mercoledì 31 marzo 2021

Chi fa troppe domande paga?




La storia che stiamo per raccontare dimostra il gravissimo e pericoloso corto circuito in cui è precipitato il Csm dopo l'esplosione delle vicende ormai note come Magistropoli. 

Giovedì scorso Luca Palamara è stato sentito, per circa un’ora e mezza, dalla prima commissione del Consiglio superiore della magistratura, che ha tra i suoi compiti anche quello di valutare i presupposti per i trasferimenti per incompatibilità ambientale dei magistrati.


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lunedì 29 marzo 2021

Il clamoroso autogol dell'Anm



Pubblichiamo i commenti, alquanto critici, di due colleghi al comunicato con il quale la Giunta esecutiva centrale dell’Associazione Nazionale Magistrati ha invitato i dirigenti degli uffici giudiziari italiani a sospendere l’attività giudiziaria urgente, a seguito dell’esclusione del comparto giustizia dalla programmazione vaccinale, non ritenendo garantite le condizioni per lo svolgimento in sicurezza delle udienze. 

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Se ancora avevamo qualche dubbio sull’utilità di questa Associazione Nazionale Magistrati, il comunicato diffuso il 28.3.2021 a firma della GEC li spazza via tutti.

Con formidabile intuito i nostri pensatori associati hanno partorito un comunicato doppiamente inutile: in primo luogo perché, anziché rivolgere le legittime preoccupazioni della categoria agli organismi istituzionali concretamente in grado di incidere sulla ridefinizione delle priorità del piano vaccinale, invita i dirigenti degli uffici giudiziari ad  adottare non meglio specificate misure finalizzate a “rallentare immediatamente tutte le attività dei rispettivi uffici, senza escludere, nei casi più estremi, anche la sospensione dell’attività giudiziaria non urgente”; in secondo luogo, perché, in assenza di normazione primaria e/o secondaria legittimante tali iniziative, nessun dirigente giudiziario dotato di raziocinio assumerà iniziative che vadano oltre il rabbocco dei dispenser di gel disinfettante.


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sabato 27 marzo 2021

Giangiacomo Ciaccio Montalto, la lungimiranza di un Uomo.



Quarantuno anni fa! Quarantuno! Tanti sono gli anni trascorsi dalla lettera di Giangiacomo Ciaccio Montalto, di cui Lorenzo Matassa, nello scritto che pubblichiamo, ci consegna alcuni passaggi di un'attualità inimmaginabile.
Lo zoom montato sull'obiettivo di Ciaccio Montalto perfora i lustri e mette a fuoco l'oggi come sanno e possono fare solo i grandissimi; che forse proprio per questo, perché grandissimi, capaci di guardare, di vedere e di dire, finiscono col trovarsi quasi sempre esiliati dal loro contesto, nel loro tempo.
E' amarissimo l'amaro che la riflessione di Lorenzo Matassa ci lascia in bocca. L'auspicio è che, smentendo la mesta constatazione dell'Autore, quelli che siamo venuti dopo, sappiamo fruire del dono di virtù dell'eroe civile, che prima di ogni cosa è la sapienza, sfruttandolo per lasciare a chi verrà dopo un campo un po' migliore. 

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LA STORIA FUTURA di un EROE CIVILE…

di Lorenzo Matassa - Magistrato

Mi ha sempre toccato il cuore una frase del poeta Cesare Pavese in cui vi è sintesi del passato, del presente e del futuro della dimensione umana.

A cosa serve il trascorrere dei giorni se non a farne memoria?”.

Fuori dal tempo che costruisce la nostra coscienza siamo solo vegetali di un lungo ed indistinto quotidiano.
Quale dignità di pensiero può esservi, infatti, in una società che dimentica i suoi eroi ed i loro insegnamenti?

La storia che voglio ricordare racconta di un vero Uomo. Il suo nome era Giangiacomo Ciaccio Montalto.

Fu ucciso, nella notte del 25 gennaio 1983, mentre tornava a casa sui tornanti della collina di Valderice.


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venerdì 26 marzo 2021

Le chat di Palamara "son ma chi pon mano ad esse"?



 di Rosario Russo - Magistrato in quiescenza 

DOTT. RAFFAELE CANTONE

Procuratore della Repubblica di Perugia

 

DOTT. PIERCARLO FRABOTTA

G.U.P. del Tribunale di Perugia

 

DOTT.SSA DONATELLA FERRANTI

Consigliere della Suprema Corte

 

Illustrissimi Magistrati,

permettetemi di riassumere le vicende che vi hanno visti in vario modo protagonisti.

A) Dopo la richiesta di rinvio a giudizio del dott. P. (proc. 6652/2018, mod. 21) e mentre le sue chat impazzavano sui giornali, il 26 maggio 2020 l’avv. prof. F. Mucciarelli, incaricato di costituirsi parte civile per A.N.M., ne chiese la copia al P.R. di Perugia. Questi, con provvedimento del 3 settembre 2020, dopo avere sostenuto che per gli organi disciplinari dell’A.N.M. non sussistevano ragioni di riservatezza impeditive all’accesso, riteneva (tuttavia) che era necessario contemperare accesso e riservatezza. Perciò autorizzava il richiedente a prendere visione in segreteria delle chat, subordinando l’effettivo rilascio della copia alla puntuale specificazione, per ciascuna chat, delle «ragioni rilevanti per la costituzione in giudizio o per l’esercizio di altre situazioni giuridicamente rilevanti». Trattandosi di circa 60.000 pagine di messaggi, l’Avvocato e l’A.N.M. ritennero di non potere materialmente esercitare, alle predette iugulatorie condizioni, il proprio diritto.

B) Frattanto, a seguito delle ultime elezioni, si costituivano gli organi dell’A.N.M. e, su pressante richiesta di alcuni componenti del Comitato Direttivo Centrale, si decise di reiterare l’istanza di rilascio.


