venerdì 29 maggio 2020

Dialogo tra un giudice ed un avvocato.


di Pietro Murano, Magistrato 

Sconcerto e turbamento non colgono del tutto impreparata l'Avvocatura che quotidianamente si confronta con i dirigenti degli uffici giudiziari selezionati con logiche che dovrebbero essere mille anni luce distanti dal mondo dei Tribunali. In questa mail di un giudice ad un avvocato l'invito a riflettere insieme.   
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In questo momento di grande difficoltà per l'istituzione a cui appartengo sento la necessità di segnare le differenze perchè non siamo tutti uguali. Sono anni che, insieme a (purtroppo pochi) altri magistrati disseminati in tutta Italia, cerchiamo di divulgare una diversa concezione del ruolo: essere "uguali per tutti", cioè nei confronti di tutti coloro che hanno la disavventura di venire in contatto con noi. 

Evidente che, perchè questo sia possibile, è necessario per un magistrato essere veramente autonomo e indipendente, cioè libero da condizionamenti. Infatti la giurisdizione potrà farsi garante delle libertà individuali solo attraverso la libertà dei soggetti che la esercitano.

Di questa verità teneva conto la nostra Costituzione allorchè affermava i valori di autonomia ed indipendenza della magistratura e, per essa, dei singoli magistrati soggetti soltanto alla legge.
Senonchè - è fatto tristemente rivelato dalle cronache di questi giorni - quei valori da decenni sono stati mortificati, e non già da altri poteri dello Stato, ma per responsabilità degli stessi magistrati, per tristi ambizioni di potere interno di gente disonesta che, dietro lo schermo di ideologie dichiarate ma non praticate, ha osservato comportamenti certamente illeciti, assecondata dal totale pavido silenzio dei magistrati, mostratisi opportunisti e questuanti, che ha trasformato l'autogoverno in un sistema clientelare.

In pochi - e già da molti anni - ci siamo apertamente schierati "contro" il sistema delle correnti che ha occupato l'autogoverno, ma il nostro obbiettivo di dissociarci da un apparato corrotto, probabilmente per nostra incapacità (non volendo assumere organizzazione e comportamenti propri delle correnti a cui ci saremmo assimilati), non ci ha consentito altro che limitarci alla critica ed alla denuncia senza altro risultato che essere tenuti ai margini dalla moltitudine pavida ed ossequiante.

Così come in passato, anche l’anno scorso, al momento della deflagrazione del “caso Palamara”, abbiamo formulato alcune proposte di regole che impongano quella liberazione dell'autogoverno della magistratura dallo strapotere correntizio che gli stessi magistrati hanno dimostrato di non sapere/volere rivendicare nell'interesse della propria autonomia ed indipendenza.
Poichè crediamo che se la giurisdizione è affare comune a tutti i cittadini, in particolare modo per un avvocato deve essere importante sapere di avere di fronte un soggetto davvero capace di perseguire la libertà dei diritti che è chiamato a tutelare, sottopongo alla valutazione tua e della Camera Penale quelle proposte, per la diffusione al livello che riterrai del caso, perchè siano conosciute ed eventualmente condivise, attraverso un'adesione, con i magistrati ed i cittadini al cui sostegno sono già state sottoposte.

Quelle proposte possono essere da ciascuno esaminate a questo link

Un caro saluto,
Pietro Murano 

1 commenti:

francesco Grasso ha detto...

Da 75 anni, mai prima d'oggi si era vista una presa di coscienza così netta, lineare precisa, chiara in ordine ai veri problemi della giustizia da parte dei magistrati. Questo rilevantissimo segnale non deve essere ignorato, in quanto costituisce un seme per la rinascita della giustizia, oggi in coma irreversibile! Francesco Grasso Catania.