mercoledì 28 novembre 2007

L’ex procuratore Borrelli: da Tangentopoli sembra non sia cambiato nulla ...


In relazione alla notizia del promuovimento dell’azione disciplinare nei confronti della collega Clementina Forleo, pubblichiamo una intervista resa dall’ex Procuratore della Repubblica di Milano Francesco Saverio Borrelli a La Repubblica il 27 luglio scorso.

Le parole di Francesco Saverio Borrelli inquadrano perfettamente il cuore del problema.

A quelle autorevoli parole vorremmo aggiungere solo poche brevi considerazioni.

Quando divennero pubbliche le intercettazioni telefoniche di cui si discute, ci fu, come sempre, una gara dei politici coinvolti (che, con ciò, dimostravano di essere identici ai loro avversari dell’altra parte politica che tanto avevano criticato nelle precedente legislatura) a minimizzare la portata e il significato di quelle conversazioni telefoniche.

Clementina Forleo doveva, per legge, chiedere al Senato l’autorizzazione all’uso di quelle intercettazioni.

Se non avesse spiegato perché erano penalmente rilevanti ai fini del procedimento che trattava, il Senato avrebbe negato l’autorizzazione all’utilizzo dicendo che si trattava di telefonate prive di rilievo.

Clementina ha spiegato qual era il rilievo delle telefonate e i politici l’hanno accusata di “non essersi fatta i fatti suoi”!

A fronte del fatto che i politici coinvolti nelle telefonate dicevano che si era trattato solo di “fare il tifo”, Clementina ha spiegato perché, invece, si era trattato di ben altro.

Né si può ipotizzare che in Senato la richiesta di Clementina fosse attesa con animo equanime e neutro, perché nessuna parte politica aveva ritenuto di adottare quel minimo di prudenza istituzionale che avrebbe imposto di non esprimere giudizi preconcetti su ciò che si doveva giudicare istituzionalmente.

Clementina Forleo ha usato parole che non sono piaciute. Nessuno ritiene di discutere le parole usate contro di lei da tutti coloro che avevano anche importanti doveri istituzionali nella vicenda in questione.

Chi voglia farsi una propria idea informata sui fatti, potrà leggere le ordinanze oggetto del contendere ai seguenti indirizzi del web:

Prima ordinanza – Parte prima

Prima ordinanza – Parte seconda

Seconda ordinanza


______________


di Cinzia Sasso
(giornalista)

da La Repubblica del 27 luglio 2007

«La vera questione è: ci sono o no dei politici che hanno appoggiato questi avventurieri della finanza? Tu indichi la luna, ma tutti guardano solo il dito. Il solito modo per distogliere l'attenzione dai problemi veri»

MILANO - Francesco Saverio Borrelli, il procuratore della Repubblica di Milano degli anni di Mani Pulite, quindi del momento dello scontro più aspro tra la politica e la giustizia, adesso, da appassionato di musica, è solo il presidente del Conservatorio di Milano. Da cinque anni e mezzo ha lasciato la testa dell´ufficio giudiziario più potente d´Italia; è passato dall´ufficio indagini della Figc nel momento culminante dello scandalo del calcio, ma è sempre a lui, stimato da molti e amato da pochi, che vale la pena chiedere un giudizio su questa guerra infinita. E lui ripete quello che sempre detto: che se qualcuno indica la luna, il metodo per distrarre l´opinione pubblica è quello di focalizzare l´attenzione sul dito.

Dottor Borrelli, è un'estate rovente sul fronte della guerra mai sopita tra politica e giustizia. Un´altra. Come ai suoi tempi.
«Sì, sembra che il tempo non passi mai. Siamo sempre allo stesso punto».

Eppure è cambiato tutto. Il governo, il quadro politico...
«Che vuol fare? Si vede che sono gli italiani che non cambiano».

Ora al centro c´è il caso Forleo. Che cosa ne pensa?
«Io trovo che ancora una volta è successo che l´attenzione dell´opinione pubblica anziché essere portata sul merito del problema, sulla questione realmente importante, viene spostata sulle parole usate dal magistrato che sono un fatto del tutto marginale».

Qual è il merito del problema?
«A me sembra chiaro: se ci sono state delle spinte indebite, degli interessamenti o dei sostegni politici a determinate operazioni. Questo è il nocciolo della questione. E invece tutta l´Italia e tutto il mondo politico sono concentrati a discutere se la Forleo abbia fatto bene o male a usare la parola complicità - che poi a questo si riduce - piuttosto che a discutere se veramente alcuni appartenenti al Parlamento abbiano appoggiato questi avventurieri della Finanza».

Lei dice: questa è la sostanza. Ma in diritto la forma non è sostanza? Vero o no che il giudice Forleo si è comportata come un pm?
«Senta: c´erano quelle intercettazioni nel materiale probatorio e per l´utilizzo di quelle intercettazioni, indipendentemente dall´estensione delle imputazioni ai politici, era necessario che il Parlamento consentisse l´utilizzo e l´approfondimento di quel materiale. La Forleo non aveva altra strada se non quella di interpellare il Parlamento».

Dal ministro Mastella al presidente Napolitano, si contestano però le parole usate nell'ordinanza.
«Ma questa è una questione del tutto marginale! Io non mi pronuncio su quella frase della complicità perché bisognerebbe avere il quadro completo che io non ho. Ma se per avventura si ritiene che le parole con le quali il giudice ha investito il Parlamento fossero troppo pesanti, che in questo momento anticipavano una valutazione che non competeva ancora al giudice, ciò non invalida il suo atto sotto il profilo processuale».

Quindi chi ha sollevato critiche pesanti ha sbagliato?
«Perché, ci sono dubbi? Il nocciolo che interessa l´etica politica nel nostro Paese - ammesso che ancora si possa parlare di etica in Italia - è se ci siano stati dei personaggi politici che abbiano appoggiato questi avventurieri del mondo della finanza nella scalata all´una o all´altra parte».

Anche il senatore D´Ambrosio ha criticato l'ordinanza della dottoressa Forleo.
«D´Ambrosio mostra molto equilibrio, come ex magistrato si sforza di non estremizzare le questioni giudiziarie. Forse questo è anche bene: vuole svolgere una funzione equilibratrice, attenua i suoi giudizi...».

Lei conosce personalmente la dottoressa Forleo?
«Sì, non bene, ma la conosco. È certamente una ragazza coraggiosa, intelligente e preparata».


47 commenti:

Anonimo ha detto...

Clementina io e la mia famiglia siamo con te
Alessandra

Anonimo ha detto...

la reazione della politica era prevedibile. E' già successo con Falcone e con Borsellino: la talpa...il corvo...Quello che mi sorprende è la decisione della Cassazione: trovando abnormi "le parole per dirlo" .Penso che l'opinione pubblica sia ormai matura e che questi avvenimenti li sappia leggere fra le righe: Così facendo la Magistratura si gioca la sua autonomia se passa la convinzione di essere protettrice del sistema politico che ormai è chiaro :trasversalmente non è candido. Anzi.

Gennaro Giugliano ha detto...

Un buongiorno a tutta la redazione,da queste ultime vicende,penso vi sia poco da commentare,piuttosto sarei lieto di dare un consiglio a tutti i magistrati che sono a favore della causa di forleo e de magistris,avete un potere fortissimo ed è ora che lo mettiate in atto e vediamo un po dove andiamo a finire,bloccate tutti i maggiori processi per mafia,alta criminalità e tutti i processi piu nefasti che la ns nazione vede coinvolta,insomma vogliono la paralisi totale della magistratura ? e Voi fornitela su un bel vassoio di argento,voglio proprio vedere se si iniziano a far uscire dalle patrie galere tutti i criminali a Roma quanti giorni riescono a stare tranquilli,io penso neanche un giorno prima che una bufera a tutti i livelli istituzinali coinvolga tutti e si vada ad uno sfascio completo di questo esecutivo e di tutto quello che ci gira intorno. Il problema è Voi siete all'altezza di una rappresaglia del genere ?

Anonimo ha detto...

Scusate vorrei farmi una idea informata sui fatti.
Credo che però che questa non possa prescindere dal conoscere esattamente le motivazioni che hanno portato il Procuratore generale ad esercitare l'azione disciplinare.
Perlatro dalla lettura delle ordinanze non posso che constatare che la motivazione che doveva limitarsi al sottolineare la rilevanza delle intercettazioni di cui si chiedeva l'autorizzazione all'utilizzazione, si è spinta ben oltre formulando giudizi impropri sul coinvolgimento di persone in reati per i quali non sono neppure indagati.
Ora se non ricordo male in casi simili la cassazione si è pronunciata nel senso dell'abnormità del provvedimento.
Fabio Lattanzi

tdf ha detto...

Vediamo se ho capito bene.
La richiesta al parlamento era necessaria, perchè in quelle conversazioni intercettate intervenivano anche dei parlamentari.
In sostanza non si potevano includere quelle conversazioni nel procedimento fino all'approvazione delle camere.
Però da quelle stesse conversazioni emergeva anche il coinvolgimento dei vari Fassino, D'Alema ecc. e il giudice Forleo lo ha sottolineato.
Visto che però gli indagati non erano loro ma le persone con cui parlavano al telefono ora ci si lamenta che il giudice abbia affrettato giudizi.
E' chiaro che il vero argomento di cui si dovrebbe discutere è il coinvolgimento di quegli esponenti politici nelle scalate bancarie.
E' chiaro che ogni azione nei confronti del giudice serve a spostare l'attenzione.
Però mi chiedo: non avrebbe dovuto essere più cauta in certe affermazioni? Non si sarebbe potuto aspettare che le camere approvassero l'uso delle intercettazioni per poi procedere anche nei confronti dei parlamentari? (che fino a quel momento non potevano essere oggetto di indagine visto che la prova del loro coinvolgimento stava nelle intercettazioni e quelle non si potevano usare fino all'approvazione in parlamento)
Poi mi chiedo se per caso l'aver usato certe espressioni può aver contribuito a creare il clima di attenzione che si è creato rendendo più difficile un eventuale rigetto da parte delle camere.

