martedì 10 giugno 2008

Il C.S.M. boccia il Decreto Legge sui rifiuti. Il testo integrale del parere.


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Pubblichiamo il testo integrale del parere – fortemente critico – del Consiglio Superiore della Magistratura sul decreto legge 23 maggio 2008, n. 90, «Misure straordinarie per fronteggiare l’emergenza nel settore dello smaltimento dei rifiuti nella regione Campania e ulteriori disposizioni di protezione civile».

Il parere è stato approvato a larghissima maggioranza dal Plenum del C.S.M. nella seduta di ieri: 22 voti favorevoli, 2 soli voti contrari dei consiglieri indicati dal Partito della Libertà.

Ai link seguenti i commenti di alcuni giornali:

La Repubblica, che riassume:

Roma – Il governo l’ha presentata come una strategia per razionalizzare gli interventi della magistratura nello scandalo della spazzatura a Napoli, ma il Consiglio superiore della magistratura la giudica inutile. Anzi: “La superprocura è anomala. Finirà per ingolfare il lavoro, limitare l’autonomia dei giudici e rendere meno efficiente la macchina della magistratura”.

Ventidue contro, due favorevoli. Dopo lunga discussione, il plenum del Csm ha approvato un documento nel quale boccia il decreto legge dell’esecutivo sull’emergenza rifiuti. Ventidue voti contro, due soli i favorevoli al provvedimento del Governo, i laici del centrodestra Gianfranco Anedda e Michele Saponara.

“Più difficile il sequestro delle discariche”. Per paradosso, l’applicazione del decreto che trasferisce a Napoli tutti i procedimenti per reati in materia ambientale contestati in Campania, potrebbe rendere addirittura più difficile il sequestro delle discariche e consentire lo smaltimento in Campania di rifiuti normalmente ritenuti pericolosi nel resto d’Italia. Eventualità già denunciata qualche giorno fa in un documento sottoscritto dai magistrati napoletani.

Ritardi e inefficienza. “Il nuovo sistema – scrivono i rappresentanti del Csm – dilaterà i carichi di lavoro a cui si accompagneranno ritardi ed inefficienze”. Inoltre, la superprocura “limita l’autonomia dei magistrati della procura di Napoli e difficilmente produrrà una crescita di efficienza complessiva”.


E ancora:

Corriere della Sera

Ansa

Il Sole 24 Ore


A questo link un sintetico dossier della Redazione del nostro blog con alcuni rinvii ad altri scritti.

______________



Consiglio Superiore della Magistratura



Seduta straordinaria del 9 giugno 2008 - ore 17.00

1) Fasc. 31/RI/2008 – Osservazioni al decreto legge n. 90 del 23 maggio 2008 concernente «Misure straordinarie per fronteggiare l’emergenza nel settore dello smaltimento dei rifiuti nella regione Campania e ulteriori disposizioni di protezione civile» formulate dai magistrati della Procura della Repubblica di Napoli con nota in data 27 maggio 2008. (Relatori dott. Pepino e dott. Carrelli Palombi)

«1. Il decreto legge 23 maggio 2008, n. 90, recante «Misure straordinarie per fronteggiare l’emergenza nel settore dello smaltimento dei rifiuti nella regione Campania ed ulteriori disposizioni di protezione civile», è dettato, come risulta dal suo oggetto e dalle considerazioni svolte nel relativo preambolo, dalla necessità e urgenza di avviare a soluzione il risalente e drammatico problema dell’accumulo di rifiuti nella Regione, con le inevitabili ricadute sulla salute dei cittadini, sull’ambiente e sulla stessa situazione dell’ordine pubblico.


1.1. La finalità del decreto non può che essere condivisa, nella misura in cui mira alla tutela di diritti fondamentali oggi esposti a grave rischio né il Consiglio superiore può esprimersi in alcun modo sulle misure di carattere amministrativo adottate al riguardo, rientranti nella sfera della discrezionalità politica.

Nel decreto legge sono, peraltro, comprese numerose disposizioni che riguardano in modo esplicito l’attività giudiziaria o che hanno sulla stessa significative ricadute.

Del resto nel preambolo del decreto si fa riferimento alla necessità di un intervento normativo urgente anche in considerazione «degli esiti dei molteplici procedimenti giudiziari che hanno evidenziato il coinvolgimento della criminalità organizzata nelle attività di gestione dei rifiuti», «dei reiterati e motivati provvedimenti giudiziari cautelari che hanno disposto il sequestro degli impianti di produzione dei combustibili da rifiuti esistenti nella Regione Campania» e di alcune recenti pronunce della Corte costituzionale e delle Sezioni unite della Cassazione concernenti «la giurisdizione del giudice amministrativo sui procedimenti cautelari in materia di gestione dei rifiuti».

