Eccone il testo.
A proposito del Decreto correttivo del provvedimento anticrisi
Il Presidente della Repubblica, Giorgio Napolitano, ha esaminato attentamente, seguendone l'intero percorso parlamentare, la legge di conversione del decreto-legge 3 agosto 2009, n. 103, recante disposizioni correttive del decreto-legge anticrisi n. 78 del 2009, approvata definitivamente dalla Camera dei Deputati dopo la posizione da parte del Governo della questione di fiducia sul testo trasmesso dal Senato.
Si osserva innanzitutto che la complessiva disciplina dello scudo fiscale comprese le ulteriori modificazioni introdotte in materia nel testo del decreto-legge n. 103 del 2009 - disciplina che più correttamente avrebbe dovuto trovare collocazione nel testo originario del decreto-legge anticrisi - comporta scelte di merito che rientrano nella esclusiva responsabilità degli organi titolari dell'indirizzo politico di governo.
Si rileva nello stesso tempo che sono state confermate le correzioni che avevano accompagnato la promulgazione della legge di conversione del precedente decreto. Infatti, la legge prevede la punibilità di tutti i reati strumentali all'evasione fiscale per i quali sia stata già esercitata l'azione penale e stabilisce che le dichiarazioni di rimpatrio o di regolarizzazione sono utilizzabili a sfavore del contribuente nei procedimenti penali pendenti e futuri. Quanto al riciclaggio e agli altri reati che la legge esclude dal beneficio della non punibilità, si è preso atto dei chiarimenti forniti dal Governo in sede parlamentare e dalla Agenzia delle entrate, secondo cui la legge mantiene l'obbligo di segnalare le operazioni sospette di costituire il frutto di reati diversi da quelli per i quali si determina la causa di non punibilità.
Si ricorda infine che la previsione di ipotesi di non punibilità subordinata a condotte dirette ad ottenere la sanatoria di precedenti comportamenti non è ritenuta qualificabile come amnistia in base a ripetute pronunce della Corte costituzionale, da ultimo con ordinanza 9 aprile 2009, n. 109.
Il Capo dello Stato procederà quindi alla promulgazione della legge di conversione del decreto-legge 3 agosto 2009, n. 103.
Com’è noto, quella appena approvata, è una legge di conversione del decreto legge n. 103 del 3 agosto 2009 col quale si prevede, tra l’altro, la non punibilità di una serie di reati purché essi risultino collegati alla illecita esportazione di capitali all’estero. Al fine di favorire il rientro in Italia di quei capitali, dunque, lo Stato rinuncia alla sua pretesa punitiva nei riguardi dei soggetti che, a fronte del pagamento di una falcidia del 5%, riportano in patria i loro averi, purché per tali reati non risulti già avviato un procedimento penale.
E’, l’ultimo, il punto cruciale sul quale dovrà misurarsi la legittimità costituzionale dello scudo fiscale.
Se, infatti, la non punibilità avesse riguardato anche i reati già oggetto di un accertamento penale, la misura non si sarebbe potuta distinguere da una vera e propria amnistia, l’adozione della quale richiede però una legge caratterizzata da un particolare procedimento formativo e dall’approvazione con maggioranze più ampie di quella semplice.
L’esclusione della possibilità di avvalersi dell’esenzione penale per quei soggetti già sottoposti a verifica dall’autorità giudiziaria rappresenta – nei discorsi sin qui letti - il principale ostacolo all’equiparazione all’amnistia.
Del resto, nel comunicato della Presidenza della Repubblica è fatto riferimento ad una recente pronuncia della Corte Costituzionale (ord. n. 109 del2009) nella quale si dava conto che «mentre il condono costituisce una complessa e varia fattispecie produttiva di effetti estintivi, che si compone di una serie di fasi ed i cui effetti estintivi del reato sono quindi rimessi alla volontà, per quanto condizionata, degli interessati» e, pertanto, al perfezionamento del «procedimento amministrativo di sanatoria»; l’amnistia, invece, «in quanto misura di clemenza generalizzata, incide direttamente sulla punibilità astratta, con l’effetto immediato della estinzione del reato senza mediazione fattuale», cosí che tale effetto è «da ricondurre all’atto legislativo concessivo dell’amnistia» e comporta l’«obbligo per il giudice di immediata declaratoria di non doversi procedere»
Nella citata decisione la Consulta, quindi, individua nell’assenza di mediazione fattuale la caratteristica delle leggi di amnistia. Poiché risulta decisiva nell’iter logico sin qui seguito nei ragionamenti della Corte Costituzionale e, a quanto si apprende, del Capo dello Stato, l’affermazione è meritevole di verifica.
Il pensiero corre, quasi intuitivamente, agli artt. 151, comma 4 del codice penale e 672, comma 5, del codice di procedura penale, che regolamentano l’amnistia “condizionata”. E’ quella che realizza gli effetti estintivi del reato o della pena non immediatamente, ma solo mediante comportamenti richiesti a colui il quale intenda beneficiarne. Tanto ciò è vero che per la sua definitiva applicazione l’interessato deve dimostrare di aver adempiuto alla “condizione” o all’”obbligo”. Mentre può discettarsi sul concetto di “condizione” (che può riguardare avvenimenti oggettivi o fatti di terzi) non vi è alcun dubbio che l’”obbligo” riguarda proprio una condotta personale, sia essa positiva o negativa. L’amnistia può, pertanto, ben essere subordinata al compimento di un fatto ad opera dell’imputato o del condannato.