Anonimo ha detto...

Risposta a Fabio Lattanzi.

Caro Fabio,

intanto un caro e affettuoso saluto e grazie di cuore per la Tua preziosa e graditissima partecipazione a questo dibattito.

Essendo tu un avvocato che esercita la professione, hai le stesse possibilità che abbiamo noi di "farti un'idea informata sui fatti". Dunque, fare un'obiezione in forma di domanda è un'espediente retorico.

Siamo tutti più che d'accordo che per giudicare bisogna conoscere e, dunque, anche a me piacerebbe poter leggere l'atto con il quale il Procuratore Generale ha promosso l'azione disciplinare contro Clementina.

D'altra parte, in un Paese che voglia almeno fare finta di essere democratico, deve essere possibile discutere delle cose rilevanti per la vita pubblica anche sulla base delle poche informazioni che si hanno a disposizione. Altrimenti ancora non potremmo parlare della strage di Ustica o non potremmo farlo quelli di noi che, come me, non hanno letto (o perchè non sono disponibili o perchè non hanno il tempo per farlo) i milioni di atti del relativo processo.

In sostanza, non ci sono solo i giudici processuali, per i quali si impone la lettura attenta di tutte le carte in rituale contraddittorio fra le parti. In democrazia ci sono anche i giudizi politici, le analisi culturali e anche i dibattiti al bar, che pure sono legittimi e utili.

Per di più sono veramente avvilito da un Paese nel quale ogni sorta di autorità politica spara subito giudizi su atti della magistratura anche senza conoscerli e a volte anche prima che siano conoscibili (mi limito a citarti lo scempio che fu fatto con riferimento alla ordinanza de L'Aquila sul crocifisso nelle scuole sulla quale addirittura anche l'allora Presidente della Repubblica parlò prima di conoscere il contenuto del provvedimento) e poi, quando "non conviene", si vogliono zittire gli altri dicendo che si deve aspettare di leggere gli atti.

Dunque, Fabio, non condivido questo invito al silenzio, fatto con espedienti retorici e "a corrente alternata". Tanto per dire, non ti ho visto dispiacerti per l'intervento del Presidente della Repubblica attuale che ha biasimato la fuga di notizie sulle intercettazioni Rai/Mediaset che non c'era (intendo la fuga di notizie, perchè le notizie erano già legittimamente pubbliche).

Quanto alla asserita abnormità delle ordinanze di Clementina, penso quanto segue.

1) Il giudizio va dato allo stato degli atti di allora e cioè senza tenere conto di quanto avrebbe deciso successivamnete la Procura della Repubblica.

2) D'Alema e i suoi amici non erano indagati. Il G.I.P. ha avuto richiesta dalla Procura di chiedere al Senato di potere utilizzare delle intercettazioni telefoniche almeno con riferimento a chi era già indagato. Il G.I.P. ha dato corso a quella richiesta.

3) Non mi sembra per niente abnorme che il G.I.P. abbia pensato che uno dei motivi per cui D'Alema e gli amici non erano indagati potesse essere che non si potevano ancora utilizzare prove molto importanti come appunto le intercettazioni telefoniche. Sicchè non solo non mi sembra abnorme, ma mi sembra addirittura molto ragionevole, che ella abbia esposto le ragioni per le quali quelle telefonate erano penalmente rilevanti. Peraltro, proprio la loro utilizzabilità avrebbe consentito alla Procura di valutare l'opportunità o no di iscrivere comeindagati anche D'Alema & soci.

4) Come ha già scritto la Redazione, se Clementina non avesse spiegato perchè le telefonate erano rilevanti, il Senato avrebbe fatto ciò che tutti coloro che hanno impropriamente aperto bocca prima del tempo avevano lasciato intendere: avrebbe detto che erano vecchie telefonate di "tifo" fra amici, prive di rilievo e non avrebbe autorizzato la loro utilizzazione.

5) Essendo tu un avvocato penalista sono sicuro che, come è capitato a me, avrai letto centinaia di atti processuali nei quali, per ricostruire il contesto di certi reati e per definirne i contorni, si parla ampiamente di persone coinvolte nelle vicende di cui si discute, ivi comprese quelle estranee al giudizio, e si esprimono del tutto legittimamente giudizi di ogni sorta (buoni e cattivi) su fatti e persone.
E il bello è che questo succede anche nei giudizi civili. Per molti anni ho fatto il giudice della famiglia e quando scrivevo sentenze di separazione con addebito per adulterio, mi dovevo dilungare a raccontare fatti molto molto privati degli/delle amanti, dovendoli descrivere e dovendo esprimere giudizi anche pesanti di deprecazione nei confronti di persone (gli/le amanti, appunto) che restavano estranei/e al processo (che si svolgeva solo fra i due coniugi) e che nella sentenza emessa in assenza di loro possibilità di difesa venivano e vengono pesantemente giudicate. E quelle sentenze sono poi nella libera disponibilità delle parti, che ne possono fare, nel rispetto delle leggi, quello che vogliono.

6) Caro Fabio, come ti ho già scritto altre volte, alla fine la questione è sempre la stessa: l'uguaglianza dei cittadini davanti alla legge. Perchè se nelle sentenze si parla di piccoli pregiudicati di paese oppure dell'amante del farmcacista o della professoressa nessuno trova "abnorme" che lo si faccia e lo si faccia con libertà e poi, invece, se c'è di mezzo un potente (Berlusconi o D'Alema, si dimostrano uguali loro e chi strilla per difenderli) allora si configura l'"abnormità"?

7) A me pare che, in diritto, nelle ordinanza di Clementina non possa configuarsi nessuna ipotesi di diffamazione (e sono certo che su questo sarai del tutto d'accordo anche tu). E che in democrazia tutte queste questioni andrebbero risolte dando la massima pubblicità ai contenuti.
Per questo la Redazione del blog ha messo il link alle ordinanza di Clementina. Perchè ognuno se le legga e decida se ha ragione Clementina o ha ragione D'Alema.

Infine, permettimi di chiederti se, come uomo e come cittadino, dopo avere letto le intercettazioni telefoniche qui in discussione, ti indigni o no che i politici che dicono le cose che sono state REGISTRATE si siano comportati in quel modo, intervenendo in quei termini nelle scalate bancarie oggetto del contendere. E se ti indigni o no che tutto questo sia oggi in secondo piano, il problema essendo come "pestare per bene" Clementina Forleo, in modo da "educare adeguatamente" tutti i suoi colleghi.

Ancora un caro affettuoso saluto.

Felice Lima

Anonimo ha detto...

Risposta ad Alessandra Gionti.

Cara Alessandra,

grazie per l'attenzione che ci presta e per i Suoi preziosi contributi.

Alcune risposte ai Suoi quesiti sono nelle considerazioni svolte dalla Redazione nel presentare l'intervista di Francesco Saverio Borrelli e nelle cose che ho scritto per l'avv. Fabio Lattanzi.

Con specifico riferimento ai quesiti posti da Lei, Le dico:

Lei si chiede:
"Poi mi chiedo se per caso l'aver usato certe espressioni può aver contribuito a creare il clima di attenzione che si è creato rendendo più difficile un eventuale rigetto da parte delle camere"

Si, certamente. Ma è un po' come la storia del lupo e l'agnello.

Quando il potente vuole pinatare una grana trova sempre un motivo per farlo.

Nel caso di specie a me pare che il paradosso sia il seguente: se la collega Forleo avesse usato toni soft e non chiarito il rilievo penale dei fatti, il Senato avrebbe detto che si trattava di telefonate irrilevanti. Avendo chiarito perchè erano rilevanti, la si accusa di "avere parlato troppo".

Lei si chiede anche:
"Però mi chiedo: non avrebbe dovuto essere più cauta in certe affermazioni? Non si sarebbe potuto aspettare che le camere approvassero l'uso delle intercettazioni per poi procedere anche nei confronti dei parlamentari? (che fino a quel momento non potevano essere oggetto di indagine visto che la prova del loro coinvolgimento stava nelle intercettazioni e quelle non si potevano usare fino all'approvazione in parlamento)"

Lei stessa mette bene in luce l'altro paradosso della questione: i parlamentari non erano indagati, ma nella decisione di indagarli o no potevano essere decisive le telefonate. E poichè per ottenere che le dichiarassero utilizzabili bisognava spiegare perchè apparivano rilevanti, era inevitabile esprimere dei giudizi.

Infine, nessuno parla più del fatto che la decisione di "non liquet" presa dal Senato sulla richiesta della collega Forleo è palesemente errata sotto il profilo giuridico e ha costituito un espediente per non decidere nel merito. Il Senato, cioè, si è dichiarato incompetente, mentre pacificamente era competente.

Anche questa è una delle cose sulle quali cala un silenzio opportunistico.

Un caro saluto.

Felice Lima

Anonimo ha detto...

Ringrazio sentitamente gli autori di questo blog, che mi permettono di conoscere e approfondire i fatti.
Non leggo i giornali e non guardo la televisione se non per ridere amaramente per la mancanza di contenuti.
Grazie di cuore.

"Uguale per tutti" ha detto...

Grazie di cuore a Lei, Andrea. Il blog non ci sarebbe senza i lettori e si fermerebbe senza l'incoraggiamento che viene dai loro interventi.