È in questo quadro che si inserisce il richiesto parere del Consiglio superiore, limitato, ai sensi dell’art. 10 della legge 24 marzo 1958, n. 195 ai profili riguardanti le previsioni del decreto in tema di ordinamento giudiziario, di organizzazione e funzionamento della giustizia e di disciplina dei diritti fondamentali costituzionalmente previsti.


1.2. In linea generale il Consiglio è consapevole che situazioni di emergenza, come quella che caratterizza il territorio della Campania, ben possono giustificare l’adozione di interventi legislativi, anche di natura derogatoria rispetto alla legislazione vigente, e di misure organizzative straordinarie.

Il Consiglio esprime pertanto piena e convinta adesione all’invito, rivolto alla magistratura dal Capo dello Stato nei giorni scorsi a Napoli, a dare «il suo responsabile contributo alla migliore definizione delle misure urgenti e quindi alla loro piena attuazione».

Sotto tale profilo occorre dare risposta a problemi che, se riguardano in modo immediato e dirompente la Campania, hanno provenienze e diramazioni in altre parti del territorio nazionale, come il Presidente della Repubblica non ha mancato di sottolineare.

Ciò detto, il Consiglio ritiene opportuno osservare che le misure legislative di emergenza, come è quella in discussione, che attiene anche a norme processuali dando ad esse applicazione temporanea e limitata a un’area del territorio nazionale, devono avvenire nel rispetto di precisi limiti e in attuazione di determinate finalità.

In primo luogo essi, pur potendo stabilire deroghe nei confronti della normazione vigente, anche di natura primaria, devono garantire il rigoroso rispetto dei principi e delle regole costituzionali attinenti alla giurisdizione e alle garanzie dei diritti fondamentali.

In secondo luogo le misure legislative devono essere indirizzate ad incrementare l’efficienza e la funzionalità dell’amministrazione della giustizia, il che comporta previsioni normative limpide, tali da evitare l’insorgere di conflitti e la sovrapposizione di interventi giurisdizionali da parte di diverse autorità giudiziarie e richiede l’attribuzione di risorse materiali e umane adeguate e congrue rispetto al fine.

Infine i provvedimenti legislativi devono essere adottati nel rispetto delle regole e dei valori fondamentali della giurisdizione e devono garantire e rafforzare l’intervento della magistratura, in modo da consentire il più ampio ed efficace ricorso agli strumenti investigativi e requirenti e il libero e tempestivo dispiegarsi dell’attività degli organi giudicanti.

Le osservazioni che seguono, nel segnalare i punti critici contenuti nel decreto legge, mirano a contribuire alla realizzazione di questi esiti.


2. Numerose e importanti sono le disposizioni del decreto legge incidenti sul sistema ordinamentale, sulla organizzazione e sul funzionamento della giustizia e sulla disciplina dei diritti fondamentali costituzionalmente previsti.

In particolare:

A) l’art. 4 dispone che:

a1) sono devolute alla giurisdizione esclusiva del giudice amministrativo tutte le controversie, anche in fase cautelare, attinenti alla complessiva gestione dei rifiuti, seppur posta in essere con comportamenti dell’amministrazione pubblica o di soggetti equiparati e anche in caso di controversie relative a diritti costituzionalmente tutelati (art. 4, comma 1);

a2) le misure cautelari adottate da autorità giudiziaria diversa dal giudice amministrativo cessano di avere effetto se non siano riconfermate entro trenta giorni dall’entrata in vigore del decreto legge da parte dell’autorità giudiziaria indicata dal decreto (art. 4, comma 2).

B) l’art. 3 prevede, con riferimento ai procedimenti per reati riferiti alla gestione dei rifiuti e per reati in materia ambientale nonché per quelli ad essi connessi ai sensi dell’art. 12 c.p.p. commessi nell’ambito dell’intera regione Campania, che:

b1) la competenza a svolgere le indagini preliminari è attribuita in via esclusiva al Procuratore della Repubblica di Napoli (art. 3, comma 1, nonché art. 51, comma 1, lett. a, c.p.p.);

b2) il Procuratore di Napoli esercita le funzioni anzidette anche in deroga alle disposizioni di cui all’art. 2 del D.L.vo n. 106/2006 (e successive modifiche) relativo alla organizzazione dell’ufficio del pubblico ministero (art. 3, comma 1);

b3) nei procedimenti indicati le funzioni di giudice per le indagini preliminari e di giudice per l’udienza preliminare sono esercitate da «magistrati del Tribunale di Napoli» (art. 3, comma 2);

b4) la competenza a provvedere sulle richieste di misure cautelari personali e reali passa dai giudici per le indagini preliminari dei diversi tribunali della Regione al Tribunale di Napoli in composizione collegiale (art. 3, comma 2);