Se le precedenti considerazioni non sono illogiche, cade l’argomentazione che ravvisa nell’assenza di “mediazione fattuale” il discrimine tra le leggi di amnistia e quelle di condono.
La seconda notazione in forza della quale sono state espresse rassicurazioni circa la costituzionalità dello scudo fiscale è rappresentata dalla non generalizzata applicabilità del beneficio, restandone esclusi i soggetti già “scoperti” nei confronti dei quali penda un procedimento penale.
In realtà sembra potersi fondatamente affermare che questa previsione, lungi dal suffragare l’ipotesi della legittimità costituzionale dello scudo fiscale, introduca ulteriori profili di eccentricità rispetto alla Carta, segnatamente sotto il parametro della ragionevolezza (art. 3 Cost.): la fruibilità del beneficio così è rimessa a circostanze del tutto estranee ad una considerazione di “meritevolezza” del soggetto. La pendenza di un procedimento penale, infatti, è collegata esclusivamente all’efficacia dell’azione repressiva che si è manifestata precocemente per alcuni e tardivamente (o mai) per altri. Resta il fatto che, a parità di condotte, alcuni si avvarranno dei benefici fiscali e penali dello scudo mentre altri, senza che sia loro addebitabile alcunché di diverso, non ne beneficeranno.
Paradossale, allora, l’ingiustificata esclusione dallo “scudo” di una parte di soggetti dalla platea di coloro che possono giovarsene: una sorta di ingiustizia nell’ingiustizia che, lungi dal rassicurare circa la correttezza della legge, introduce ulteriori argomenti per sostenerne l’illegittimità costituzionale.
Comunque vada sarà un successo.
Fondamentali principi di garanzia stabiliscono che se una legge penale, favorevole al reo, viene dichiarata incostituzionale, l’imputato non può subire gli effetti negativi della sentenza che pronuncia l’incostituzionalità di quella legge. In altre parole quanti si avvarranno dello scudo fiscale ne godranno appieno i benefici quand’anche dovesse in seguito pervenirsi alla decisione della sua incostituzionalità.
Senza dire che l'assunto secondo cui il c.d. potere di rinvio del Presidente della Repubblica (art. 74 Cost.) sarebbe limitato alle sole ipotesi in cui Egli ravvisi nella legge manifeste incostituzionalità è un'altra delle svariate BUFALE che ormai passano industurbate per verità.
RispondiEliminaLe nostre Istituzioni stanno attraversando un momento difficilissimo. Ed anche il nostro Presidente della Repubblica, persona a mio avviso di elevato profilo, ha dato - sia pure ad un "manifestante" - una risposta, diciamo così, non all'altezza (mi riferisco alla spiegazione che riguarda il non esercizio del potere di rinvio: tanto le Camere approvano di nuovo, quindi a cosa servirebbe?). Trovo però francamente (a dir poco) inesatto definire "bufala" una interpretazione dell'art. 74 della Costituzione che, se mal non ricordo, è del tutto pacifica. Il Presidente della Repubblica non è organo politico, ma di garanzia, quindi non può esercitare alcun controllo di merito sulle leggi; nè può sostituirsi alla Corte Costituzionale nel controllo di legittimità delle leggi. La normativa sul rientro dei capitali sarà pure l'ennesimo premio ai furbastri: ma se non la blocca il Parlamento (ed evitiamo commenti, per carità di Patria, sul comportamento dell'opposizione) cosa dovrebbe fare il Presidente della Repubblica? Cordiali saluti,
RispondiEliminaPierfrancesco La Spina
Carissimo dr. La Spina, al di là del fatto che l’art. 74 Cost. non pone alcun limite al potere di rinvio del Presidente della Repubblica; al di là del fatto che ci sono altri poteri del Presidente della Repubblica che implicano giudizi di merito; al di là del fatto che più volte i rinvii sono stati storicamente determinati da ragioni di merito; al di là della difficoltà ed in alcuni casi dell’impossibilità di distinguere il merito dalla legittimità costituzionale; al di là di tutto questo e di altro ancora, ci sono alcuni costituzionalisti i quali, sostenendo l’interpretatio “semiabrogans” che Lei ricorda, guardano alla sostanza della norma.
RispondiEliminaIl punto è, però, che ancora una volta, con la scusa della sostanza, si tradisce la forma. E la forma, Lei ben lo sa, nel diritto è la vera sostanza.
Non credo che parlare di "bufala" sia inesatto. Potrei essermi sbagliato ma non essere stato inesatto. Intendevo dire, infatti, che qui si spaccia come cosa vera ed indiscussa la a dir poco molto molto implausibile interpretazione dell'art. 74 Cost. che Lei ricorda. E spacciare per verità indiscutibile ed indiscussa quella che, al massimo, è un'interpretazione anti o contro-letterale di una norma, è una "bufala"; una delle tante che ci vengono propinate.
Quanto alla domanda che Lei pone, non si tratta di cosa dovrebbe – o meglio avrebbe dovuto – fare il Presidente della Repubblica, dato che nulla e nessuno gli imponeva di rinviare lo “scudo fiscale” alle Camere; si tratta bensì di cosa avrebbe potuto fare il Presidente della Repubblica. E questo, io credo, è assai chiaro: avrebbe potuto esercitare la prerogativa che gli attribuisce l’art. 74 Cost., ossia quella di rinviare una legge alle Camere con messaggio motivato.
