martedì 14 luglio 2020

Lista indigesta



La lista di testimoni depositata dalla difesa del dott. Luca Palamara, a dispetto delle apparenze, non è sovrabbondante. 

La tesi difensiva è infatti quella della coerenza dei comportamenti dell’incolpato con le abitudini del “sistema” magistratura. 

I magistrati italiani sono selezionati, al pari di tutti gli altri dipendenti pubblici, con un concorso che dovrebbe partorire dei tecnici del diritto di buon livello. 
Dei funzionari assistiti da alcune garanzie formali che dovrebbero metterli al riparo da indebiti condizionamenti capaci di influenzarne le decisioni. Così, a differenza di altre “carriere” burocratiche, quella del magistrato si caratterizza - dovrebbe caratterizzarsi -  per l’assenza di gerarchia, distinguendosi gli uni dagli altri solo per le funzioni in concreto svolte. 

Questo è scritto nel libro dei sogni, vale a dire nella Costituzione della Repubblica.

Sta di fatto che la carriera, bandita dal Costituente, si è affermata in magistratura ancor più che in diversi ambiti della burocrazia. 

I magistrati sono i dipendenti pubblici più “carrieristi” rispetto ad ogni altra categoria, sgomitano fin da “bambini” per ottenere un posto direttivo  che poi in realtà non dirige un bel nulla, traducendosi nella sostanza il premio in un generoso esonero dal lavoro ordinario tipico del magistrato.

Con una circolare il CSM ha previsto, ad esempio, che i presidenti di sezione possano fruire di uno scomputo “fino” al 50% degli affari giudiziari col risultato che tutti i semidirettivi godono di quella falcidia nella misura massima, molto spesso senza motivazioni reali. 

Si aggiunga che ormai approdano a quegli incarichi degli sbarbatelli di quarant’anni per apprezzare il danno che una simile organizzazione determina allo Stato. 

Nell’ambito dei pubblici ministeri, poi, la gerarchia ha preso il sopravvento per effetto della riforma Mastella del 2006, togliendo ogni significativa autonomia a chi, tra i magistrati dell’accusa, non sia il “capo” della Procura della Repubblica. 

A governare questo sistema, in modo quasi suicida, il meccanismo del “voto”.  

Perché il CSM, Consiglio Superiore della Magistratura, l’organo che determina le sorti professionali dei togati italiani, viene eletto proprio dagli stessi magistrati che a quel punto si sono organizzati in partiti politici (le correnti) per la conquista del potere. 

Col risultato che lo scudo apprestato dal Costituente verso la politica dei partiti serve soltanto a nascondere i peccati autoctoni, interni alla categoria, che farebbero  arrossire anche i politici più smaliziati. 

La gestione del potere è presto diventata la ragion d’essere del CSM, non a caso ridotto a “nominificio” al servizio dei soggetti che sgomitano di più, arrivisti di ogni risma. 

Guardateli con sospetto. 

Ogni presidente di tribunale, ogni procuratore della repubblica di ogni città sono il frutto di questo “sistema”.  Non sono lì per caso, né per merito. 

Gli incarichi sono divenuti la merce di scambio del potere giudiziario, né più né meno di quanto avviene in politica. Non vengono regalati a nessuno, bisogna conquistarseli con la devozione alle parrocchie politiche dei magistrati.  Su quelli più importanti, poi, mette il becco anche la politica vera, quella dei partiti in parlamento, un cui drappello ha accesso al CSM.  

Proprio questo “canta” la lista testi del dott. Luca Palamara  e cento testimoni sono addirittura pochi rispetto al numero dei coinvolti, il minimo sindacale per dimostrare come funziona il “sistema”.

Del quale fa parte integrante il “giudice” disciplinare, composto dagli stessi membri del Consiglio Superiore della Magistratura che, dismesse le vesti di elargitori di incarichi,  indossano con scarsa credibilità la toga da  censore del reprobo.

Il nodo è finalmente al pettine. 

Come può un giudice elettivo mettere sotto accusa il sistema che lo ha generato, vale a dire quello del “voto”? 

Non lo farà, infatti. 

Difficilmente lascerà sfilare i suoi più fedeli elettori  nell’aula del giudizio,  con ciò evitando di specchiarsi nella accuse oggi solo per disavventura rivolte all’incolpato, che del sistema era solo un abile giocatore. 




3 commenti:

bartolo ha detto...

https://www.liberoquotidiano.it/news/commenti-e-opinioni/23769303/raffaele-della-valle-magistratura-totale-promiscuita-ci-voglio-attributi-intervista-pietro-senaldi.html

francesco Grasso ha detto...

Proprio così, oro colato quanto si dice.Leggendo la lista testi si rimane allibiti, si chiamano quali testimoni a discarico persone che possono solo perfezionare l'accusa(Sabella, Ingroia ....); altri soggetti che hanno subito trasferimenti e che continuano nello stesso solco, altri ancora che si calcano a forza in testa la corona della beatificazione che un imprevedibile scivolone li porterebbe su una sedia a rotelle. Si tratta di una difesa insipiente? No! Una difesa molto pericolosa, ma ben precisa e delineata. Si dice ai giudici: avete dimenticato che facciamo parte della stessa cordata, e che le accuse che lanciare du me arrivano dritte su voi?

francesco Grasso ha detto...

LA LISTA TESTI NON E' AFFATTO SOVRABBONDANTE. Tuttavia si parla di riduzione a soli 10 testi su 130. In tanti pensiamo che il criterio che guida il dott. Palamara, sia quello del: " chiagne a mamma mia, chiagnono tutte e mamme", come si dice a Poggioreale. Può darsi si, che no. Comunque si tratta di mere opinioni irrilevanti in ordine alla soluzione della problematica attinente la questione giuridica in argomento. Non siamo certo in presenza di un arrogante automobilista che attraversando col rosso, uccide 130 persone, ove l'unico elemento da accertare è il colore del semaforo nell'istante dell'incidente. Si tratta di migliaia di circostanze coinvolgenti migliaia(rectius: milioni di persone) che coinvolgono le strutture portanti dell'ordine democratico. Nessuna premura ci deve essere!!! Ciò che rileva è l'accertamento della verità per per fatti determinanti il futuro della Nazione, e la tutela dei diritti naturali fondamentali dell'uomo.