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lunedì 22 marzo 2021

Ammuina plan


di Massimo Vaccari - Magistrato

“Tutti chilli che stanno a prora vann’ a poppa e chilli che stann’ a poppa vann’ a prora: chilli che stann’ a dritta vann’ a sinistra e chilli che stanno a sinistra vann’ a dritta: tutti chilli che stanno abbascio vann’ ncoppa e chilli che stanno ncoppa vann’ bascio passann’ tutti p’o stesso pertuso: chi nun tene nient’ a ffà, s’ aremeni a ‘cca e a ‘llà”

 

Il dibattito sia precedente che successivo all’entrata in vigore della legge 27 febbraio 2015 n. 18, che ha introdotto modifiche alla disciplina sulla responsabilità civile dei magistrati, era stato accompagnate dallo slogan martellante di “Ce lo chiede l’Europa”, utilizzato da diversi politici per accreditare nell’opinione pubblica l’idea che la riforma si fosse resa necessaria per adeguare la disciplina previgente al diritto dell’Unione Europea.

Se si fossero però lette le pronunce della Corte di Giustizia Ue che avevano ispirato la riforma, ci si sarebbe accorti che esse non avevano riguardato affatto, né del resto avrebbero potuto farlo, il profilo della responsabilità del magistrato ma quello della responsabilità dello Stato per violazione del diritto dell’Unione.


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domenica 21 marzo 2021

Chi legittima chi?


di Nicola Saracino - Magistrato

A margine del bel testo di Gabriella Nuzzi appena sotto, è quanto mai opportuno ricordare un intervento dell'allora segretario dell'ANM Giuseppe Cascini, che oggi è consigliere superiore.
Diceva nel marzo 2011, il consigliere superiore di oggi, che il Governo dell'epoca "non era legittimato"  a porre mano alla riforma della Giustizia perché troppo coinvolto.

Qui il video e qui il testo di quel comizio. 

Oggi Cascini, che siede al CSM, non si pone dubbi circa la legittimazione dell'organo di cui fa parte, il cui funzionamento è stato solo in parte disvelato dalle chat di Luca Palamara, ad interloquire sulla sua riforma. 

Ciascuno è legittimato a modo suo, il correntismo è fenomeno distorsivo e non ha basi costituzionali valide.

E con questo vi saluto, da oggi il blog sarà curato da altri.  

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L’acqua freschissima dell’acquaiolo.



di Gabriella Nuzzi- Magistrato 


Mentre si consuma l’attentato al “prestigio” dell’istituzione per mano del consociativismo politico-giudiziario imperante, consacrato dalle leggi “Mastella”; mentre l’opinione pubblica è rapita dalle scandalose rivelazioni di Luca Palamara, interrogandosi sull’affidabilità del servizio giustizia; mentre la magistratura aristocratica chiude le porte all’autocritica, preferendo il rassicurante silenzio della notte, che tanto presto passerà; mentre l’ANM si affanna alla ricerca di un vaccino, il Consiglio Superiore lavora alacremente.

Tra declaratorie di incompatibilità ambientali, nomine di direttivi e semidirettivi, modifiche regolamentari sugli effetti del disciplinare, il 17 marzo 2021 sono  approdate in Plenum sei proposte di pareri richieste dal Ministro di Giustizia ai sensi dell’art. 10 della Legge 24 marzo 1958, n. 195 sul testo di legge AC 2681, approvato dal Consiglio dei Ministri nella riunione del 7 agosto 2020, concernente le deleghe al Governo per la riforma dell’ordinamento giudiziario, costituzione e funzionamento del CSM, organizzazione uffici, incarichi direttivi e semidirettivi, disciplinare, ecc… Le sei corpose proposte sono state elaborate ed approvate dalla Sesta Commissione e giungono in discussione all’indomani dell’insediamento del nuovo Ministro di Giustizia, Marta Cartabia, che, tra le sue linee programmatiche, intende “verificare il lascito del precedente governo ed esaminare e valutare quanto dell’esistente meriti di essere salvato e, all’occorrenza, modificato ed implementato”. Esse possono leggersi sul sito Cosmag, ODG del 17 marzo 2021.


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sabato 20 marzo 2021

La lumaca avara.




Circoli viziosi.

Prima ancora che entrasse in vigore la legge che aveva introdotto il ristoro del danno da processo lumaca  avevamo pronosticato che si sarebbe verificata la clonazione delle cause, nel senso che anche i processi per riconoscere gli indennizzi ai cittadini sarebbero durati più dello sperato, dando luogo a loro volta ad ulteriori cause di risarcimento.

Quel che sembrava un paradosso si è trasformato in  ordinaria realtà.

Va premesso che non è qui in discussione il diritto del cittadino di essere compensato per il disagio collegabile al processo troppo lungo nel quale egli sia rimasto coinvolto.

Si vuole invece dimostrare  che uno Stato “tirchio”, quello delle riforme a costo zero, alla fine spende molto di più, a conferma del detto “chi più spende meno spende”.  

E per farlo non servono calcoli difficili.

Supponiamo che una sezione di Corte d’Appello  (gli uffici gravati dai maggiori ritardi) riesca ad emettere 100 sentenze al mese, ma tutte in ritardo  rispetto al termine che la legge ha imposto a tale grado di giudizio (due anni). 

Si badi che quella appena rappresentata è la condizione ordinaria di quasi tutte le corti  d’appello e non un’ipotesi rara: moltissimi appelli civili non si definiscono prima di quattro o cinque anni, tanto che il definirli in soli quattro anni è spesso un obiettivo da raggiungere con grande impegno.
 
Torniamo alla matematica economica. 

Si diceva 100 sentenze al mese, tutte a definizione di processi di secondo grado durati 4 anni. 

Ammettiamo che ciascuna causa veda contrapporsi soltanto due parti (appellante ed appellato) anche se il più delle volte il numero di parti è notevolmente superiore. 

A ciascuna parte spetta, come minimo, un indennizzo di 400 euro per ogni anno di ritardo, quindi nell’esempio appena fatto di 800 euro.

Le parti sono due, quindi 1.600,00 euro.

A queste somme vanno aggiunti i compensi degli avvocati ed i costi di altri processi da introdurre per ottenere "l’equa riparazione" provocati dalla lumaca (la Giustizia).   