Uno dei pericoli più insidiosi per il corretto ed efficace funzionamento degli organi di garanzia e di controllo è l’autolimitazione delle proprie legittime prerogative.
Organo di garanzia significa potere di garanzia.
RispondiEliminaE la garanzia si svolge appunto non applicando cavillosamente le normative inefficienti per definizione, ma valutando e rimuovendo nel ravvisarsi quale risultato ultimo, dell'incostituzionalità.
Dal presidente non ci aspettavamo lezioni di diritto o di opportunità, quanto di patriottismo, legalità etica e morale, rispetto della stessa istituzione giudiziaria vanificata.
Da controllore si è posto dolosamente in posizione di controllato, macchiandosi di alto tradimento ed evidenziando la personale ideologia nei confronti della propria funzione: essere inutile e sentirsi incapace.
dimenticavo: come ha trovato chiacchiere incredibili per firmare, ne poteva benissimo trovare altrettante e più per non firmare.
RispondiEliminaSembra un duplicato di certa magistratura: prima si impongono il risultato giuridico da raggiungere avulso dal contenuto processuale, poi vi indossano uno scopiazzato discorsetto di comodo per "motivare" la bufala.
E' il fallimento e la resa dello stato di diritto!
E c'è di più: la motivazione consiste in una risposta ad un interlocutore politico che, nell'incompletezza giuridica, ha solamente suggerito il nomen juris "amnistia" cui ricondurre l'illegalità e l'incostituzionalità, senza vincolo affinchè esso sia l'unico ostacolo a cui rispondere.
RispondiEliminaIl presidente di questa repubblica ben doveva e poteva rinominare l'inesattezza determinata dal vuoto legislativo, creando egli stesso la fattispecie che andavasi ad usare per fregare la costituzione, promuovendo la stasi entro cui provvedere a colmare le ignoranze con gli strumenti istituzionali.
Ma per fare questo ci voleva un vero garante della Costituzione, un patriota e partigiano anche se analfabeta.
Rimane l'amaro in bocca per quei 20 voti dell'opposizione, che avrebbero potuto permettere di respingere al mittente questo provvedimento, dando un segnale forte ai cittadini che si ribellano disgustati di fronte allo spettacolo dei furbi che vengono sempre premiati anziché essere giustamente puniti. Comprendo perfettamente la delicata posizione del Presidente della Repubblica, ma contrariamente a quanto ha affermato rimproverando a un cittadino l'ignoranza della carta costituzionale, egli avrebbe potuto anche rinviare alle camere questo discusso provevdimento, perché venisse discusso più approfonditamente(discussione vera, infatti, non c'è stata, perché, se non erro, è stata posta la fiducia). Alla fine, come giustamente è stato osservato alla fine di questo bell'articolo, è il cittadino onesto che paga, sempre.E uno Stato che si rende connivente di certi comportamenti, anziché sanzionarli con rigore, perde in credibilità e autorevolezza.
RispondiEliminaGrazie per gli utili chiarimenti e il vostro meritorio impegno
Cordiali saluti,
Irene
Vorrei dire che l'affermazione di Bersani circa l'inutilità della sua presenza ("tanto lo avrebbero presentato di nuovo" ha detto - intervista sentita a radio 24 venerdì sera) in risposta alla domanda di un giornalista che gli chiedeva conto della sua assenza durante le votazioni sullo scudo fiscale mi è sembrata di una gravità inaudita. Se un alto dirigente, per di più candidato alla guida del principale partito di opposizione, non dà ai cittadini un segnale forte di coerenza (si esprime criticamente su un decreto e poi non vota contro?) e di rispetto delle regole, se non esercita quel sacrosanto dovere di opporsi a provvedimenti ingiusti, che cosa ci sta a fare in parlamento? La sua risposta mi è parla la più perfetta espressione di quell'opportunismo machiavellico che da secoli arreca rovina al nostro paese.
RispondiEliminaIrene
Sono pienamente d'accordo con l'intervento di Irene. D'altronde estremizzando il ragionamento dell'on.le Bersani si potrebbero eliminare i parlamentari dell'opposizione, con consistente risparmio di spesa. Quanto all'intervento di Chiazzese rimango fermo nella mia posizione. La lettera dell'art. 74 Cost. non basta, evidentemente, a definire i contorni del potere presidenziale di rinvio, essendo necessario inserirlo nell'intero contesto della Carta costituzionale. Trovo, insomma, davvero scorretto (in senso giuridico) imporre al Presidente della repubblica di supplire alle deficenze dell'opposizione.
RispondiEliminaPierfrancesco La Spina
Segnalo un articolo pubblicato sul corriere in cui mi pare si dia una interpretazione diversa del testo della legge in relazione ad un aspetto - toccato anche dall'articolo in commento - sul quale, invece, non dovrebbe esserci spazio per alcuna divergenza interpretativa. Mi riferisco alla riferita (dal Corriere) estensibilità della esenzione penale anche ai procedimenti penali pendenti, che, invece, l'autore dell'articolo qui pubblicato esclude.
RispondiEliminaQuid iuris?
Grazie per lo spazio e per l'attenzione.
Per l'anonimo delle 12,02
RispondiEliminaSe si riferisce all'articolo a firma di Vittorio Grevi dal titolo "I poteri che il Colle non ha", noterà che non c'è alcun contrasto sul punto da lei evidenziato.
