giovedì 17 luglio 2008

La tutela dell’opinione pubblica


Versione stampabile






di Stefano Sernia
(Giudice del Tribunale di Lecce)



Se qualcuno pensa che la democrazia sia assicurata dalla proclamata eguaglianza dei cittadini davanti alla legge, dalla ciclicità dei riti del voto politico, e dall’esistenza di una Costituzione non modificabile con legge ordinaria, evidentemente coglie solo l’apparenza del fenomeno democratico; ed invero, anche nell’URSS ed in tanti altri regimi di stampo sovietico o comunque di fatto dittatoriale, erano garantite sia periodiche elezioni per il rinnovo degli organismi politici dello Stato, sia l’esistenza di una costituzione “rigida”, non modificabile con legge ordinaria, e spesso ispirata ad elevatissimi principi, tra i quali anche appunto quello dell’eguaglianza dei cittadini davanti alla legge; ciò non di meno, può pacificamente affermarsi che la democraticità di quei regimi fosse solo nominale.

In verità, ciò che mancava alla effettiva democraticità del sistema erano, in quei regimi, due fondamentali requisiti:

1) la libertà di scelta da parte dell’elettore: libertà di scelta non solo dei candidati e degli eleggibili (sia perché il voto non era libero, sia perché si poteva solo votare si o no a una lista preconfezionata dal Partito al potere), ma libertà di scelta anche tra proposte politiche e, ancor prima, la possibilità di distinguere tra il vero ed il falso, prerequisito necessario a formulare giudizi sulla bontà di ogni proposta politica;

2) un’effettiva separazione tra i tre poteri (legislativo, esecutivo, giudiziario) dello Stato.

Una riflessione sull’importanza di tali requisiti – ovvia agli addetti ai lavori, ma non necessariamente al cittadino comune – appare quanto mai attuale, nella situazione in cui oggi versa il Paese; e cominceremo dal secondo dei requisiti indicati.


1. LA SEPARAZIONE TRA I POTERI DELLO STATO.

E’ un principio necessario ad evitare che, concentrandosi tutto il potere in mano ad uno stesso soggetto, o fazione, dalla democrazia si passi a forme più o meno esplicite di tirannia; di qui la necessità che i principali poteri dello Stato siano esercitati da soggetti diversi, in un sistema di contrappesi e reciprocità di controlli, che assicuri a ciascuno di tali poteri la propria indipendenza, ed allo stesso tempo preveda forme di garanzia acchè detta indipendenza non diventi il viatico a forme di abuso; si consideri ad esempio come la vigenza di una Costituzione (e cioè quella legge fondamentale, che stabilisce i diritti inviolabili dei cittadini, modificabile nel nostro sistema solo con maggioranze parlamentari molto alte e quindi non dalle leggi ordinarie) sarebbe facilmente eludibile se nessun potere esterno controllasse che le leggi ordinarie rispettino effettivamente la Costituzione, o se nessuno controllasse che le leggi ordinarie emanate dal Parlamento siano effettivamente applicate a tutti nella stessa maniera e rispettate da tutti (per una bella trattazione del tema in forma di apologo, rinvio, su questo blog, all’articolo di Pierluigi Fauzia “Fratelli (d’)Italia”).

Sicchè, un soggetto (il PARLAMENTO, potere legislativo, eletto dai cittadini cui appartiene la sovranità: artt. 1 co. 2 e 56 della Costituzione) formulerà le leggi (art. 70 della Costituzione) e “nominerà” (accordando la propria necessaria fiducia al GOVERNO nominato dal PRESIDENTE DELLA REPUBBLICA) il GOVERNO (art. 90 Cost.); quest’ultimo (detto anche potere esecutivo) sarà chiamato ad attuarle ed a chiederne anche l’adozione di nuove (potere esecutivo: artt. 71 Cost.), un altro ancora (il POTERE GIUDIZIARIO), composto da soggetti svincolati da ogni dipendenza politica (art. 101 co. 2 e 104 Cost.) e perciò nominati, a garanzia della loro necessaria indipendenza (garantita anche dalla guarentigia dell’inamovibilità se non per decisione del CONSIGLIO SUPERIORE DELLA MAGISTRATURA: cfr. art. 107 Cost.), per concorso pubblico (art. 106 Cost.) vigilerà che dette leggi siano rispettate da tutti, comprese il potere esecutivo (che quindi non potrà esercitare impunemente prepotenze in danno dei cittadini) stabilendo torti e ragioni in assoluta indipendenza, in modo che le sue decisioni siano conformi solo alla legge e non ai desideri degli altri poteri, così garantendo quel principio di eguaglianza dei cittadini davanti alla legge sancito dall’art. 3 della Costituzione.

