sabato 1 maggio 2021

Quante volte, figliuolo ...?



di Nicola Saracino - Magistrato 

E’ questione di punti di vista. Personalmente della giustizia ho sempre temuto la condanna dell’innocente – un incubo che dovrebbe accompagnare le notti del giudice – piuttosto che il colpevole che la fa franca, evenienza tutt’altro che remota in un sistema volutamente inefficiente come quello affidato a chi non risponde per come gestisce l’azione penale, mandando a giudizio e quindi mettendo nello stesso calderone del processo penale (legittimamente grazie ad una giurisprudenza medievale della cassazione) colpevoli ed innocenti, senza distinzione alcuna.
 
Ciò detto, vien da sorridere nel constatare quanto l’archetipo del colpevolismo divenga  indulgente con sé stesso se attinto  dall’ombra di un coinvolgimento in una illegalità, sia pure come mero "utilizzatore finale" di un segreto.


A cosa si riferisce? 


Si scopre - finalmente su tutti i giornali e non solo alcuni - che un sostituto procuratore milanese sopraffatto dai dubbi circa l’operato del suo superiore (il “capo”) a suo avviso troppo inerte a fronte di fatti gravissimi che emergevano dalle dichiarazioni di un “faccendiere” coinvolgenti (anche) magistrati, si sia rivolto direttamente al consigliere superiore svelandogli atti segreti, perché d’indagine ancora in corso. 

Fatto che Davigo, salvo smentite, reputa normale, naturale perché, appunto, il consigliere superiore risulterebbe abilitato a ricevere qualsiasi segreto riguardi i magistrati.  

Cosa dice la legge. 

Art. 329 cod. proc. penale: Obbligo del segreto
1. Gli atti d’indagine compiuti dal pubblico ministero e dalla polizia giudiziaria sono coperti dal segreto fino a quando l’imputato non ne possa avere conoscenza e, comunque, non oltre la chiusura delle indagini preliminari.

Art. 326 cod. penale: Rivelazione ed utilizzazione di segreti di ufficio 
Il pubblico ufficiale o la persona incaricata di un pubblico servizio[358], che, violando i doveri inerenti alle funzioni o al servizio, o comunque abusando della sua qualità, rivela notizie di ufficio, le quali debbano rimanere segrete, o ne agevola in qualsiasi modo la conoscenza, è punito con la reclusione da sei mesi a tre anni.

Art. 16, 4° comma, D. Lgs 109 del 2006 (procedimento disciplinare contro i magistrati):  
Il Procuratore generale presso la Corte di cassazione, se lo ritiene necessario ai fini delle determinazioni sull'azione disciplinare, può acquisire atti coperti da segreto investigativo senza che detto segreto possa essergli opposto. Nel caso in cui il procuratore della Repubblica comunichi, motivatamente, che dalla divulgazione degli atti coperti da segreto investigativo possa derivare grave pregiudizio alle indagini, il Procuratore generale dispone, con decreto, che i detti atti rimangano segreti per un periodo non superiore a dodici mesi, prorogabile di altri sei mesi su richiesta motivata del procuratore della Repubblica ovvero di altri dodici mesi quando si procede per reati di cui all'articolo 407, comma 2, del codice di procedura penale, e sospende il procedimento disciplinare per un analogo periodo. Successivamente il Procuratore generale presso la Corte di cassazione può prendere visione degli atti. Il procedimento può essere altresì sospeso nel corso delle indagini preliminari.

Da questa serie di disposizioni si ricava che il superamento del segreto è dalla legge ammesso solo ad indagini disciplinari già avviate, solo se a richiedere le informazioni è il procuratore generale della cassazione, solo se il Procuratore della Repubblica (il “capo” del sostituto procuratore) dà il suo nulla osta. 

La legge (e la Costituzione), dicono, infine in una lunga serie di disposizioni normative che non possono qui riassumersi ma che sono bagaglio comune di ogni laureato in giurisprudenza, che i regolamenti e le circolari sono subordinate alla legge e non possono derogarvi. 

Interessante, a questo punto, vedere cosa dicono le circolari o comunque le direttive del consiglio superiore della magistratura sul tema. 

Il CSM, che è un organo amministrativo citato nella Costituzione della Repubblica, spesso ricorre a questa speciale “menzione” presente nella Carta fondamentale proprio per esorbitare dai suoi limiti, operando come se fosse lui il “legislatore”, anziché il Parlamento.  

Eccone l’ennesima riprova. 

Secondo una circolare del CSM del 1994 (che ne riprende una del 1981), tutt’ora vigente, gli Uffici giudiziari, avanti ai quali pendono procedimenti penali a carico di magistrati, sono  “invitati” (non può sfuggire il galateo dell'espressione) ad informare d'ufficio il Consiglio superiore della magistratura dell'inizio del procedimento, del suo svolgimento ed a trasmettere le copie dei provvedimenti conclusivi, informazioni che, sebbene segrete per quanto detto sopra, devono essere inviate anche ai titolari dell'azione disciplinare (il Ministro della Giustizia ed il procuratore generale della cassazione). 

