazione - è forte e del tutto ragionevole.

E tuttavia, accetto la sfida: so bene che questo è un approccio, almeno  in apparenza, astratto.

Ma in concreto — e qui la riflessione va fatta senza finzioni — il senso del sorteggio è proprio quello di restituire al governo autonomo della magistratura la sua autenticità costituzionale: indipendente, fatto di uguali, imparziale, non rappresentativo di  cordate di interessi ma sereno e responsabile. 
So bene che si dice “vuoi mai che quell’incompetente o quell’incapace possa diventare col sorteggio Consigliere”. E’evidente, tuttavia, la stucchevole ipocrisia di simile modo di ragionare: perché il problema non è che costoro vadano al CSM ma che essi possano esercitare giustizia tutti i giorni! Chiaro, quindi, che la selezione volta ad assicurare la massima professionalità consiliare vada fatta a monte, non a valle, per rispetto dei cittadini. 
Come ho già detto, i compiti del CSM nulla hanno a che fare con la rappresentanza delle diverse visioni culturali e politiche presenti in magistratura. Questo l’ho dovuto ribadire anche ad una quarantina di giovani MOT  venuti in Consiglio per un primo contatto con l’Istituzione: dissi loro chiaramente che se il CSM fosse davvero il luogo che le correnti descrivono (vale a dire quello di un soggetto politico portatore delle diverse “visioni” circa il ruolo della magistratura nella società), loro avrebbero corso il grave pericolo di restare  esposti a decisioni consiliari politicamente orientate secondo le oscillanti “sensibilità” delle maggioranze consiliari del momento, con buona pace per la soggezione del magistrato “soltanto” alla legge, in balia di continue e variopinte ridefinizioni di cosa significhi essere magistrato.

E devo pure dire, a voi avvocati, che la vostra indifferenza di fronte al sorteggio — sbrigativamente liquidato come populismo dell “uno è uguale a uno” — finisce  per non avere valenza neutra, date le conseguenze concrete, palesemente negative,  su voi professionisti e, in ultimo, sui vostri assistiti.

Per capire il ruolo distorsivo assunto oramai dalle correnti occorre andare alla riforma del 2006; un esempio lampante di un tranello straordinario teso alla magistratura, tranello in cui siamo caduti dentro con un’ingenuità sorprendente. Il 2006 rappresenta davvero una pietra miliare, la chiave di volta di una magistratura che, fino ad allora, aveva un altro ritmo e un’altra prospettiva funzionale. Dopo quella riforma, il carrierismo e la logica produttivistica del “far numeri” hanno preso il sopravvento; eliminate le limitazioni anagrafiche legate alle fasce di anzianità, abbiamo scoperto la sorprendente categoria  dei magistrati “baby-performer”, pronti già al tempo zero ad assumere le redini degli Uffici.
Io sono magistrato da quarant’anni, ormai sto per avviarmi verso la pensione — grazie al cielo — e posso dire che, un tempo, ci si metteva l’anima in pace per vent’anni: sapevi che dovevi fare le tue sentenze, ricevere l’apprezzamento tecnico dell’Avvocatura, convincere, essere persuasivo , godere della stima dei colleghi e del Dirigente. Lo dico senza infingimenti: questo era il piacere e la soddisfazione culturale del lavoro. Qualcuno, come ad es. Valerio De Gioia, mi ha conosciuto leggendo i miei scritti di diritto, i miei provvediemnti, e sa bene a cosa mi riferisco. Ebbene, il  piacere della scrittura, il valore culturale del lavoro, è venuto progressivamente a svuotarsi: il lavoro sulla scrivania? tutto tempo sottratto alla carriera)
E così nasce il primo problema. L’esperienza giudiziaria diviene, per la fetta più ambiziosa della magistratura,  una mera questione statistica, asservita alla logica dei numeri e della velocità: "Avvocato, non mi faccia perdere tempo: devo finire in fretta!”  Tutto il resto, prima fra tutte la costruzione culturale dell’idea stessa di giudizio, scivola in secondo piano. 