Piuttosto, in quell'articolo si dà per scontato ciò che scontato non è, vale a dire la non riconducibilità dello "scudo" alla categoria dell'amnistia.
Nel post precedente ho omesso il link all'articolo del corriere:
RispondiEliminahttp://www.corriere.it/politica/09_ottobre_05/poteri-colle-vittorio-grevi_0662c02c-b178-11de-82d9-00144f02aabc.shtml
Ovviamente - a precisazione del mio ultimo "post" - sono d'accordo interamente con il secondo (e non con il primo) intervento di Irene.
RispondiEliminaCordiali saluti,
P. La Spina
Caro dr. La Spina, devo dire che ho trovato davvero sorprendente il modo di argomentare del suo ultimo commento.
RispondiEliminaNel precedente commento Lei aveva qualificato “(a dir poco) inesatto” l’avere definito “bufala” il fatto che un’interpretazione molto molto opinabile dell’art. 74 Cost. – sicuramente contrastante con la lettera della norma, come ora riconosce lei stesso dicendo che “la lettera non basta” (e spero che, oltre ad asserirlo, vorrà anche spiegarci in che modo “l’intero contesto” spinge verso un’interpretazione antiletterale della norma) – venisse spacciata per verità assoluta e indiscutibile. Le ho fatto presente che, invece, la terminologia impiegata era assolutamente esatta.
E lei, a questo punto, che fa? Cambia strada, dice che resta della sua opinione sull’art. 74 e, soprattutto, con argomento retorico abusato, mi attribuisce un’intenzione – quella di volere imporre al Presidente della Repubblica di supplire alle deficienze dell’opposizione – che non ho mai espresso (e neppure risulta espressa nel post che stiamo commentando) e che mi è del tutto estranea.
Nessuno vuole imporre alcunché al Presidente della Repubblica. Qui nessuno è illuso e stiamo tutti con i piedi per terra, si vuole solo esprimere il nostro rammarico e la nostra non condivisione circa le scelte della Presidenza.
Personalmente, il mio invito è al recupero della forma, che nel diritto è la suprema sostanza ed il massimo della garanzia per tutti. Sotto questo profilo, va anche detto che un Presidente della Repubblica, di fronte ad una legge approvata dalla Camere, ha due possibilità: a) promulgare e stare zitto; b) rinviare alle camere con messaggio motivato. NON può fare ibridi (promulgare con messaggio alla Nazione) che, oltre a violare la forma, rischiano di ingenerare, se non conflitti, imbarazzi istituzionali che converrebbe a tutti evitare. Per fare un esempio, il messaggio con il quale il Presidente Napolitano, anticipando la prassi seguita anche nel caso dello “scudo”, accompagnò l’approvazione del “lodo Alfano” non è come minimo una ragione di imbarazzo per una Corte costituzionale oggi chiamata a pronunciarsi sul "lodo"? E, in caso di bocciatura, che figura ci fa la Presidenza della Repubblica? Non era meglio seguire le forme previste, promulgando in silenzio o rinviando con messaggio?
Caro dottore Chiazzese,
RispondiEliminala fretta mi ha impedito di meglio argomentare quanto intendevo dire(forse, oltre che la fretta, è la mia incompetenza, non essendo uno specialista di diritto costituzionale, ma un modesto Avvocato dello Stato di periferia - presto servizio a Palermo); e ha fatto sembrare brusco un intervento che non voleva esserlo. Di questo naturalmente mi scuso. Chiarendo meglio, penso che qualunque disposizione normativa - ed a mio avviso ciò è valido in particolare per quelle contenute nella Costituzione - va interpretata sistematicamente: dunque, poiché la Costituzione medesima prevede un Organo specificamente deputato al controllo di legittimità delle leggi, è a mio avviso francamente poco sostenibile ritenere che il Presidente della Repubblica debba anticiparlo in tutto e per tutto (giustissimo è, insomma e sempre a mio avviso, limitare il potere di rinvio ai casi in cui la illegittimità appaia manifesta). Quanto al controllo di merito mi pare del tutto sensato ritenere che esso esuli radicalmente dalle attribuzioni di un "arbitro" (quale è senza dubbio il Presidente della Repubblica).
So bene, infine, che Lei non vuole imporre alcunché a chicchessia (e men che meno al Presidente della Repubblica); so bene anche che chi scrive in questo blog è alimentato da ottime intenzioni ed onestà intelletuale (ed è il motivo principale per cui lo seguo costantemente). Non mi riferivo, insomma, a Lei quando parlavo di "imporre al Presidente ecc. ecc.", ma al vergognoso linguaggio utilizzato da taluni esponenti dell'opposizione che rischiano di travolgere nel fango e nella volgarità quel pochissimo che rimane delle Istituzioni democratiche.
Sono infine d'accordo con Lei circa l'esigenza di evitare forzature in ordine al contenuto del messaggio alle Camere.
Cordiali saluti,
Pierfrancesco La Spina
"La legge è uguale per tutti, ma non necessariamente lo è la sua applicazione".
RispondiElimina"Il premier non è 'prius inter pares' come vuole la tradizione liberale, ma 'prius super pares'.
Così Niccolò Ghedini e Gaetano Pecorella nelle loro arringhe innanzi alla Corte Costituzionale.