b5) è preclusa al pubblico ministero e alla polizia giudiziaria la possibilità di procedere, in via di urgenza ai sensi dall’art. 321, comma 3 bis, c.p.p., a sequestro preventivo (art. 3, comma 2);

b6) in caso di ritenuto coinvolgimento della criminalità organizzata nei reati per cui si procede è previsto – come per i reati di cui all’art. 51, comma 3 bis, c.p.p. – il diretto intervento del Procuratore nazionale antimafia con funzioni di coordinamento, di impulso e, ricorrendone i presupposti, di avocazione secondo quanto disposto dall’art. 371 bis c.p.p. (art. 3, comma 3);

b7) la competenza per il dibattimento resta affidata, secondo le regole generali, all’ufficio giudiziario nel cui circondario sono stati commessi i reati, ma il Procuratore generale presso la Corte di appello di Napoli, ove ricorrano «giustificati motivi», può disporre che le funzioni di pubblico ministero siano esercitate da un magistrato designato dal Procuratore della Repubblica di Napoli, anche diverso da quelli in servizio presso la corrispondente procura (art. 3, comma 4);

b8) le disposizioni che derogano alle regole ordinarie di ripartizione territoriale delle competenze si applicano anche ai procedimenti incardinati prima dell’entrata in vigore del decreto ove ancora pendenti in fase di indagini. In tali ipotesi i magistrati del pubblico ministero, entro dieci giorni dall’entrata in vigore del decreto legge, devono trasmettere i relativi procedimenti alla Procura di Napoli, e i magistrati addetti a funzioni di giudice per le indagini preliminari devono trasmettere ai corrispondenti uffici presso il Tribunale di Napoli i procedimenti relativi ai predetti reati che siano presso di loro pendenti (art. 3, comma 5);

b9) le misure cautelari reali e personali disposte o convalidate dal giudice per le indagini preliminari prima dell’entrata in vigore del decreto legge, cessano di avere efficacia se, entro venti giorni dalle trasmissione degli atti al giudice divenuto competente, non vengono rinnovate a norma degli artt. 292, 317 e 321 c.p.p. (art. 3, comma 6);

b10) al Ministro della giustizia è affidato il compito, sentito il Consiglio superiore della magistratura per quanto di competenza, di adottare «le necessarie misure di redistribuzione dei magistrati in servizio e di riallocazione del personale amministrativo» al fine di potenziare gli uffici giudiziari di Napoli in ragione della sopravvenienza di affari giudiziari determinata dal decreto legge, con oneri a carico del Fondo per l’emergenza rifiuti Campania previsto dall’art. 17 dello stesso decreto legge (art. 3, comma 7);

b11) per tutto il periodo dell’emergenza – e cioè, secondo quanto stabilito dall’art. 19 del decreto, fino al 31 dicembre 2009 – le aree destinate a discarica e a siti di stoccaggio (sia quelle indicate nell’art. 9 del decreto sia quelle successivamente individuate con provvedimento del Sottosegretario di Stato a norma dell’art. 2) possono essere sottoposte a sequestro preventivo, in deroga a quanto previsto dall’art. 321 c.p.p., solo ove ricorrano «gravi indizi di reato» e «il concreto pregiudizio alla salute ed all’ambiente non sia altrimenti contenibile» (art. 3, comma 8);

b12) le disposizioni sopra indicate cessano di avere efficacia al termine dello stato di emergenza, ma continuano a disciplinare i fatti commessi durante la loro vigenza (art. 3, comma 9).

C) il comma 5 dell’art. 2 dispone che, fatta salva l’ipotesi di più grave reato, «chiunque si introduce abusivamente nelle aree di interesse strategico nazionale ovvero impedisce o rende più difficoltoso l’accesso autorizzato alle aree medesime è punito a norma dell’art. 682 codice penale (Ingresso arbitrario in luoghi ove l’accesso è vietato nell’interesse militare dello Stato)». I successivi commi 9 e 10, poi, prevedono l’applicazione degli articoli 340 e 635, comma 2, codice penale nei confronti di chi, rispettivamente, «impedisce, ostacola o rende più difficoltosa la complessiva azione di gestione dei rifiuti» e «distrugge, deteriora o rende inservibili, in tutto o in parte, componenti impiantistiche e beni strumentali connessi con la gestione dei rifiuti».

D) l’art. 9, comma 3, infine, prevede che, ai fini dello smaltimento nelle discariche allocate in Campania, «i rifiuti urbani oggetto di incendi dolosi o colposi sono assimilati ai rifiuti aventi codice CER:20.03.01».