1.600 euro moltiplicato per 100 fa …160.000 euro!

Quindi quella sezione della corte d’appello, che è di per sé molto virtuosa in relazione a quanto riesce ad esitare in termini di sentenze mensili, provoca comunque un esborso mensile a carico dello Stato di ben 160.000 euro (da arrotondare almeno a 180.000,00 euro per i costi accessori).

Nella metà di quella somma  - si ribadisce, un costo mensile -  ci sarebbero risorse per raddoppiare il numero di magistrati e quindi anche il numero di sentenze e così dimezzare i tempi di durata dei processi d’appello, contenendoli finalmente nel biennio che il legislatore considera fisiologico e che non produce esborsi per lo Stato. 

Ma la lumaca avara, e stavolta la lumaca è proprio lo Stato, oltre ad essere lenta di gamba denota di non essere volpe. 

E così pensa di non poter assumere altri giudici che scrivano sentenze perché non ha denari, che tuttavia dilapida in indennizzi. 

Come ognuno può notare, ad essere "irragionevole" non è tanto la durata del processo,  ma la gestione della Giustizia, la prima essendone solo un'ovvia conseguenza.  


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giovedì 18 marzo 2021

Separati in casa: i pubblici ministeri e l’astensione, degli altri.




di Nicola Saracino - Magistrato 

Quella del giudice, in particolare. 

Perché a leggere le cronache degli ultimi mesi s’avverte netta la sensazione di una troppo diversa “sensibilità” delle due categorie di togati, giudici e pubblici ministeri, per l’appunto, verso quest’obbligo di legge.
 
Che ricorre - tralasciando le incompatibilità derivanti dal compimento di atti processuali e che sono poste in funzione di garanzia dell’imputato dal “pregiudizio” di chi già si sia occupato della sua vicenda - ogni qualvolta il magistrato sia interessato da ragioni d’opportunità tali da sconsigliare l’esercizio della sua funzione in un particolare processo. 

Ad esempio quando sia amico o nemico di una parte, abbia dato consigli sul procedimento, siano ravvisabili ragioni d’opportunità non catalogabili a priori.  

E così s’è appreso che per qualche pubblico ministero non è d’ostacolo allo svolgimento del suo compito che uno stretto congiunto presti o abbia prestato la sua opera professionale a vantaggio di soggetti coinvolti nel procedimento, sia pure in relazione ad affari diversi.

Il tema è piuttosto avvertito dal legislatore, se è vero che recentemente, nel 2018, l'art. 35 del d. lgs. 6 settembre 2011, n. 159, s'è arricchito di un comma 4 bis dal seguente tenore: «Non possono assumere l'ufficio di amministratore giudiziario, né quello di suo coadiutore, coloro i quali sono legati da rapporto di coniugio, unione civile o convivenza di fatto ai sensi della legge 20 maggio 2016, n. 76, parentela entro il terzo grado o affinità entro il secondo grado con magistrati addetti all'ufficio giudiziario al quale appartiene il magistrato che conferisce l'incarico, nonché coloro i quali hanno con tali magistrati un rapporto di assidua frequentazione. Si intende per frequentazione assidua quella derivante da una relazione sentimentale o da un rapporto di amicizia stabilmente protrattosi nel tempo e connotato da reciproca confidenza, nonché il rapporto di frequentazione tra commensali abituali».

La legge è quindi intervenuta su un doppio fronte: da un lato quello di evitare favoritismi a vantaggio di parenti ed amici dei magistrati nell'ottenimento di incarichi quand'anche non conferiti da loro congiunti ma da altri magistrati dell'ufficio giudiziario; dall'altro lato quello di prevenire eventuali incompatibilità dei magistrati chiamati ad occuparsi, a titolo non preventivabile, di vicende nelle quali siano coinvolti soggetti comunque collegabili a parenti ed amici.      

Tornando all’obbligo di astenersi, quando riguardi un giudice, esso sarebbe ravvisabile a fronte di ventilati, sebbene indimostrati,  rapporti con avvocati della difesa. Ciò, secondo un pubblico ministero. 

Si legge, infatti, sul il Giornale del 18 marzo 2021 - in un articolo dal titolo "Anni di pressioni e ideologia: Devono essere condannati, Quei messaggi più o meno espliciti per indirizzare il processo e il tentativo di screditare il giudice Tremolada" - che il pubblico ministero del processo a carico dei massimi dirigenti dell’Eni avrebbe chiesto di produrre un verbale contenente, per l’appunto, quelle che ad una verifica compiuta nelle sedi competenti, si rivelarono mere insinuazioni nei confronti del presidente del collegio giudicante. 

Il quale non ha dato ingresso a quel documento ed ha condotto a compimento il processo. 

Se i fatti fossero veri, e speriamo che non lo siano, saremmo giunti al punto che il giudice deve denotare d'aver la “schiena dritta” non già a fronte di critiche e pressioni esterne, mediatiche o  dell’imputato, ma al cospetto di un atteggiamento - assai discutibile dal punto di vista tecnico - della pubblica accusa.  

La quale, se aveva seri elementi per farlo, era tenuta a formalizzare una ricusazione del giudice, secondo le regole del codice di procedura penale. 

Che persino i pubblici ministeri cadano nel tranello dell’istituto farlocco dell’invito ad astenersi desta sconforto. 

L’invito ad astenersi - sia esso espresso o tacito, per facta concludentia - è un non senso ed infatti non è previsto da alcuna norma.

Le cose stanno, invece, in questi termini: se il togato è a conoscenza di fatti che debbano indurlo ad astenersi deve, spontaneamente, dichiararli e lasciar decidere ad altri se debba lasciare il processo e se non lo fa ne assume la responsabilità, anche disciplinare.  

Ma se non lo fa  a nessuno è consentito di sollecitarne l’astensione.  

Chi ha ragione di dubitare della sua idoneità a celebrare il processo deve far ricorso alla ricusazione, vale a dire ad una formale dichiarazione delle cause che rendono quel giudice incompatibile  corredata delle prove della loro esistenza. 