Sempre il potere giudiziario, poi, verificherà che il potere legislativo e quello esecutivo non tentino di violare i diritti fondamentali dei cittadini formulando norme contrarie alla Costituzione (la legge fondamentale dello Stato, quella che – tra le altre cose – fonda i diritti inviolabili del cittadino e stabilisce gli equilibri tra i poteri dello Stato), denunciando le norme eventualmente incostituzionali davanti alla CORTE COSTITUZIONALE (i cui membri sono per un terzo nominati dal Presidente della Repubblica, per un terzo dal Parlamento, per l’altro terzo dalle supreme magistrature ordinarie ed amministrative (art. 135 co.1 della Costituzione).

A garantire infine che il potere giudiziario non abusi della propria indipendenza, non solo ne è affermata la sottoposizione alla Legge (che è emanata dal Parlamento, che per detta via può adottare le norme astratte utili ad impedire gli abusi), ma è stabilito che detti eventuali abusi siano anche disciplinarmente rilevanti, e che la competenza ad adottare provvedimenti disciplinari spetti ad un organo (il CONSIGLIO SUPERIORE DELLA MAGISTRATURA) che è presieduto dal PRESIDENTE DELLA REPUBBLICA (altro organo di garanzia, eletto dal Parlamento con le elevate maggioranze di cui all’art. 83 Cost., e destinato a rappresentare l’unità nazionale, a nominare – in esito alle elezioni – il capo del Governo ed i ministri da questi indicati, ed ad esercitare un preventivo vaglio di opportunità costituzionale delle leggi: cfr. art. 87 Cost.) e i cui componenti sono per un terzo nominati dal Parlamento (gli altri due terzi essendo eletti dai magistrati).

Come si può osservare, si tratta di un disegno costituzionale che pone al centro del sistema il PARLAMENTO, quale organo che non solo emana le leggi (comprese quelle di riforma costituzionale, per le quali sono richieste ampie maggioranze in doppia votazione ed un eventuale sistema di conferma referendaria in caso di approvazione con maggioranze inferiori a quella dei 2/3 dei parlamentari: cfr. art. 138 Cost.), ma senza la cui fiducia il Governo non può operare, e che inoltre partecipa alla nomina dei principali organi di garanzia e controllo (Presidente della Repubblica; Corte Costituzionale; Consiglio Superiore della Magistratura).

Detta centralità è giustificata dal fato che solo il Parlamento, nell’attuale sistema costituzionale, è diretta emanazione della volontà del popolo cui appartiene la sovranità (art. 1 Cost.) ed in cui nome, per tale ragione, viene amministrata la giustizia (art. 101 Cost.).

Questa breve ma forse noiosa “lezione” di diritto costituzionale serve solo ad evidenziare come l’intero sistema di equilibri e garanzie costituzionali abbia un evidente punto debole nel principale organo costituzionale: L’ELETTORATO, e cioè il complesso dei cittadini aventi diritto di voto, che il proprio voto eserciterà in forza dell’opinione politica che si sarà formato alla stregua delle informazioni disponibili.

Di qui, in parole povere, l’estrema importanza del corretto formarsi dell’OPINIONE PUBBLICA al riparo a condizionamenti e manipolazioni, in quanto il controllo dell’opinione pubblica può condurre al controllo del PARLAMENTO e, di qui, al controllo dell’intero Stato, al riparo da ogni forma di responsabilità politica, che è mera apparenza e finzione laddove l’elettorato non sia posto in grado di conoscere e valutare correttamente l’operato dei suoi rappresentanti.

