martedì 19 maggio 2020

I questuanti


di Nicola Saracino - Magistrato

Non si riesce a star dietro alle notizie che quotidianamente fanno conoscere le comunicazioni di magistrati in contatto con il dott. Luca Palamara.

Per la verità i quotidiani che diffondono le notizie – devastanti per il mondo giudiziario – sono pochissimi.

Ed anche questo dà conto della gravità della situazione di un Paese formalmente democratico, ma nel quale le commistioni tra politica e magistratura comprovano le accuse alla seconda di essere politicizzata e di agire senza imparzialità.

Queste brevi note scaturiscono da una riflessione che ciascun magistrato onesto è chiamato a compiere, alla luce di ciò che ormai non può negare alla propria coscienza.

Ogni incarico, sia esso interno ovvero esterno (cd. fuori ruolo) alla “carriera” (che per un magistrato non dovrebbe proprio esistere), è merce che si paga. E’ la materia sulla quale il correntismo e la politica fondano il proprio potere ricattatorio.

Chi vi aspira non può non esserne consapevole; “non poteva non sapere”, ricordate?

I magistrati, che la Costituzione volle “indipendenti”, sono riusciti a costruirsi una catena che li avvince in vincoli para-massonici, con la commistione della politica che mai ha mostrato interesse ad una magistratura realmente neutrale.

E’ anzi palpabile l’interesse contrario alla ricerca di un canale che le consenta di interferire sugli incarichi delle più importanti procure, nazionali e locali.

Questa desolante ed eversiva situazione è nota da molti anni all’interno della magistratura ed è stata più volte denunciata.

La sua plateale emersione all’esterno si deve all’occasionale inchiesta della procura perugina che intercettando (col trojan) un solo terminale in uso al dott. Luca Palamara ha mostrato quali e quanti intrecci siano nascosti da ogni vicenda che riguardi un incarico direttivo, sia esso relativo ad una Procura della Repubblica, ad un Tribunale, alla Cassazione oppure a posti ministeriali.

E non solo.

Sono state disvelate trame che si celano dietro iniziative punitive verso magistrati scomodi o dietro alla loro esclusione da gruppi di lavoro “sensibili”, presentate al pubblico come dovute ma in realtà miranti alla loro “neutralizzazione”.

Ma di cosa si nutre questo marciume? Qual è il motivo di tale malvagio potere?

La risposta non può che ricercarsi nei limiti umani, che nessuna garanzia formale sembra poter eliminare.

Il magistrato è posto nella condizione di svolgere serenamente e con indipendenza il suo servizio, a garanzia dei cittadini e della loro eguaglianza dinanzi alla legge. Non può essere trasferito senza il suo consenso (se non per motivi disciplinari), la sua retribuzione non dipende dagli incarichi che in concreto svolge.

Eppure anche in questa categoria di “privilegiati” – sebbene il privilegio sia previsto a garanzia dei cittadini e non dell’individuo – scattano i più bassi istinti del potere, della vanità, della prevaricazione, dell’avidità.

Così, un incarico al Ministero garantisce un surplus di retribuzione; diventare Consigliere Superiore vale il prezzo di un appartamento a Roma; assumere un incarico di direzione negli uffici pone il magistrato in una condizione di personale soddisfacimento del proprio ego, ponendolo su un gradino che egli reputa più alto di quello altrui.

Non è fisiologico aspirare ad incarichi di tal fatta quando la loro gestione avviene nei termini che ormai tutti conoscono. Non si gioca ad un tavolo di bari.

Nessun incarico in un simile sistema è attribuito per merito, ma solo per l’appartenenza ad un gruppo di potere (le cd. correnti della magistratura). C’è una torta da dividere e nessuno è disposto a regalarne una fetta ai meritevoli senza parte.

Se le cose stanno così - e di ciò v’è ampia riprova nel telefonino del dott. Luca Palamara – nessuno può negare che il potere del correntismo si alimenta della vanagloria e della stupidità dei magistrati che a quel potere volontariamente si sottomettono comportandosi da questuanti.

Il Costituente li volle soggetti soltanto alla legge ed indipendenti da qualsiasi altro potere; la piccolezza umana li ha indotti a crearsi un “capo” cui soggiacere ed a svendere l’indipendenza, valore altissimo che è dei cittadini, non del burocrate. 


Da tempo suggeriamo i rimedi a questo stato di cose, molto semplici da attuare se solo lo si volesse; essi sono a disposizione di chi ha interesse a una giurisdizione più degna di quella attuale, a una giurisdizione costituzionale.

2 commenti:

roberto ferrari -magistrato ha detto...

Kant osservava che il "governo dei filosofi" ipotizzato (come utopia) da Platone poteva solo essere una utopia.
Infatti il filosofo, assaggiato il potere, avrebbe cessato di esser filosofo.
Quindi non ci sono soluzioni?

Non faccio pronostici, ma mi chiedo se si possa sperimentare dei sistemi (come la turnazione dei direttivi e il sorteggio dei consiglieri togati) che, quantomeno, riducano la possibilità di perseguire la conservazione del potere.
Questa richiede la partecipazione a un network di soggetti che si associano per conquistare e conservare il potere (nel nostro caso i sottogruppi associativi o correnti).
Il sorteggiato potrebbe appartenervi o meno. Se non vi appartiene, una volta sorteggiato, assaggia il potere e può effettivamente operare per entrare in associazione per conservarlo.
In pratica i gruppi potranno comunque contendersi il sorteggiato per associarlo e ci sono rilevanti probabilità che ci riescano.
Dubito pertanto che il problema della conservazione del "filosofo" (del magistrato che opera unicamente facendo applicazione della sua scienza) al potere sia risolvibile con questo meccanismo.
Ma senza dubbio si riduce la contesa elettorale; si riducono le manovre a scopo elettorale, visto che lo scopo non è perseguibile.
I gruppi dovranno quindi elaborare altri sistemi di intervento e, senza questa sperimentazione, è difficile pronosticare se e quali siano gli interventi necessari.

Quanto alla turnazione proposta da Andrea, non sono in grado di prevedere inconvenienti.

roberto ferrari -magistrato ha detto...

Kant osservava che il "governo dei filosofi" ipotizzato (come utopia) da Platone poteva solo essere una utopia.
Infatti il filosofo, assaggiato il potere, avrebbe cessato di esser filosofo.
Quindi non ci sono soluzioni?

Non faccio pronostici, ma mi chiedo se si possa sperimentare dei sistemi (come la turnazione dei direttivi e il sorteggio dei consiglieri togati) che, quantomeno, riducano la possibilità di perseguire la conservazione del potere.
Questa richiede la partecipazione a un network di soggetti che si associano per conquistare e conservare il potere (nel nostro caso i sottogruppi associativi o correnti).
Il sorteggiato potrebbe appartenervi o meno. Se non vi appartiene, una volta sorteggiato, assaggia il potere e può effettivamente operare per entrare in associazione per conservarlo.
In pratica i gruppi potranno comunque contendersi il sorteggiato per associarlo e ci sono rilevanti probabilità che ci riescano.
Dubito pertanto che il problema della conservazione del "filosofo" (del magistrato che opera unicamente facendo applicazione della sua scienza) al potere sia risolvibile con questo meccanismo.
Ma senza dubbio si riduce la contesa elettorale; si riducono le manovre a scopo elettorale, visto che lo scopo non è perseguibile.
I gruppi dovranno quindi elaborare altri sistemi di intervento e, senza questa sperimentazione, è difficile pronosticare se e quali siano gli interventi necessari.

Quanto alla turnazione proposta da Andrea, non sono in grado di prevedere inconvenienti.