3. La prima innovazione riguarda la modifica delle regole di riparto della giurisdizione.

Con l’art. 4 del decreto, infatti, il legislatore devolve alla giurisdizione esclusiva del giudice amministrativo «tutte le controversie, anche in ordine alla fase cautelare, comunque attinenti alla complessiva azione di gestione dei rifiuti, seppure posta in essere con comportamenti dell’amministrazion e o dei soggetti ad essi equiparati».

La disposizione richiede alcuni rilievi:


3.1. Le nuove regole di riparto della giurisdizione, di importanza primaria nel sistema giudiziario, riguardano – a differenza della grande maggioranza delle previsioni concernenti la giustizia contenute nel decreto – l’intero territorio nazionale e non la sola Campania.

La questione appare estremamente delicata e complessa, in quanto attiene a materia assai dibattuta in dottrina e sottoposta ad intenso lavorio giurisprudenziale, e avrebbe probabilmente meritato un approfondimento difficilmente compatibile con la decretazione di urgenza.


3.2. Con la previsione della competenza esclusiva in materia del giudice amministrativo il legislatore sembra uniformarsi alla decisione delle Sezioni unite della Cassazione che, con sentenza n. 27187 del 28 dicembre 2007, hanno declinato la giurisdizione del giudice ordinario in favore del giudice amministrativo con riguardo alle controversie relative all’installazione delle discariche dei rifiuti – in quanto controversie in materia di gestione del territorio nell’interesse dell’intera collettività nazionale – anche qualora sia denunciata una lesione di diritti fondamentali tutelati dalla Costituzione.

In detta pronuncia, espressamente richiamata nel preambolo al decreto legge, la Corte ha specificato che «nella materia, riguardante l’uso del territorio e da qualificare quindi “urbanistica” , la tutela dei diritti, anche incomprimibili a interessi legittimi, allorché siano lesi da comportamenti illeciti esecutivi di provvedimenti amministrativi, non spetta al giudice ordinario, che ha cognizione sulle sole controversie relative a comportamenti di mero fatto della pubblica amministrazione, per i quali la Corte costituzionale, con le sentenze n. 204 del 2004 e 191 del 2006 gli ha riconosciuto competenza per ogni controversia, anche di risarcimento dei danni».

In sostanza, ad avviso delle Sezioni Unite (sulla scorta delle citate sentenze n. 204/2004 e 191/2006), nelle materie di giurisdizione esclusiva i comportamenti illegittimi che si fondano su atti amministrativi ed esprimono poteri della pubblica amministrazione sono devoluti alla cognizione del giudice amministrativo, e ciò anche nell’ipotesi in cui detti comportamenti ledano diritti fondamentali tutelati dalla Costituzione, mentre il giudice ordinario può occuparsi solo delle controversie nelle quali venga ipotizzata la lesione di diritti soggettivi in conseguenza di comportamenti di mero fatto.

L’art. 4 del decreto legge sembra, peraltro, dilatare le linee interpretative espresse dalla Corte costituzionale e dalla Corte di cassazione.

Parrebbe al riguardo auspicabile una maggiore specificazione nel senso che l’attribuzione della controversia al giudice amministrativo in tema di comportamenti materiali è limitata ai casi in cui gli stessi siano espressione di poteri della pubblica amministrazione.


3.3. Un’ultima notazione merita il secondo comma dell’art. 4 che, con disposizione di natura transitoria, introduce una procedura di conferma o di convalida da parte del giudice amministrativo delle misure cautelari eventualmente adottate dal giudice ordinario, nel termine perentorio di trenta giorni dall’entrata in vigore del decreto.

Sarebbe al riguardo opportuno un chiarimento sulla procedura adottabile, teso a eliminare la situazione di grave incertezza che, unitamente alla esiguità del termine stabilito per la conferma, rischia di determinare la perdita di efficacia pressoché totale delle misure cautelari disposte dal giudice ordinario.


4. Tra le norme più significative del decreto vi sono quelle che innovano la disciplina di ordinamento giudiziario limitatamente alla Campania e ai procedimenti per reati riferiti alla gestione dei rifiuti e per reati in materia ambientale nonché per quelli ad essi connessi ai sensi dell’art. 12 c.p.p..

Tre su tutte: la previsione che il Procuratore della Repubblica di Napoli possa esercitare le proprie funzioni «anche in deroga a quanto previsto dell’art. 2 del decreto legislativo 20 febbraio 2006, n. 106, e successive modificazioni» (art. 3, comma 1); l’intervento del Procuratore nazionale antimafia ai sensi dell’art. 371 bis del c.p.p. quando «si ravvisa il coinvolgimento della criminalità organizzata» (art. 3, comma 3); la possibilità, per il Ministro della giustizia, «sentito per quanto di competenza il Consiglio superiore della magistratura, di adottare le necessarie misure di ridistribuzione dei magistrati in servizio» (art. 3, comma 7).