Ci sarà un altro giudice a stabilire se sollevare il giudice “precostituito per legge” dal suo compito, ovvero lasciare che il percorso “naturale” del processo prosegua col titolare del fascicolo. 

Se si lascia libero ingresso alle illazioni ed alle insinuazioni si fa solo un enorme danno alla credibilità della giurisdizione, oltre ad offrire uno spettacolo non tranquillizzante all’opinione pubblica.
  
E’ quindi innegabile che tra giudici e pubblici ministeri appaia oggi ravvisabile uno scarto o meglio, una netta "separazione", nella sensibilità verso istituti che preservano la terzietà dei protagonisti investiti di pubbliche funzioni nel processo, quella del giudizio e quella dell’accusa, quest'ultima mai ricusabile e proprio per questo tenuta, se possibile, ad un rigore ancora maggiore nel soppesare l'opportunità che impone d'astenersi. 


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mercoledì 17 marzo 2021

Un processo penale alla ricerca della verità apparente


 
di Cristiana Valentini -  Ordinario di Diritto Processuale Penale 

Una recentissima intervista rilasciata dall’ex Vice Presidente del CSM, avv. Legnini –unita alle note vicende dischiuse dalle rivelazione del “pentito” Palamara- spinge chi scrive a tornare su propri pensieri, risalenti a qualche anno fa, racchiusi nel concetto per cui oggi il processo penale di questo nostro Paese dovrebbe essere, per dir così, riclassificato: non più un processo che cerca la verità materiale o formale, a seconda delle mutevoli propensioni dell’interprete di turno, ma un ulteriore e sin qui inesplorato tipo di verità processuale, che -indulgendo all’unica salvezza dell’ironia- chiameremmo “verità apparente”.

Ora, cos’è la “verità apparente”? Ecco, anzitutto è quella che si dà per buona in quanto comodamente raggiunta, con il minimo dispendio di risorse, negli anfratti quotidiani dei casi criminologicamente “minori” di cui i palazzi di giustizia sono ricolmi; giusto per fare un esempio, pensiamo alle tante verità apparenti dei processi di Codice Rosso, dove una legge di rara superficialità – apparentemente vocata alla tutela delle vittime della violenza domestica e di genere - propizia il numero dei falsi positivi e dei falsi negativi, disvelati solo dal decorso successivo del tempo e degli avvenimenti, spesso tragici.

Poi c’è la situazione dei processi c.d. importanti, da quelli che coinvolgono politici e amministratori a quelli dotati comunque di forte impatto mediatico, dove la verità apparente diventa troppo spesso un must, scientemente perseguita a discapito di qualunque sforzo opposto.


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Riforma della magistratura: questione morale o organizzativa?



Giuliano Castiglia e Stefano Zurlo, un confronto su 19 Live Plus su mali e rimedi.  

Per chi naviga da mobile ecco il link del video

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martedì 16 marzo 2021

Un uomo vivo è morto

Ci ha lasciato Bruno Tinti. 

Un collega, un amico, una firma di questo blog che ha contribuito a lanciare nei suoi primi anni di vita. 

E’ stato il primo sostenitore dell’idea del sorteggio, tra i pochi a non aver bisogno del trojan per capire come funzionasse "il sistema". 

E l’ha sostenuta, da magistrato in servizio, con una intelligenza ed un coraggio esemplari, quando il sistema ancora contava sull’assenza delle “prove” della sua compromissione. Non ha temuto ritorsioni. 

Ci piace ricordarlo con uno dei suoi pezzi, dell'anno 2009, che dimostra quanto egli sarà, coi suoi ideali, sempre presente in questo luogo. 

La Redazione, al completo. 



  di Bruno Tinti (ex Procuratore della Repubblica Aggiunto di Torino) 

I magistrati che compongono il Consiglio superiore della magistratura saranno estratti a sorte. Lo propone il sottosegretario Caliendo: si debbono sorteggiare 100 magistrati; tra questi se ne eleggeranno 16. 
Così s’impedirà alle correnti di impadronirsi del Csm. 
Si tratta dell’ennesimo tentativo di controllare i giudici? O è una proposta seria? 

Dice la Costituzione (art. 105) che al Csm competono assunzioni, assegnazioni, trasferimenti, promozioni e provvedimenti disciplinari. 

Perché i magistrati sono (art. 104) autonomi e indipendenti «da ogni altro potere»; e, per garantire questa indipendenza, essi sono inamovibili (art. 107): solo il Csm può rimuoverli, sospenderli, trasferirli (per ragioni disciplinari o di carriera). 

E siccome il Csm è composto per due terzi da magistrati, l’altro terzo è di nomina politica, l’indipendenza della magistratura è stata assicurata. 

C’è un problema: il sindacato dei giudici (Anm) è diviso in «correnti». Sono 4: Magistratura Democratica, Magistratura Indipendente, Movimento, Unità per la Costituzione. 
Associazioni nate per affinità culturali, per la verità più apparenti che reali: tutte concordi sulla necessità di difendere l’autonomia e l’indipendenza dei giudici, spesso in polemica su questioni marginali. Il loro sostanziale accordo è provato dal fatto che, nelle periodiche elezioni per gli organi direttivi dell’Anm, ogni corrente fa propaganda per sé, in polemica con le altre. 

Poi però si mettono d’accordo per mandarci componenti in numero eguale per ognuna. 

Un po’ come se Berlusconi, vinte le elezioni, chiamasse al governo ministri provenienti da ogni partito e in numero paritario. 

C’è di peggio: ogni 4 o 5 anni ci sono le elezioni del Csm e riparte la lotta fra le correnti: ognuna forma proprie liste con un numero di candidati pari ai posti disponibili. 

L’esito dipende dalla forza delle correnti: quella che conta più aderenti riesce a farne eleggere 6 o 7, le altre si spartiscono i residui 9, 10 posti. 

Un giudice che non appartiene a nessuna corrente si scorda di essere eletto: anche se tutti quelli che lavorano con lui e lo stimano (in un grande Tribunale, 200 o 300 persone) volessero votarlo, la più piccola delle correnti riuscirebbe sempre a totalizzare, per il suo candidato, un numero di voti superiore. 
 I magistrati che vanno al Csm appartengono tutti a qualche corrente. 

