lunedì 8 giugno 2020

Chi demonizza veramente le correnti?

di Giuliano Castiglia - Magistrato


Franco Corleone, politico di lungo corso particolarmente dedito ai problemi della giustizia penale, soprattutto in tema di carcere, ha firmato ieri un pezzo per Il Manifesto intitolato “Chi demonizza le correnti preferisce la casta”.

Si tratta di un sussegirsi di inesattezze e illogicità che si risolvono in un invito a soprassedere da qualsiasi cambiamento delle regole di funzionamento del sistema che governa i magistrati, del quale in questi giorni abbiamo avuto la rappresentazione reale.

Rappresentazione a beneficio dell’opinione pubblica perché gli addetti ai lavori già conoscevano bene il sistema per esperienza diretta, praticata o subita, da pochissimi denunciata, da moltissimi condivisa per convenienza o connivenza, dai più tollerata per indifferenza od omertà.


Corleone inizia dicendo, sostanzialmente, che il problema delle correnti è un diversivo per distrarre l’opinione pubblica dal vero problema.

Vero problema sarebbe, invece, l’eccessivo potere attribuito ai “capi” delle procure, da cui la corsa a occupare le relative poltrone, a sua volta frutto della continuità statale tra monarchia fascista e repubblica democratica.

Peccato che a scegliere quei capi e ad alimentare le corse alle poltrone non siano né le Consulte dirette dagli ex presidenti del tribunale della razza né le Cassazioni abrogatrici delle sanzioni contro il fascismo.

Peccato che lo spettacolo rappresentato in questi giorni su qualche quotidiano e in sparute trasmissioni sia essenzialmente prodotto e messo in scena dal sistema correntizio.

Peccato che delle corse alle poltrone gli accordi spartitori tra le correnti e tra i loro capi siano il carburante principale dei mezzi impiegati in tali competizioni.

Il dialogo tra Palamara e il compagno di corrente Forciniti è chiarissimo: “… anche perché Roma e Perugia, a seconda di chi va, l’altro deve essere cioè uno di UNICOST e uno di MI…Se è Viola, su Perugia mettiamo chi diciamo noi. Se è Primicerio, su Perugia mettiamo quello di MI”. Insomma, il più classico degli uno a te, uno a me… tra correnti: per la Procura capitale e per quella che indaga sui magistrati capitali.

E peccato che, diversamente da quanto scrive Corleone, le spartizioni partitico-correntizie non siano affatto limitate ai vertici delle procure e che condicio sine qua non di queste siano tutte le restanti spartizioni: fioccano dalle chat palamaresche preci, promesse, accordi, scambi, stop, accelerazioni, frenate, pacchetti; non solo sui procuratori ma su tutto, presidenti, presidenti di sezione, aggiunti, posti in DDA, in DNA, al massimario, in Cassazione, in Procura generale, fuori ruolo qui e fuori ruolo là; e tutto rigorosamente prescindente dai principi di imparzialità e indipendenza tanto dei magistrati quanto dell’ordine di appartenenza; e tutto pressoché interamente fondato sulle appartenenze, le vicinanze, le convenienze e, se possibile, via peggiorando.

E peccato che l’impegno a favore della corrente e il voto per la corrente siano i dati che contano per “piazzare” questo o quell’altro nei posti in ballo.
Ce lo insegnano tutte le chat riservate divenute pubbliche.
Da una del novembre 2017, ieri assurta agli onori della cronaca, tra Gaetano Sgroia e Luca Palamara (sodali di Unicost) in cui il primo, aspirante al posto di presidente di sezione del riesame di un tribunale del Sud, ricorda al secondo: “Ho dato tutto per Unicost sempre e comunque. Anche e soprattutto dopo aver perso le primarie di quattro anni fa. Tanto è vero che a Salerno i consensi sono addirittura aumentati”; a quella più risalente nel tempo tra Francesco Vigorito e i suoi sodali di corrente, divenuta pubblica per caso fortuito, in cui l’allora Consigliere di Area (era l’ormai lontano novembre 2012) segnalava agli interlocutori come un’altra sodale gli avesse riferito che uno dei candidati a un certo ufficio direttivo – qualificato dallo stesso Vigorito “di rilievo minore” – avesse “votato alle nostre [di Area] primarie” e forse “anche alle elezioni”.

