mercoledì 24 giugno 2020

Concorsi riservati per correntisti



E’ baruffa tra i correntisti.
E’ stata annunciata querela contro  il dott.  Luca Palamara per aver detto che il dott. Albamonte s’incontrava con l’Onorevole Donatella Ferranti, anche lei magistrato ma all’epoca  eletta col Partito Democratico in Parlamento.
Il bello è che, nell’illustrare la sua posizione, il dott. Albamonte  avrebbe fatto questa affermazione:  Io fui nominato secondo le regole, e secondo la prassi di scegliere i segretari del Csm non solo per competenze e professionalità ma anche in riferimento ai gruppi rappresentati in Consiglio”.
Cos’è e cosa fa il “magistrato segretario del CSM” ?
Si tratta di un magistrato che anzichè lavorare in Tribunale (o in una Procura della Repubblica) presta servizio presso il Consiglio Superiore della Magistratura, in funzione servente rispetto a quella dei consiglieri superiori (che sono eletti).  Studia e prepara le pratiche della commissione alla quale è assegnato. A differenza dei consiglieri superiori la sua non è una carica elettiva; si tratta di un pubblico dipendente della cui attività si giova il Consiglio Superiore della Magistratura che, per “assumerlo”,  indice un concorso pubblico che per legge dovrebbe essere aperto a tutti, per assunzioni a tempo indeterminato.
Il Csm, ritenendo però quella legge tacitamente abrogata, da tempo indice concorsi interni per soli  magistrati.
Ebbene fino ad oggi  nessun bando per quella figura di collaboratore aveva mai indicato tra i requisiti quello del “riferimento”  del candidato ad  uno dei “gruppi” consiliari, vale a dire  del collegamento ad una  corrente che era riuscita a far eleggere dei consiglieri superiori.
Eppure con disarmante naturalezza il dott. Albamonte ammette di essere stato scelto per quell’incarico non soltanto per le sue qualità professionali  - che diamo per certe, con qualche legittima  riserva per il diritto amministrativo  – ma anche in forza di quella “prassi” che premia la vicinanza,   se non l’appartenenza, alla corrente.
Cosa è la prassi e quando può essere fonte del diritto.
La prassi, anche in senso giuridico, è l’abitudine ad un certo comportamento adottato dalla pubblica amministrazione che, quando non è in contrasto con precetti normativi scritti, costituisce essa stessa  fonte del diritto, nel senso che dalla prassi nasce una regola che, tendenzialmente, deve valere per tutti.
Tanto è vero che l’ingiustificato discostamento da una prassi può indicare un tipico difetto dell’atto amministrativo, poiché segnala una disparità di trattamento.
Quando, però, sia la legge (o altre fonti subordinate) a porre direttamente le regole scritte di una qualsiasi attività pubblica nessuna difforme abitudine può essere ammessa: vale la legge scritta.
Se poi addirittura s’invoca la prassi per giustificare la cattiva abitudine di violare la legge vuol dire che si è persa quella sensibilità che ogni giurista dovrebbe conservare sin dal conseguimento della laurea in giurisprudenza.     
La prassi segnalata dal dott. Albamonte ha tutte le sembianze di un abuso, perché contra legem.
I principi generalissimi in materia di concorsi pubblici sono, oltre a quello del suo buon andamento, quello dell’imparzialità della pubblica amministrazione (art. 97 Cost.) e se il bando prevedesse “il riferimento alla corrente” dell’aspirante segretario esso andrebbe incontro a sicuro annullamento ad opera del Giudice Amministrativo.
Sarebbe come dire che per diventare commissario di polizia devi avere la tessera di partito.
Se invece, come affermato dal dott. Albamonte, quel requisito -   inespresso nel bando -  fosse l’effettivo criterio seguito dal CSM per selezionare i propri collaboratori, “la prassi”, allora saremmo di fronte ad un fatto gravissimo e che non lo percepisca un magistrato che fa il pubblico ministero non può che destare grande sconforto.
Soprattutto perché nessuno sarebbe disposto a  credere che quella “prassi” sia limitata al posto di magistrato segretario e non anche a tutti gli incarichi decisi dal CSM.
La redazione


1 commenti:

francesco Grasso ha detto...

Iddu mutu ava stari, assai parrau e jaddina nonni mancia! Palamara zitto doveva stare, assai ha parlato, e gallina non ne mangia. A lui più niente è dovuto, fatta eccezione di qualche querela. Assai irrilevante è quanto si è già detto. La prassi segnalata dal dott. Albamonte è ictus oculi contra legem, anzi extra legame! Proprio per questo zitto doveva stare.