E perché? Ma perché io sono io, risponde il CSM, organo menzionato nella Costituzione e quindi libero di violarla. 

L’esigenza di punire o trasferire un magistrato non è meno pressante rispetto a quella di punire o trasferire un poliziotto che organizza calunnie reali in danno dei cittadini, o un medico che propina veleni ai suoi pazienti, o un ingegnere che sabota i ponti. 

Se delle indagini sul poliziotto, sul medico o sull’ingegnere dovessero informarsi le rispettive catene gerarchiche (ministero, ordini professionali) la loro segretezza e quindi la lo efficienza sarebbe compromessa, se è vero che il segreto serve a tutelarla.
  
Ma allora che facciamo, lasciamo che quei fetenti continuino a rovinare i cittadini? 

Esistono, a questo scopo, le misure cautelari penali personali o reali che, per legge, sono gestite direttamente all’interno del procedimento penale su iniziativa del pubblico ministero e decisione del giudice per le indagini preliminari. Addirittura la legge ne ha prevista una specifica per i pubblici dipendenti e si chiama sospensione dal servizio. 

Quindi le esigenze che il CSM invoca come pretesto per conoscere atti segreti sono già altrimenti soddisfatte dalla legge ed un organo menzionato nella Costituzione avrebbe dovuto prenderne atto e posticipare la sua azione di controllo sulla disciplina dei magistrati ad epoca successiva alla cessazione del segreto, come fanno i medici, gli ingegneri, gli architetti e via dicendo.
 
La cosa grave è che le circolari del CSM, per la loro provenienza, intimidiscono i magistrati (altro che “invita”, si legge “ordina!”) i quali sono così disposti a violare la legge per obbedire alla struttura che li governa; disubbidire significa compromettere la carriera. 

Tutta questa noiosa disamina era necessaria per sottoporre a verifica la tesi del consigliere superiore “confessore” del magistrato in pena. 

E la verifica, anche a mente di tutte le stravaganti circolari del CSM, non può che smentire la bizzarra tesi. 

In primo luogo perché - per legge - solo il Procuratore della Repubblica (e non il suo sostituto) può decidere quando informare il Procuratore Generale della Cassazione (e non il CSM). 

In secondo luogo perché - per legge - detta informativa presuppone la pendenza di indagini disciplinari già avviate (è solo nel loro ambito che è prevista la deroga al segreto). 

In terzo luogo perché, anche a voler assecondare il garbatissimo quanto strampalato “invito” del CSM, sono dovute le informazioni relative all’avvio di procedimenti penali contro magistrati, non altro.

E, definitivamente, perché è impensabile una de-formalizzazione di simili delicatissime attività che consenta un rapporto personale e diretto tra l’interessato ed il singolo consigliere superiore, il “confessore”  che ciascuno possa scegliere da sé, in luogo della formale investitura del CSM.

Nulla di tutto ciò nei fatti che si leggono in questi giorni e la tesi di Davigo somiglia tanto ad una bufala che la farà franca … 

4 commenti:

francesco Grasso ha detto...

GRAZIE infinite per il pregevolissimo intervento tecnico-giuridico, di rilevanza enorme per l'intero paese, in questo gravissimo momento di buio e ignoranza senza fine. Penso che una cosa è l'ufficio del csm che investito di un atto di propria competenza, formalmente, con tutti i crismi di legge oppone il diritto di conoscere fatti coperti dal segreto, altra cosa abissalmente diversa è la presunzione che rende la persona, addirittura la singola persona, titolare di tale super potere. Nè poi può tacersi che tale pretesa in palese violazione del principio di ragionevolezza delle leggi(art.3Cost) è di tale gravità, extra-legem, da potersi considerare eversivo.

francesco Grasso ha detto...

LA POSTINA del csm, che spedisce plichi coperti dal segreto alla stampa !!! Una cosa vecchia, ma quando ci viene sbattuta in faccia, è altra cosa ! Non solo ci indigna in modo insopportabile ma ci induce ad un profondo esame di coscienza ! Valiamo veramente poco. Grazie a Dio onnipotente, il fatto che si sono superati tutti i limiti possibili ed immaginabili, ciò che un tempo poteva provocare catastrofi oggi è solo una "favoletta demenziale per bambini deficienti. Si spera in una SEVERISSIMA PUNIZIONE.

Salvatore Sirabella ha detto...

ESPOSIZIONE CHIARA CHE ANDREBBE PUBBLICATA SUI GIORNALI E DISCUSSA NELLE TANTE TRASMISSIONI TELEVISIVE CHE, INVECE, IGNORANO SEMPRE I GRAVISSIMI FATTI CHE STANNO VENENDO ALLA LUCE. GRAZIE.

Unknown ha detto...

Ottimo.
Grazie