Dunque, effettivamente, come riconosce lo stesso Corleone, “la tabe ha origini antiche”.
Con essa, tuttavia, il codice penale fascista c’entra come i cavoli a merenda.
Mutatis mutandis, invece, le si attaglia perfettamente l’analisi berlingueriana sull’occupazione partitica delle istituzioni (Anno Domini 1981); che a tutti i partitocrati, però, non andò e non va di sentire.

Per Corleone “è evidente che se il CSM è eletto per un terzo dai magistrati, il metodo di elezione deve garantire la rappresentanza secondo un metodo limpido”.

Dispiace dire che quello che dice Corleone non è affatto evidente e costituisce una totale inesattezza.

Come si è detto altrove, il CSM non è affatto un organo di rappresentanza politica e non potrebbe esserlo perché i magistrati non hanno alcun mandato politico, essendone costituzionalmente immuni, e, conseguentemente, giammai potrebbero investire qualcun altro di un siffatto mandato.

Un CSM politico non potrebbe essere eletto, nella sua frazione maggioritaria, dai magistrati.

Un CSM politico, attraverso la selezione partitico-correntizia dei dirigenti e l'influenza di questi sui singoli magistrati - tra l'altro dovuta a un sistema di valutazione di professionalità essenzialmente basato, in totale violazione dell'art. 107 della Costituzione, sul "rapporto" dei "capi" - si traduce in un attentato al principio cardine di neutralità politica della giurisdizione, nettamente sposato dai Costituenti con l'affidamento dell'esercizio di tale funzione sovrana al potere diffuso di tecnici soggetti soltanto alla legge e selezionati per concorso.

Nella componente togata, semmai, il CSM è un organo rappresentativo delle diverse categorie. Una sorta di campione dei magistrati ordinari.

Palesemente errato e illogico, infine, è il rilievo di Corleone secondo cui, se ci si affidasse al sorteggio nella scelta dei componenti del CSM, “per conseguenza anche le decisioni dei processi potrebbero essere affidate al metodo infallibile del testa o croce”.

Chiunque comprende, infatti, che una cosa sono le regole per la selezione dei componenti di un organo e altra e ben diversa cosa sono quelle per l’assunzione delle decisioni da parte di quegli organi.

I tribunali dei ministri, assai operativi in questo frangente temporale, sono organi i cui componenti sono selezionati per sorteggio.
E se un presidente di un tribunale dei ministri selezionato per sorteggio, investito di un caso scottante al quale Palamara sembra essere tanto interessato, può dire allo stesso Palamara “sarò freddo come uno squalo” e concorrere a decidere e redigere un provvedimento che il Luca nazionale, stando alle sue chat, potrebbe non avere apprezzato, è lecito dubitare che altrettanto avrebbe potuto fare un presidente di qualsiasi altro ufficio lì sedente quale frutto della “mediazione” del buon Luca.

Chi demonizza le correnti non è chi le vorrebbe fuori dal governo dei magistrati e dedite, come dichiarano di volere essere e come afferma lo stesso Corleone, al “confronto delle idee”.

Chi demonizza veramente le correnti sono coloro che continuano a volerle intruppate nelle istituzioni di governo dei magistrati, impegnate nella spartizione dei posti ai “migliori” dei loro e di quelli come loro, essenzialmente selezionati secondo criteri di appartenenza, fedeltà e abilità strategica a farsi strada nei giochi partitici, dove il merito tecnico conta nella misura in cui è messo al servizio delle altre abilità.

Chi demonizza veramente le correnti sono coloro che invocano l’importanza del pluralismo culturale” tra imagistrati per resistere a qualsiasi possibilità di porre fine al triste e illecito spettacolo spartitorio in cui esse riescono a dare il peggio di sé stesse.


1 commenti:

francesco Grasso ha detto...

Tutto a prescindere dal fatto che: ulteriore e più incisivo potere ai "capi" delle procure è nel programma di chi le correnti(depurate da elementi indipendenti, creando miriadi di piccoli collegi) le sta salvando a tutti i costi.