Ma non basta: come scelgono, le correnti, i magistrati da mandare al Csm? 
In genere ci vanno il segretario regionale, quello nazionale, quello che ha fatto parte della Giunta, quello che si è dato da fare nelle precedenti elezioni, insomma gli attivisti, quelli che contano nella corrente o gli amici di quelli che contano. 
Non ci sono elezioni primarie, non ci sono consultazioni (se non formali): è una designazione. Proprio come in Parlamento. 

Quali le conseguenze di questo sistema? 

Due, drammatiche per la credibilità della magistratura. La prima: si creano carriere privilegiate. I «correntisti» passano da un incarico all’altro: incarichi di vertice nell’Anm, Csm, organismi internazionali, alla peggio posti in sedi comode e ambite. La seconda: a ogni nomina di capi di ufficio le correnti si scatenano. 

Far nominare il proprio aderente è imperativo: si tratta di dimostrare la propria forza in modo da indurre tanti altri magistrati ad arruolarsi. 

Si crea così un circolo perverso: i magistrati aderiscono alla corrente sperando in un appoggio nei momenti chiave della loro carriera (anche in quelli disciplinari); ed essa si fortifica quanto più dimostra di appoggiarli con successo. 

Così, quasi sempre, l’effettiva capacità professionale dei magistrati è valutata certamente quando nessun aspirante è «correntizio»; o quando il «correntizio» è di capacità professionale indiscussa. Negli altri casi la logica «correntizia» in genere prevale. 

La prova sta negli annullamenti delle decisioni del Csm fatti dal Tar. Perché è ovvio che nomine fondate su logiche «correntizie» difficilmente possono rispettare i criteri imposti dalla legge; e il Tar ha detto che in alcuni casi il Csm ha violato la legge. Adesso il sorteggio. 

Non è il massimo, ci sono anche profili costituzionali da salvaguardare (i magistrati del Csm vanno «eletti»). 

Però si deve pur arginare la deriva provocata dalle correnti, spezzare questo vincolo perverso che orienta le decisioni del Csm in modo clientelare. 

E poi il sorteggio non è così irragionevole come i «correntizi» lo dipingono. 

Ogni giudice, ogni giorno, prende decisioni importanti, spesso vitali: infligge ergastoli, affida i bambini a questo o a quel coniuge, stabilisce se un’azienda deve o non deve fallire. E vi sembra che quello stesso giudice, se sorteggiato per il Csm, non possa decidere chi deve fare il presidente del Tribunale di Roncofritto o il procuratore della Repubblica di Poggio Belsito?

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Presentazione di una parafrasi




di Cristiana Valentini - Ordinario di Diritto Processuale Penale
   
Mi spetta quest’oggi un compito che considero un onore tanto quanto un piacere: presentare il lavoro di Nicola Saracino, pubblicato sulla rivista Archivio Penale con l’evocativo titolo “Il sistema, spiegato”. 

Nicola apre le danze di un vero e proprio dibattito che sarà ospitato sulle pagine virtuali della rivista con il titolo -non meno evocativo- “L'impero alla fine della decadenza: crisi della magistratura e crisi della giustizia penale”. 

Colgo l’occasione per rivelare ai fedeli lettori del blog che l’idea di questo dibattito nasce dal continuo confronto che io e Nicola abbiamo tenacemente proseguito negli ultimi mesi, leggendo, confrontandoci e prestandoci al contraddittorio che i nostri Maestri ci hanno insegnato ad amare ai tempi del dottorato. 

Il tutto sulla scia di un rapporto amicale la cui durata tacerò impudicamente, per lasciare qualche illusione di persistente gioventù in capo ai protagonisti. 

Concludo dicendo che la rivista Archivio Penale è indicizzata su Scopus, quindi forse, chissà, l’eco delle tristi vicende italiane oltrepasserà l’oceano e troverà un ascolto maggiore di quanto accade in questo nostro mondo (apparentemente) distratto.

Ecco qui il link alla rivista Archivio Penale  dal quale è possibile scaricare l'articolo cliccando su "visualizza". 

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lunedì 15 marzo 2021

Alta chirurgia.



A questo link sono riportati concetti attribuiti al Ministro della Giustizia Marta Cartabia.

Liquidata come marachella quella del sistema che Luca Palamara non ha creato ma raccontato, sia pure da protagonista, il rimedio del Ministro sembra adagiarsi sul recupero dell'immagine e della credibilità della magistratura, alle quali i cittadini avrebbero diritto. 

Sia consentito auspicare che ai cittadini spetti il diritto alla sostanza e non solo all'immagine, della quale già altri si occupano, senza troppo successo a quanto pare. 

Il problema è quindi che la magistratura "sia" migliore della sua meritatissima rappresentazione odierna e  non che appaia propinabile ad un popolo inconsapevole. 

Ebbene, la terapia ipotizzata dal Ministro muove dall'idea che "non si debba nutrire l'illusoria rappresentazione di un intervento sul sistema elettorale del Csm che possa di per sé offrire una definitiva soluzione alle criticità che stanno interessando la magistratura italiana, le quali attingono invero a un sostrato comportamentale e culturale che nessuna legge da sola può essere in grado di sovvertire ... nella consapevolezza della fisiologica e peraltro ineliminabile pluralità delle culture della magistratura, rifuggendo dalla semplificazione che confonde il valore del pluralismo con le degenerazioni del correntismo".

Non esclude, poi, che "Ogni due anni potrebbero essere rinnovati la metà dei laici e la metà dei togati. Una previsione che potrebbe rivelarsi utile sia ad assicurare una maggiore continuità dell'istituzione, sia a non disperdere le competenze acquisite dai consiglieri in carica, sia a scoraggiare logiche spartitorie che poco si addicono alla natura di organo di garanzia che la Costituzione attribuisce al Consiglio".       

Ma questa è materia da ministero della Salute, non della Giustizia. 