Il problema ha una sua innegabile attuale rilevanza, atteso che, di fatto, da alcuni anni si assiste al reiterarsi di aggressioni del potere politico a quello giudiziario, pretendendo il primo di sottrarsi al controllo di legalità esercitato dal secondo, che accusa – in genere in maniera indimostrata e del tutto generica, e quindi incontrollabile, ma non per questo inefficace, per la autorevolezza con cui dette accuse vengono ripetute ed amplificate dai media – di operare per fini politici e non di giustizia; negli ultimi tempi tale aggressione ha registrato una notevole accelerazione, manifestatasi anche nella emanazione di decreti leggi che si pongono a preannunzio di ventilate riforme punitive nei confronti della magistratura (riduzioni di stipendi; riduzioni delle ferie; nuova composizione del CSM o assegnazione del potere disciplinare ad organo ad esso esterno e verosimilmente sotto controllo politico).

In un sistema democraticamente maturo, l’opinione pubblica sarebbe in grado di comprendere e valutare le effettive ragioni sottese a tali progetti normativi, propagandati come strumenti di risoluzione dei malfunzionamenti della giustizia, ma in realtà miranti a creare una sorta di asservimento di fatto della magistratura (soggetto impoverito economicamente e nelle sue garanzie di indipendenza) al potere politico.

Ma è l’Italia un paese democraticamente maturo?


2. LA LIBERTÀ DI SCELTA (E DI DISTINGUERE IL VERO DAL FALSO).

Se sapere distinguere tra bene e male è attributo della divinità che l’uomo ha voluto usurpare, almeno il sapere distinguere tra vero e falso – che dovrebbero essere situazioni obbiettive e non di valore – dovrebbe essere l’oggetto del diritto naturale di ogni essere raziocinante, nonché oggetto del dovere di ogni cittadino responsabile.

Purtroppo, l’esercizio di tale diritto, e l’adempimento del correlativo dovere, sono spesso negati nella complessità della vita moderna, che conosce la segmentazione del sapere per infinite specializzazioni sociali, di talché ognuno di noi è in grado di comprendere e ben valutare solo ciò che appartiene alle sue specifiche competenze sociali ed esistenziali.

Eppure, sapere e potere distinguere tra il bene ed il falso, o per meglio dire, essere posti nella condizione di sapere e potere distinguere tra l’uno e l’altro, è il primo presupposto di effettività di qualsivoglia regime che si voglia definire democratico; e non a caso da un lato le Costituzioni più sinceramente democratiche (ad es. quella ottima della Repubblica Italiana; ma anche – e con tanto maggior vigore e riconoscimento nella pratica giurisprudenziale – quella degli Stati Uniti d’America) tutelano la libertà di opinione e la libertà di stampa (quali strumenti di diffusione delle idee, di affermazione del vero e di confutazione del falso), dall’altro chi ambisce al potere cerca di assicurarsi il controllo degli strumenti di informazione, sia per poter meglio propagare la sua verità e così acquisire un consenso legittimo (nella migliore delle ipotesi), sia per potere invece manipolare la pubblica opinione, e cioè il corpo elettorale, mediante diffusione di dati falsi e false conoscenze, che nascondano le effettive responsabilità dei problemi reali, e legittimino – sotto la falsa giustificazione della necessità a risolvere problemi veri o presunti - politiche ad usum principis (con riferimento al tema della libertà di stampa, segnalo il bellissimo scritto dell’avv. Oreste Flamminii Minuto su questo blog “Il ruolo indispensabile della libertà di stampa”).