La Redazione

Anonimo ha detto...

Caro Felice,
evidentemente ho battuto sul dente che duole.
Il mio non è un invito al silenzio.
Ritengo solo che se si deve criticare un atto, quale l’iniziativa del Procuratore generale, forse se ne dovrebbero conoscere i contenuti. Mi piacerebbe, per esempio, sapere se l’azione disciplinare è promossa solo per quanto affermato nelle ordinanze da voi pubblicate o se vi sono altri fatti contestati al giudice Forleo.
Il mio come dicevo non è un invito al silenzio, ma un invito ad una discussione informata.
Ho la sensazione che i media dettino i tempi della discussione e che questi sono tanto veloci che da non permettere una discussione pacata e informata.
Si è obbligati a correre appresso la notizia.
Ritengo infine che si debbano distinguere le modalità con le quali si conoscono determinati fatti dal giudizio sugli stessi.
Il mio giudizio sulle vicende rai-mediaset e sul comportamento dei vertici Ds con riferimento alle così dette scalate bancarie è totalmente negativo. E devo dire che riguardo a quest’ultimo caso condivido le considerazioni della Forleo anche se credo che avrebbero dovuto avere altra forma. La forma prevista dalla legge.
Giudico altrettanto negativamente, però, il fatto che gli atti d’indagine vengano divulgati dagli organi di stampa. Giudizio che peraltro trova corrispondenza nella legge penale che sanziona la pubblicazione di atti delle indagini, anche se con una pena irrisoria, che ne permette la costante violazione.
La legge deve essere uguale per tutti e deve essere rispettata da tutti, politici, avvocati, giudici, giornalisti ecc.
Una Caro Saluto.
Fabio Lattanzi

Anonimo ha detto...

Caro Fabio,

scrivi che ti "piacerebbe, per esempio, sapere se l’azione disciplinare è promossa solo per quanto affermato nelle ordinanze da voi pubblicate o se vi sono altri fatti contestati al giudice Forleo".

Presumo che, come tutti coloro che leggono i giornali, tu sappia che alla collega Forleo vengono contestati altri fatti.

Dunque, il "mi piacerebbe sapere" forse vuole dire qualche altra cosa. Chennesò, magari, vorrei chiedervi perchè non parlate anche di questo.

Ma non sarebbe meglio porre le questioni in maniera diretta e non utilizzando espedienti retorici? Non aiuterebbe a parlarsi più chiaramente?

Scrivi anche:
"Il mio non è un invito al silenzio.
Ritengo solo che se si deve criticare un atto, quale l’iniziativa del Procuratore generale, forse se ne dovrebbero conoscere i contenuti".

Fabio, poiché noi non abbiamo il testo dell'atto del Procuratore Generale, dovresti convenire con me che l'alternativa che tu poni retoricamente si traduce CONCRETAMENTE nel dire "state zitti fin quando non sarà possibile avere e rendere pubblico l'atto del Procuratore Generale".

Sulla quale posizione ti ho già scritto le mie opinioni.

E anche l'uso del "forse" nella frase che ho riportato sopra è
retorico.

Scrivi ancora:
"Ritengo infine che si debbano distinguere le modalità con le quali si conoscono determinati fatti dal giudizio sugli stessi.
Il mio giudizio sulle vicende rai-mediaset e sul comportamento dei vertici Ds con riferimento alle così dette scalate bancarie è totalmente negativo. E devo dire che riguardo a quest’ultimo caso condivido le considerazioni della Forleo anche se credo che avrebbero dovuto avere altra forma. La forma prevista dalla legge.
Giudico altrettanto negativamente, però, il fatto che gli atti d’indagine vengano divulgati dagli organi di stampa. Giudizio che peraltro trova corrispondenza nella legge penale che sanziona la pubblicazione di atti delle indagini, anche se con una pena irrisoria, che ne permette la costante violazione.
La legge deve essere uguale per tutti e deve essere rispettata da tutti, politici, avvocati, giudici, giornalisti ecc."

Fabio, su questa questione il problema è CHE NON C'E' STATA NESSUNA VIOLAZIONE DI NESSUN SEGRETO. Gli atti della vicenda Rai/Mediaset non erano segreti e sono stati pubblicati DEL TUTTO LEGITTIMAMENTE.

Il riferimento a questa tematica con riferimento a questo caso non è più retorico, ma tendenzioso.

Infine: sei d'accordo con il merito delle ordinanze di Clementina, ma non con il tono usato.

Io non sono d'accordo con te per i motivi che ho esposto nel commento di pochi minuti fa. Ma, se fossi d'accordo con te, dovrei osservare che saremmo davanti al caso in cui delle persone commettono gravissime violazioni sostanziali e non vengono perseguite o criticate da nessuno e una persona fa ciò che nella sostanza è giusto, ma lo fa in maniera "inelegante" nella forma e l'unica a essere criticata e perseguita è quest'ultima.

Paradossi della vita!

Un abbraccio.

Felice Lima

tdf ha detto...

Signor Lima la ringrazio della puntuale e chiarissima risposta :)
Vorrei dire solo un paio di cose.
Il problema, io credo, è che per chi come me ignora i regolamenti e le procedure sta passando il messaggio che il giudice Forleo abbia in un certo senso "travalicato" le sue funzioni trasformando un atto giudiziario in uno strumento di giudizio morale/politico.
A norma di legge il giudice poteva argomentare in quei termini? Se la richiesta alle camere riguardava personaggi già indagati non avrebbe dovuto limitarsi a sottolineare l'importanza delle intercettazioni ai fini delle inchieste già in atto?
La mia domanda non è retorica, chiedo davvero per capire.
Mi rendo conto - e l'ho scritto nel mio primo commento - che i toni usati possono aver contribuito ad evitare che i parlamentari sminuissero il valore delle intercettazioni. Ma forse il desiderio - condivisibile - di prevenire un insabbiamento non autorizza un comportamento scorretto, SE era scorretto in quel momento sottolineare la complicità di D'Alema&co.
Il mio dubbio di persona ignorante è proprio questo: era legittimo o no?
(nella risposta a Fabio Lattanzi leggo che è prassi comune nei procedimenti anche civili esprimere giudizi su persone esterne al procedimento e questo conferma l'idea che il lupo si attacchi al cavillo per ottenere i suoi scopi, che è un po' quello che ha scritto il ministro Di Pietro sul suo blog)
Poi mi piacerebbe capire come stanno le cose a proposito della divulgazione di atti che non si sa se sono coperti da segreto istruttorio oppure no, visto che lei e il signor Lattanzi siete in disaccordo su questo punto. L'intervento di Napolitano era giustificato?
E in conclusione le chiedo la cortesia di chiarire meglio la questione cui accennava del "non linquet" del Senato. Ci sono forse su questo blog articoli sull'argomento che posso leggere per saperne di più?
La ringrazio ancora e le auguro una buona giornata.
Alessandra

Anonimo ha detto...

Caro Felice,
il dente fa proprio male.
Sono felice di trovare un interprete dei miei scritti.
Al contrario di molti ho piùdibbi che certezze.
Nessuna retorica.
Non conoscendo gli atti non sono convinto che le azioni disciplinari da te tanto avversate siano del tutto illegittime. Così come nula sò riguardo alla loro legittimità.
Se poi come dici tu la legge è uguale per tutti, non capisco perchè in questo caso non lo deve essere.
E' stata esercitata un'azione disciplinare e come per tutti i magistrati ci sarà il giudizio del Csm. Giudizio riguardo al valore del quale ho molti dubbi. E su questo avei tanto da discutere. Giudizi che però è uguale pert tutti.
E ti confesso che non presto molta attenzione a quello che scrivono i giornali.
Faccio l'avvocato e la mia esperienza personale m'insegna che le notizie riportate sono spesso distorte.
Come ti dicevo ho più dubbi che certezze.
Per quanto riguarda le intercettazioni Rai-mediaset credevo fosse ancora allo stato delle indagini, che non si concludono con l'avviso della conclusione ma con la richiesta di rinvio a giudizio. Ma a parte questi preziosismi giuridici ritengo che le intercettazioni strumenti invasivi, lesivi di diritti costituzionalmente garantiti, finalizzate all'accertamento dei fatti penalmente rilevanti, debbano rimanere in questo alveo, soprattutto quando riguardante terzi non responsabili di reati.
Un Saluto.
Fabio Lattanzi

Anonimo ha detto...

Ho letto con molto interesse il dibattito Lattanzi-Lima:da profana mi chiedo:circa la parola "complicità" che ha scatenato la reazione esplosiva della vicenda: usata nella ordinanza non rappresenta "il libero convincimento del Giudice"?D'altra parte dovendo richiedere l'autorizzazione al Parlamento il GIP Forleo ha fornito in lettura praticamente tutta l'inchiesta.

Anonimo ha detto...

Caro Dottor Lima,
ho seguito con attenzione il confronto tra Lei e Fabio Lattanzi.
Un confronto intelligente nei contenuti e pacato nei toni.
Un confronto che è servito a capire meglio la questione posta.
Per questa ragione invito Lei e Fabio Lattanzi alla prossima puntata di Radio Carcere, in onda su Radio Radicale martedì alle 21, per riaffrontare a voce nei modi e nei contenuti la discussione di oggi.

Con stima
Riccardo Arena

Anonimo ha detto...