Devo, però, dire per correttezza e perché lo vedo sul campo, la stragrande maggioranza dei magistrati opera con grande correttezza, dedizione e amore per il lavoro, senza l’occhio rivolto alla carriera…

Ma per gli ambiziosi? Per quelli che puntando alla dirigenza degli uffici costruiscono dal “tempo zero” la loro carriera?  Ecco, per costoro tutto il tempo speso nel lavoro giudiziario diventa tempo sottratto alla carriera. E allora che fare? Se scrivi nella tua autorelazione “ho sempre lavorato”, la risposta che il CSM delle correnti ti dà è semplicissima: “ …beh? hai fatto solo il tuo dovere…”.
E così inizia la corsa “a fare altro”: nascono le medagliette, le gratificazioni, le deleghe organizzative conferite secondo graziosa e personalissima scelta del Capo, la candidatura al circuito dell’Autogoverno in senso lato (CG, CSM, Scuola Superiore della Magistratura, Formazione Decentrata, RID, MAGRIF), il fuori-ruolo al Ministero della Giustizia, etc.
E come si accede al medagliere? 
Per lo più, diciamolo chiaro,  non per merito,  per impegno quotidiano. 
Anzi…
Si accede attraverso la genuflessione alla corrente.
Faccio una piccola parentesi sui cd. “fuori-ruolo”: lo dico spesso al laico Felice Giuffrè che puntualmente vota a favore. Io sono contrarissimo! Perché esso fa sorgere un bel problema dal punto di vista della “geometria costituzionale”, chiara essendo l’interferenza con la separazione dei poteri, con il principio di reciproca indipendenza di Governo e Magistratura, con la sana e corretta organizzazione dell’ordinamento giudiziario.
Pensiamo, ad esempio, alla circolare sugli incarichi direttivi, dove l’incarico svolto taluni settori chiave del Ministero della Giustizia assume valenza specifica ai fini del successivo conferimento di un incarico direttivo in magistratura. Gli esempi dei beneficiati da simile meccanismo sono molteplici, inutile far nomi…
Ma se allora chiudiamo il cerchio, a cosa assistiamo se non ad una selezione fiduciaria, una chiamata diretta, da parte del Ministro, puntualmente autorizzata dal CSM delle correnti che, di regola, piazzano “i loro” in quelle sedi ambite, peraltro, e purtorppo, senza alcuna previa verifica della reale competenza del designato, chiamato ad occuparsi di tutto, dall’acquisto del parco auto ministeriale alla gestione informatica, dalla direzione contabili a chissà cos’altro.

Ed è proprio qui che entra in gioco il nuovo ruolo dell’auspicato Consiglio dei sorteggiati: dare un segnale fortissimo alla magistratura; ridare serenità ai colleghi, permettere un ritorno all’operosità e alla dedizione quotidiana senza l’ansia di fare altro, senza che ciascun magistrato debba costruirsi la carriera genuflettendosi ai soliti noti…In altre parole, il sorteggio non è capriccio o astrazione: è strumento concreto per proteggere l’indipendenza e garantire l’equità nella carriera, restituendo alla magistratura la libertà di lavorare serenamente, con entusiasmo e dedizione, senza fuorvianti distrazioni. Insomma, l’antidoto naturale al carrierismo.
E questo, ne sono convinto, non sarà soltanto un’operazione che restituirà all’associazionismo giudiziario il suo giusto ruolo di motore culturale in seno alla magistratura anziché di “ufficio di collocamento” di sodali e compari; avrà, difatti una ricaduta positiva anche su voi avvocati che troverete finalmente giudici sine spe ac metu, liberati da distrazioni carrieristiche, da timori e speranze artificiose; giudici orgogliosi della toga, sereni, attenti alle esigenze delle difese; magistrati la cui giusta ambizione di partecipare al governo autonomo crescerà in modo naturale, con l’età e a giusta esperienza.
Quando arriverà la maturità adeguata, questi giudici saranno pronti anche a reggere compiti di coordinamento complessi, senza pressioni o condizionamenti esterni. 
Non dubito che l’Avvocatura ne trarrà grande beneficio!

Grazie.