Ovviamente, qualsiasi riferimento a fatti o vicende caratterizzanti l’attuale situazione politica non è affatto casuale, essendo da più parti avvertito l’allarme causato dalla concentrazione di un enorme potere mediatico – direttamente o indirettamente – in capo ad un solo soggetto, che personalmente o mediante società a lui collegabili possiede tre reti televisive e controlla alcuni quotidiani, e quale capo del Governo esercita una notevole influenze sulle tre reti del servizio pubblico; il tutto aggravato da una situazione in cui il PARLAMENTO – o meglio, la maggioranza che esprime il governo – appare assolutamente prona ai voleri del Governo cui ha votato la fiducia, ed in cui il controllo delle segreterie di partito sui parlamentari di maggioranza (spesso degli assoluti ignoti senza alcuna speranza di ottenere una rielezione) è così ferreo, che la minaccia delle dimissioni del governo e dello scioglimento delle Camere è una potentissima arma di ricatto nei confronti della massa dei parlamentari, giunti all’elezione solo per effetto di scelte partitiche, e quindi ben consapevoli di non avere alcuna autonoma capacità di garantirsi una nuova elezione.

Occorre quindi in ogni modo salvaguardare le capacità della pubblica opinione di orientarsi correttamente, mediante una informazione veritiera e non inquinata.

Un esempio eclatante degli ultimi giorni, sempre nell’ambito della campagna di delegittimazione della magistratura portata avanti a sostegno dei disegni politici che ne vogliono ridimensionare l’indipendenza, è stato offerto da alcuni articoli comparsi su Il Giornale (testata non a caso notoriamente controllata dalla famiglia dell’attuale Presidente del Consiglio) in ordine agli stipendi goduti dai magistrati ordinari: facendo riferimento agli emolumenti corrisposti agli appartenenti a tutt’altre e ben più generosamente remunerate magistrature (Corte Costituzionale; Magistrati amministrativi), ed agli aumenti di cui hanno goduto solo gli appartenenti ai più alti gradi della magistratura ordinaria, si sono contrabbandati dati del tutto falsi circa gli stipendi di cui godrebbero in genere i magistrati, così dipinti non solo come una massa di fannulloni (ed anche su questo ci sarebbe tantissimo da dire, ed ognuno di noi può attingere alle proprie personali esperienze di continui sacrifici ed indefesse dedizione al lavoro) ma anche come una massa di indecenti privilegiati.

Io credo che occorra reagire con assoluta fermezza, con gli strumenti che la legge mette a nostra disposizione, perché limitarsi a confutare il falso con il vero è di poca utilità se non si riesce ad ottenere adeguata diffusione della verità; e non avendo l’ANM (Associazione Nazionale Magistrati: associazione privata che rappresenta la quasi totalità dei magistrati, ma non è un ente istituzionale) ancora istituito un proprio ufficio stampa, né godendo di accessi privilegiati ai mezzi di comunicazione, io credo che la situazione sia tale da rendere necessarie risposte di tipo legale: a salvaguardia della immagine della magistratura, ma ancor prima del Paese, e cioè di quella pubblica opinione che ne forma il corpo elettorale.

Premesso che la libertà di opinione non fonda alcun diritto di propalare dati, notizie e valutazioni scientemente falsi, credo che in primo luogo sia necessario, in ogni caso in cui sugli organi di stampa si diffondano notizie e valutazioni false ed espresse chiaramente in mala fede, pretendere dai Consigli dell’Ordine l’adozione dei provvedimenti disciplinari previsti dagli ordinamenti professionali nei confronti dei giornalisti resisi infedeli agli obblighi di correttezza e veridicità.

Né bisogna, in questa situazione in cui ogni decenza sembra essere smarrita (tranne che da parte di magistrati,che in genere incassano in silenzio), vergognarsi di pretendere l’applicazione anche delle nome penali.

Non sempre è facile ravvisare gli estremi della diffamazione (art. 595 c.p.) e/o del vilipendio dell’Ordine Giudiziario (art. 290 c.p.), atteso che le accuse mosse sono spesso accortamente fumose ed a destinatario vago ed indefinito (non riguardano né specifici magistrati, sicché non c’è uno specifico soggetto offeso che possa esercitare il diritto di querela), senza peraltro coinvolgere neanche la generalità dei magistrati (di talché è spesso arduo immaginare anche la figura del vilipendio dell’Ordine Giudiziario).