NON SONO GLI ITALIANI CHE NON CAMBIANO: E' QUESTA CLASSE POLITICA CHE E' IN MEZZO AI PIEDI DA PIU' DI VENT'ANNI CHE NON CAMBIA MAI E COME UN MORBO INFETTA TUTTO QUELLO CHE TOCCA MAGISTRATURA COMPRESA.
HO SMESSO DI GUARDARE QUESTO SITO PERCHE' ORMAI HO PERSO FIDUCIA E STIMA IN UN'ISTITUZIONE QUALE LA MAGISTRATURA CHE DOVREBBE APPLICARE LEGGI PER VOLERE DI UN POPOLO E NON SOLO DEI POLITICI.
QUELLO CHE ACCADE AI LORO COLLEGHI ONESTI COME LA FORLEO E DE MAGISTRIS, CHE HANNO IL MERITO DI FARE IL PROPRIO DOVERE E' ANCHE PER LA LORO INCAPACITA' DI RIBELLARSI AL SISTEMA, DI FAR FRONTE COMUNE E DI TUTELARSI A VICENDA.
IL POTERE AI POLITICI LO HANNO AUMENTATO ANCHE LORO DIVENTANDO SUCCUBI E SERVI.
DOVEVANO SCIOPERARE, PROTESTARE INSIEME A TUTTI NOI CHE ABBIAMO SEMPRE DIFESO LA FORLEO E DE MAGISTRIS E NON DARE ADDOSSO, ROVINARGLI LA CARRIERA CON PROVVEDIMENTI DISCIPLINARI, AVOCARGLI INCHIESTE ECC. ECC.
NON RIESCO A CAPIRE PERCHE' LA MAGISTRATURA NON VUOLE RENDERSI INDIPENDENTE DALLA POLITICA.
SE NON COMINCIA A CAMBIARE ROTTA ANCHE LEI PURTROPPO IL PEGGIO SARA' SEMPRE PIU' VICINO.
SIAMO UN POPOLO DERUBATO DELLA LEGALITA' E DELLE CERTEZZE DI UNA CASA E UN LAVORO.

Anonimo ha detto...

Caro Riccardo Arena,
accolgo con piacere il tuo invito.
un confronto alla radio elimerà tutti quegli equivoci che uno scritto fa immancabilmente nascere.
Sono sicuro che il dott. Lima amante della discussione accettrà l'invito.
Spero di essere nei tuoi studi, ma in caso contrario mi collegherò telefonicamente.
Un Saluto.
Fabio Lattanzi

"Uguale per tutti" ha detto...

Cara Claudia,

i magistrati sono italiani come tutti gli altri. Vivono in Italia, hanno coniugi, fratelli, figli, sorelli in Italia. Vedono la televisione italiana. Leggono i giornali italiani.

Sono 8.800 persone come tutte le altre.

E' un errore credere che "la Magistratura" sia una cosa diversa dal resto del Paese.

Quando qui e altrove difendiamo "la Magistratura", non difendiamo i concreti magistrati che la compongono (molti dei quali non meritano per niente questa difesa), ma l'istituzione. Un valore democratico e costituzionale. E, infine, questo e quel singolo magistrato che meritano solidarietà.

Su come "la Magistratura" tratta i magistrati migliori, la rinviamo all'articolo “Luigi De Magistris e ‘la Magistratura’” scritto dal collega Lima e pubblicato in questo blog.

La nostra società è molto malata.

Ciò che noi possiamo e dobbiamo fare è dare il nostro contributo senza risparmiarci. Ma anche senza illuderci. Con una consapevolezza dolorosa e matura che ci deve portare a un impegno costante e indefesso, ma consapevole, purtroppo, che, per cambiare le cose, ci vorranno decenni e tanto tanto impegno di tutti.

Non ci lasci, se può. E non molli.

Un caro saluto.

La Redazione

Anonimo ha detto...

"E' un errore credere che "la Magistratura" sia una cosa diversa dal resto del Paese"...

...spero invece che sia proprio una cosa "diversa", vista la moralità e il rispetto del diritto della maggioranza degli italiani !

Anonimo ha detto...

Una iniziativa delicata per rendere evidente da che parte stiamo

http://www.genovaweb.org/comunicati_2/2007/LA_CATENA_DELLA_LEGALITA.pdf

sullo stesso sito e' accessibile il post di oggi di Grillo : anche questo da non perdere!

Anonimo ha detto...

Risposte alle domande di Alessandra Gionti.

Cara Alessandra,

grazie a Lei dell'attenzione e della partecipazione.

Provo a rispondere, in maniera necessariamente sintetica, agli utleriori quesiti che mi pone.

Lei scrive:
"Il problema, io credo, è che per chi come me ignora i regolamenti e le procedure sta passando il messaggio che il giudice Forleo abbia in un certo senso "travalicato" le sue funzioni trasformando un atto giudiziario in uno strumento di giudizio morale/politico.
A norma di legge il giudice poteva argomentare in quei termini?"

La mia ferma convinzione tecnica è che la collega Forleo poteva e doveva fare come ha fatto e che ciò che si sta facendo "passare" è frutto di perfetta malafede di alcuni e ignoranza di altri.

Ma ovviamente si deve tenere presente che il diritto (come la medicina e l'architettura) è opinabile. Sicchè ci sono anche altri ancora che in perfetta buonafede legittimamente pensano in maniera diversa da me. E non posso essere io a dire chi di noi ha ragione, dovendo ognuno fare la fatica di ascoltare e decidere.

Lei scrive:
"Se la richiesta alle camere riguardava personaggi già indagati non avrebbe dovuto limitarsi a sottolineare l'importanza delle intercettazioni ai fini delle inchieste già in atto?"

La collega Forleo ha scritto quello che ha scritto anche per ottenere, come richiesto dalla Procura, di potere utilizzare le telefonate anche al fine di decidere (la Procura) se iscrivere o no nel registro degli indagati D'Alema e altri ancora non indagati.

Si può ovviamente discutere sulle singole parole usate dalla collega, ma la sostanza era quella. Ormai siamo al punto che bisogna usare degli eufemismi.

Giorni fa ho denunciato un teste per falsa testimonianza.

E' una cosa che purtroppo devo fare molte volte.

Si tratta di un provvedimento del tutto "ordinario".

Uso le parole che si devono usare: "il teste ha mentito", la sua deposizione è "falsa", eccetera.

In questo caso, però, il teste non era il solito "persona qualunque", ma un avvocato.

Il risultato è che mi sono beccato un esposto e una ricusazione, nei quali si sostiene che le parole che ho usato dimostrano il mio "odio" verso quel teste!!!

Mi era venuto il dubbio di ricorrere a eufemismi: invece di dire che il teste "era evidentemente falso", mi era venuta la tentazione di scrivere che "la deposizione del teste si può prestare a ipotizzare che le sue parole non fossero del tutto conformi alla realtà". Ma poi mi sono vergognato di questa "tentazione" e ho scritto le cose di sempre. E ho passato un paio di mesi a difendermi in varie sedi, mentre "chi di dovere" mi faceva notare come "meritassi" un processo disciplinare per avere fatto una cosa che facciamo ogni giorno, ma non nei confronti di un avvocato.

Dunque, Clementina poteva evitare di parlare di "complicità" e usare qualche eufemismo.

Credo che, però, se lo avesse fatto sarebbe venuta meno ai suoi doveri e i senatori si sarebbero indignati lo stesso.

In questa partita, ciò che non si perdona a Clementina è di avere scritto la verità

Badate che, infati, nessuno ha detto che quello che lei ha scritto è falso. Si lamentano che "non era opportuno".

E' il dramma di questo tempo: come dice il Procuratore Borrelli, invece della luna, tutti guardano il dito.

Quanto al "non liquet" del Senato, il problema era che loro dovevano autorizzare o no l'uso delle telefonate.

La questione era spinosa, perchè autorizzando autorizzavano :-) e non autorizzando facevano fare a D'Alema la stessa figura di Craxi.

Alla fine hanno detto che non spettava a loro autorizzare, ma al Parlamento Europeo.

La questione è tecnica, ma sappia Alessandra che, tecnicamente, non c'è dubbio che, invece, toccava a loro e solo a loro e che la soluzione adottata è stata un espediente per sottrarsi a questa responsabilità.

Ovviamente, su tutto questo si potrebbero scrivere fiumi di parole, ma credo che i punti chiave siano quelli dei quali abbiamo già parlato.

Lei chiede ancora:
"Poi mi piacerebbe capire come stanno le cose a proposito della divulgazione di atti che non si sa se sono coperti da segreto istruttorio oppure no, visto che lei e il signor Lattanzi siete in disaccordo su questo punto. L'intervento di Napolitano era giustificato?"

Sul punto ha già scritto La Redazione nel post “Intercettazioni e segreto investigativo”.

Si sa benissimo quando una intercettazione è ancora coperta da segreto o no e nel caso nel quale è intervenuto il Presidente Napolitano le intercettazioni CERTAMENTE NON ERANO PIU' SEGRETE.

Tanto è vero che quell'intervento dava luogo a degli equivoci che, come scritto nel post che Le ho appena citato, lo stesso Quirinale è intervenuto la sera per fornire un "chiarimento" imbarazzato e imbarazzante.

Spero di avere dato un minimo di contributo a risolvere i suoi dubbi.

Un caro saluto.

Felice Lima

tdf ha detto...

Signor Lima la ringrazio ancora. Avevo letto l'articolo che cita, a proposito del segreto investigativo e proprio per questo mi lasciavano perplessa le parole di Fabio Lattanzi, laddove scrive
"Giudico altrettanto negativamente, però, il fatto che gli atti d’indagine vengano divulgati dagli organi di stampa. Giudizio che peraltro trova corrispondenza nella legge penale che sanziona la pubblicazione di atti delle indagini, anche se con una pena irrisoria, che ne permette la costante violazione."
Non voglio sottrarmi alla fatica di ascoltare e decidere ma quando si vanno a toccare questioni tecniche è difficile per un profano farsi un quadro autonomo e non lasciarsi influenzare da pareri strumentali (e non mi riferisco a quello del signor Lattanzi!).
Ancora grazie e buon lavoro :)
Alessandra

Anonimo ha detto...

