giovedì 12 giugno 2008

Giustizia privata


Versione stampabile



di Giuseppe D’Avanzo
(Giornalista)



da Repubblica.it del 12 giugno 2008


Una sobria diffidenza è legittima se Palazzo Chigi impiega due ore per sistemare un “mero errore materiale” che annuncia, per le intercettazioni, un decreto del governo e non un disegno di legge da discutere in Parlamento.

Deve intervenire addirittura il Quirinale per ricordare che il capo dello Stato ha già fatto sapere che non intende riconoscere né l’urgenza né la necessità di un provvedimento provvisorio con immediata forza di legge.

Due ore sono troppe per correggere “un refuso” banale. Dunque, non era banale e bisogna chiedersi: che cosa bolle in pentola? E chi è al lavoro in cucina?

E’ evidente che, in questa storia, manca qualche alleato di governo e si dissolve una presenza istituzionale.

Cominciamo da questa. Il ministro della Giustizia, Angelino Alfano, avrebbe potuto raddrizzare l’errore in pochi minuti con un paio di parole.

E’ stato zitto.

O non sapeva o non ha potuto farlo.

Nell’uno o nell’altro caso, la sua statura – già pregiudicata dai fasullissimi numeri offerti al Parlamento per giustificare la demolizione delle intercettazioni come strumento investigativo – ne esce molto ridimensionata, e malinconica quando fa sapere di essere al lavoro per inserire anche la corruzione tra i reati che consentono un’intercettazione.

Esercizio funambolico e illusorio, se il barrage è nella pena di dieci anni, come giura Berlusconi.

L’alleato in difficoltà è la Lega, che non batte un colpo (riservandolo, forse, al Consiglio dei ministri di venerdì; forse all’incontro di oggi tra Bossi e il premier).

Il Carroccio pensava di aver contenuto l’irruenza di Berlusconi in un recinto accettabile anche per i suoi elettori (barrage a otto anni, la corruzione “dentro”).

E’ stata ingannata. L’accordo stretto da Maroni e Alfano è stato stracciato a Palazzo Chigi. Maroni oggi dice, un po’ sconsolato: “Non ho visto ancora il testo”.

Questa è la scena. Si scorge qualche segno interessante, anche se per Berlusconi non inedito.

Quando discute di affari giudiziari e della sabbia da infilare nel motore di quella machina che lo ossessiona, il Cavaliere fa affidamento soltanto sul “cerchio stretto”. Non c’è alleato che tenga (vedi il Casini del passato). Tantomeno un ministro, che peraltro è stato un suo collaboratore.

Sono soltanto gli “uomini di Arcore” in cucina. Sono loro che stanno preparando la minestra da scodellare in Parlamento.

Per sapere che sapore avrà, si deve dar conto di una “voce” e ascoltare per bene quel che dice Berlusconi.

Una voce, autorevolmente confermata, sostiene che a Palazzo Chigi si stia lavorando a un provvedimento che, come il “lodo Schifani” bocciato dalla Corte Costituzionale nel 2004, garantisce l’immunità e la sospensione dei processi in corso per le cinque più alte cariche dello Stato: presidente della Repubblica, premier, presidenti di Camera e Senato e presidente della Consulta.

Questa indiscrezione è una traccia per interpretare meglio le parole di Berlusconi a Napoli.

Il Cavaliere solleva il consueto polverone.

“Il disegno di legge è atteso da tutti i cittadini”, dice.

I “cittadini”, ancora inorriditi dalla “macelleria” della clinica Santa Rita di Milano, giusto in queste ore hanno compreso l’essenzialità per le investigazioni delle intercettazioni.

“Se non c’è il diritto alla privacy non c’è democrazia” dice, ma non si cura di spiegare – nemmeno un accenno – i meccanismi previsti dal suo disegno di legge per proteggere quel diritto (estranei innocenti possono finire anche in un’inchiesta per omicidio).