Come ho già osservato in una mail indirizzata alla mailing list dell’A.N.M., data la rilevanza costituzionale del ruolo della magistratura e la rilevanza assunta, presso l’opinione pubblica, dai temi relativi al suo corretto funzionamento, ed al corretto funzionamento in genere dello Stato-amministrazione (le cui magagne, reali o presunte, hanno fondato anche proclami eversivi da parte della Lega, e programmi di riforma costituzionale da parte di altre forze politiche, che cercano la sponda dell’opinione pubblica o comunque davanti a questa si giustificano proprio in forza di queste panzane), mi chiedo però se non possa ravvisarsi il reato di cui all’art. 656 c.p. (pubblica diffusione di notizie false e tendenziose, atte a turbare l’ordine pubblico) ogni qualvolta falsamente si attribuiscano ad un potere dello Stato comportamenti scorretti o privilegi inesistenti, atti a screditarne l’immagine e la legittimazione, ed ad innescare processi di grave turbamento della pubblica opinione, che facilmente possono creare il pericolo di legittimare una diffusa convinzione di impunità in caso di violazione della legge penale.

Di particolare rilievo, poi, il caso in cui le notizie false o tendenziose vengano poste in essere in vista dell’esercizio del voto: invero, in tal caso si dovrebbe poter ravvisare anche il delitto (di rarissima applicazione: la norma sembra quasi caduta in desuetudine, come se si accettasse l’idea che mentire ed ingannare l’elettorato sia prassi lecita ed ordinaria) di cui all’art. 294 c.p. (attentati contro i diritti politici del cittadino), fattispecie che, tra l’altro punisce anche chi determina con l’inganno taluno ad esercitare un diritto politico in senso difforme dalla sua volontà: per fare un esempio, consideriamo il caso dell’elettore che voglia esprimere un voto utile alla soluzione dei problemi della giustizia, e lo eserciti in favore della parte politica che gli faccia credere, con doloso inganno (propalazione di notizie false ecc.) che la soluzione da lei proposta (ad es.: abolizione o ridimensionamento CSM; sottoposizione del P.M. all’esecutivo; prescrizioni brevi; riduzione stipendi o ferie magistrati) sia quella giusta.

Di certo, un sistema politico democratico non può tollerare che la competizione politica si risolva non già in forza del confronto tra idee e soluzioni, ma grazie al ricorso alla menzogna callidamente confezionata e capillarmente e costantemente diffusa; va riaffermato il diritto del cittadino ad una corretta informazione ed il divieto per i politici di dire bugie: possibile che ciò che i nostri genitori pretendevano da noi, noi non lo si possa pretendere da chi vuole governarci?

Si tratta di temi da segnalare all’attenzione pubblica ed all’analisi dei giuristi; di certo, appare sempre più necessario affrontare il tema dello statuto penale della tutela della pubblica opinione.



4 commenti:

Anonimo ha detto...

Alessio - Avvocato civilista
Credo che il Post sia aasolutamente ineccepibile, ma mi fa sorgere anche il dubbio che, a fronte di una così immensa rilevanza assunta dai mezzi di informazione nella nostra società, forse non sia neppure sufficiente una semplice disciplina legislativa dell'informazione ma occorra porsi il problema se la nostra Costituzione non sia da riformare tenendo in debito conto anche il "quarto potere", quello degli strumenti di informazione.
Ho anche l'impressione che l'ormai dimenticata discussione sulla riforma della legge elettorale abbia un enorme peso nel ragionamento seguito dalla redattrice e che quell'argomento sia indissolubilmente legato a quello del sistema di check and balances tra i Poteri.
Forse davvero la nostra Costituzione va riformata, ma il mio timore è legato alla statura morale e politica (nel senso alto del termine) di coloro che dovrebbero attuare simili riforme oggi nel nostro Paese.
Forse una semplice (?) riforma della legge elettorale potrebbe porci nelle condizioni di ottenere un Parlamento meno incline ai personalismi e più propenso ad affrontare un'analisi per rendere più moderno ed adeguato il reciproco controllo tra i poteri.
Insomma, non riesco a trovare ricette concrete, ma credo che il post abbia davvero centrato il tema fondamentale per la ricerca di una soluzione al problema che rischia di far collassare le c.d. democrazie moderne e che, ritengo, sia il vero fulcro su cui ruotano tutte le denu che ho letto nel Vostro sito.
Complimenti per il blog.