"Cambiare le teste" dei magistrati è, prima di tutto, un atto d'accusa assai grave verso le correnti di togati che fino ad oggi hanno gestito il potere interno alla magistratura  sebbene  proprio da quel mondo sono espressi gli stessi collaboratori dei quali il Ministro s'è circondato per porre mano (anche) al sistema penale.

Noi abbiamo sempre sostenuto che non esistono magistrati migliori di quelli che sino ad oggi hanno così male operato. 

Esistono solo regole migliori che conducono a sistemi migliori e quindi a magistrati migliori. 

E si tratta proprio del sistema elettorale, come il sorteggio temperato, che il Ministro Cartabia - a differenza di sempre più numerosi suoi colleghi costituzionalisti - sembra scartare  a priori, così facendo tirare un gran sospiro di sollievo al correntismo che del sistema "poco commendevole" è l'artefice e lo sarà ancor di più in futuro.

Se è vero che quella ipotizzata dal Ministro (sezionare le elezioni del CSM in due, ogni biennio) è una prospettiva che non rispetta neppure i rapporti di forza tra i partitini magistratuali poiché favorisce, tra le quattro correnti, quella che ha il maggior peso elettorale. 

Insomma, il trapianto di testa, signor Ministro, ad oggi ha avuto successo in un solo caso ed è quello del suo innesto su cadavere.

Ma il correntismo è vivo e vegeto e si muove intorno a Lei. 
 


                     

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CSM casa nostra? No, casa di tutti.




di Andrea Mirenda - Magistrato 

“La Magistratura italiana sta attraversando una grave crisi di autorevolezza e si sta rivelando incapace di affrontare i veri nodi che sottendono alla “vicenda Palamara”. L’Associazione Nazionale Magistrati appare più interessata a mostrare come il problema si riduca alle “mele marce” anziché a elaborare una seria riflessione sul sistema di potere costruito negli ultimi vent’anni, che ha trasformato i meccanismi di indipendenza del governo della Magistratura in autoreferenzialità correntizie. “

Così si legge, tra l’altro, nella delibera dell’Unione delle Camere Penali del 12.3.2021 che proclama l’astensione dalle udienze e dalle attività giudiziarie nel settore penale per i giorni 29-30-31 marzo 2021 e  si tratta di un passaggio di grande portata. 

Quattro i punti chiave che i penalisti rimarcano: la grave crisi di autorevolezza della Magistratura impietosamente messa a nudo dal dossier Palamara; l’understatement negazionista dell’ANM ( tolto Palamara di mezzo, tutti Santi…); l’assenza di una reale volontà dell’associazionismo giudiziario di riflettere seriamente sulle ragioni di un dissesto morale definito dal Capo dello Stato in termini di “modestia etica”; il profilo abusivo assunto dal CSM per aver piegato la propria indipendenza alle logiche correntizie autoreferenziali.

Critiche assolutamente precise e pertinenti ma, soprattutto, capaci di dar conto della maturità politica raggiunta dall’Avvocatura, soggetto esterno ed estraneo  alle logiche opache del Lauto Governo ma finalmente conscio delle ricadute di tali distorsioni sistemiche sulla qualità generale della funzione difensiva.

L’Unione delle Camere Penali, con la stigmatizzazione ricordata, dimostra, così, di avere ben chiara l’assoluta pericolosità per il cittadino di un  circuito fibrillato - spaziante dai Consigli Giudiziari al Consiglio Superiore della Magistratura, dalla Scuola Superiore della Magistartura alla Sezione Disciplinare, dalla Commissione di concorso per M.O.T. alla pletora di magistrati distaccati presso il Ministero della Giustizia – poiché dominato totalmente dalle correnti. 

Un dominio che sovente opera come cinghia di trasmissione di corrispondenti ideologie politiche, secondo una autoreferenzialità il cui immediato precipitato lo si osserva, con sempre più platealità, nell'innegabile mercato delle nomine. Grazie al c.d. “ nominificio”, la dirigenza giudiziaria italiana -  lungi dal rispondere a criteri di merito e, ancor meno,  a veri criteri di autogoverno orizzontale e diffuso - viene graziosamente “regalata” a compari ed amici, auto ed etero "promossi", emarginandone i molti magistrati che in ossequio al giuramento di soggezione solo alla legge  rifiutano di sottostare a quel sistema e quindi, in definitiva, in danno dei cittadini che hanno diritto ad una giurisdizione neutrale. 

Ma la delibera del 12.3.2021 ci dà conto, altresì, della nitida coscienza che l’Avvocatura ha raggiunto su come ciò sia, oramai, la prima minaccia all’indipendenza del magistrato giacché subdolamente portata dall’interno.

E vi è di più!

Perché quelle poche ma durissime righe ci additano con fredda lucidità il baratro etico in cui versa l’Associazione Nazionale Magistrati. E coglie davvero nel segno l’Avvocatura! 

Cosa ci si può più aspettare, difatti, sul piano dell’analisi fattuale e delle correlate proposte riformiste,  da una sigla vuota, un Re Travicello, dietro cui si celano le solite quattro correnti che la controllano militarmente? 

E’ mai pensabile che coloro che hanno tessuto la tela di ragno in cui è rimasto mortalmente avviluppato l’Ordine Giudiziario  recedano dalle posizioni di strapotere loro assicurato dal Lauto Governo?  
La risposta la diamo noi e in modo assolutamente agevole: no! Assolutamente no! 

Salvo essere così ingenui dal pensare che i tacchini si accingano a preparare il pranzo di Natale…

Manca, dice l’Unione delle Camere Penali, la volontà di porre rimedio allo scempio. E come non dare loro ragione, almeno per questo specifico aspetto? Chiaro è, difatti, che  l’ANM, a quasi due anni dall’avvilente vicenda dell’Hotel Champagne e dall’emersione - dalle chat di Palamara – di decine e decine di nomi di capi degli uffici giudiziari, anche di primaria importanza, raccomandati dal sistema correntizio, nulla abbia fatto  e intenda davvero fare per contrastare la deriva corruttiva. 

Anzi! 

