sabato 25 luglio 2020

Correntopoli: il colpo di spugna ?

di Stefano Sernia - Magistrato
Nella formulazione vigente prima dell’emanazione del decreto legge numero 76 del 2020, l’articolo 323 del Codice Penale fungeva da valida difesa dei cittadini di fronte agli abusi di chi fosse investito di pubblici poteri, atteso che puniva con la pena della reclusione da uno a quattro anni il pubblico ufficiale (o incaricato di pubblico servizio) che avesse intenzionalmente procurato a sé od altri un vantaggio patrimoniale ingiusto, o a terzi un danno (anche non patrimoniale) ingiusto,  adottando volontariamente un provvedimento illegittimo perché in violazione di legge o di regolamento.

Occorre tenere presente che si intendeva, secondo la corrente interpretazione, integrata la violazione di legge o di regolamento anche quando ad essere violate fossero disposizioni di enti od organi pubblici  non statuali, purché a tali disposizioni facessero rinvio previsioni di legge o di regolamento. 

Il caso classico sono le regole proprie di un bando di concorso, non stabilite dalla legge, allorché questa rinvia all’atto della stazione appaltante o della commissione aggiudicatrice, sicché tale atto è adottato in attuazione di una disposizione di legge.

Poiché la legge stabilisce l’illegittimità degli atti viziati da eccesso di potere (vizio tipico degli atti discrezionali) , quali sono ad es. quelli adottati per il perseguimento di un fine illegittimo perché diverso da quello per la cui realizzazione il potere è attribuito al pubblico ufficiale (d’ora in poi, p.u.), il giudice penale poteva verificare anche se il p.u. avesse adottato un atto apparentemente legittimo ma per fini illeciti (si pensi al bando di gara pubblica preconfezionato con la richiesta di requisiti di partecipazione pensati per escludere una determinata impresa e favorirne un’altra).

La norma era quindi piuttosto chiara ed idonea a punire solo le condotte effettivamente  offensive dei diritti della collettività e dei cittadini: non era invero sufficiente che il pubblico ufficiale, nel seguire il procedimento dettato per l’adozione di un atto del suo ufficio, si limitasse a violare una norma procedimentale, ma era necessario che ciò facesse volontariamente, ed al fine di procurare a sé o ad altri un ingiusto profitto patrimoniale, o di arrecare ad altri un danno ingiusto.

L’art.  23 deI DL 76/2020 ha, invece, di fatto abrogato L’art. 323 cp, in quanto punisce gli atti con cui il p.u. intenzionalmente arreca un danno ingiusto a terzi, o un vantaggio patrimoniale ingiusto, solo allorché:
A)           il pubblico ufficiale abbia agito in violazione di una precisa regola di condotta specificamente prevista dalla legge (laddove invece, come accennato, e come già altri commentatori hanno rilevato, non è in genere la legge,  ma un  atto normativo o amministrativo di rango inferiore, a dettare quelle regole procedimentali che servono ad assicurare la rispondenza del contenuto dell’atto finale al perseguimento dell’interesse pubblico) ;
B)           l’atto adottato sia un atto dovuto e vincolato quanto a contenuto, con esclusione pertanto degli atti discrezionali, quand’anche si tratti di una mera discrezionalità tecnica (quale ad esempio,  in una procedura di gara pubblica d’appalto, la individuazione dell’offerta economicamente migliore o del progetto tecnicamente più valido.

Quali le ragioni dichiarate  di tale modifica normativa?