Anonimo ha detto...

Vi ho scritto poco tempo fa una mail perché non c'erano post inerenti, ma colgo ora l'occasione per riproporre il problema tramite commento visto che mi sembra il tema sia simile a quello qui affrontato: la capacità da parte del cittadino di distinguere tra il vero e il falso.
In particolare, accanto ai politici
che non dovrebbero mentire e a noi che non dovremmo considerarla una prassi accettabile, i giornalisti costituiscono una categoria che dovrebbe essere garanzia di per sè della veridicità di ciò che affermano, perché solo quello è il loro lavoro. Le opinioni possono darle, ma fuori dall' "esercizio delle loro funzioni". Ovvero specificandole chiaramente in "a parte" rispetto alla descrizione dei fatti.

Pertanto, come ovvio, la democrazia è fondata sulla libertà di stampa, di espressione, di parola, di pensiero e di comunicazione.

Chiedo cortesemente a chi abbia cognizione di causa in fatto di leggi (se non qui, dove?) se sia possibile denunciare pubblicamente, collegialmente a nome di tutti i cittadini che vorranno firmare, un giornalista per aver disatteso il codice deontologico, laddove l'ordine non muova un dito.

Porto un esempio eclatante, ma ce ne sarebbero moltissimi più subdoli e nascosti nel propagandare notizie false, o opinioni in luogo di notizie, con evidente tentativo di discredito immotivato di un avversario definito.
Emilio Fede.

Provate ad andare a questo indirizzo: http://it.youtube.com/watch?v=FeAH7CYN_jU&feature=email
Anche se il video è commentato si noti ciò che è effettivamente passato all'interno di un telegiornale, e tralasciando la scelta certosina delle interviste, mi limito a sottolineare le frasi dette dal direttore del tg4 e la foto scelta per illustrare Di Pietro (e la quantità di tempo in cui è rimasta in onda).

Questa non è solo disinformazione, questa è propaganda politica. Attacco fraudolento all'avversario.
Non voglio toccare l'argomento in sè, o il fatto che io sia o meno d'accordo con la manifestazione di piazza Navona.
Quanta gente è così poco sprovveduta da non credere a una sola parola di quanto detto?
E quanta gente riesce a resistere alle tecniche pubblicitarie (reiterazione, scelta della foto, messa in gioco del testimonial -Emilio Fede che "non vorrà mai" Di Pietro in studio)?

Democrazia non è libertà di dire e di fare ciò che si vuole, è libertà di dire e di fare ciò che si vuole nei limiti che permettono di lasciare tale libertà anche agli altri, senza ledere né questi né altri diritti di nessuno.

Silvia.

Anonimo ha detto...

Ho letto con attenzione il post di Stefano Sernia, che mi trova pienamente concorde con tutte le osservazioni e le riflessioni da lui fatte. Nel corso di questi ultimi anni si è infatti verificato un progressivo annebbiamento delle coscienze attraverso i vari mezzi di comunicazione che, per i semplici cittadini, è oramai impossibile discernere il vero dal falso.
E' un dato indubbio, sotto gli occhi di tutti coloro che vogliono vedere, che il periodo storico che stiamo attraversando, è connotato da un sistema di informazione corrotto ed asservito al potere di un unico "e speriamo irripetibile" individuo, ma impedire la pluralità di informazione cercando (e riuscendoci purtroppo!) di far passare subdolamente come la panacea di tutti i mali degli italiani leggi e riforme che finiranno per portare il Paese allo sfascio completo (...se ancora c'è rimasto qualcosa da salvare) questo è assurdo!!!
Come ha rilevato Stefano Sernia, ritengo che sia arrivato il momento di agire e...

"reagire con assoluta fermezza, con gli strumenti che la legge mette a disposizione,... credo che la situazione sia tale da rendere necessarie risposte di tipo legale: a salvaguardia della immagine della magistratura, ma ancor prima del Paese, e cioè di quella pubblica opinione che ne forma il corpo elettorale.