Va preliminarmente evidenziato che con lo strumento del decreto legge si interviene nella delicata materia dell’ordinamento giudiziario con norme destinate a spiegare efficacia limitata nel tempo (fino al 31 dicembre 2009, salvo possibilità di proroga) e nel territorio (solo nella Regione Campania nella quale sono compresi due distretti di Corte di appello: quello di Napoli e quello di Salerno).

Inoltre le suddette previsioni incidono esclusivamente nei procedimenti relativi ai reati indicati nel decreto.

Ciò potrebbe determinare – come già sta accadendo – situazioni di grave conflittualità all’interno e fra gli uffici giudiziari della Campania con evidenti ricadute sul piano dell’efficienza.

Nello specifico, merita osservare che:


c1) l’attribuzione della possibilità di derogare, con riferimento ai reati in esame, alle previsioni dell’art. 2 del decreto legislativo n. 106/2006 legittima il Procuratore della Repubblica di Napoli ad apportare idonee correzioni al progetto organizzativo dell’ufficio in ragione dei nuovi carichi di lavoro (comprensive della possibilità di assegnazioni anche in deroga alle competenze della Direzione distrettuale antimafia) e ad esercitare il potere di revoca delle assegnazioni senza le formalità previste in via ordinaria ma pur sempre con provvedimento debitamente motivato.

Una ulteriore dilatazione dei poteri del procuratore della Repubblica non sembra consentita dal tenore della norma.

Le nuove attribuzioni del procuratore, stante il disposto dell’art. 3, comma 5, del decreto, operano anche con riferimento ai procedimenti già assegnati e nei quali sono in corso le indagini preliminari.

Ciò rappresenta un’indubbia limitazione dell’autonomia dei magistrati della Procura della Repubblica presso il Tribunale di Napoli e difficilmente produrrà una crescita di efficienza complessiva nell’esercizio dell’azione penale;


c2) il secondo profilo che qui interessa riguarda l’intervento del Procuratore nazionale antimafia anche nei procedimenti per reati ambientali o concernenti rifiuti (e reati connessi) ove emerga un «coinvolgimento della criminalità organizzata».

Tale previsione ha il solo effetto di estendere la categoria dei reati in relazione ai quali si esplicano i poteri del Procuratore nazionale antimafia, che restano esclusivamente quelli di coordinamento, impulso e, nei limiti previsti dall’art. 371 bis del codice di procedura penale, di avocazione;


c3) la terza sovrapposizione del decreto legge con il regime ordinamentale è contenuta nell’art. 3, comma 7, che attribuisce al Ministro della giustizia il potere, tra l’altro, di adottare le necessarie misure di ridistribuzione dei magistrati in servizio al fine di potenziare gli uffici giudiziari di Napoli con oneri a carico del Fondo per l’emergenza rifiuti Campania.

La disposizione va letta alla luce dell’art. 105 Costituzione, che attribuisce in via esclusiva al Consiglio superiore della magistratura i «trasferimenti» dei magistrati, e interpretata nel senso di una sottolineatura della possibilità per il ministro guardasigilli di adottare opportune misure di revisione delle piante organiche degli uffici napoletani, conformemente alla normativa in vigore che attribuisce, appunto, tale competenza al ministro della giustizia, sentito il Consiglio superiore della magistratura.

Evidente è la finalità di far fronte ai più pesanti carichi di lavoro imposti a tali uffici dalle modifiche di competenza previste nel decreto, ma la via prescelta non appare la più idonea a conseguire lo scopo perseguito.

A una eventuale variazione temporanea della pianta organica di alcuni uffici (con aumenti e corrispondenti diminuzioni di posti) dovrebbe, infatti, seguire la procedura di copertura da parte del Consiglio con tempi difficilmente compatibili con le esigenze straordinarie che hanno indotto l’esecutivo ad intervenire con lo strumento del decreto legge.

Meglio sarebbe far ricorso ai più rapidi e duttili istituti delle applicazioni e delle supplenze (opportunamente rimodellati, anche con la previsione di incentivi per chi presta ad esse il proprio consenso).


5. Il decreto legge contiene, poi, un sostanzioso gruppo di norme che incidono sulla normativa processuale, sia in punto competenza territoriale che in punto emissione delle misure cautelari, con evidenti rischi di effetti negativi, anche in punto funzionalità del sistema, ove in sede di conversione si renda necessario procedere a modifiche.


5.1. Nello specifico, l’art. 3, comma 1, del decreto attribuisce alla Procura della Repubblica di Napoli la competenza per le indagini1 nei procedimenti per i reati in tema di gestione dei rifiuti e in materia di ambiente (nonché per quelli ad essi connessi) commessi nella Regione Campania.