Caro Felice,
solo per ricordare che non basta che gli atti, intercettazioni, non siano più coperti da segreto per poterli pubblicare. Ai sensi degli art. 684 c.p. e 114 c.p. è vietata la pubblicazione degli atti fino a che non siano concluse le indagini preliminari ovvero fino al termine del'udienza preliminare.

Anonimo ha detto...

Caro Felice,
scusa ma non mi ero accorto di non avere firmato il precedente post. L'avevo scritto di corsa. E' bene chiarire che chi pubblica atti dell'indagine preliminare quando questa non è conclusa commette un reato sanzionato con un pena minima. Reato che può essere estinto pagando un'oblazione di poche centinaia di euro. Niente per un giornale. Nel caso Rai-mediaset, si deve stabilire se le indagine erano concluse.
Fabio Lattanzi

Anonimo ha detto...

Alessandra scrive:
"Non voglio sottrarmi alla fatica di ascoltare e decidere"

Cara Alessandra,

Le assicuro che davvero l'invito non era minimanente rivolto a Lei, che quello sforzo lo fa con tutta evidenza.

Un caro e affettuoso saluto.

Felice Lima

Anonimo ha detto...

Caro Fabio,

premesso che, ovviamente, parlavo sulla base di ciò che è dato sapere a chi legge i giornali, non avendo io un "accesso privilegiato" agli atti di quel processo, ti ricopio testualmente cosa ha scritto La Repubblica:

"Napolitano: cautela con le intercettazioni. Monito del capo dello Stato, che prima dice "sarebbe bene che le intercettazioni restassero dove devono restare, in linea di principio, almeno fino a che c'è il segreto istruttorio". Poi, in serata, la precisazione del Quirinale: il presidente ha dichiarato "di non potersi pronunciare sul caso delle conversazioni telefoniche intercettate tra esponenti Rai e Mediaset", e "ha ritenuto di dover ribadire un'affermazione di principio sulla segretezza degli atti di indagine giudiziaria, che può non essere riferita al caso specifico, ma rimane incontestabile, ferma restando l'opportunità di approfondire l'iter che conduce alla pubblicizzazione di contenuti di conversazioni tra persone intercettate". Va comunque ricordato che i verbali pubblicati da Repubblica riguardano un'inchiesta chiusa, sono pubblici e a disposizione delle parti".

Stando a questo articolo (che, ovviamente, può essere sbagliato come una enorme quantità di articoli di stampa, ma che dobbiamo ipotizzare esatto anche solo perché il giornale sapeva di stare contraddicendo addirittura il Presidente della Repubblica), sembrerebbe che si versi nell'ipotesi di avvenuta chiusura delle indagini preliminari, di cui all'art. 114 c.p.p..

Questa tesi trova riscontro in altri articoli di stampa nei quali si parla di atti depositati a disposizione delle difese alla chiusura delle indagini.

Ribadisco che, ovviamente, potranno emergere altre novità, ma:

1) allo stato e salve le novità, la pubblicazione risulta del tutto legittima;

2) ipotizzare genericamente che possa essere illegittima è in sé gratuito e costituirebbe un pregiudizio (nel senso negativo della parola);

3) come ho scritto altre volte, questo segreto non è posto a tutela degli indagati, ma delle indagini e, a definitiva riprova di ciò, il fatto di dovere attendere la chiusura delle indagini per leggerle dimostra che alla fine possono essere pubblicate ed è solo una questione di tempo;

4) a fronte di tutto ciò, prestare attenzione alla data di pubblicazione invece che al contenuto, del quale nessuno parla (o meglio del quale chi ne parla lo fa falsificandola: "conversazioni del tutto normali" !!!???), (e ovviamente non mi riferisco a te, che ti limiti a porre questioni "tecniche") mi sembra una cosa veramente ignobile, vergognosa, falsificante della realtà, distruttiva della democrazia e mi fermo per non dare a questo mio intervento toni troppo apocalittici (che poi mi fanno un processo disciplinare per avere "creato allarme nei buoni cittadini" :-( ).

Un caro saluto.

Felice Lima

Anonimo ha detto...

ROMA - I 94 milioni di euro sequestrati dal gip Clementina Forleo a Giampiero Fiorani nell'ambito dell'inchiesta sulla fallita scalata ad Antonveneta sono passati nella disponibilità dello Stato italiano. La procedura della confisca è infatti stata perfezionata oggi, su disposizione dello stesso gip Forleo, dai militari del nucleo valutario della Guardia di Finanza e della polizia giudiziaria.

La somma di danaro era stata confiscata dal gip Forleo lo scorso giugno in seguito al patteggiamento di Bpi e Bpl Suisse coinvolti nell'inchiesta in base alle legge 231 del 2001. Bpi fu condannata a una sanzione pecuniaria di un milione di euro e Bpl Suisse a 330 mila euro.

Inoltre, il gip aveva disposto la confisca della somma oggi incassata dallo Stato che è corrispondente alle plusvalenze realizzate con la vendita agli olandesi di Abn Amro delle azioni Antonveneta rastrellate nel tentativo di scalata.

Il versamento di oggi, al quale è stato dato il nulla osta dalla Procura di Milano, è dovuto al fatto che la sentenza di giugno è passata in giudicato, cioè è diventata definitiva.
(27 novembre 2007)

E DI QUESTO NON DOVREMMO ESSERLE GRATI?

A PROPOSITO; E QUESTO TESORETTO CHE FINE FA?

NON DOVREBBE TORNARE UTILE ALLA COLLETTIVITA?

Sono tanti, tanti soldi....

Qualcuno informera' che uso ne verra' fatto?

Anonimo ha detto...

Caro Fabio,

il fatto che la pubblicazione abusiva di atti coperti da segreto investigativo sia punita con una pena mite per un verso è la prova che il legislatore ritiene questa cosa molto poco grave e, per altro verso, mi trova pienamente d'accordo.

Io vorrei pene molto severe per chi fa porcherie, non per chi racconta le porcherie che fanno gli altri.

Su due cose vorrei richiamare la tua attenzione.

Primo.

Il fatto che chi piagnucola sulla fuga di notizie perpetui questo disonesto racconto per cui la parte offesa della violazione del segreto investigativo sarebbe la persona coinvolta nelle indagini, mentre, come ho già detto, quel segreto è posto SOLO a tutela delle indagini (e infatti dopo la chiusura delle stese gli atti si possono pubblicare).

Basta, per favore, con questa pretesa di avere una privacy daparte di persone che per scelta e quasi sempre anche per interesse e guadagno occupano posti di rileivo pubblico.

Se io mi faccio di cocaina e sono un salumiere è un problema solo mio. Ma se sono un senatore a vita e mi faccio comprare la cocaina dalla scorta questo è un problema di interesse pubblico.

Se io mi telefono con i miei veri padroni e sono a capo di un'azienda privata, è una questione mia e della mia azienda. Ma se sono un menager della televisione di Stato e mi accordo con il padrone di una società concorrente per impedire alla televisione di Stato di fare il suo dovere e, addirittura, per fare dare in maniera falsa le notizie sul risultato delle elezioni, questo è un problema pubblico e mi indigna che si cerchi di insabbiarlo piagnucolando falsamente su inesistenti violazioni di una inesistente privacy. Se vuoi la privacy non fare il manager della Rai messo lì dalla concorrenza.

Secondo.

Fabio, ma non ti sembra che ci sia un vero problema di emergenza democratica rispetto alla gravità di quello che accade e ancora di più rispetto al fatto che, invece di fare qualcosa perchè non accada più, ci si impegna con tutte le forze a fara qualcosa perchè NON SI SAPPIA PIU'?

E in tutta amicizia: non ti pare che le preoccupazioni che manifesti stiano tutte sulla linea di chi anzichè stare male per quello che accade, sta male perchè si è venuto a sapere?

Un caro saluto.

Felice Lima

Anonimo ha detto...

Caro Felice,
non sono daccordo con te relativamente al fatto che l'art.114 c.p. tutela solo la segretezza delle indagini. Il divieto di pubblicazione degli atti delle indagini preliminari riguarda anche quelli non coperti più da segreto. Questo mi porta a concludere che non è solo la segretezza delle indagini ad essere tutelata dall'art. 114.
Non perderei altro tempo a commentare le parole del presidente della Repubblica.
Sono daccordo con te che quello che sta accadendo desta a dir poco molta preoccupazione. Il malaffare dilaga. Ma non credo che la divulgazione di queste notizie ad opera di giornalisti spesso impreparati porti dei benefici. Constato che spesso cea solo disinformazione e fa abituare il cittadino al malaffare. Credo invece che un passo avanti lo si possa fare facendo rispettare le regole e modifcandone qualcuna. E per fare rispettare le regole il primo passo da fare è ridare funzionalità alla giustizia sia penale che civile. Se chi commette un reato venisse giudicato da magistrati stimati e preparati, in tempi ragionevoli, non allungati da questioni pretestuose da parte degli avvocati, e una volta condannato fosse puntito, potremmo dire di essere a buon punto.
Dobbiamo ridare credibilità al processo, dobbiamo ridare credibilità alle toghe. Credibiltà che non può essere calata dall'alto ma conquistatata. Credibilità che si ottiene selezionando le toghe non con lo strumento televisivo. Le toghe da stimare non sono quelle che appaiono spesso in televisione, sono quelle che nell'anonimato fanno un buon lavoro. Toghe che vanno premiate, riconoscendogli quanto fatto ai fini di carriera. Toghe che spesso invece sono umiliate dal Csm che seleziona soprattutto con criteri che nulla hanno a che fare con il merito.