Ripete le fasullissime cifre sulla quantità di intercettazioni (e viene in mente Adorno: “Tra gli scaltriti pratici di oggi, la menzogna ha perso da tempo la sua onorevole funzione di ingannare intorno a qualcosa di reale”).

Calata la polvere, qualcosa si vede.

E’ l’unica vera novità di questa pantomima, e non è sorprendente.

Le intercettazioni potranno essere autorizzate soltanto per i reati “con pene che vadano dai 10 anni in su”.

Tutti i reati più pericolosi dunque, tranne uno: la corruzione che, anche nei casi più gravi (quella in atti giudiziari), arriva a otto anni e non supera i dieci nemmeno in caso sia contestata con la semplice associazione per delinquere (la corruzione è spesso “un giro” e non un rapporto a due).

Ora si dà il caso che Berlusconi sia imputato di “corruzione di persona incaricata di pubblico servizio” (Agostino Saccà) e le fonti di prova contro di lui sono appunto delle intercettazioni telefoniche.

E’ vero, Palazzo Chigi esclude ci saranno norme transitorie. Ma ci si può fidare?

E comunque, prendiamo per buona la notizia con qualche diffidenza. Come potrebbe il Parlamento approvare la legge che cancella le intercettazioni per la corruzione e poi autorizzare, contro il capo del governo, l’utilizzo delle intercettazioni in un processo per corruzione?

Questa tempesta – che spinge le intercettazioni nell’agenda del governo, del Parlamento, dell’informazione, come una priorità dei “cittadini”, della democrazia, dello Stato, della libertà – si sgonfia alla luce di una sola osservazione: Berlusconi vuole risolvere per legge un suo privato grattacapo.

È un déjà vu.

Come dicevano i mafiosi? Iddu pensa sulu a iddu.

6 commenti:

Anonimo ha detto...

potete aiutarmi a far capire a mio padre che le intercettazioni servono perché io, vi giuro, non ci riesco.

Lui sostiene che gran parte delle indagini in Italia vengono portate avanti facendo uso esclusivo delle intercettazioni (calciopoli, Provenzano ecc.) tralasciando quindi il normale iter delle indagini.
In tal modo un abuso delle intercettazioni è lesivo e quindi vanno tolte.

Quello che mi suona male di tutto questo ragionamento macchinoso è che, secondo lui, l'abuso di un elemento di indagine debba condurre necessariamente anche all'uso.

Per esempio, seguendo il suo ragionamento se un inquirente si basasse esclusivamente sull'interrogatorio dei sospettati di un delitto, tralasciando di considerare altri aspetti, come per esempio eventuali tracce, impronte e movente, allora senza dubbio l'interrogatorio andrebbe abolito!

Ora non so se sono io che mi sono rincretinito o se mio padre mi prende per i fondelli ma vorrei sapere da voi se è ravvisabile una qualche "toppa" in questo ragionamento che io non condivido affatto.

Anonimo ha detto...

Condivido. Non ci sono parole migliori per esprimere quanto da Lei scritto.
Mathilda

tdf ha detto...

Mi aggiungo alla richiesta di adal. Io ho un amico che stimo molto e che si esprime in modo molto critico a proposito delle intercettazioni, considerandole come una scorciatoia che sta appiattendo e impoverendo le tecniche di indagine.
Anche nell'articolo di Marco Imperato ho trovato un passaggio analogo "eventualmente non sarebbe irragionevole dare ulteriori elementi di controllo al gip per evitare che l’intercettazione divenga solo una pigra routine per il pm e le forze di polizia".
Chiaramente per un non addetto ai lavori è difficile valutare quanto si abusi di questo strumento di indagine, posto che comunque non è lo strumento in sè ad essere sbagliato e che l'accanimento di Berlusconi è evidentemente motivato da ragioni di tipo diverso, come suggerisce D'Avanzo.
Anzi per venire incontro a Berlusconi si potrebbe - l'idea non è mia ma l'appoggio - stilare una lista di cittadini per i quali valgono regole diverse, degli intoccabili diciamo.
Stabiliamo una volta per tutte che qualsiasi cosa facciano Berlusconi e i suoi non andranno in galera e non saranno condannati. Così almeno evitiamo che per ottenere lo stesso effetto distruggano la giustizia...