Il comma 2 prevede, in modo simmetrico, che anche le competenze di giudice per le indagini preliminari e di giudice dell’udienza preliminare, con riguardo agli stessi procedimenti, vengano attratte dal Tribunale di Napoli.

Per quanto riguarda la fase del giudizio, invece, restano ferme, in forza del comma 4, le ordinarie regole di competenza territoriale (con la conseguenza che i dibattimenti devono essere celebrati presso i tribunali circondariali competenti secondo le regole ordinarie). Tale assetto si presta ai seguenti rilievi critici:

d1) la previsione di una Procura e di un ufficio GIP/GUP con competenza per i reati ambientali commessi nell’intera Campania introduce un elemento anomalo nel sistema della competenza territoriale che, pur tenendo conto delle esigenze di accentramento che hanno ispirato il decreto legge, meglio potrebbe essere determinata con riferimento alle due corti di appello campane (Napoli e Salerno), sempre che non si ritenga, invece, di individuare i reati più significativi in materia e di attribuirne la competenza, in via generale, alle Procure della Repubblica aventi sede nei capoluoghi di ogni distretto;

d2) il richiamo, al fine della determinazione della competenza, «ai reati riferiti alla gestione dei rifiuti e ai reati in materia ambientale» è, con riguardo ai secondi, viziato da eccessiva genericità con conseguente rischio di dilatazione a dismisura dei procedimenti attratti dalla Procura di Napoli, anche per fatti di minima entità del tutto estranei al sistema dello smaltimento dei rifiuti. Una maggiore specificazione dei reati per i quali ricorre tale esigenza di concentrazione consentirebbe di ovviare alle indicate disfunzioni;

d3) gravemente carente è la disciplina della connessione dettata nella prima parte dell’art. 3, comma 1. Non è chiaro, infatti, se in caso di connessione dei reati ambientali commessi in Campania con delitti più gravi commessi in altri distretti operi o meno l’art. 16 del codice di procedura penale (con attribuzione della competenza per l’intero procedimento all’autorità giudiziaria competente per questi ultimi) ovvero se la connessione determini il trasferimento dell’intero procedimento avanti alla Procura di Napoli.

In entrambi i casi si produrrebbero conseguenze anomale.

Nella prima ipotesi, e quindi se operasse l’art. 16, i reati ambientali connessi ad altri reati più gravi sarebbero sottratti alla competenza e alla disciplina speciale del decreto legge e sarebbero trattati, anche durante le indagini preliminari, da autorità giudiziarie lontane dalla Campania e secondo le regole generali previste dal codice di procedura penale.

Nella seconda ipotesi, invece, considerando non operante l’art. 16, ciò non avverrebbe, ma si avrebbe il diverso inconveniente che i reati connessi, eventualmente anche molto più gravi di quelli ambientali accertati nel caso concreto, sarebbero sottratti durante le indagini preliminari alle autorità giudiziarie territorialmente competenti e trattati tutti dal procuratore di Napoli, oltretutto applicando norme diverse da quelle del codice di procedura penale, con successiva celebrazione dei dibattimenti in sedi assai lontane da quella delle indagini con tutti gli inconvenienti derivanti dalla presenza di un pubblico ministero rimasto estraneo alla investigazione oppure di un pubblico ministero campano, applicato (ai sensi dell’art. 3, comma 4) dal Procuratore generale di Napoli fuori dal proprio distretto.

Anche a prescindere dalle anomalie che caratterizzano entrambe le opzioni, è evidente che la incertezza rilevata rischia di dare adito a rilevanti conflitti interpretativi forieri di grave pregiudizio per la rapida e trasparente gestione dei procedimenti;

d4) in ogni caso il nuovo sistema è destinato ad accrescere le difficoltà di funzionamento del servizio giudiziario.

Alla dilatazione – non sempre necessitata – dei carichi di lavoro degli uffici napoletani si accompagneranno, infatti inevitabilmente ritardi e inefficienze in ragione della distanza, spesso notevole, tra l’ufficio inquirente di Napoli e le sedi del territorio campano (e non solo) ove sono dislocate le forze di polizia giudiziaria delegate per il compimento delle attività investigative data la prossimità con i luoghi di commissione dei reati;

d5) ulteriori problemi sono prevedibili allorché, chiusa la fase delle indagini, i procedimenti saranno trasmessi agli uffici competenti per la celebrazione del dibattimento: oltre agli incombenti collegati alle attività materiali di predisposizione e spedizione degli atti è inevitabile prevedere ritardi collegati allo studio dei procedimenti da parte dei magistrati requirenti che solo in parte potranno essere arginati dall’applicazione del pubblico ministero che ha svolto le indagini, pur consentita dall’art. 3, comma 4, del decreto.