La legge ("lodo Alfano")è stata giustificata perchè deve tendere a tutelare il sereno svolgimento delle funzioni pubbliche connesse alla carica delle quattro più alte cariche dello Stato.
Di guisa vi sarebbe un interesse oggettivo da tutelare e non un interesse personale: una immunità funzionale.
Ebbene: se di immunità funzionale si tratta perchè non sancirlo con legge costituzionale?
La Carta Costituzionale tutte le volte che ha parlato di immunità funzionale lo ha detto sempre espressamente: art. 68, 90, 96 e 122.
Ma lo si è fatto con norme di grado costituzionale...
Vittorio Ferraro
L’art. 74 non recita che “In caso di manifesta incostituzionalità o dubbia costatuzionalità” riamnda indietro una legge. Dice solo che può reinviare una legge con (ovviamente) motivazione.
RispondiEliminaLo scudo fiscale mina la coesione sociale perché premia i furbi e comunque lo stato per risolvere i suoi problemi economici si abbassa a chiedere l’elemosina del 5% ai disonesti.
Non è un buon motivo?
Pare poco ma attorno a queste poche frasi si può scrivere un trattato di sociologia.
L’art 53 impone invece ai cittadini di concorrere alla spesa pubblica con criterio proporzionale.
Lo scudo fiscale rispetta quest’articolo?
E che dire della responsabilità penale? Chi commette un reato viene punito e la legge stabilisce la pena. Viene quindi da chiedersi:
a) il 5% è una tassa sul capitale per rispettare l’articolo 74?
b) il 5% del capitale è la pena stabilita per i rei di evasione fiscale?
c) il 5% comprende sia l’uno che l’altra.
Se vale a non viene rispettato ne la’rt. 53 e neppure il codice penale
Se vale b si rispetta il codice penale ma non l’art. 53
Se vale c è uno strano modo di legiferare. Un forfait, un tanto sia per la pena sia per la tassa.
Caro dr. La Spina, mi fa piacere leggere le Sue precisazioni.
RispondiEliminaDetto questo, voglio venire per un momento a considerare l'interpretazione antilettarale dell'art. 74 Cost. da Lei sposata, traendo spunto da quello che Lei dice per chiedermi, chiederLe e chiedere ai lettori del blog semplicemente questo: forse che gli arbitri non giudicano nel "merito"?
Caro dottore Chiazzese, ho forse errato nell'usare un linguaggio giuridico (o, meglio, giuridichese). Ovviamente quando ho utilizzato il termine "merito" volevo indicare l'opportunità della legge: opportunità che solo il Parlamento (o il Governo allorché e nei ristretti limiti in cui legifera) può valutare; o che può essere valutata dal corpo elettorale in sede di referendum abrogativo. Non certo dal Presidente della Repubblica: un arbitro non verifica se il gioco si svolge opportunamente, ma se segue le regole.
RispondiEliminaPierfrancesco La Spina
Lo scudo fiscale è passato e siamo rimasti tutti nel dubbio. Il 5% è la tassa sul capitale, la pena pecuniaria prevista per l’evasore che si costituisce (in forma anonima?) o tutti e due?
RispondiEliminaIo da semplice cittadino la risposta non la conosco ma mi viene da dire: sono forse io il più fesso?
Perché dovrei avere scrupoli morali?
Intanto comincio ad accumulare denaro falsificando il tagliando del parcheggio o il biglietto della metropolitana o dichiarando il falso su eventuiali ticket perché è lecito fare così.
La morale ed il rispetto della legge non è forse una buona motivazione?
Chi ha mai detto che le motivazioni del presidente della Repubblica devono essere di costituzionalità o avere basi legali?
Una motivazione è una motivazione. Nel caso specifico c’erano valide basi costituzionali e validissime basi morali.
Caro dr. La Spina, la ringrazio per la pronta risposta. Mi permetta però di osservare che se ogni volta che io la invito a qualche considerazione su quello che scrive, Lei mi risponde spostando la discussione su altro o dicendo che ha detto “a” ma intendeva dire “non a”, risulta molto difficile seguirla e, soprattutto, cavare un qualche ragno dal buco di questo dialogo.
RispondiEliminaQuesta volta Lei abbandona il concetto di “merito” e si sposta su quello di “opportunità” e dice che l’arbitro non giudica se una condotta di gioco è opportuna o meno ma solo se è regolare o meno.
Ora, “mi consenta”. Ma a che gioco stiamo giocando? E quali sono le regole di questo gioco? E in base a quali di queste regole l’arbitro è abilitato a fischiare o meno?
Le “regole” – come Lei ben sa – possono essere di diverse specie, di “diritto”, di “merito”, di “opportunità”. Anche la “opportunità”, dunque, non può che essere misurata sulla base di regole. Torniamo così al punto di partenza. Quali sono le regole del gioco?
Per non dire che il concetto di “opportunità” è tutt’altro che ben definito e che dentro esso ci può stare un po’ tutto.
E per non dire che ci sono regole delle quali è impossibile stabilire se siano di “diritto”, di “merito”, di “opportunità”.
Con lo “scudo fiscale”, per restare aggangiati al post che stiamo commentando, si consente a Tizio, che ha violato le “regole”, di pagare il 5% della somma “x” quando Caio, che invece le “regole” le ha stupidamente osservate, su quella stessa somma “x” è stato costretto a pagare quasi il 50%.