Nella parte introduttiva del DL in oggetto, si legge (dopo i vari “visto l’art.” ecc.) “Ritenuta  altresi'  la  straordinaria  necessita' e  urgenza di introdurre misure di semplificazione procedimentale e di  sostegno e diffusione dell'amministrazione digitale, nonche' interventi di semplificazione in materia di responsabilita'  del personale  delle amministrazioni, nonche' di adottare  misure di semplificazione  in materia di attivita' imprenditoriale, di ambiente e di green economy, al  fine  di  fronteggiare   le   ricadute   economiche   conseguenti all'emergenza epidemiologica da Covid-19”, sembra si sia voluto far intendere che, nell’attuale versione, l’art. 323 cp si ponesse d’ostacolo alla rapidità (necessaria nella fase di emergenza economico-sociale conseguente all’epidemia da CVID-19) dei procedimenti decisionali delle pubbliche amministrazioni, ingenerando quella che è stata pure definita “la paura di firmare”.

Ci si sarebbe pertanto aspettato che - come previsto per le altre disposizioni del DL 76/2020 la cui efficacia derogatoria alla disciplina di controlli e ricorsi è espressamente stabilita con termine al 31.07.2020 -  la modifica dell’art. 323 cp fosse stata a vigenza temporalmente delimitata (venendo così sottratta, ai sensi dell’art. 2 co. 5 c.p., al principio della retroattività della legge penale più favorevole).

Invece, proprio e  (pressocchè) solo l’art. 23 del DL n. 76/2020 (che come detto modifica l’art. 323 cp), non ha, tra le disposizioni del suddetto DL, vigenza temporalmente limitata; sicchè, esso troverebbe applicazione  - giusta quanto previsto dall’art. 2 co. 4 c.p. - anche per i reati già commessi sotto il vigore della precedente formulazione dell’art. 323 c.p.; una grandissima quantità di fatti fino ad ieri illeciti, perché frutto di favoritismi o prepotenze, lesivi di diritti del cittadino o della collettività, diverranno tutto ad un tratto leciti e non punibili.

Ce n’era effettivamente bisogno? O non sarebbe stato sufficiente, a tutela dei pubblici ufficiali timorosi di essere perseguiti per meri errori procedimentali, prevedere, ad es., la difesa a spese dello Stato (e salvo rivalsa in caso di condanna) di ogni pubblico amministratore inquisito per il reato di cui all’art. 323 cp?

O si tratta di un “regalo” fatto a qualcuno? E perché? Per ragioni di solidarietà? Per un interesse comune che lega Governo e responsabili di abusi già commessi? O per porre una maggioranza politica in posizioni di “credito” nei confronti di qualcuno?

A far pensar male dell'art. 23 del DL 76/2020 è poi anche la circostanza che detta norma non abbia creato alcun sussulto nella "stampa progressista", in genere pronta ad insorgere contro il malcostume politico e la presentazione di disegni di legge che lo favoriscano o ne garantiscano l’impunità , e peraltro stranamente unanime nel mettere la sordina al contenuto delle chat del magistrato dott. Luca PALAMARA con i vari “correntocrati”, compresi quelli di Area (la corrente c.d. progressista), e da cui bene emergeva come anche tale corrente partecipasse al biasimevole (ed illegittimo) sistema lottizzattorio di ogni incarico di rilievo all’interno della magistratura.

Intanto può osservarsi che un effetto macroscopico del suddetto art. 23 del D.L.  n. 76/2020 è proprio quello di passare un fenomenale colpo di spugna su quanto emerso dalla “chat” del magistrato Luca Palamara e sul fenomeno delle degenerazioni clientelari caratterizzanti l’influenza delle correnti dell’ANM sul Consiglio Superiore della Magistratura.

E’ infatti appena il caso di osservare che tutte le nomine compiute dal CSM in maniera illegittima perché conseguenti ad accordi clientelari o spartitori tra le correnti, diverrebbero penalmente non perseguibili, atteso che la materia è specificamente regolata da circolari del CSM (e non già dalla legge, che detta solo disposizioni di cornice) ed è espressione di un potere a contenuto discrezionale, perché valutativo e comparativo.

Allo stesso modo diverrebbero penalmente non perseguibili tutte le pratiche di lottizzazione di incarichi nella Pubblica Amministrazione, o anche le numerose aggiudicazioni di appalti in favore di imprese corruttrici, o vicine a partiti politici (e magari occultamente di loro proprietà), quand’anche si trattasse di imprese mafiose.

