domenica 8 agosto 2021

La controriforma della giustizia

Pubblichiamo il comunicato del 1° agosto 2021 dei componenti del Comitato Direttivo Centrale dell'Associazione Nazionale Magistrati eletti nella lista ArticoloCentouno sulla c.d. riforma "Cartabia" in materia di giustizia approvata il 3 agosto u.s. dalla Camera dei Deputati.
Il voto di fiducia sul maxiemendamento governativo, che ha sostanzialmente precluso ogni discussione, è stato posto praticamente all'indomani della richiesta di parere formulata dal Ministro della Giustizia al Consiglio Superiore della Magistratura.
La corsa del CSM per l'adozione del parere non è servita a nulla. Il parere, licenziato a tempo di record, è stato infatti tenuto in non cale: a nostro avviso, un vero e proprio smacco istituzionale, tanto più che era stato lo stesso Presidente della Repubblica a invitare il CSM a soprassedere dal licenziare un parere parziale sul tema dell'improcedibilità, già approvato dalla competente Commissione, e a optare per un parere generale in risposta alla successiva richiesta del Ministro della Giustizia.



Giustizia - Una riforma contraria alla Costituzione e contro l'Europa

Per erogare i fondi del Recovery, sulla Giustizia penale l'Europa chiede all' Italia due cose:
1) diminuire la durata dei processi, soprattutto nelle fasi di impugnazione;
2) rafforzare il contrasto alla corruzione.

Rispetto a queste due richieste, la c.d. "riforma Cartabia" appare una truffa.

Intanto, anche nella sua ultima versione, si pone in gravissimo contrasto con la Costituzione.


La previsione secondo cui il Parlamento fisserà i criteri di priorità nell'esercizio dell'azione penale e i singoli uffici, nell'ambito di tali principi, daranno vita a una sorta di decentramento giurisdizionale, fissando a loro volta dei "sottocriteri" di priorità, costituisce una palese violazione del principio supremo della separazione delle funzioni statali sovrane e si pone in radicale contrasto con i principi di obbligatorietà dell'azione penale e di apoliticità della giurisdizione.

Rispetto alle richieste dell'Europa, la c.d. Riforma non solo non persegue i due indicati obiettivi ma si pone con essi in radicale contrasto.

Essa, infatti, non mira in alcun modo a diminuire la durata dei processi.

Stabilisce, invece, che i processi muoiono a data certa, consacrando in principio giuridico l'impensabile follia di sprecare sistematicamente, in modo consapevole e volontario, le fatiche sostenute e le risorse impegnate per imbastirli.

Quanto al contrasto alla corruzione, che dire?

L'Europa può attendere!

Il crimine dei pubblici poteri, anche per essere gentilmente e oculatamente rimasto fuori dalle esenzioni dal regime della morte a data certa, sentitamente ringrazia.

Non ringraziano, invece, i magistrati, sui quali si abbatteranno ulteriori gravosissimi impegni e responsabilità nonostante per tutte le statistiche risultino già iper-produttivi rispetto ai colleghi degli altri Paesi europei.

Ma non possono ringraziare nemmeno i cittadini.

Non ci vuole molto a comprendere che la tagliola ai processi sarà una costante spada di Damocle sui diritti, tanto degli imputati quanto delle vittime.

L'unica nota positiva è che i tempi che la riforma si è data per dispiegarsi in tutti i suoi effetti sono progressivi e limitati ai reati commessi a partire dal 1° gennaio 2020.

Insomma, si è ancora in tempo per ripensarci.

Invitiamo il Presidente, la GEC e tutti gli altri colleghi del CDC a fare quanto nelle prerogative di ciascuno affinché le ragioni del no a questa riforma siano al più presto possibile espresse dall’ANM nella forma più solenne e siano programmate le iniziative necessarie per consentire ai magistrati di testimoniarle con la maggiore evidenza possibile.

I componenti del CDC eletti nella lista ArticoloCentouno
Giuliano Castiglia - Ida Moretti - Andrea Reale


2 commenti:

francesco Grasso ha detto...

Più e più volte abbiamo detto e ridetto che non c'è nulla da fare. In modo assoluto ! Per avere qualche soldo bisogna dare un ulteriore grave colpo ad una giustizia già in coma irreversibile. Per eliminare i problemi per cui l'Europa ci chiama a rispondere, l''unico modo è eliminare definitivamente la giustizia. Gli stolti pensano che eliminando la giustizia si eliminano anche i problemi. In questo terribile momento l'unico male minore è di cercare a tutti i costi di impedire che si ottengano finanziamenti finalizzati a peggiorare le cose.

bartolo ha detto...