Anonimo ha detto...

Mi sa che ho dimenticato di firmare anche l'ultimo post.
Fabio Lattanzi

Anonimo ha detto...

Interessantissimo lo scambio di opinioni tra il collega Lattanzi ed il collega Lima.
Ancor di più la partecipazione naturale, spontanea e oserei dire "pulita" di Alessandra : dico pulita perchè le sue domande, sensatissime, rispecchiano a mio parere un modo di essere quasi fanciullesco, simile a quello che usano i miei figli quando mi chiedono "papà ma è vero che...?"
Nel caso di Alessandra i "papà" cui chiedere cosa è vero e cosa non lo è sono ancora due, uno è un magistrato e l'altro un avvocato, ma sono sicuro che dopo qualche altro mese di esperienza su questo blog si comincerà a vedere, almeno su alcuni aspetti del tema della Giustizia, che è possibile avere una e duna sola posizione, da tutti condivisa, continuo sinceramente a sperare che questo sia il punto di arrivo cui tendere.
Dunque caro Fabio, la memoria non mi inganna se ricordo a me stesso e a chi ci legge che all'indomani della discussione finale nel processo Marta Russo (ove patrocinavi Salvatore Ferraro), prima ancora che fosse stata emessa la sentenza, la procura di Roma chiese di acquisire le arringhe conclusive dei difensori per verificare se nelle stesse fossero state utilizzate parole tali da consentire di ipotizzare condotte di reato.
Mi scandalizzai io per primo, e tu anche immagino.
Mi scandalizzo oggi allo stesso modo per il procedimento nei confronti della Forleo, dalla quale peraltro mi dividono molto moltissime forse troppe cose, ma siccome la legge è uguale per tutti riconosco anche chi non mi è simpatico i miei stessi diritti.
Dunque ci scandalizzammo sia io che te, ma per motivi evidentemente diversi.
Se infatti noi difensori abbiamo tutto il diritto-dovere di esprimere le nostre convinzioni negli scritti e nei discorsi difensivi, ciò lo si deve a mio parere ad una ulteriore estensione delprincipio secondo cui l'esercizio di un diritto o l'adempimento di un dovere costituiscono una scriminante, da cui discendono non soltanto l'art. 51 c.p. ma anche, ad esempio, l'art. 68 Cost. (traduco per i non addetti ai lavori : quando fai o dici qualcosa per esercitare un diritto o adempiere un dovere non ti si può addebitare una condotta antigiuridica).
Per me le arringhe dei difensori rientrano esattamente nel principio sopra descritto allo stesso identico modo delle motivazioni di un giudicante e della requisitoria di un pubblico ministero.
E' una questione delicata, quella di ipotizzare a carico di qualcuno, sia pure un soggetto estraneo al processo come un testimone sulla cui attendibilità ci si deve esprimere tanto da parte del giudice quanto da parte dell'avvocato o del pubblico ministero, ne convengo, ed è per questo che va trattata con delicatezza e nelle sedi competenti.
Il segreto professionale e dil segreto d'ufficio esistono anche per questo, ed è sulle sue ripetute violazioni che si dovrebbe forse incentrare la discussione, coinvolgendo in ciò dunque anche una classe giornalistica che, come quella italiana, certamente in alcuni settori non si rivela all'altezza della sua delicata funzione sociale.
Però rispondimi per favore ad una semplice domanda : non ti pare che accusare un giudice di avere espresso giudizi potenzialmente offensivi sia come negare ad un avvocato di contestare l'attendibilità di un teste d'accusa?
O siamo tutti liberi o tutti abbiamo le mani legate, magistrati e avvocati.
Su questo almeno troviamo una forma di accordo.
Sperando di avere aiutato invece che confuso la simpatica Alessandra, che assetata di verità si avvicina a noi fonti forse drammaticamente insufficienti, ti saluto con la stima di sempre.
Andrea Falcetta

Anonimo ha detto...

ho letto la gentile risposta della redazione e vorrei esporre il mio punto di vista su alcune frasi:
- i magistrati sono italiani come tutti gli altri.
non e' proprio vero. sono italiani che col loro lavoro guadagnano molto piu' di tutti gli altri italiani di questo paese. i loro elevato stipendio e' giustificato dal fatto che cosi' diventano "meno corruttibili"...
visto che lo sono uguale, abbassiamo gli stipendi a questi magistrati pagati con le nostre tasse....
non ho capito perche' se fanno il volere di altri... li devo pagare io con il mio lavoro!
li pagassero i diretti interessati che straguadagnano anche loro....
-e' un errore credere che "la magistratura" sia una cosa diversa dal resto del paese.
infatti come dite voi e' un'istituzione e per quanto tale deve essere al di sopra di tutti noi italiani, ma anche delle altre istituzioni che ci sono in carica altrimenti non e' libera e indipendente.
se e' come il resto del paese, allora che ci sta a fare?
come fa a giudicare se e' composta di persone immorali e facilmente corruttibili?
facciamoci la giustizia fai da te!
almeno e' piu' rapida!
le cose non cambiano se non c'e' nemmeno un'iniziativa a favore.
e non mi sembra che i magistrati vogliano cambiare le cose per rendere la magistratura un' istituzione libera, imparziale e un simbolo di democrazia.
spero soltanto che in questi decenni che dovranno passare prima di vedere qualche cambiamento, non mi capiti di finire tra le maglie della giustizia.... perche' il significato ormai della parola "giustizia" si trova solo nei vocabolari di lingua italiana.
cordiali saluti a voi.

Anonimo ha detto...

Claudia S. ha scritto, fra l'altro:
"- i magistrati sono italiani come tutti gli altri.
Non e' proprio vero. sono italiani che col loro lavoro guadagnano molto piu' di tutti gli altri italiani di questo paese. Il loro elevato stipendio ... "

Gentile Claudia,

questa è una falsa informazione costantemente diffusa da vari media.

NON E' VERO che i magistrati guadagnino molto né molto di più degli altri italiani.

Io non trovo elegante lamentarmi del mio stipendio e, dunque, non me ne lamento.

Penso che alcuni miei colleghi non si meritino lo stipendio che gli danno.

Penso che moltissimi miei colleghi ne dovrebbero avere uno dieci volte più alto.

Esattamente come avviene per tanti altri italiani.

Ci sono medici che rubano lo stipendio e ammazzano i pazienti e medici che eroicamente fanno le notti in sperduti posti di Pronto Soccorso per stipendi da fame.

Impiegati comunali scansafatiche e impiegati comunali che sopportano carichi di lavoro non umani.

I magistrati guadagnano meno di tanti dipendenti statali con funzioni analoghe alle loro.

Guadagnano meno, per esempio, degli avvocati dello stato e dei magistrati amministrativi.

La quasi totalità di noi, poi, non svolge e non può svolgere (GIUSTAMENTE) incarichi stragiudiziali, come invece possono fare avvocati dello Stato, magistrati amministrativi, professori universitari, eccetera.

Un magistrato al primo incarico guadagna circa 2.200 euri netti. Il suo primo incarico di solito lo porta alla Procura di Locri o a quella di Gela.

Io ho 22 anni di carriera e guadagno poco meno del doppio di quei 2.200 euri. Lavoro tutti i giorni della settimana, compresi il sabato e la domenica. Ho 56 giorni teorici di ferie, ma non ne ho mai fatti più di dieci/quindici, perchè l'estate selve a smaltire l'arretrato accumulato d'inverno.

Circa il 25% delle persone che ho fatto arrestare mi ha fatto un espsoto o una denuncia e ho passato anni a difendermi nei più diversi tipi di processo.

Cara Claudia, a me non pare che il nostro stipendio sia tale da potere ssere abbassato, come chiede Lei, senza conseguenze molto gravi sulle già insensate condizioni della giustizia.

Un caro saluto.

Felice Lima

Anonimo ha detto...

Gentilissimo Dottor Lima,

Se crede che 4.400 euro netti al mese siano "pochi" al giorno d'oggi...lo sono rispetto ai politici, certamente, ma non rispetto alla maggioranza degli italiani !

E poi, non voglio farle i conti in tasca, ma non credo che il suo stipendio attuale sia inferiore a 5.000 euro, se ha 22 anni di anzianità dal decreto di nomina. Dovrebbe proprio sfiorare quella cifra, euro più, euro meno.

Ora, se è vero che 5.000 euro sono pochi rispetto alle entrate di altre categorie "privilegiate", sono certamente superiori a quanto percepisce la stragrande maggioranza degli italiani. E questo soltanto dopo ventidue anni, ché lo stipendio cresce, a scatti, sino alla fine della carriera, e la pensione arriva a 75 anni !

Saprà poi che vi sono dei Suoi Colleghi, specie quelli addetti al civile, che presenziano in aula soltanto due mattine alla settimana e che hanno tutto il tempo, a casa e con comodo, per redigere tre-quattro sentenze alla settimana, la qual cosa è, con un minimo di esperienza, alla portata di tutti. Quattro sentenze alla settimana sono 192 sentenze l'anno, ben al di sopra della media richiesta...

Non convido, in ogni caso, l' "attacco" che Le è stato indirettamente rivolto, a Lei e alla Sua categoria d'appartenenza, ma posso rilevarne i motivi, giusti o sbagliati che siano.