5.3. Quanto al regime transitorio, l’art. 3, comma 5, del decreto prevede che le nuove norme si applicano anche ai procedimenti pendenti in fase di indagine, che devono, conseguentemente, essere trasmessi, entro dieci giorni dall’entrata in vigore del decreto, alla Procura della Repubblica, al GIP o al GUP competenti in base alle nuove regole.

Il successivo comma 9 dispone che anche dopo la cessazione di efficacia delle norme in esame al termine dello stato di emergenza, tali disposizioni continueranno ad applicarsi, in via ultrattiva, ai procedimenti relativi ai fatti commessi nel vigore delle stesse.

Va osservato, al riguardo, che:


e1) la situazione descritta determinerà, immediatamente, un aggravio nell’attività giudiziaria determinato dalla necessità di porre in essere una serie di operazioni prodromiche e preparatorie alla trasmissione dei fascicoli pendenti.

Questi una volta giunti presso i nuovi uffici dovranno essere iscritti nei registri e nuovamente assegnati.

I magistrati che ne diverranno assegnatari, anche soltanto al fine di compiere i primi atti, dovranno studiare le risultanze già acquisite e solo all’esito di tale attività potranno riassumerne la trattazione proseguendo le indagini e adottando gli opportuni provvedimenti;

e2) nei dieci giorni successivi all’entrata in vigore del decreto si riverserà sugli uffici giudiziari di Napoli – come già sta avvenendo – una mole imponente di procedimenti (gran parte dei quali per reati non ricollegabili in alcun modo all’emergenza dei rifiuti) creando una inevitabile congestione che richiederà mesi solo per consentire di ripristinare un qualche ordine nella raccolta e nello smistamento di tali sopravvenienze.


5.4. Il decreto legge contiene, poi, norme derogatorie rispetto alla disciplina di alcune materie particolarmente rilevanti e sensibili:

f1) l’art. 3, comma 2, prevede che le misure cautelari, personali e reali, siano disposte, anziché dal giudice per le indagini preliminari, dal tribunale in composizione collegiale.

Anche questa disposizione – prevista, come noto, in alcuni progetti di riforma del codice processuale e meritevole di attenzione in una prospettiva generale – è, nella specie, destinata a operare solo con riguardo ai procedimenti per i reati relativi alla gestione dei rifiuti e in materia di ambiente, attribuiti alla competenza del Tribunale di Napoli secondo le nuove regole e il limite di tempo e di spazio in cui opera la nuova disciplina.

Ciò appare incongruo in considerazione del fatto che le garanzie in tema di libertà e l’esercizio del potere coercitivo sono questioni che involgono le linee di fondo dell’intero sistema processuale penale.

Si aggiunga che la mancanza della necessaria disciplina di dettaglio comporterà gravi (e antieconomiche) incertezze interpretative.

Appare dunque necessaria, in ogni caso, l’adozione di una disciplina che chiarisca se avverso le misure disposte dall’organo collegiale sono esperibili il riesame e l’appello con indicazione, in caso affermativo, della composizione e dislocazione territoriale del giudice competente e che regolamenti i rapporti tra giudice collegiale e GIP in ordine ai provvedimenti successivi alla emissione delle misure;

f2) perplessità in ordine alle disfunzioni organizzative e alla possibili frustrazioni dell’azione di contrasto alle attività criminali proprio in tema di ambiente e di gestione dei rifiuti desta, poi, la previsione di cui all’art. 3, comma 6, del decreto, in forza della quale le misure cautelari, personali e reali, in atto al momento dell’entrata in vigore del decreto perdono efficacia se, entro venti giorni dalla trasmissione degli atti, non vengono rinnovate dal giudice divenuto competente (e ciò senza limiti di sorta, con l’effetto che, in sede interpretativa, si potrebbe porre persino il problema se il rinnovo debba intervenire anche nel caso in cui le misure siano ormai coperte dal cosiddetto “giudicato cautelare”);

f3) il decreto introduce, inoltre, modifiche sostanziali al regime del sequestro preventivo. Secondo l’art. 3, comma 2, nei procedimenti cui si riferisce il decreto legge, sono sospesi i poteri attribuiti dal codice di procedura penale al pubblico ministero e alla polizia giudiziaria con riguardo all’adozione del sequestro preventivo pur in presenza dei presupposti di urgenza previsti dal codice processuale.