Mi dica Lei, siamo di fronte ad una palese deroga alla norma di diritto costituzionale che stabilisce che tutti i cittadini sono uguali di fronte alla legge o di quella che stabilisce che ognuno deve concorrere alla spesa pubblica in ragione della propria capacità contributiva? Ad una stratosferica violazione nel “merito” del principio di giustizia sostanziale? Ad una scelta impudicamente inopportuna che favorisce oggettivamente i delinquenti?
Per finire, vengo più direttamente alla “opportunità”. Lei mi dice che il Presidente della Repubblica, nella scelta di rinviare o meno una legge alle Camere, deve astenersi da valutazioni di opportunità.
Ora, se intendiamo la Sua “opportunità” nel senso di convenienza politica di questa o quella parte, convengo sul fatto che il Presidente della Repubblica dovrebbe astenersi da una siffatta valutazione.
Ma se restiamo al “merito” politico, nel senso di valutare gli scopi che una legge si prefigge o gli effetti che essa può concretamente determinare, non c’è dubbio, a mio avviso, che si tratti di valutazione che il Presidente della Repubblica, nell’esercizio dei poteri riconosciutigli dall’art. 74 Cost., può e deve senz’altro compiere.
Buongiorno a tutti..vorrei sottolineare ancora una volta la pochezza! che la classe politica italiana mette continuamente in evidenza! con la sola differenza che mentre le varie correnti che stanno al governo attualmente sanno farsi gli affari propri! e se li fanno alla grande!! chi sta all'opposizione (se di opposizione si tratta???) non è nemmeno all'altezza di impensierire seppur minimamente!! chi ha al suo interno ha tutti gli argomenti x essere messo alla gogna dell'opinione pubblica e quindi al giudizio di voto degli elettori!!..x non farci mancare niente poi la cigliegina sulla torta viene ancora una volta dal nostro presidente della repubblica che dichiarando la propria! (quindi la nostra) resa! prospettando l'inutilità del NON firmare la legge sullo scudo fiscale,come già quella del lodo Alfano..con i complimenti di tutti! anche della pseudo opposizione! (Di Pietro escluso) ci rende orgoglioni di essere Italiani!..insomma qual'è il merito di questi signori? non fare niente o farsi gli affari propri? e il presidente della repubblica è OBBLIGATO!! a firmare qualsiasi cosa le venga messa davanti,o cè un limite oltre il quale non è disposto ad andare a costo del trono su cui siede?
RispondiEliminaOliver
Caro dottor Chiazzese, questa volta le Sue osservazioni non colgono nel segno.... A mio avviso, ed almeno nell'ambito giuridico nel quale la nostra discussione è confinata, merito ed opportunità coincidono (o tendono a coincidere). L'art. 28 della l. n. 87 del 1953 (quella che disciplina il processo costituzionale ed i limiti al sindacato della Corte) afferma chiaramente che "il controllo di legittimità della Corte costituzionale su una legge o un atto avente forza di legge esclude ogni valutazione di natura politica e ogni sindacato sull'uso del potere discrezionale del Parlamento". La mia premessa - che Lei non condivide - muove dal fatto che l'arbitro (cioé il Presidente) vigila sul rispetto delle regole (l'allenatore, magari, può anche imporre di giocare in un certo modo); e dà per assodato - anche in questo caso in disaccordo con Lei - che il controllo di costituzionalità spetta alla Corte e solo in limitata misura al Presidente. Dunque, se diamo per buona la mia premessa, è ovvio che non si può attribuire al Presidente della Repubblica un potere di valutazione di cui neppure la Corte Costituzionale è fornita. E' perfettamente logico il Suo ragionamento; ma lo è anche il mio (le conclusioni sono opposte perché opposte sono le premesse). E così, per rimanere all'esempio da Lei tratteggiato - relativo allo "scudo fiscale" - ritengo proprio che la valutazione degli "scopi che una legge si prefigge" sia in linea di massima sottratta alle attribuzioni presidenziali.
RispondiEliminaPer essere chiari ed a scanso di equivoci: la sostanza politica della normativa sullo "scudo fiscale" mi pare sinceramente orrenda, come tutte - e sottolineo tutte - le leggi di condono che si sono variamente succedute nel corso della nostra povera storia recente. Non escludo che la Corte Costituzionale possa rinvenire un contrasto con l'art. 53 della Carta; quello che mi sento di escludere, però, è che tale contrasto possa esser fatto valere da un Organo diverso dalla predetta Corte, per di più in base ad un esame ristretto nei tempi e privo di contraddittorio.
Infine: continua ad assalirmi un senso di sconforto al pensiero che la legge in parola avrebbe potuto essere "bloccata" nella sua sede naturale se solo l'opposizione avesse fatto il suo mestiere.
Pierfrancesco La Spina
Carissimo dr. La Spina, devo veramente ringraziarla per l’attenzione che mi presta e che presta a questo blog.
RispondiEliminaAncora una volta, però, mi trovo a dissentire da quello che Lei scrive. La cosa un po’ mi dispiace ma non tanto per ragioni contenutistiche – il nostro contrasto sull’interpretazione dell’art. 74 Cost. – quanto piuttosto per ragioni di metodo. Cerco di spiegarmi.