E certamente l'omologazione stipendiale che è in atto da oltre trent'anni non aiuta a discernere chi meriterebbe di più da chi meriterebbe di meno !

Ma questo è il settore pubblico in Italia, c'è poco da fare, ne converrà anche Lei...

Cordiali saluti.

Gennaro Giugliano ha detto...

dott lima buonasera,una mia curiosità non ricordo nei mie 42 anni di un blocco massiccio della magistratura,nel senso di una specie di sciopero ad oltranza con messa in pericolo di processi gravi quali criminalità organizzata e collusioni tra esponenti della politica,ma non è praticabile una strada del genere al fine di creare una crisi delle istituzioni per far come si suol dire cadere delle teste a Roma ?

grazie e buon lavoro

Anonimo ha detto...

Carissimo amico Gennaro,

a me sembra che la gravità della crisi attuale stia proprio in questo che mette in luce Lei.

In passato i magistrati sono stati uniti nel dare luogo a proteste collettive importanti in difesa di valori che venivano pericolosamente attaccati.

Oggi sembra che ci siano due brutte novità:

1) una certa "rassegnazione";

2) un certo "opportunismo", figlio della ressegnazione.

La rassegnazione sembra conseguenza del fatto che ormai non c'è più distinzione di destra e sinistra, di ricchi e poveri, di belli e brutti, ecc.. Tutti sembrano non volere una giustizia che davvero funzioni.

L'opportunismo sembra figlio del fatto che tanti, quando pensano che "non serve a niente lottare", cercano di passarsela meno peggio possibile.

Ieri sera c'è stato in TV Roberto Benigni. Ho lavorato fino a notte e quindi non l'ho visto (ce l'ho registrato e prima o poi me lo vedrò). Ho visto uno stralcio e vorrei proporlo alla Redazione per il blog. E' quello in cui ha detto che dobbiamo sapere che ognuno può fare qualcosa per cambiare il mondo. Che ognuno deve pensare che anche il suo contributo è prezioso.

Non ci dobbiamo arrendere.

Ognuno deve dare tutto il contributo che può.

Ci avete chiesto di scrivere qualcosa sul "che fare". Lo stiamo preparando. L'idea che abbiamo tutti qui è che ognuno deve fare tutto ciò che può anche se sembra che non basti a cambiare il mondo.

Un caro saluto.

Felice Lima

Anonimo ha detto...

Condivido pienamente quanto detto da Fabio Lattanzi. Penso che in questo paese ci sia un emergenza democratica. Questa non si manifesta solamente attraverso fatti quali l'omologazione dell'informazione, si manifesta pure attraverso l'uilizzazione della giustizia penale per fini non propri. L'intercettazione come fonti giornalistica cotituisce amio avviso una violazione della costituzione. La limitazione della riservatezza delle comunicazioni è ammessa solo per accertare fatti penalmente rilevanti. Combattere il male con il male, la violazione con la violazione, costitusce un aggravrasi dell'emergenza democratica.
Come dice Lattanzi è necessario tornare al rispetto delle regole da parte di tutti. E aggiungo magari introducendo pure qualche norma che garantisca un effettiva concorrenza e un effettivo pluralismo informativo.
Fulvio Dolcini

tdf ha detto...

Ringrazio Andrea Falcetta per le parole gentili che ha avuto per me e per gli altri spunti di riflessione che ha offerto (no, non mi hanno confusa :)).

Poi mi chiedevo relativamente all'intervento di Fulvio Dolcini dove sta la violazione della costituzione.
Una volta che è terminata l'udienza preliminare le intercettazioni non sono atti pubblici?
Non riesco a credere che l'opinione pubblica non possa essere informata di eventi così gravi.
I giornalisti dovrebbero fungere da filtro evitando di pubblicare stralci di conversazioni e riportando solo i contenuti?
Almeno quelli spero che la costituzione ce li conceda!
Mi rendo conto che la materia è delicata ma non si tratta di informazioni a carattere privato, è importante che i cittadini possano giudicare l'uso che viene fatto dell'informazione pubblica o delle cariche istituzionali.
E' una forma di controllo che serve a garantire l'equilibrio dei poteri.
Certi ruoli comportano privilegi ma anche responsabilità.

Anonimo ha detto...

Il rispetto delle regole. E' giusto, è il primo paaso da compiere per restituitre democrazia al paese. E promi a dovere rispettare le regole dovrebbero essere i giudici, che troppo spesso le disapplicano, perchè le considerano un ostacolo. Un esempio le norme sulla custodia cautelare.
Ennio La Storia

Anonimo ha detto...

Per Alessandra :

non per banalizzare ma nella scena finale di un film che piace molto ai ragazzi il protagonista supereroe dice :

"Un grande potere comporta una grande responsabilita'"

Solo che certi magistrati, che esercitano un potere, e specie quelli piu' alti in grado (e' purtroppo communis opinio) non sembrano curarsene...

Speriamo bene

tdf ha detto...

Per Francesca: io mi riferivo ai personaggi intercettati che si lamentano per la violazione alla loro privacy.
Se ricopri una carica istituzionale o lavori ai vertici dell'informazione pubblica non si possono "insabbiare" comportamenti gravi per rispetto della privacy.
Non ho capito bene se chi si esprime in termini contrari ritiene che non si sarebbe dovuto sapere nulla o che si sarebbe potuto sapere in modi e tempi diversi.
Comunque sì, il discorso vale anche per i magistrati :)

Anonimo ha detto...

Caro Andrea,
tu dici: però rispondimi per favore ad una semplice domanda : non ti pare che accusare un giudice di avere espresso giudizi potenzialmente offensivi sia come negare ad un avvocato di contestare l'attendibilità di un teste d'accusa?
O siamo tutti liberi o tutti abbiamo le mani legate, magistrati e avvocati.
Premetto che non ho mai accusato la Forleo. Forse non hai letto i post in cui io e Felice ci siamo contrapposti. In questi sottolineo che non accuso e non giudico. Non lo faccio non perchè non è mio compito, ritengo che chiunque abbia la possibilità di giudicare. Non lo faccio perchè non conosco le accuse. Nel mio primo post, se non ricordo male, chiedevo proprio di conoscere la relazione del Procuratore generale con cui ha esercitato l'azione disciplinare. Non ritengo infatti sufficienti le notizie giornalistiche per potere giudicare.
Andrea non me ne volere però io non paragonerei la funzione giudicante con quella di difesa o di accusa. Non è poi un caso che il codice preveda un'apposita scriminante per il difensore che commette una diffamazione nell'esercizio delle proprie funzioni.
Vi chiedo è proprio scandaloso chiedere che tutti rispettino le regole e che i diritti dei singoli vengano rispettati.
A prescindere dal fatto che gli atti ai sensi dell'art. 114 c.p.p. non possono essere pubblicati sino al termine dell'udienza preliminare, mi sembra che la Costituzione tuteli la riservatezza delle comuncazioni.
Questo diritto trova una limitazione legilsativa nell'esigenza di accetatare fatti penalmente rilevanti, non trova e non penso possa trovare una limitazione in nome di uno strano diritto di cronaca.
Mi ripeto rispetiamo le regole e ho qualche dubbio che queste siano state ripestatte da coloro che hanno intercettato e trascritto la Bergamini. Non capisco quale rilevanza abbiano le conversazioni della Bergamini ai fini dell'accertamento penale. Mi pare si procedesse per bancarotta.
E infine se le regole che abbiamo non ci permetono di accertare i reati, di condannare i colepvoli e di punirli cambiamole. Ma evitiamo di non rispettare le regole. Così si calpesta lo stato di diritto e s'introduce lo stato di polizia, i cui mali sono ben noti.
Un Saluto a tutti e soprattutto un grazie per darmi conto.
Fabio Lattanzi.

Anonimo ha detto...

Caro Fabio,

hai scritto:
"Un Saluto a tutti e soprattutto un grazie per darmi conto".

Io credo davvero che i tuoi interventi qui siano - insieme ad altri - fra le cose più interessanti per tutti noi.

Quindi, dal mio punto di vista, ci tengo io a ringraziare te, di cuore, per la pazienza e la nobiltà d'animo che hai nel difendere posizioni che qui risultano più "faticose" di altre, con la tenacia necessaria a far sì che ci sia un vero dibattito, senza il quale nessuno può crescere. Perchè solo se ci aiutano a individuare il limite delle nostre opinioni e convinzioni le possiamo dimensionare adeguatamente. Altrimenti ci convinceremmo di avere sempre tutta la ragione e diventeremmo decisamente peggiori.

Grazie Fabio della Tua partecipazione, che spero vivamente possa non solo continuare, ma accrescersi, nell'interessi di tutti.

Un caro saluto.

Felice Lima

Anonimo ha detto...