Perché è cronaca di queste ore la bastonatura che le quattro correnti -  legate tra loro da evidenti interessi di autoconservazione alla  guida dell'Associazione Nazionale Magistrati -   hanno riservato ai 100 magistrati che hanno osato, con la loro lettera aperta,  disturbare il manovratore, rivolgendosi direttamente al Capo dello Stato, quale Capo del CSM, affinché spronasse quel rinnovamento etico di cui vi è estremo bisogno. 

Reprimenda riservata, parimenti,  alla richiesta di dar corso ad una Commissione di indagine parlamentare con i poteri dell’autorità giudiziaria sulle vicende di “magistropoli” nonché, da ultimissimo, alle richieste della minoranza interna di Art.101 di trasparente e chiara presa di posizione da parte degli organi associativi contro quel fenomeno.
 
Unica e sconfortante la risposta: quieta non movere… 

Ma la denuncia, perché di questo si tratta, dell’Unione delle Camere Penali indica finalmente un punto di non ritorno: la Giustizia Giusta e l’indipendenza della Magistratura non sono  e non devono essere più cosa riservata a noi Magistrati: non più cosa nostra, allora,  bensì cosa vostra e cosa di tutti. 

In nome del Popolo Italiano…



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domenica 14 marzo 2021

La loggia del venerabile sorteggio

 

di Massimo Vaccari - Magistrato

Nella rassegna stampa del CSM del 13 marzo 2021 è stato inserito un articolo del quotidiano “La Sicilia”, a firma di Francesco Puleio, procuratore aggiunto della Repubblica di Catania, che contiene  una serie di obiezioni alla proposta  di introdurre il sorteggio dei componenti togati del Csm, quale rimedio alla pervasiva influenza delle correnti nella vita professionale dei magistrati italiani, disvelata  all'opinione pubblica dalle vicende di Magistropoli.

Nell’editoriale, oltre alle solite obiezioni di carattere per così dire tecnico, già confutate in numerosi occasioni e anche in articoli di questo blog (si veda ad esempio), ve n’è una assolutamente inedita, ovvero che il sorteggio dei togati del Csm sarebbe stato incluso nel “famoso piano di rinascita democratica di Licio Gelli”.

In altri termini si tratterebbe di un intervento da sempre gradito alla massoneria.


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sabato 13 marzo 2021

ANM, ma che voglia e, soprattutto, che fretta di leggere quelle chat.




Lancio d’agenzia, un vero scoop. 

 (ANSA) - ROMA, 13 MAR - "Sta per essere portata a compimento l'iniziativa dell'Anm di acquisizione delle chat presso gli uffici giudiziari di Perugia". Lo ha comunicato il segretario dell'Anm, Salvatore Casciaro, al Cdc. Dopo aver espulso l'ex presidente Luca Palamara dall'Anm, i probiviri sono, infatti, alle prese con le posizioni dei magistrati nelle 60mila pagina di chat per verificare altre eventuali violazioni del codice etico dell'associazione. Il gup Perugia, ha spiegato Casciaro, ha autorizzato il presidente del collegio dei probiviri, fatti salvi i divieti di pubblicazione, ad acquisire in copia le chat intercorse tra Palamara e i magistrati iscritti all'Anm. "Può così avviarsi", ha sottolineato Casciaro, "l'attività di verifica delle condotte di rilievo disciplinare endo-associativo", nel rispetto dei "principi di proporzionalità e di necessità'".

Bastava chiedere ed il GUP di Perugia avrebbe autorizzato. 


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giovedì 11 marzo 2021

Il geco ed il Gico.



L’on. Cosimo Ferri è anche un magistrato ed in tale veste è oggi coinvolto in un giudizio disciplinare davanti al CSM per i fatti avvenuti presso l’Hotel Champagne, a due passi da Palazzo dei Marescialli, nella tarda serata del 9 maggio 2019 (qualcuno, infatti, dormiva).

Il dottor Ferri, che non s’adonterà se lo ricordiamo, da uomo politico ha molte frequentazioni, tutte legittime. Anche con Silvio Berlusconi che andava a trovare nella sua residenza romana, talvolta appostandosi in qualche angolo limitrofo all'edificio in attesa dell’arrivo del Cavaliere.
 
Per via di questa abitudine pare gli fosse stato affibbiato dal personale addetto a Palazzo Grazioli il vezzeggiativo de “il geco”


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mercoledì 10 marzo 2021

Ernesto Galli Della Loggia, una lucida analisi dei guasti (costituzionali) del correntismo in magistratura.



Proponiamo l'interessantissima disamina svolta dallo storico Ernesto Galli Della Loggia, noto editorialista, sui temi della giustizia in Italia in occasione di un webinar organizzato da alcuni colleghi. 

La sua diagnosi coincide con la nostra.

Ci distanzia, in parte, la "terapia" giacché il problema italiano non è quello di magistrati non abbastanza preparati, ma di togati non abbastanza indipendenti.       

Sicché non ci si deve stupire se superato il concorso - che resta piuttosto selettivo - i magistrati si rivelino, in grande maggioranza, anche buoni lavoratori ed in virtù di ciò avanzano nella "carriera" che è in realtà, per i più, solo una progressione retributiva per anzianità, quando non impedita da vagli negativi, che pure ci sono e non in misura inferiore rispetto a qualsiasi altro settore della pubblica amministrazione. 

L'idea di differenziare lo stipendio per funzioni smentirebbe quanto il Costituente ha voluto dire con l'art. 107 e cioè che i magistrati si distinguono solo per diversità di funzione. Per di più la mèta (anche) economica renderebbe la corsa alla poltrona ancor più inguardabile di quanto già oggi non sia. 

Nel resto, compresa l'idea di sottrarre l'iniziativa disciplinare al Procuratore Generale della Cassazione (che siede "di diritto" nel CSM), siamo in ampia sintonia.

Per chi naviga da mobile qui il link del video.   
       

