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mercoledì 31 ottobre 2007

Politica, democrazia e conquista del potere

di Stefano Racheli
(Sostituto Procuratore Generale presso la Corte di Appello di Roma)

A chiedersi se ci sia qualcosa di meglio della democrazia, la risposta è nota: la democrazia è il minore tra i mali; non è tutta d’oro, ma non si è trovato nulla di meglio; è il frutto imperfetto dell’imperfettissima natura umana, e via dicendo.

Una risposta che - diciamolo – pesta acqua nel mortaio e non fa fare un passo avanti.

Propongo quindi un quesito diverso: c’è qualcosa che ha inceppato, nel suo cammino, il procedere della democrazia? A mio avviso, sì qualcosa c’è, è sotto gli occhi di tutti ed è rimediabile.

E’ infatti accaduto che - nata la democrazia come forma antagonista del potere assoluto e autoritario – le istanze e preoccupazioni “democratiche” abbiano avuto ad oggetto soprattutto la risposta a due quesiti di fondo: chi debba detenere il potere e in quali forme esso possa acquistarsi e debba esercitarsi.

Rimanevano - come dire? – defilati due interrogativi di pari (di maggiore?) importanza: può la democrazia sopravvivere all’assenza di una cultura diffusa che le sia omogenea? Ma - soprattutto e paradossalmente – corrisponde a verità il fatto che la democrazia sia a rischio a causa del sistema da lei stessa “inventato” per la conquista del potere?

Detto in altri termini, la “caccia al voto”, le manipolazioni della pubblica opinione, le menzogne sistematicamente poste a fondamento della “ragion di Stato” (di questo o quello schieramento), la sovranità dei sondaggi, quali strumenti per la conquista “democratica” del potere, non sono la tomba della democrazia?

C’è insomma il fondato sospetto che la conquista del consenso - strada obbligata in democrazia per la conquista del potere – finisca per ottundere (e talora per uccidere) proprio quella democrazia che si vuol supportare.

Certo, nel mondo della luna possono ipotizzarsi schieramenti che non mentano, che non manipolino, che chiamino le cose col nome e col cognome, e via discorrendo. Nel mondo della luna, appunto, ma qui tra noi le cose vanno diversamente: posto il fine, è inevitabile che molti scelgano i mezzi in base solo alla loro efficacia e senza andare troppo per il sottile.

Non c’è dunque via di uscita?

Penso che un rimedio serio sia quello in cui il rafforzamento della democrazia, la credibilità delle promesse e delle persone non si fondi tanto (o almeno non solo) sul corretto esercizio del potere, ma su un’attività politica che rinunzi alla conquista del potere, così affrancandosi dai mille, obbligatori adempimenti cui deve bruciare incenso colui che il potere deve conquistare.

E’ infatti evidente che non possa abolirsi né l’esercizio del potere (e dunque la sua conquista), necessario in ogni tipo di società, né la ricerca del consenso.

Può però evitarsi che tutta la politica si riduca a conquista ed esercizio del potere.

Tanto più sarà ragionevole sperare nel corretto esercizio del potere quanto più ci sia una forte azione politica (non dunque un’azione meramente culturale o moralizzante) che bilanci le tendenze “devianti” di chi cerca la conquista del potere.

L’astensione che auspichiamo - oltre che essere un forte grido di protesta – intende essere proprio questo: un’attività squisitamente politica diretta a rimuovere quelle ideologie (nel senso proprio di maschere indossate dal potere reale) che, utilizzate dal Potere, finiscono per dar vita alle derive di regime.

Siffatte attività politiche (l’astensionismo è solo una delle tante attività ipotizzabili), rappresentando una forma atipica di opposizione (quella tipica è rappresentata da chi esercita il potere nei modi proprio delle minoranze), mutua dell’opposizione il ruolo, la dignità, la fondamentalità.

L’opposizione-senza-potere risulta per il Potere assai più molesta degli avversari che si pongono come pretendenti al Potere. Non a caso siamo stati indicati, con malcelato e esplicito disprezzo (a mio avviso del tutto cieco), come “astensionisti”, “blogghisti” e quant’altro: la nostra natura infatti ci rende disomogenei rispetto alle logiche che regolano i rapporti tra coloro che aspirano al potere.

Noi, a rigore, non siamo neppure un avversario, visto che non concorriamo per conquistare potere: siamo, a ben vedere un ideale e un’idea con cui è necessario confrontarsi (come è noto gli ideali e le idee sono ostacoli ben più ostici di qualunque propaganda o slogan).

Auspichiamo dunque che in tanti possano sentire il richiamo – nobile e politico a tutto tondo – verso un ruolo fondamentale: l’opposizione senza potere.