Anonimo ha detto...

ottimo articolo, in particolare le ultime righe.

salvatore d'urso ha detto...

Venerdì 13



Con mossa a sorpresa il governo ha deciso di discutere nel Consiglio dei ministri di dopodomani, venerdì 13 giugno, un decreto legge che riformerà le intercettazioni telefoniche e ambientali. Il parlamento viene così saltato a piè pari e le nuove norme saranno immediatamente esecutive.

Non è chiaro quali siano i motivi di «necessità ed urgenza» che hanno spinto Silvio Berlusconi a forzare ulteriormente la mano. Guardando a ciò che è accaduto in passato è probabile che il Cavaliere tema gli esiti di qualche indagine attualmente in corso della cui esistenza nessuno, a parte lui, è al corrente. O che pensi, introducendo una disposizione ad hoc dal valore retroattivo, di eliminare prove già raccolte dalla magistratura.

All'interno della maggioranza solo la Lega è parsa fin qui voler porre un qualche freno alle sue intenzioni. L'ex ministro Roberto Castelli ha detto chiaro e tondo che il movimento di Bossi si opporrà a norme che impediscano le intercettazioni per i reati di corruzione e concussione. Per Castelli infatti l'elettorato percepirebbe il provvedimento Berlusconi come una legge a protezione della Casta. E questo la Lega, unico partito presente in parlamento realmente radicato sul territorio con sezioni, circoli e militanti, proprio non può permetterselo.

In ogni caso non è ancora possibile di anticipare esattamente i contenuti del decreto. Stando a quanto dichiarato pubblicamente dal premier si potranno eseguire intercettazioni solo per perseguire la mafia e il terrorismo. Indiscrezioni parlano poi della possibilità di effettuare ascolti anche per altri reati puniti con più di otto anni di reclusione.

Ma non basta, perché, come è noto, il presidente del Consiglio ha anche annunciato la volontà di punire con 5 anni di carcere i giornalisti che pubblicheranno il contenuto di intercettazioni telefoniche, mentre per ridurre a più miti consigli gli editori vorrebbe introdurre multe milionarie.

Se questo agghiacciante quadro si realizzerà, l'unica risposta possibile sarà la disubbidienza civile. Cioè organizzare, per quanto riguarda i giornalisti, una violazione dichiarata e di massa delle norme, accettando nel caso l'arresto. Ovviamente la violazione (cioè la pubblicazione di articoli basati su atti giudiziari che il Governo vorrebbe mantenere segreti, anche se già messi a disposizione delle parti processuali) dovrà avere un contenuto strettamente giornalistico. Si dovranno pubblicare cioè delle notizie e non dei pettegolezzi o delle vicende coperte dalla privacy.

A quel punto, una volta finiti sotto inchiesta o in galera, potremo tentare di rivolgerci alla Corte Costituzionale per far cancellare una legge che minaccia di spingere il nostro paese verso derive pericolose ed autoritarie.

Appuntamento a venerdì, dunque, sperando ancora che non si trasformi nel venerdì 13 della democrazia italiana.

http://tv.repubblica.it/home_page.php?playmode=palinsesto&cont_id=6644&stream=video&date=2008-06-09

Anonimo ha detto...

Vorrei richiamare l'attenzione sul fatto che il significato della frase del Presidente del Consiglio ricordata da D'Avanzo - le intercettazioni potranno essere autorizzate soltanto per i reati “con pene che vadano dai 10 anni in su” - è che le intercettazioni saranno ammissibili solo per i reati per i quali è prevista la pena MINIMA di dieci anni (e non MASSIMA come mostra di avere inteso D'Avanzo).
Quindi, a meno che Berlusconi non sia stato frainteso (cosa peraltro molto probabile dato che, come è noto, ciò accade assai di frequente), la situazione è ancora più tragica di quanto pensi D'Avanzo.

Chiazzese