Lei scrive “a” nel commento 3; io la contraddico e Lei nel commento 4 mi risponde che ha detto “a” ma non intendeva dire “a” bensì “b”, diverso da “a”; io, a questo punto Le faccio notare questo e quello e Lei nel commento 5 mi risponde che le mie osservazioni non colgono nel segno perché “a” e “b” coincidono e ciò sarebbe dimostrato dal comma “y” dell’art. “x” della legge “z”. Mi scusi, ma non era stato Lei a distinguere tra “a” e “b”. E che c'entra la legge "x" che riguarda la lattuga mentre noi stiamo parlando del cetriolo?
E poi, scusi ancora, perché continua ad attribuirmi cose che io non ho mai detto? Quando mai io avrei contraddetto l’idea che Lei dà per scontata secondo cui “il controllo di costituzionalità spetta alla Corte e solo in limitata misura al Presidente”?
Semmai, Le concedo che io contraddico l’idea che il Presidente della Repubblica, nell’esercizio delle prerogative attribuitegli dall’art. 74 Cost., sia abilitato a compiere esclusivamente una valutazione sulla manifesta incostituzionalità della legge medesima. Si tratta di un’idea che decapita l’art. 74. Cost. e, mi permetta, che non può essere fatta discendere dall’art. 28 l. 87/1953, il quale vieta sì “ogni valutazione di natura politica e ogni sindacato sull’uso del potere discrezionale del Parlamento”; ma la vieta alla CORTE Costituzionale nell’esercizio delle funzioni di cui all’art. 134 Cost., primo alinea, e non al Presidente della Repubblica nell’esercizio delle funzioni di cui all’art. 74 Cost..
Lei, carissimo dr. La Spina, ad un certo punto scrive: “E' perfettamente logico il Suo ragionamento; ma lo è anche il mio”.
Mi dispiace, ma non condivido la seconda parte di questo Suo assunto.
Se non ho inteso male, infatti, il Suo ragionamento è questo: il Presidente della Repubblica è un arbitro che vigila esclusivamente sul rispetto delle regole; inoltre, il controllo di costituzionalità delle leggi spetta alla Corte costituzionale e solo sub specie di manifesta incostituzionalità anche al Presidente della Repubblica; alla Corte costituzionale, nel controllo di costituzionalità delle leggi (art. 134, primo alinea, Cost.), è preclusa ogni valutazione di merito politico; ergo, anche al Presidente della Repubblica, nell’esercizio delle funzioni di cui all’art. 74 Cost., è preclusa ogni valutazione di merito politico.
Non trovo logico questo ragionamento, sia perché la prima premessa non esclude che l’arbitro vigili anche sul “merito” per il semplice motivo che “regola” e “merito” non sono contrari e che anche il “merito” è fatto di “regole”; sia perché dal fatto che sia vietato qualcosa a Tizio non può farsi discendere che quel qualcosa sia vietato anche a Caio.
Caro dottore Chiazzese, mi sento un po' in difficoltà perché non riusciamo ad intenderci sulla terminologia. A mio avviso i termini "merito" ed "opportunità" (riferiti al parametro di giudizio su una legge) coincidono, così come - in riferimento all'atto amministrativo - il vizio di merito indica l'inopportunità dell'atto stesso (che, di norma, non è sindacabile in sede giurisdizionale). Certo che è difficile stabilire il "crinale" tra alcuni vizi di legittimità ed il vizio di merito. Ad esempio: sospendere i processi a carico del Presidente del Consiglio è (semplicemente) inopportuno o si pone in violazione del principio di uguaglianza, ed è dunque anche illegittimo? Per alcuni il dubbio è privo di ragioni, imponendosi la seconda delle opzioni prospettate: a mio avviso, data la pacifica (e su questo spero che converremo) relatività del principio di uguaglianza - che consente, anzi impone, di differenziare il trattamento di situazioni oggettivamente diverse - la soluzione è meno scontata. Ancora una volta voglio chiarire che ritengo anche il Lodo Alfano (ormai "spazzato via") una legge politicamente spaventosa, perché chiaramente modellata sulle esigenze di una persona (pur investita di importanti funzioni). Non sono tuttavia così sicuro che si trattasse di una mostruosità giuridica, almeno leggendo le motivazioni della pronuncia della Corte Costituzionale che aveva dichiarato illegittimo il c.d. "lodo Schifani".
RispondiEliminaCosì, ritornando alla questione "istituzionale", mi sembra che l'iter abbia avuto uno svolgimento fisiologico: il Presidente della Repubblica ha correttamente promulgato il "lodo Alfano", perché la lettura della predetta pronuncia della Corte non autorizzava a ritenerlo manifestamente illegittimo (l'avrei fatto anch'io al suo posto, soffocando ciò che pensavo e penso sull'intera vicenda). I Giudici costituzionali - nella loro sovranità e, spero non sembri irrilevante, con un procedimento in contraddittorio - hanno valutato differentemente (in tutta probabilità - attendiamo il deposito delle motivazioni - "arricchendo" l'apparato argomentativo della precedente sentenza).
Infine: mi sembra che su un aspetto del "post" sia Lei a cadere in contraddizione, allorché precisa di non avere mai "contraddetto l’idea" "secondo cui il controllo di costituzionalità spetta alla Corte e solo in limitata misura al Presidente”. Finora mi sembrava che Lei sostenesse l'idea di un controllo presidenziale sulle leggi del tutto privo di limiti!
