giovedì 11 febbraio 2021

Attenti al dito !



di Donato D'Auria - Magistrato

Nei giorni scorsi, su una testata di corrente, è stata pubblicata una bizzarra analisi di alcune parti del libro, "Il Sistema", che raccoglie le confessioni di Luca Palamara. 

Mi pare che questo scritto  inviti a guardare il dito anziché la luna, come accade di frequente ogni qual volta si parli delle esternazioni del dott. Palamara. 

Anzi più che al dito accusatorio si presta attenzione alla sua unghia che si ritiene sporca. 

L’articolo si dilunga infatti in tutta una serie di incongruenze presenti nel libro-intervista, alcune delle quali avevo notato anche io nel leggerlo, quasi a voler concludere che quanto in esso riferito sia frutto solo della immaginazione del narratore (eloquente è il paragone calcistico della finale dei mondiali dell’82 che l’autore propone).

Ora, non credo che il dott. Palamara stia raccontando fatti che lo hanno coinvolto in prima persona - unitamente all’organo collegiale all’interno del quale operava - perché sia sinceramente pentito e questo nemmeno mi interessa. Penso che, invece, dovrebbe interessare a tutti quello che racconta e se le cose che dice sono riscontrabili, piuttosto che cestinarle in ragione solo della loro provenienza.

Peraltro l'ex presidente dell'Anm in più occasioni ha  tenuto a precisare che tutti i fatti che vengono riferiti nel libro sono riscontrabili mentre l'altro autore ha sottolineato che lo staff della casa editrice ha sottoposto ad una attenta verifica documentale il racconto del dott. Palamara.

Del resto un simile scrupolo è perfettamente comprensibile in ragione della gravità e del numero degli autori di condotte inappropriate, e spesso anche illecite, che il libro menziona.


  

Non bisogna poi dimenticare che molti dei fatti che il dott. Palamara denuncia hanno già trovato una formidabile conferma nella memoria del suo smartphone, altri andranno accertati con una paziente opera di ricerca dei riscontri, se c’è una effettiva volontà in tal senso. Dunque, non si tratta di fatti immaginari.

Del resto, la diffusione delle chat ha confermato quanto già tutti sapevano, perché di una evidenza palese (solo chi non voleva vedere non ha visto), vale a dire la spartizione cencelliana di qualsiasi incarico di “prestigio” tra le correnti in relazione al “peso” di ognuna: dalle nomine dei direttivi e semidirettivi, ai fuori ruolo, ai posti di magistrato segretario (con riferimento a questi ultimi incarichi, autorevoli esponenti del sistema delle correnti non ne hanno fatto mistero) a quelli al Massimario, alla Suprema Corte o alla Procura Generale, con le votazioni a pacchetto.

Nello stesso senso depongono le sonore e talora umilianti bacchettate del giudice amministrativo, che in alcuni casi ha letteralmente stracciato le delibere consiliari (a tale ultimo proposito è particolarmente istruttiva la sentenza del Consiglio di Stato che ha annullato tutte le ultime nomine alla SSM).

Ebbene, a fronte di tutto questo preoccupante contesto, l'autore del contributo, invece di esaminare le cause che hanno creato il sistema raccontato dal Luca Palamara si sofferma su alcuni dettagli del suo racconto.

Certamente anche questi sono importanti, ma è enormemente più importante cercare di individuare i rimedi alla gravissima crisi in cui è precipitata la magistratura.

Rimedi che certamente non possono essere quelli provocatoriamente indicati nello scritto (Tiriamo a sorte, tanto per dire, il prossimo procuratore di Roma).

Sfugge all’autore dell'articolo che nessuno ha mai proposto di sorteggiare i direttivi o i semidirettivi, quanto piuttosto (la faccio breve, perché la proposta è nota ed è stata in più occasioni esposta da altri molto meglio di me) di coinvolgere mediante la rotazione tutti i magistrati con una determinata anzianità di servizio nel coordinamento dell’ufficio, in modo tale da realizzare una partecipazione orizzontale alla gestione dell’ufficio, certamente più in linea con il dettato costituzionale. In tale modo si eliminerebbero d’emblée le file di questuanti, che elemosinano nomine, di cui vi è ampia traccia nelle chat del dott. Palamara.

Le valutazioni di professionalità ed il diritto di tribuna degli avvocati negli organi di autogoverno locale, questioni certamente importanti, si rivelano palliativi che non risolvono il problema. Anzi, a mio sommesso avviso, distraggono dalla sua soluzione.

Un’ultima notazione di carattere generale: non penso che soggetti che fino ad ora sono stati pienamente inseriti nel sistema e che ci hanno condotto nel baratro in cui ci troviamo siano capaci di autoriformarlo, così come penso che il problema non si risolva cambiando le persone.

L’unica soluzione è il cambio delle regole.

Si esce dal pantano con la rotazione degli incarichi (in relazione alle nomine dei direttivi e dei semidirettivi) e con l’elezione dei consiglieri superiori da un ampio paniere di sorteggiati (in relazione al governo della vita professionale dei magistrati ed alla salvaguardia della loro indipendenza interna).

Rimettendo gli eleggibili alla sorte, si evitano carriere parallele, che nella maggior parte dei casi prendono inizio dall’ingresso in magistratura

1 commenti:

Io speriamo che me la cavo ha detto...

La magistratura potrebbe cominciare a riacquistare credibilità se, sulla base dei fatti descritti da Palamara, gli uffici competenti per territorio iscrivessero qualche notizia di reato.

Sarebbe un evento paragonabile al primo passo sulla luna.