Premesso che la libertà di opinione non fonda alcun diritto di propalare dati, notizie e valutazioni scientemente falsi, credo che in primo luogo sia necessario, in ogni caso in cui sugli organi di stampa si diffondano notizie e valutazioni false ed espresse chiaramente in mala fede, pretendere dai Consigli dell’Ordine l’adozione dei provvedimenti disciplinari previsti dagli ordinamenti professionali nei confronti dei giornalisti resisi infedeli agli obblighi di correttezza e veridicità."

Nel nostro piccolo, noi pochi cittadini italiani desiderosi di sentire un coro di campane e non solo una,... e stonata, appoggeremo qualsiasi iniziativa vogliate intraprendere voi magistrati al fine di ristabilire quella libertà di espressione e di stampa che è alla base di ogni confronto e democrazia.

Antonella C.

Anonimo ha detto...

Quanto esposto in questo articolo, chiaro ed esaustivo, è l'analisi attenta di una situazione che ha radici profonde (la palese inattuazione della Costituzione da parte del potere politico ha avuto inizio forse proprio nel 1948...), tuttavia mi duole dover constatare che si tratta della ennesima espressione di una voce che non ha spazio nei media italiani, un punto di vista che può farsi largo, appunto, solo sulle pagine di questo o di altri blog, difficilmente sui giornali, mai in televisione, ma soprattutto mai attraverso quei mezzi di informazione e di comunicazione "a percezione immediata" da parte dell'utente. Insomma, pochi sono disposti ad informarsi leggendo articoli come questo che, per forza di cose, risultano lunghi e a tratti forse un pò tortuosi. Ma sono lunghi perchè è necessario sfruttare al massimo le scarse possibilità che questa voce, la voce di chi è a stretto contatto con la giustizia e coi fatti nudi e crudi prima che essi vengano manipolati, ha per esprimersi all'attenzione di tutti; sono tortuosi proprio perchè si tratta di argomenti non alla portata di tutti, perchè mai proposti adeguatamente all'attenzione di tutti. Voglio fare una domanda sciocca: perchè non si è mai vista (almeno di recente) una trasmissione che parli di diritto e di giustizia? Perchè l'unico mezzo che il cittadino ha per conoscere il funzionamento dell'ordinamento preposto a garantirgli i diritti (a parte intraprendere il difficile studio delle materie giuridiche) è ascoltare, quasi come fossero gossip, i casi di omicidi famosi, quelli che si traducono in annosi misteri e che attirano l'attenzione solo perchè in qualche modo accattivanti? Perchè non si spiega e non si insegna nemmeno nelle scuole alle persone cosa significa e cosa comporta essere cittadino? E' evidente (e qui mi ricollego al senso ed al messaggio ultimo dell'articolo) che è in atto un vero e proprio sistema di sovversione dell'ordinamento democratico. Gli attori sono: la politica, col suo carico di immoralità (perchè sì, la politica deve essere anche morale) e di illegalità purtroppo dimenticate e fatte passare volutamente per prassi; i giornali ed i media, sempre più educati a raccontare ciò che fa comodo al potente, che può essere tanto la politica quanto il popolino (e in entrambi i casi i devastanti effetti sono poi gli stessi); il popolo, triste vittima dell'inettitudine dello Stato intero, portato ad odiare la legge e i giudici perchè non messo in condizione di sapere e di distinguere il vero dal falso, soggiogato come se fosse un gregge da un sistema che imbavaglia a partire dalla scuola promuovendo i meno meritevoli, nello stesso tempo triste complice della deriva democratica nonchè più propriamente primo e più diretto artefice e garante della stessa.

Personalmente, accanto al costante impegno individuale al rispetto della legalità, auspico una pacifica rivolta dei cittadini più onesti e attenti che formino un movimento che metta in scacco la politica, affinchè ciò che non viene più garantito e neppure più reclamato, ossia la sovranità popolare, venga riconquistata al popolo stesso.

Simone