Caro Fabio
in parte concordo con te.
Io come sai mi occupo anche di civile e sono molte le occasioni in cui devo promuovere azioni di risarcimento proprio per l'avvenuta pubblicazione di atti che dovrebbero essere coperti dal segreto istruttorio.
Un signore che sto difendendo ad esempio era stato descritto da un GIP di Roma come colui che "aveva messo su un'associazione di malfattori...".
Quest'uomo è morto durante la fase delle indagini preliminari, stroncato da un infarto sicuramente collegato alla montagna di fango che attraverso la stampa gli era piovuta addosso, ed io ora assisto i suoi eredi nella causa civile di risarcimento, visto che è morto da "presunto innocente" siccome mai processato e tuttavia condannato aprioristicamente dalla stampa e dalla pubblica opinione (come accadde anche a Salvatore Ferraro e Giovanni Scattone, definiti "assassini" da un noto settimanale sebbene il processo fosse ancora in grado di appello e peraltro si debba intendere per "assassino", a mio e sicuramente anche tuo parere, colui che uccide volontariamente ed a cui dunque il reato va ascritto a titolo di dolo (con Giovanni abbiamo fatto causa ma abbiamo perso, perchè secondo il Giudice quell'affermazione del giornalista non era diffamatoria !!!).
Tornando a questo signore deceduto, ti dico come io personalmente sarei portato a leggere il suo caso confidando che tu voglia indicarmi in risposta le cose su cui non sei in accordo con me :
-il Gip, per quanto abbia usato toni duri, poteva a mio parere esprimersi in quei termini, dovendosi, sempre a mio parere, riconoscere anche al giudice ed al pubblico ministero la stessa scriminante che vale per noi avvocati,
-il titolo custodiale non doveva finire nelle mani dei giornalisti,
-in ogni caso costoro non dovevano, (ed invece lo fanno sempre, soprattutto quelli che passano intere mattinate a compiacere il protagonismo di certo tipo di magistrati, del quale mi sembra che su questo blog si possa serenamente proporre censura) "manipolare" il testo dell'ordinanza di custodia cautelare per estrarne solo ed esclusivamente i passaggi più sensazionali,
-i tribunali civili che sono chiamati a giudicare di reati di diffamazione a mezzo stampa dovrebbero in tali casi punire severamente gli organi di cosiddetta informazione che, oltre a ricevere materiale coperto da segreto, ne fanno un utilizzo scandalistico invece che informativo, e maltrattano il diritto di cronaca utilizzandolo come una vera e propria arma impropria.
Dunque secondo me qui sbagliano un pò tutti, ma qualche rimedio ci sarebbe.
Ad esempio sarebbe essenziale che tutti i giudici civili di merito si attenessero, in tema di diffamazione a mezzo stampa, agli insegnamenti in effetti assai severi (che io condivido) della Suprema Corte : un figlio maleducato lo si deve sgridare e finanche punire.
Ed in tal senso anche la classe giornalistica dovrebbe avere a sua volta il buon senso di isolare e sanzionare anche disciplinarmente coloro che scrivono di giudiziaria senza conoscere le minime nozioni tecnico-processuali : noterai anche tu come me che molti di loro continuano a parlare di "mandato di cattura" (atto del pm sotto il vecchi codice Rocco) invece che di ordinanza di custodia cautelare (atto del giudice, lo dico per chi ci legge ovviamente non per te) oppure o a dire "giudici" mentre si parla di pubblici ministeri,oppure ancora a scambiare le ordinanze interlocutorie con vere e proprie sentenze, oppure ancora a chiamare "periti" i consulenti del PM oppure ancora potremmo continuare qui per ore. Al contrario invece non appena si tocca un giornalista tutti gridano al regime, senza considerare che ci sono giornalisti e giornalisti, così come ci sono avvocati ed avvocati e ci sono magistrati e magistrati.
Sul segreto istruttorio temo si possa fare poco, alle volte sono sicuramente dei PM a fornire gli atti, ma spesso sono anche gli avvocati o il poliziotto o il cancelliere, insomma rintracciare il colpevole credo sia realmente molto difficile.
Però punire chi pubblica e soprattutto chi, pubblicando, violenta singole vite ed esistenze, beh questo almeno possiamo e dobbiamo esigerlo.
Ripeto.
Le Sezioni civili della Suprema Corte sono molto severe in materia, ma i tribunali di merito troppo spesso ne disattendono gli insegnamenti.
Per riepilogare e concludere, in molte cose sicuramente sbagliamo noi ed anche i magistrati (anche se ribadisco che nel caso di specie, alla Forleo non si debba addebitare alcunchè), però la società è composta da tante altre categorie professionali, e forse se in questo blog scrivesse anche qualche giornalista che senta lo stesso desiderio di autocritica che anima noi toghe (magistrati ed avvocati), forse potremmo dire di essere sulla buona strada per una presa di coscienza più generale e, conseguentemente, foriera di effetti reali e concreti.
Permettimi di abbracciarti, sai quanto stimo la tua professionalità e la tua riservata composta eleganza, che di questi tempi è veramente merce assai rara e preziosa.
Cordialità

Andrea Falcetta

Anonimo ha detto...

Grazie a tutti per questo prezioso dibattito. Prezioso per i contenuti e anche per i valori che vengono espressi dai toni usati e dallo stesso fatto di stare qui il sabato mattina a scriversi su queste cose.

Condivido anche io alcune delle cose scritte da Fabio Lattanzi e quelle scritte da Andrea Falcetta.

Mi permetto di segnalare che forse c'è un aspetto del problema che andrebbe messo meglio in luce e che di solito, nella grande rozzezza che caratterizza il dibattito sui media, resta nascosto: la differenza fra persone "qualunqui" e soggetti incaricati o coinvolti in incarichi pubblici e/o in fatti di pubblico rilievo.

Da questo punto di vista, infatti, il problema della riservatezza e della segretezza di alcuni atti è più ampio di quello relativo agli atti giudiziari. E, dunque, gli atti giudiziari sono solo uno dei tanti tipi di "documenti" soggetti a vario titolo a regole di riservatezza.

Può un giornale pubblicare notizie relative a cartelle cliniche? O, per esempio, la foto del portavoce del Presidente del Consiglio che parla con una prostituta transessuale per strada?
O l'elenco clienti di un pornoshop?

La pubblicazione di questi atti non "rovina" la vita di qualcuno (pensiamo a mogli e figli)?

Il ministro Melandri ha fatto causa (e nei giorni scorsi l'ha persa) a un giornale che ha pubblicato informazioni sulle sue proprietà immobiliari.

La mia modesta opinione è che, se sei un personaggio pubblico o sei comunque coinvolto in fatti di pubblico interesse, ti devi rassegnare al fatto che la tua privacy diventa subvalente rispetto all'interesse pubblico a conoscere quei fatti.

E che devi anche accettare di subire opinioni critiche e a volte fortemente critiche, che un privato avrebbe diritto di non subire (altrimenti i parenti di un Mussolini o di uno Stalin dovrebbero fare causa in continuazione a centinaia di storici egregi o improvvisati che descrivono le loro "gesta" con gli aggettivi più diversi e a volte molto duri).

Mi ha molto colpito positivamente che George Clouney, richiesto di dire perchè non abbia mai pensato a mettersi in politica, abbia risposto: "Nella mia vita ho frequentato troppe donne e assunto troppi tipi di sostanze per poter rischiare che tutto questo diventi di dominio pubblico".

D'altra parte, molti personaggi pubblici amano, cercano e addirittura hanno bisogno e usano i media per i loro fini (nobili e istituzionali e anche no). E certo non possono pretendere di controllare il quando e cosa si possa dire di loro.

Ovviamente queste considerazioni sono "altre" (nel senso che trattano altro aspetto del problema) rispetto a quelle di Fabio (Lattanzi) e Andrea (Falcetta) e non si pongono in contrasto o in alternativa con le loro, avendo voluto io solo segnalare che a volte, se non si prende atto del differente regime con cui va trattata la riservatezza dei privati cittadini e quella degli uomini pubblici, si rischia di confondere, sovrapponendoli, problemi diversi.

Peraltro, alcuni personaggi pubblici generano in malafede questa confusione, quando, nel fare o proporre leggi che difendono la riservatezza dei potenti dicono, mentendo, di volere difendere i diritti delle persone qualunqui. Mentre è sotto gli occhi di tutti che, quando in fatti come quelli di cui stiamo discutendo qui restano coinvolte persone qualunqui, nessuno interviene in loro difesa e nessuno si straccia le vesti per la violazione dei loro diritti.

Nessuno fa causa a nessuno per quello che la stampa fa ormai sistematicamente con persone che vengono dipinte come "il mostro di Perugia" o di Catania o di Bari, essendo poi a volte "non mostri" e a volte addirittura perfetti innocenti.

Mentre la collega Forleo viene mandata a giudizio disciplinare per avere usato espressioni del tutto continenti e coerenti rispetto all'atto che, per dovere d'ufficio, redigeva.

Un caro saluto.

Felice Lima

tdf ha detto...

Sono andata a leggere questo famoso articolo 114 del c.c.p. e anche alla luce di questo non ho ben capito cosa viene contestato a La Repubblica.
Leggo che non si possono pubblicare atti coperti dal segreto oppure atti non più coperti dal segreto se l'udienza preliminare non si è conclusa.
Lo avevate scritto ma sono andata a leggere per capire meglio.
Mi chiedo: è in uno di questi vincoli che i giornalisti hanno mancato?
Dalle argomentazioni di Fabio Lattanzi invece sembra che non fosse proprio opportuno intercettare la Bergamini ai fini dell'inchiesta sul fallimento di Crespi.
Quindi mi pare che in quest'ottica le responsabilità non le avrebbero i giornalisti ma chi ha "allargato" il raggio delle intercettazioni oltre quel che era necessario.

Gennaro Giugliano ha detto...

buonasera a tutti vi lascio questo link preso dal corriere on line,sapete del mio non addentramento per quello che riguardo gli aspetti tecnici della vicenda,ma rivolgendomi al dott Lima che so oltre ad essere persona di competenza si rapporta anche con semplicità verso i cittadini che scrivono sul blog,è corretto presumere che educatamente il CSM con questa decisione ha voluto dire" Clementina sei brava e magari stai pure nella ragione " ma lo sarai ancora di piu se ti toglie dalle scatole ? e per questo motivo la trasferiranno ?

http://www.corriere.it/cronache/07_dicembre_03/forleo_trasferimento_ufficio_88019ee8-a1c4-11dc-976f-0003ba99c53b.shtml