A chi sostiene – come accade - l’inutilità del reato previsto dall’art. 323 cp,  attesa la sua natura residuale, è bene infatti ricordare che è molto più facile provare (e punire) un abuso in atti di ufficio – in cui bastava dimostrare la condotta contraria a legge o regolamento, e la sua strumentalizzazione al conseguimento per sé o per altri di un ingiusto profitto patrimoniale, o alla causazione di un ingiusto danno a terzi – piuttosto che il reato di corruzione di cui all’art. 319 c.p. (in cui occorre provare anche che l’abuso sia  il frutto di un accordo tra corrotto e corruttore, avente ad oggetto quantomeno la promessa di una remunerazione per l’abuso) o una induzione indebita di cui all’art. 319 quater c.p., in cui nessuna delle due parti dell’accordo ha chiaramente interesse a farlo emergere.

Ogni cittadino che avesse un’istanza da presentare ad una Pubblica Amministrazione dotata del potere di respingerla in base a valutazioni anche di mera discrezionalità tecnica (ad es: l’istanza non è accoglibile perché l’opera di cui si chiede l’autorizzazione non rispetta le specifiche di legge), o amministrativa (ad es. l’istanza non è accoglibile perché quanto richiesto contrasta col pubblico interesse), si troverebbe quindi sprovvisto della tutela offerta dalla sanzione penale contro l’arbitrio del pubblico ufficiale, che rimarrebbe non punibile anche qualora negasse a Tizio ciò che invece consente a Caio, magari perché suo amico, o amico di amici,  o vicino a qualche “potente”.

Rimarrebbero perseguibili solo, come detto, quegli atti – purchè non discrezionali - compiuti in violazione di specifiche norme di legge: in pratica, quasi nulla.

Intanto, il procedimento a carico di Palamara è stato rinviato al 15.09.2020, cioè ad una data immediatamente successiva alla scadenza del termine per convertire in legge il DL n. 76/2020.

Nel frattempo, convinciamoci e cerchiamo di convincere che la norma va assolutamente cambiata, a tutela dei cittadini onesti e del loro diritto ad una Pubblica Amministrazione altrettanto onesta.


3 commenti:

bartolo ha detto...

Questo Blog conosciuto nel primo decennio del secolo ha contribuito, unitamente ad alcuni amici avvocati, e a un Professore di diritto penale che ha accettato di difendermi senza conoscermi e senza onorario, a farmi sopravvivere gli ultimi anni prima di varcare i cancelli di ben tre diversi penitenziari quanto sono stai gli anni di condanna per mafia, tre (3)! dopo decenni di kafkiano processo nelle more del quale ne ho viste di ogni colore. Per cui, aldilà dell'articolo 323 del c.p. che è stato abrogato in via d'urgenza con apposito decreto legge in quanto servirà a qualche impostore per mantere, invero, candida la propria fedina penale, voglio dire GRAZIE. E invitare ad ulteriori sacrifici di lavoro extra i suoi amministratori.
Siete una speranza per tutti i cittadini poveri e onesti.

francesco Grasso ha detto...

Evento certo più della morte. Era nell'aria fin dai primi giorni dell'anno. Un depotenziamento dell'art.323 c.p. da valere come abrogazione per gli amici e applicabile ai nemici. Un provvidenziale colpo di spugna per un reato base. Comunque questo reato si accompagna spesso con quello di favoreggiamento(378-382) è la che bisogna colpire per stroncare il cancro.

Unknown ha detto...

Ottimo commento, condividile in ogni espressione.
Ogni governo che si è ritenuto forte, invincibile è puro (il Prodi 1 fece lo stesso) ha modificato l’art. 323 c.p. per avere le “mani libere”. E questo Conte bis si muove in questo solco.
Avv. Clemente Biondi - Napoli