Pierfrancesco La Spina
http://www.liberacittadinanza.it/articoli/scudo-fiscale-firma-pesante
RispondiEliminaCarissimo dr. La Spina, la ringrazio ancora una volta per la disponibilità al dialogo e vengo subito al dunque.
RispondiEliminaSin dall’inizio di questa nostra discussione, ho sostenuto che è una “bufala” far passare per verità incontrovertibile l’assunto secondo cui il Presidente della Repubblica potrebbe esercitare il potere di rinvio riconosciutogli dall’art. 74 Cost. nella sola ipotesi in cui Egli ravvisi nella legge approvata dalle Camere una manifesta incostituzionalità.
Questo assunto, infatti, non è una verità incontrovertibile ma, semmai un’interpretazione dell’art. 74 Cost. e, a mio avviso, un’interpretazione palesemente e gravemente sbagliata.
Penso, invece, che il Presidente della Repubblica abbia ampio margine di valutazione funzionale alla scelta di promulgare una legge approvata dalle Camere o di rinviarla alle Camere stesse con messaggio motivato e, in particolare, penso che in questo margine possano benissimo rientrare anche valutazioni, oltre che di diritto, anche di merito.
Ora, confronti questa idea e mi dica se essa contraddice o meno questa affermazione: “il controllo di costituzionalità spetta alla Corte e solo in limitata misura al Presidente”.
A me pare del tutto evidente che non la contraddica. Quella idea, infatti, nulla dice in merito alla Corte costituzionale ed al suo compito di controllo di costituzionalità che sono il nucleo dell’affermazione che essa, in ipotesi, contraddirebbe.
E, con riferimento al Presidente della Repubblica, quell’idea non ne nega affatto il compito di controllo di costituzionalità delle leggi, controllo che ovviamente è “limitato” dal fatto che il Presidente (giustamente) non può bocciare in via definitiva una legge da Lui ritenuta incostituzionale.
Ecco perché – e mi sembra chiarissimo – non c’è contraddizione quando scrivo di non avere mai contraddetto quell’affermazione.
Detto questo, pensando alla nostra discussione di questi giorni, per la quale voglio ancora ringraziarLa, oggi ho provato una certa soddisfazione quando Valerio Onida (per chi non lo sapesse si tratta di un Presidente emerito della Corte costituzionale e di uno dei più illustri costituzionalisti italiani), intervistato da rainews24, ha detto – più o meno testualmente – che il compito del Presidente della Repubblica è ben diverso da quello della Corte costituzionale e che il primo può rinviare una legge alle Camere sia per motivi di legittimità che per motivi di merito.
Come vede, carissimo dr. La Spina, si conferma quello che dicevo nel mio primo commento che Lei ha trovato “(a dir poco) inesatto”.
La saluto cordialmente e grazie ancora.
Intervengo in punta di piedi in questa interessante discussione tra il dr. La Spina e il dr. Chiazzese.
RispondiEliminaIo credo che il Presidente Napolitano sia in perfetta continuità con il Presidente Ciampi.
In un contesto politico completamente mutato questi presidenti sono stati più preoccupati degli effetti (delle ricadute) che le loro scelte potevano avere sul sistema che una vera e propria esigenza di assicurare il rispetto della Costituzione.
Anche le ultime esternazioni di Napolitano rimandano ad alcuni interventi di Ciampi.
Il loro potere è (è stato)maggiormente "utilizzato" in una opera di moral suasion piuttosto che nell'utilizzo dei poteri messi a disposizione dall'art. 74 della Costituzione.
E' il caso di chiedersi se questi poteri non debbano essere riformati...
"Toccato"... dall'ultimo intervento del dott. Chiazzese. Ma, del resto, avevo precisato di non essere esperto della materia. Se un Presidente emerito della Corte Costituzionale si esprime per una interpretazione "non limitativa" del potere di rinvio vuol dire che la questione non è pacifica come erroneamente ritenevo. Inutile precisare, tuttavia, che concordo pienamente con le premesse dell'intervento di Vittorio Ferraro: a costituzione vigente - e con la (questa credo concorde) affermazione della "neutralità", "estraneità all'indirizzo politico" ecc. del Presidente della Repubblica - mi pare che la prassi adottata dai due ultimi Presidenti sia quella più corretta.
RispondiEliminaAnch'io ringrazio della interessante discussione il dr. Chiazzese. Interessante ma, forse, un po' astratta: la inciviltà dell'attuale contesto è infatti tale che qualunque decisione avesse preso Napolitano.....
Cordiali saluti,
Pierfrancesco La Spina
Del disguire fra il sig. Chiazzese e la Spina non ho capito nulla.
RispondiEliminaIl presidente della Repubblica può e deve rimandare indietro tutte le leggi con ovvia motivazione.
Legge ordinaria:
perché lesiva dell’onorabilità di una parte della popolazione, perchè...vai a sapere!
Legge anticostituzionale.
Il presidente della Repubblica non è preposto al controllo di costituzionalità delle leggi. Questa è una bufala. Controllare la costituzionalità di una legge non compito di una sola persona tanto che è stata prevista la Corte Costituzionale.
Il presidente della Repubblica rinvia indietro una legge a parer suo anticostituzionale e relativa motivazione.
Se il parlamento la rimanda indietro tale e quale egli ha il dovere di inviarla alla Corte Costituzionale.
Ma chiunque può rivolgersi alla Corte Costituzionale, l’abbiamo inventata apposta