giovedì 28 maggio 2020

Rhotax, prima che sia troppo tardi

di Massimo Vaccari - Medico di base, anzi no,  Magistrato 

Il male, apparentemente incurabile, che da almeno vent'anni affligge la magistratura italiana, un correntismo pervasivo e vorace, è stato diagnosticato dai più solo un anno fa, grazie al trojan inoculato  nel cellulare del paziente, “poco sintomatico”, Palamara.

Il ministro Bonafede nel question time di ieri alla Camera ha rivelato agli allarmati e disorientati  cittadini italiani di aver trovato finalmente una serie di cure alla metastasi in atto, tra le quali: 
l’introduzione di una norma che introduca oggettivi criteri meritocratici nell’assegnazione degli incarichi”.
Ci dispiace deludere il ministro taumaturgo ma il rimedio da lui indicato è un semplice palliativo.
Infatti poichè l’oggettività non esiste in assoluto, e la sua concreta applicazione passa attraverso delle valutazioni soggettive, l’introduzione di una norma siffatta lascerebbe al CSM quel margine di discrezionalità grazie al quale le correnti riescono a spartirsi, con una scientifica lottizzazione, praticamente tutti i posti direttivi e semi- direttivi d’Italia.
L’appartenenza a questo o quel gruppo continuerebbe ad essere il principale, se non esclusivo, parametro sulla base del quale l’organo di autogoverno opererebbe le sue scelte tra i vari candidati, con buona pace del merito.
Ed allora non si può fare nulla e si deve lasciare il malato al suo destino?
Certo che no perché la morte di questo paziente sarebbe estremamente dannosa per la democrazia.
La vera cura però è un’altra, come qualche voce isolata aveva segnalato, in tempi non sospetti, e come evidenziamo anche in questo blog con una delle nostre proposte di riforma legislativa. 

Sebbene nell’attuale dibattito sulla giustizia nessuno ne parli, c’è un intervento che assesterebbe un colpo formidabile alle correnti perché taglierebbe loro le unghie sottraendogli il ghiotto boccone delle nomine direttive. 

Si tratta della rotazione degli incarichi direttivi e semi-direttivi, per un periodo limitato di tempo (due o tre anni) tra tutti i magistrati dello stesso ufficio aventi una certa anzianità di servizio, da stabilire per legge.

Meccanismi del genere esistevano anche al tempo dei Dogi di Venezia per stroncare gruppi di potere che danneggiavano la credibilità dell’istituzione.

Innumerevoli sarebbero gli aspetti positivi di una simile riforma: 
- ridarebbe dignità alla magistratura, consentendole di riacquistare la fiducia dei cittadini, ormai seriamente compromessa;
- renderebbe la disciplina in tema di incarichi ancor più aderente al dettato costituzionale poiché l'articolo 107, comma 3, Cost. prevede che i magistrati si distinguono solo per funzioni e non per gradi o incarichi;
- non comporterebbe nessun costo per lo Stato ed anzi consentirebbe di aumentare efficienza e produttività del Csm, evitando le spesso lunghe procedure di assegnazione dei posti direttivi e semi-direttivi;
- potrebbe essere adottata con legge ordinaria o, vista l’urgenza di frenare il degrado che è sotto gli occhi di tutti, con un decreto legge, composto di una sola norma.
Si tratterebbe quindi di una cura, al male di cui si è detto, priva di controindicazioni, rapida, efficace ed indolore. 

Probabilmente sono propri questi suoi vantaggi che ne sconsigliano l’adozione perché una magistratura gravemente malata, e quindi debole, è estremamente bisognosa di “assistenza”, più o meno disinteressata. 

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