giovedì 11 febbraio 2021

Il gioco delle tre chat



Ci siamo più volte occupati dei temi connessi alla pubblicazione delle chat di Luca Palamara, in tempi diversi. 

In questo articolo  davamo conto delle diverse attività del trojan e delle rispettive figure giuridiche coinvolte. 

In questo, invece, si era affrontato il tema della loro conoscibilità come strumento storico di verità su fatti di sicuro interesse pubblico.

Luca Palamara ne ha poi ricavato un best seller.

La qual cosa implicherebbe rivelazioni di fatti che solo lui conosce.

Ma forse ha gabbato tutti. 

Approfittando, non partecipandovi, del classico schema del gioco delle tre carte: chat c’è, chat non c’è. 

Dove sono finite le chat, insomma? 

Se persino il CSM le pubblica, come da subito avevamo ipotizzato, vuol dire che sono pubblicabili. 

E se sono pubblicabili vuol dire che non sono atti che saranno portati davanti ad un giudice del dibattimento (art. 684 cp).

E che non servano  a sostenere le accuse penali formulate contro Luca Palamara lo avevamo detto da subito.

E infatti, a quanto pare, la Procura di Perugia non le ha indicate tra il materiale di accusa del quale intende avvalersi in quel giudizio.

Con ciò evitando di incorrere in un'evidente abnormità.  

E', forse,  giunto il tempo di spiegare in modo "sistematico"  - e non episodico  - "il sistema".

   

3 commenti:

bartolo ha detto...

Al dottore Russo leggendo l’intervista a Palamara gli è venuto in mente Tommaso Buscetta; a me, Raffaele Cutolo e Pier Paolo Pasolini. Il primo, rispondendo alle domande di giudici e pubblici ministeri sulla Nuova camorra organizzata di cui è stato il capo assoluto, riferisce che a coniare detto nome, in abbreviato NCO, sono stati gli inquirenti e i media, ma che in verità, egli capeggiava una banda di eversivi il cui obbiettivo non era di sostituirsi alla camorra bensì il suo annientamento. Il secondo, sapeva tutto sui misfatti d’Italia ma non aveva le prove per denunciare. Ecco, immagino Palamara, in sintonia con il “sistema”, o con quel mondo che non è di Robledo, perché il fine da raggiungere era supremo. Quanto celato. Cioè, la disintegrazione delle mafie attraverso un’organizzazione della giustizia altra rispetto al dettato costituzionale.

bartolo ha detto...

https://amp-ilgiornale-it.cdn.ampproject.org/v/s/amp.ilgiornale.it/news/politica/caso-palamara-parlamento-lantimafia-convoca-lex-pm-1922860.html?amp_js_v=a6&amp_gsa=1&usqp=mq331AQFKAGwASA%3D#aoh=16130314489287&csi=0&referrer=https%3A%2F%2Fwww.google.com&amp_tf=Da%20%251%24s&ampshare=https%3A%2F%2Fwww.ilgiornale.it%2Fnews%2Fpolitica%2Fcaso-palamara-parlamento-lantimafia-convoca-lex-pm-1922860.html

francesco Grasso ha detto...

Con calma serafica, Palamara spiega che non è stato lui a inventare il "sistema" per cui è stato punito. Invero quando il sistema fioriva, lui non era ancora nato. Con la medesima calma dice di essersi trovato in mezzo e confessa di avere sbagliato. Bene-dice le intercettazioni e quanto si sta facendo per curare la giustizia e la magistratura. Barbara Palombelli quasi si commuove, non sa come ringraziarlo. Infatti come si può pensare di scaraventare fuori lui che riconosce il male e lo vuole curare , e lasciare dentro tutti gli altri che negano e pertanto pretendono di continuare a fare i loro comodi. Come si possono tenere in piedi le accuse. A Perugia si respingono le accuse del pm: devono essere ben chiarite e dimostrate ! Fra qualche giorno sarà sentito dalla Commissione parlamentare antimafia. Chi pensava che liquidando solo lui si risolveva il problema, capirà che invece, sta per nascere il problema.