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martedì 9 marzo 2021

Cavallo pazzo?



di Natalia Ceccarelli - Magistrato 

Ci siamo recentemente occupati del trojan horse utilizzato per indagare sulla  corruzione ipotizzata a carico di Luca Palamara e della ragionevole perplessità del dott. Nino Di Matteo sull’assenza di analogo “equino” nel cellulare del corruttore, come emerso nel corso dei giudizi disciplinari in atto a carico dei compresenti dell’indagato all’Hotel Champagne la sera dell’8 maggio 2019.

Notizie di stampa riportano l’eco di ulteriori "curiosità" sul  captatore informatico che, si ricorda, non può essere mantenuto attivo senza limiti di tempo o di spazio, ma deve essere “governato” da remoto, secondo doverose indicazioni del pubblico ministero.

La corsa del cavallino s'era compiuta, senza intoppi, la sera dell’8 maggio 2019, allorquando, preannunciata dai relativi sms organizzativi,  si svolse  la chiacchierata tra esponenti  di più di un potere dello Stato sull’erede di Pignatone.  


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lunedì 8 marzo 2021

Noi speriamo che ve la caviate voi ...



Riceviamo il "commento" di un affezionato lettore del blog e lo proponiamo come articolo per riaffermare che al centro della nostra azione ci siete voi,  i cittadini. Non siamo mai stati, né saremo, noi stessi il fine del nostro agire. Aspiriamo ad essere magistrati migliori in un sistema migliore. Come sapete già, le nostre proposte sono nell'intestazione. Ecco, di seguito, il messaggio di "io speriamo che me la cavo..." che salutiamo e ringraziamo.       


La situazione descritta è talmente evidente che nel raccontarla si corre il rischio di cadere nella banalità. Sono constatazioni talmente ovvie da essere alla portata di qualsiasi osservatore.

L'unico elemento capace di rendere attraente il racconto sta nell'eleganza dello stesso, se la narrazione è terza. Se invece le voci sono dal di dentro, allora la componente della disamina passa in secondo piano e lascia il passo a quella della speranza. Voi magistrati che ci mettete la faccia rappresentate la speranza.


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Cancellate Palamara !

di Massimo Vaccari - Magistrato



Molti, compresi il Consiglio Superiore della Magistratura e l’Associazione Nazionale Magistrati, si erano illusi di trattare e far apparire il dott. Luca Palamara come il capro espiatorio del malcostume  che ha ridotto una parte della magistratura italiana da ordine autonomo e indipendente dello Stato a parte di un sistema politico-affaristico.

Costoro pensavano di potere fare dell’ex-presidente dell’Anm la personificazione della metastasi che affligge da troppo tempo questo potere dello Stato così che, una volta rimosso lui, tutto potesse tornare come prima, anche se tutti sanno che le metastasi richiedono interventi drastici e radicali.

Ebbene grande deve essere stato per i predetti lo sconcerto quando hanno dovuto constatare il fallimento del loro progetto.


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sabato 6 marzo 2021

Ministro, non dia carta bianca alla scorrettezza.



Egregio Ministro, 

Le staranno pervenendo in queste settimane, dalla Procura Generale della Cassazione, le richieste di benestare a favore dei magistrati “petulanti”, magari gravemente petulanti, quelli che, anteponendo l’ego al servizio, scalpitano per ottenere il posto direttivo, quello in Cassazione e spesso nella stessa Procura Generale che delle istanze assolutorie è oggi la mittente. 

Signor Ministro, né il PG né Lei siete giudici disciplinari, ma soltanto titolari della relativa azione. 

Gli unici.


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giovedì 4 marzo 2021

Il cavallo zoppo


di Natalia Ceccarelli - Magistrato 

La corruzione  consiste nell’accordo (c.d. pactum sceleris) tra un funzionario pubblico e un soggetto privato, per il quale il primo accetta dal privato un compenso non dovutogli, in sostanza  vendendogli le proprie attribuzioni.

Il ricorso alle intercettazioni, anche tramite captatore informatico,  per l’accertamento dei reati di corruzione è stato introdotto dal dlgs. 216/2017, che ha attuato la delega 103/2017, di modifica al codice penale, di procedura penale ed all'ordinamento penitenziario.


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mercoledì 3 marzo 2021

Dimenticate Donatella!



di Massimo Vaccari - Magistrato 

Domenica scorsa “Il Fatto Quotidiano” ha  pubblicato la notizia che Donatella Ferranti, già segretario generale del Csm, per numerosi anni, già ex presidente della commissione giustizia della camera, in quota PD, e dal 2017, concluso il mandato parlamentare, consigliere di cassazione, ha comunicato all’associazione nazionale magistrati le proprie dimissioni dal sindacato delle toghe.

La decisione, secondo quanto riportato dal quotidiano, è finalizzata ad evitare il giudizio del collegio dei probiviri dell’A.N.M. , al quale la consigliera di cassazione sarebbe stata probabilmente sottoposta, al pari di altri magistrati che, secondo quanto risulta piuttosto chiaramente dalle chat acquisite nell’indagine penale su Luca Palamara, avevano raccomandato a quest’ultimo nominativi di colleghi per la loro nomina ad incarichi direttivi.


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martedì 2 marzo 2021

Pulpiti e prediche: di politica non si parla, si fa!


di Lorenzo Matassa - Magistrato 

Ho di recente ascoltato l’intervista del Vice Presidente del CSM, Avvocato David Ermini, resa alla giornalista Alessandra Sardoni nel corso del programma "Omnibus" andato in onda su "La7". 

Trascriverò le sue parole perché davvero ho avuto qualche difficoltà a ritenerle reale frutto del suo pensiero. 

Dirò tutta la verità. 


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lunedì 1 marzo 2021

La moglie di Cesare



Chi indaga sulle indagini e  chi vigila sui relativi tempi? 

Ieri sera Luca Palamara intervistato da Giletti ha detto con molta chiarezza che i primi sentori dell’interessamento della procura di Perugia nei suoi confronti risalivano a circa un anno e mezzo prima dell’ufficializzazione della pendenza di indagini, sulla scorta di elementi noti da molto tempo.

Ufficializzazione appresa, per giunta, da un giornalista, Giovanni Bianconi (è stato mandato l’audio dell’intercettazione). 


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