Anche in tali casi il sequestro dovrà essere richiesto dal pubblico ministero e disposto dal giudice collegiale, così depotenziando l’istituto proprio nelle situazioni di urgenza (che possono essere disciplinate anche con modalità diverse da quelle attuali ma non ignorate senza gravi danni per l’efficacia dell’intervento penale);

f4) l’art. 3, comma 8, infine, prevede che per tutta la durata dell’emergenza (e, dunque, fino al 31 dicembre 2009), le aree destinate a discarica e a siti di stoccaggio (sia quelle indicate nell’art. 9 del decreto sia quelle successivamente individuate con provvedimento del Sottosegretario di Stato a norma dell’art. 2) possono essere sottoposte a sequestro preventivo, in deroga a quanto previsto dall’art. 321 c.p.p., solo ove ricorrano «gravi indizi di reato» e, anche in tale ipotesi, subordinatamente al fatto che «il concreto pregiudizio alla salute ed all’ambiente non sia altrimenti contenibile».

Viene così individuata una categoria di beni in relazione ai quali i presupposti che legittimano il sequestro preventivo sono diversi e più ristretti rispetto a qualsiasi altro bene nonché rispetto agli stessi beni ove dislocati in altra parte del territorio nazionale, in possibile contrasto con il principio di uguaglianza.

Né può omettersi di rilevare che i nuovi presupposti per la sottoposizione delle aree in questione a sequestro preventivo sono labili e controvertibili in quanto collegati alla indisponibilità o alla inesistenza di strumenti alternativi in grado di fornire una più efficace tutela alla salute e all’ambiente, con l’effetto di rendere instabile il provvedimento adottato e di accrescere l’incertezza in ordine alla sorte dei beni che ne costituiscono oggetto.


6. Restano le disposizioni che introducono e modificano ovvero escludono alcune fattispecie delittuose.

Rientrano nella prima categoria le previsioni contenute nei commi 5, 9 e 10 dell’art. 2 che, rispettivamente:

g1) parificano ai luoghi di interesse militare dello Stato le «aree di interesse strategico nazionale» (in particolare, le aree e gli impianti comunque connessi all’attività di gestione di rifiuti indicate nel comma 4 dello stesso art. 2, per i quali il Sottosegretario di Stato preposto alla soluzione dell’emergenza rifiuti in Campania provvede ad individuare le occorrenti misure, anche di carattere straordinario, di salvaguardia e di tutela per assicurare l’assoluta protezione e l’efficace gestione») ed estendono, ai fini della applicazione dell’art. 682 codice penale, le condotte rilevanti, affiancando all’introduzione abusiva in detti luoghi le condotte che «impediscono o rendono più difficoltoso l’accesso autorizzato» negli stessi;

g2) estendono le fattispecie rilevanti ai fini della integrazione del delitto di interruzione di pubblico servizio di cui all’art. 340 codice penale al fatto di chi «impedisce, ostacola o rende più difficoltosa la complessiva azione di gestione dei rifiuti»;

g3) aggiungono alle ipotesi di danneggiamento aggravato ai sensi dell’art. 635, comma 2, codice penale, il fatto di chi «distrugge, deteriora o rende inservibili, in tutto o in parte, componenti impiantistiche e beni strumentali connessi con la gestione dei rifiuti».

L’introduzione di tali nuovi reati sembra riguardare non la sola Campania ma l’intero territorio nazionale e ciò rende ancor più necessaria, per superare i vizi di indeterminatezza che caratterizzano le fattispecie, una maggior precisione nella determinazione delle modalità di individuazione dell’«interesse strategico nazionale», delle condotte rilevanti e del concetto di «gestione dei rifiuti».

Con particolare riferimento all’ipotesi di reato introdotta dall’art. 2 comma 9, la mancata precisazione delle modalità dell’azione causale idonea a determinare l’evento del reato potrebbe prestarsi a dubbi di costituzionalità sotto il profilo della tassatività e determinatezza della norma penale imposto dall’art. 25 della Costituzione.

Rientra, invece, nella seconda categoria – quella della esclusione di alcune fattispecie delittuose – la disposizione di cui all’art. 9, comma 3, del decreto che, ai fini dello smaltimento nelle discariche allocate in Campania, assimila «i rifiuti urbani oggetto di incendi dolosi o colposi (...) ai rifiuti aventi codice CER:20.03.01», così precludendo la possibilità di assegnare ai rifiuti combusti, all’esito delle opportune analisi, un altro codice compreso nel catalogo europeo dei rifiuti (corrispondente alla maggiore pericolosità dei suoi componenti) e di ritenere sussistente il reato di smaltimento non conforme alla autorizzazione, ai sensi dell’art. 256, comma 1, decreto legislativo n. 152/2006, in caso di destinazione degli stessi in discarica.

La conseguenza è che il divieto di trattamento di rifiuti pericolosi che opera in tutte le regioni italiane potrebbe non valere, per espressa disposizione di legge, in Campania, con gli effetti agevolmente ipotizzabili in termini di violazione del principio di uguaglianza».


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