domenica 23 settembre 2007

Autogoverno o malgoverno?


Pubblichiamo, con il consenso dell’autore, il testo di una mail inviata alla mailing list di una corrente dell’A.N.M.
Ringraziamo l'autore per la cortesia e disponibilità con la quale ci ha consentito di utilizzare il suo scritto.
Dopo la sua pubblicazione Pierluigi Picardi ci ha inviato uno scritto dal titolo "Un augurio, ma anche un invito”, del quale pure gli siamo grati.


di Pierluigi Picardi
(Consigliere della Corte di Appello di Napoli e
componente del Consiglio Giudiziario presso la Corte di Appello di Napoli)

Tornato a casa dalle ferie e all'inizio di un turno di servizio feriale che si è rivelato mortificante per ragioni che prima o poi sarà forse utile spiegare, ho posto con una e-mail una domanda (che credevo retorica) sulle ragioni per cui il 95% del parlamento e dell'opinione pubblica si era dimostrata ostile nei nostri confronti.

Qualcuno ha richiamato la necessità di un'autocritica serrata su alcuni nostri comportamenti, ma altri hanno individuato come ragione essenziale della nostra "cattiva stampa" la nostra incapacità di far comprendere all'esterno il contesto in cui operiamo.

Insomma per dirla evangelicamente: se il mondo non ci vuole bene è perché non ci conosce.

Che sia necessario attrezzarsi per portare all'esterno le nostre opinioni è sicuramente affermazione buona e giusta, ma che la scarsa considerazione di cui godiamo si possa ridurre a un problema di comunicazione mi pare francamente riduttivo.

Dopo quattro anni in Corte d'Appello e più di due anni di Consiglio Giudiziario in un distretto grande come quello di Napoli credo di dover avere l'onestà di riconoscere che l'autogoverno (o meglio l'interpretazione che dell'autogoverno è stata data dai magistrati) si è rivelato nella sua attuazione pratica un fallimento.

L'autogoverno sarebbe dovuto servire a garantire l'indipendenza della magistratura e dei magistrati, ma avrebbe dovuto anche garantire (sia pure nei limiti delle proprie possibilità) l'efficienza del servizio giustizia.

In tutta onestà qualcuno può affermare che questo è avvenuto? Non credo.

Bisogna quindi assumersi le proprie responsabilità.

Molti di noi tendono a generalizzare la propria situazione e immaginano che se essi lavorano in maniera pazzesca sia così un po' dovunque oppure se hanno un buon presidente di sezione o di Tribunale credono che, in fin dei conti, i casi di incapacità organizzativa o sfaticatezza travestita da dirigenza siano marginali, ma mi dispiace deluderli, le cose non stanno così.

Certo casi come quello di Bari [dove un magistrato ha ritardi nel deposito delle sentenze anche di quattro anni ed è ancora al suo posto] non sono frequentissimi (mi risulta che ne abbiamo uno quasi analogo a Napoli e non mi pare che il collega abbia subito granchè), ma il fatto è che, se non riusciamo a colpire le situazioni più evidenti, come si può immaginare di affrontare con rigore la normalità?

Si è parlato di competenze del Consiglio Giudiziario: abbiamo fatto a Napoli grosse battaglie su casi clamorosi, ma che fare di fronte a pareri di capi degli uffici che dipingono i loro magistrati come nuovi Carnelutti, salvo poi a lamentarsene in privato; abbiamo espresso decine di pareri negativi a tabelle e variazioni tabellari, ma non ci risulta che nemmeno in un'occasione il C.S.M. [Consiglio Superiore della Magistratura] si sia attivato per verificare cosa succedeva in un certo Tribunale; c'è un Tribunale del distretto il cui presidente si rifiuta di predisporre le tabelle e a questo punto non si sa che fare; abbiamo dato svariati pareri in tema di incompatibilità, ma il C.S.M. non è in grado di decidere nemmeno su un caso clamoroso come quello di padre e figlio rispettivamente procuratore aggiunto e avvocato penalista; potrei continuare parlandovi di un Tribunale nel quale in un anno il collegio ha deciso 8 (dico otto) cause penali in tutto e di un altro dove il presidente (ora in pensione) nel marasma che c'era aveva come angoscia principale la lunghezza delle gonne delle colleghe, ma non aggiungerebbe nulla a quanto già sappiamo.

Che fare allora?

Secondo me il nuovo ordinamento giudiziario fra le tante cose negative introduce alcune novità positive (penso alla temporaneità degli incarichi direttivi e alle valutazioni obbligatorie, ma c'è anche dell'altro) che dovremmo cogliere e utilizzare per cambiare le cose.

Su questi punti l'associazione, da sindacato o struttura (sceglietevi le parole che vi piacciono di più) moderna deve ritagliarsi un ruolo più incisivo.

In fondo impegnarsi per garantire al magistrato che lavora condizioni di vivibilità accettabili e al cittadino un servizio efficiente non è una delle ragioni fondanti del Movimento per la Giustizia?


1 commenti:

Anonimo ha detto...

Caro Dr.Picardi, il suo "sfogo", per dir così, è illuminante una situazione di oggettivo degrado di una delle più importanti Istituzioni Repubblicane: l'Amministrazione della Giustizia.
Chi scrive esercita la professione dell'avvocato nel distretto di Corte di Appello di Napoli, e quotidianamente vive i disagi di un sistema giudiziario allo sbado.
Le colpe sono di tutti, anche e soprattutto,direi, della classe forense, sempre più individualista ed autoreferenziale che strepita strepita ma poi non si adopera concretamente al buon funzionamento della macchina giudiziaria.
Va detto, per onestà, che anche dall'altra parte della scrivania, non sempre si vede un senso di responsabilità in chi esercita la nobile funzione del Giudice.
Tante volte assisto allibito ad affermazioni e decisioni, che non possono essere state profferite o scritte, da chi abbia i miei stessi tittoli accademici e, talvolta, maggiore esperienza, non fosse per l'età. Per non parlare di atteggiamenti palesemente isdiponenti, a limiti se non oltre, la buona educazione che proprio non si capiscano, e parlo per esperienza diretta.
Tralascio volutamente, ma se ne dovrà parlare di come indegnamente si escerita la giurisdizione innazi alla Magistratura Onoraria, vera piaga di un sistema impazzito.
A quando una presa di coscenza collettiva?