Questo Blog, oltre il nobile intento di denunciare i mali del correntismo in seno alla magistratura, è organo d'informazione. Almeno così a me pare. Tra i suoi lettori, l'ho dedotto ascoltando diverse interviste, vi è il dottore Luca Palamara, radiato dalla magistratura e autore con il giornalista Sallusti del libro "Il sistema". Per cui oso intervenire con l'intento di offrire il mio contributo di testimonianze sulla "guerra dei trent'anni", anche in considerazione del vissuto di prigioniero, guerriero, resistente durante tutto il trentennio (ancora in essere).
I vertici dello stato italiano sono di un'ipocrisia infantile. Così, mentre gli eroi della lotta alle mafie sguazzano sopra la melma che hanno creato, gli onesti stanno a guardare, inermi rispetto al dovuto esercizio delle loro funzioni. Succede perché le mafie, essendo fenomeni criminali non estranei alle istituzioni, ove per istituzioni si intendono servitori dello stato corrotti e/o corruttibili, dovevano essere superate politicamente colpendo i reati di corruzione e non già delegando, come fatto, ogni "azione" di indiscriminata repressione, agli eroi(-professionisti) del fenomeno.
Vergogna!: Ci ritroviamo uno stato mafioso, che è il risultato di trent'anni di torture contro falsi mafiosi in continuo aumento. Con il risultato che nell'ultimo decennio (a parte Letta, Renzi e Gentiloni che non hanno inciso per nulla sul governo del paese, vedi riforma boicottata di Renzi) la linea politica della nazione è stata dettata da Monti, Conte e Draghi, tutti e tre sponsor, piuttosto che del popolo sovrano come prescritto dalla Costituzione, di un "sistema" (quello di Palamara?) che tenta (invano senza verità) di risalire la china. Anche l'informazione essendo parte integrante di questo coacervo istituzionale deve essere interpretata secondo sue convenienze. Per cui, per rimanere agli ultimi eventi in tema di mafie, la dichiarazione attribuita al PNAA Cafiero De Raho sulla legge Cartabia “con questa riforma conviene delinquere” interpreto che i delinquenti siedono, in maggioranza, nel luogo dove si fanno le leggi; ma poi, siccome tutto potrei pensare meno che la Ministra Cartabia possa essere una delinquente, reputo che i giornali hanno speculato per vendere qualche copia in più. Inoltre, anche Cafiero De Raho, qualora fosse vera la dichiarazione attribuitagli, potrebbe avere convenienza a gridare “al lupo al lupo”. D'altronde, è quello che succede a tutti i procuratori antimafia del dopo Falcone e Borsellino: grazie alle manzoniane “urla” hanno assemblato a sé tutti i poteri dello stato. Ora, si ritrovano a gestire il vuoto. Che sia questo vuoto che ha indotto un pm della DDA reggina a criticare il protagonismo individualista di molti suoi colleghi? Infatti è inusuale leggere che un pm antimafia possa dire, sempre che i giornali non abbiano riportato a convenienza: «Finché regge l’idea che la risposta ai problemi del paese vada cercata sempre nell’azione penale, avremo sempre un certo numero di procuratori in vista pronti a raccontarci che senza un pm forte e una pesante sanzione penale le cose non funzionano». Che dire!? Conosco la macchina da guerra reggina dai tempi degli eroi del nulla: in particolare due, uno tendeva ad equipararsi ai due magistrati siciliani trucidati dalla “montagna di merda”, salvo ammettere, dopo un ventennio di riflessioni, che forse quelle azioni guerrigliere erano state indotte ad hoc, chi sa da chi. Un angelo vendicatore di stupidità professionale, l'altro! Basta chiedere all’allora suo complice “sequestratore”, allora Gip. Per averne conferma. Sono un educatore privo di odio contro alcuno. Mi piacerebbe, però, che tutti i membri della macchina da guerra reggina facessero finalmente autocritica, per la colpa di aver instradato nelle vie della perdizione migliaia di inermi cittadini, che delle mafie non avevano e non hanno la più pallida idea. Come loro, d'altronde, tragicamente, non poche volte: imitatori e vendicatori a convenienza.