venerdì 8 maggio 2020

La partita dei cuori... infranti

Di Matteo versus Bonafede

Cronaca di un DAP annunciato


di Carmen Giuffrida
Magistrato


Ed ecco che la nostra Italia non ci delude mai! Invece di analizzare con distacco e obiettività la vicenda Di Matteo-Bonafede, in assenza del campionato di calcio, coglie l'occasione per creare ad hoc la partita dell'anno e costituisce due squadroni: i dimatteoniani e i bonafediani. 

Nella prima giocano quelli che vedono in Di Matteo il salvatore della patria. Ci giocano pure quelli a cui di Di Matteo non gliene frega niente ma prendono la palla al balzo per tirare un calcio di rigore contro i grillini, praticamente a porta vuota.
Nella seconda invece giocano i grillini ad oltranza i quali, invece di fornire delle giustificazioni plausibili, si schierano senza se e senza ma a fianco del portiere Bonafede al quale, non essendo stato questi capace di parare lo strano calcio di rigore, fanno da scudo umano. Del secondo squadrone fanno probabilmente parte anche quei non grillini che, in un'Italia ormai allo sbando, accanto a questi ultimi si sono trovati casualmente (o causalmente, questo ormai non si capisce più).

Ma veniamo invece alla vicenda nuda e cruda.

Di Matteo c'è rimasto molto male per il fatto che due anni fa, dopo essergli stata fatta l'offerta di una ricchissima poltrona al DAP, gli sia stata revocata. E c'ha pure ragione. Anch'io ci sarei rimasta male.

Due anni dopo, nel corso di una trasmissione televisiva nella quale si discute della scarcerazione di alcuni boss mafiosi, irrompe con una telefonata e racconta la sua storia.

Sebbene a suo tempo non gli sia stato spiegato esplicitamente, Di Matteo - che non è un novellino - dovrebbe ben sapere che l'offerta gli venne revocata per accordi sottobanco (ma neanche tanto sottobanco) tra le correnti della magistratura i cui rappresentanti, a braccetto con i politici di turno, si siedono puntualmente a tavolino e, di volta in volta, si spartiscono la torta.

E così, direttivi e semi-direttivi di Procure, Tribunali e Corti d'Appello e posti ministeriali vengono assegnati in modo da non turbare i delicati equilibri ed anche al fine di ricompensare gli accoliti con premioni o premietti di fedeltà.

Ma, paradossalmente, questa storia non scandalizza più nessuno, ormai la gente pare avvezza a giochetti di questi generi. In tal senso la vicenda Palamara costituisce un caso guida.

Invece, la parola mafia sì che fa saltare indignati gli Italiani.

Ed ecco allora che, nel momento in cui Di Matteo parla di conversazioni di mafiosi che non gradiscono la sua nomina, conversazioni intercettate immediatamente prima della revoca della proposta, tutti gridano allo scandalo. Non pare vero agli avversari.

È l'occasione giusta per sferrare il colpo di grazia al Ministro di giustizia. In pratica, senza che Di Matteo lo abbia affermato, politici, giornalisti e gente comune desumono l'esistenza di un nesso tra le intercettazioni dei mafiosi e la retromarcia del Ministro Bonafede. 

- Si dimetta Bonafede! Come giustificare un tale voltafaccia ad un paladino della giustizia come Di Matteo? - grida la prima tifoseria.

- Sia linciato Di Matteo! Il ministro è limpido come l'acqua! - grida la seconda. 

In tutto questo l'Associazione Magistrati Nazionali è un po' confusa perché, comunque, degli equilibri si erano trovati e non sia mai che questo imprevisto possa far saltare un sistema perfetto. Insomma, Di Matteo si era presentato come candidato autonomo, ma pur sempre "appoggiato" da Autonomia e indipendenza, corrente ormai notoriamente gradita ai grillini.

Nota comune a corrente e partito è il fatto di dire che le cose vanno fatte secondo giustizia e non secondo corrente, salvo continuare entrambi a prestarsi ai giochi di corrente.

Ed ecco allora che la Giunta Esecutiva Centrale (Gec) dell'ANM, che certamente non ha tra gli oggetti del suo mandato quello di ammonire il singolo magistrato per condotte estranee all'ambito della sua professione, interviene investendosi autonomamente della carica di arbitro della partita, fischia un fuori gioco e ammonisce con cartellino giallo Di Matteo il quale, ahimè, questa volta l'avrebbe fatta fuori dal vaso.

Cari Italiani, forse sarebbe il caso che la smetteste di interpretare forzatamente gli eventi in base ai vostri preconcetti. In questa vicenda non c'è un protagonista da salvare.

Non Di Matteo il quale non ha smentito il dubbio ingenerato che la revoca della proposta fosse legata alle intercettazioni dei mafiosi, sebbene potesse ben desumere che si era trattato di ordinaria - ma non per questo meno scandalosa - spartizione di posti tra le correnti.

Non Bonafede che, se avesse tenuto fede ai principi sbandierati ma non perseguiti dei 5 stelle, avrebbe dovuto cambiare le logiche e assegnare i posti in base a meriti e non a logiche correntizie. Invece tutti i posti fuori ruolo di vertice (e anche non di vertice; e qui ne potrei raccontare delle belle!) hanno continuato e continuano ad essere assegnati per volere delle correnti.

Non la GEC dell’ANM, che non aveva alcun titolo per rappresentare i magistrati in una vicenda che non ha nulla a che vedere con il suo mandato.

Non le tifoserie, che pensano che bastino affermazioni di principio e che amano tanto l’idea che esista un salvatore della patria.

Gli incarichi, tanto nelle Procure, nei Tribunali e nelle Corti d'Appello quanto nei Ministeri, andrebbero assegnati per merito e competenza specifica, non per appartenenza o vicinanza ad una corrente.

E tali criteri andrebbero evitati a maggior ragione nei Ministeri, organi politici ove appare quanto mai pericolosa l'assegnazione di un posto ad un magistrato per mera appartenenza correntizia/partitica.

E, certamente, non andrebbero assegnati per notorietà o indice di gradimento al popolo, concetti che nulla hanno a che fare tanto con la competenza quanto con il merito.

E la mafia, visto che è l'unica parola che vi fa stare sull'attenti, cari Italiani, non sta solo nelle carceri o dietro le tangenti.

La mafia è un modo di pensare e soprattutto di agire e, "nel momento in cui si moltiplicano i modelli latu sensu mafiosi, come espressione di un atteggiamento volto a privilegiare il sodale rispetto all'estraneo, la cultura della giustizia non può albergare" (cit. Nicolo' Lipari). 

Buona partita a tutti

0 commenti: