domenica 9 maggio 2021

La circolare quadrata



di Nicola Saracino - Magistrato 


Fino all’entrata in vigore del codice di procedura penale del 1988 vigeva il sistema c.d. inquisitorio: quello che fa oggi il pubblico ministero era appannaggio del giudice istruttore che guidava le indagini, ma da giudice, con alcune ovvie conseguenze: gli atti da lui raccolti valevano come prova dibattimentale e non erano mai segreti per l’imputato. 

Sin dal primo atto di istruzione, infatti, doveva avvertirlo della pendenza del processo e consentirgli di partecipare all’istruttoria, con poche eccezioni. 

La segretezza dell’istruttoria era, quindi, rivolta solo all’esterno del processo, nei confronti di chi non ne era parte, a tutela della riservatezza dei soggetti coinvolti. 

Col “nuovo” cpp del 1988 il giudice istruttore viene soppiantato dal pubblico ministero che indaga segretamente, non fa partecipare l’accusabile agli atti di indagine che, proprio per questo, non valgono come prova dibattimentale. 

La segretezza, questa volta, non è a presidio dell’indagato ma dell’efficacia dell’attività inquirente: nessuno deve sapere ciò che il PM sta facendo, soprattutto l’indagato.

Nel 1981 - e quindi nella vigenza del sistema inquisitorio sopra solo accennato - il CSM adottò una circolare secondo la quale, quando l’imputato fosse stato un magistrato, doveva esserne subito informato l’organo di autogoverno per esercitare tempestivamente i propri compiti di controllo sulla sua carriera (promozioni, punizioni, trasferimenti). 

Nel 1994, e quindi qualche anno dopo l’entrata in vigore del cpp del 1988,  il CSM, in risposta a più che giustificate perplessità di alcuni pubblici ministeri, fu costretto a ribadire espressamente quella disciplina derogatoria del segreto d’ufficio che, come detto, aveva subito una mutazione, per così dire, “genetica”: non più a tutela della privacy dei soggetti coinvolti nel procedimento penale bensì garanzia di efficacia delle indagini stesse. Senza quel segreto gli esiti ne risultano molto spesso compromessi, per valutazione sovrana del legislatore. 

Ebbene per il CSM, pur a fronte di simili univoche indicazioni legislative, nulla era cambiato: prevale la morbosa attenzione al controllo sui magistrati, sulla stessa efficacia delle indagini e quindi nel 1994 ha riaffermato di dover essere avvisato delle indagini segrete sul togato e sui loro sviluppi. 

Ciò senza alcuna reale necessità poiché, se il magistrato sotto indagine continuasse nell’attività delittuosa, lo stesso pubblico ministero potrebbe chiedere nei suoi confronti misure cautelari per evitarlo. 

E se il CSM, ignaro delle malefatte del togato, lo promuovesse o destinasse ad incarichi immeritati potrebbe, una volta scopertene le mancanze, ricorrere all’istituto della revoca, di generale applicazione nel diritto amministrativo.

No. 

Si tratta di riaffermare lo ius vitae ac necis sui magistrati ed il CSM ficcanaso vuole sapere tutto e lo ottiene emanando una circolare in plateale contrasto con la legge (pensate se un regolamento parlamentare, che di sicuro vale di più delle circolari del CSM, avesse previsto altrettanto per i politici indagati). 

Le circolari del CSM, essendo rivolte ai magistrati proprio da chi li “autogoverna”, hanno un valore pratico, fattuale, non distante da quello della legge, nel senso che ben pochi sono i magistrati coraggiosi capaci di disubbidire agli “ordini” - sebbene platealmente  illegittimi -  del loro “superiore”.   
 
Da questo assurdo - ed eversivo - assetto normativo derivano le vicende odierne che vedono sostanzialmente compromessa un’indagine su fatti che, se verificati, sarebbero gravissimi: si doveva accertare l’esistenza di un comitato d’affari coinvolgente molti magistrati che adesso la faranno franca, nel putiferio generale che ne è derivato. 

Ciò perché proprio i pubblici ministeri non hanno denotato di avere una spina dorsale tale da sorreggere le tesi giuridiche che essi stessi portano davanti ai tribunali per far condannare gli altri. 

Perché sanno bene, o devono saperlo, che una circolare contra legem va presa per quello che è: un’indebita ed illegittima interferenza nella loro delicata attività. 

E quindi dovrebbero sapere che violando la legge non potranno mai invocare, a propria scusante, una “circolare” che a ciò li autorizzasse.  

Perché la scriminante dell'adempimento di un dovere è radicalmente esclusa quando la normativa o l’ordine - che alla legge sono sott’ordinati - imponessero la condotta illecita.

E per l’art. 51 del codice penale,  quando un reato sia commesso “a comando”,  di esso risponde anche il comandante, in questo caso l’intero CSM che mantiene in vigore una normativa platealmente illegale che di per sé configura - anche a prescindere dall’osservanza che i più timidi siano pronti a tributarle - il delitto di istigazione a delinquere o comunque a violare fondamentali leggi di ordine pubblico (artt. 414 e 415 c.p.). 

Nemmeno al CSM può riuscire la quadratura del cerchio: se ne convincano, finalmente, anche i togati troppo "ubbidienti". 

3 commenti:

francesco Grasso ha detto...

Uno " ius vitae" ac necis, a fin di male ! Con una circolare contra legem, se non extra legem, a carico di magistrati, ex lege, iusto iure, titolari del diritto a conoscere la legge. Da ciò ne discende che , una violazione del segreto d'ufficio costituisce sempre un grave reato. Si pensi poi se ciò viene fatto con l'aggravante della violazione di procedura, ancorché extral lege.

bartolo ha detto...

Quante possibilità ha che diventi capo di una procura un bravo ed imparziale magistrato, tipo Colombo? E soprattutto quante che questi blocchi un bravo sostituto nell'esercizio sovrano delle proprie funzioni? Nei sistemi a misura dei lestofanti nessuna! Ed infatti, aldilà di ciò che dice Palamara sui bravissimi procurati, non ne abbiamo nessuno... i robledo e i saracino hanno ceduto il passo.

GiammauroPASQUALE ha detto...

Buongiorno.la crisi gravissima in cui versa l'intero sistema Giustizia nel nostro Paese è figlia di tutti i problemi non risolti,volutamente non risolti per volontà non solo ma principalmente dei magistrati.L'attivita prevalente della magistratura associata è sempre stata quella di respingere con sdegno ogni tentativo di riforma.Si pensi alla riforma Vassalli al referendum sulla responsabilità civile ecc.In sintesi sempre con la stessa motivazione,salvaguardare l'indipendenza dei magistrati.Che poi ha finito per significare strapotere dei PM.Per non parlare dell'obbligatorietà azione penale.I fatti recenti di cronaca giudiziaria sono solo ultimo esempio
Giammauro PASQUALE