venerdì 5 febbraio 2021

Rivendico il testo, ricuso il resto.




Il Riformista pubblica oggi, a mio nome, un pezzo dal titolo “La magistratura è come una cupola”, affiancandolo alla nota immagine del Padrino.

Premetto subito la mia totale estraneità sia al titolo che all’immagine, entrambi scelti a mia insaputa. 

Il titolo che avevo proposto era: “Riforme per non essere riformati”

Devo dissociarmi dal grottesco stravolgimento che quelle scelte infelici arrecano al contenuto del mio scritto: altro è dire, difatti,  che la magistratura italiana, di cui mi onoro essere parte,  è minacciata  al suo interno  da una cupola affaristica, altro ancora è ritrarla essa stessa come una cupola.

L’operazione, nella sua volgarità, non solo mortifica 8000 magistrati che ogni  giorno fanno il loro dovere nel rispetto delle regole  e fedeli alla Costituzione ma, addirittura, fornisce un comodo alibi ai soliti noti che gridano all’attacco alla giurisdizione per garantirsi lo status quo.  

Andrea Mirenda - magistrato

2 commenti:

Anonimo ha detto...

sul fatto che i soliti noti utilizzino l'infelice titolo e la scorretta immagine per difendere le proprie posizioni di "potere" non ci sono dubbi - tenteranno pure (inutilmente ormai) di infangare - alla mortificazione, invece, non ci credo: gli ottomila magistrati onesti, e dediti alla scienza del diritto e alla corretta erogazione di giustizia, la mortificazione l'hanno ricevuta da quella misera percentuale di mercenari che hanno realizzato l'attuale scempio. in quanto a sansonetti, si dovrebbe vergognare: è stata una pugnalata. spero, che in nome dello stato di diritto, lo riconosca e si comporti di conseguenza. un cittadino massacrato dalla disonesta' giudiziaria.

francesco Grasso ha detto...

Dott. Mirenda sicuramente ha fatto bene a chiarire le distinzioni fra quanto, in vero, da lei detto, e quanto gli si fa dire. Va poi detto che lei è un rarissimo esempio di " carrierista all'inverso", anche per sua amara scelta. Rifiuta la progressione di carriera per non sottostare ad un sistema improntato ad un carrierismo sfrenato. Molte, rilevanti e significative sono le "denunce" dalla S.V. poste in ordine ai gravissimi problemi della giustizia, nonché le responsabilità del CSM. Se mal non ricordo diversi anni fa, in occasione della presentazione del libro "Palazzo di ingiustizia" ha parlato di "metodi mafiosi". Il termine mafia, sotto il profilo semantico ha subito mutamenti sostanziali importanti. Sensu stricto, fa riferimento a comportamento di istituzioni pubbliche e private, anche di altissimo rango, che adottano metodi puramente mafiosi, fianco facendo uso delle cosche quale struttura armata. Sensu lato: si fa riferimento alla mentalità mafiosa. Purtroppo non può sottacersi che il ferreo tentativo di ridurre la stratosferica questione Palamara ad una banale questione di carrierismo, una sorta di problema interno, ha oscurato il problema fondamentale: la trasformazione della Giustizia in in-giustizia. Lasciando tutti liberi di fare quello che vogliono anche più di prima. Nel rilevantissimo intervento del 31 gennaio di S.E il P.G. di Catania dott. Roberto Sapeva, egli dice: " L'esperienza dimostra che le istituzioni, di ogni natura, che siano interessate da processi patologici particolarmente severi- e tale è la condizione dei gruppi associativi giudiziari . sono incapaci di autorigenerazione e possono rinnovarsi solo attraverso interventi esterni." Non è revocabile in dubbio che allo stato delle cose è assolutamente necessario: l'esame dei singoli specifici casi giudiziari. Sono un numero sterminato. Si può cominciare da quelli più gravi, anche se quelli che appaiono poco gravi in realtà dicono moltissimo.