8 commenti:

  1. Egregio dott. Racheli
    personalmente vivo giorni di profonda delusione generata da una classe politica totalmente distaccata dai reali bisogni del Paese, e all'interno della quale tutte le forze in campo mi sembrano lontanissime dai miei ideali che si possono sintetizzare in legalità e giustizia sociale.
    Ho molto apprezzato il suo post che propone un punto di vista originale e spinge ad una seria riflessione.
    Non pensa, però, che astenersi possa essere una sorta di "lavarsene le mani" che finirebbe per avvantaggiare non solo chi arriva alla conquista del potere ma anche la cosiddetta opposizione, leggittimando ulteriormnte gli uni e gli altri?
    giuseppe benincasa

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  2. Mi trovo costretto a divergere da questa analisi sulla democrazia sia in generale che per quella che riguarda il nostro paese.

    Già se consideriamo alcuni esempi di democrazia presenti in altri paesi occidentali molto più funzionali e corretti del nostro sistema, possiamo riscontrare che la democrazia funziona correttamente. I fattori sono diversi e non è il solo senso di responsabilità e di civiltà che i cittadini hanno nei confronti delle istituzioni e nel rispetto delle leggi e delle regole democratiche.

    Ma il fattore principale sul perchè nel nostro paese non funziona la democrazia, non viene ne rispettata e ne garantita dipende dalla mancanza e inosservanza delle regole democratiche. Abbiamo una forte carenza di regole a garanzia della democrazia. Dove prima di tutto c'è l'art. 67 che dona al rappresentante eletto libertà assoluta di poter agire come meglio crede, dove addirittura si può decidere liberamente di non tener fede agli accordi fatti durante la campagna elettorale con la propria base. L'art. 67 va modificato in modo che il mandato imperativo diventi mandato vincolato dove il parlamentare eletto sia legato al rispetto degli accordi preelettorali, se non si intende rispettare tali accordi il parlamentare decade e va sostituito.

    Un altro importante elemento è costituito dalla trasparenza, basta vedere in Svezia o anche in Gran Bretagna quanto sia facile seguire la politica nazionale da parte dell'opinione pubblica e sapere per filo e per segno quanto si spende per determinate cose e quanto costano... dove in futuro si possono anche facilmente riscontrare i risultati di tali investimenti.

    Altro fattore è l'indipendenza della magistratura in conflitto con il continuo dilagare della corruzione in tutti i campi istituzionali.

    La Costituzione viene troppo spessa elusa dove addirittura vengono legiferate leggi incostituzionali e solo a distanza di anni si riesce ad abrogarle.

    Il potere mediatico controllato da lobby e comitati d'affari politici e non. Il servizio pubblico della RAI non è indipendente e i giornalisti nella loro quasi totalità rendono un servizio scadente e asservito al sistema corrotto. La speranza dovrebbe essere internet, ma già pare vogliano cominciare a mettere le manacce anche sulla rete.

    In pratica la democrazia da noi non funziona per la mancanza di regole e l'astensione dal voto purtroppo non sarà la giusta risposta al nostro chiaro malessere.

    Al contrario dell'astensione invece propongo di formare un'alternativa politica seria che si contrappone al sistema dei partiti che parta dal basso e che tenga presente delle regole su esposte e si faccia garante della democrazia in tutte le sue forme.

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  3. Ricorso di De Magistris, il pg non conosceva atti
    CATANZARO - Il procuratore generale facente funzioni di Catanzaro, Dolcino Favi, quando ha disposto l'avocazione dell'inchiesta Why not non poteva conoscere gli atti e quindi non avrebbe dovuto togliere l'inchiesta al pm Luigi De Magistris, titolare in esclusiva dell'indagine. E' questo, in sintesi, quanto afferma lo stesso magistrato nelle sette pagine del ricorso presentato alla Cassazione contro il provvedimento di Favi. Stralci del documento sono pubblicati oggi da "Il Domani della Calabria" e dal "Quotidiano della Calabria". De Magistris basa il suo ricorso su tre punti fondamentali: l'inesistenza della sua incompatibilità, l'avere informato dell'iscrizione di Mastella nel registro degli indagati il procuratore aggiunto, e l'impossibilità di poter verificare la competenza del Tribunale dei ministri dal momento che l'inchiesta gli è stata tolta. Su quest'ultimo punto, il magistrato manifesta le proprie perplessità perché a suo avviso era ancora da accertare se la condotta ipotizzata nei confronti di Mastella fosse proseguita anche dopo la sua nomina a ministro. Una verifica, evidenzia il magistrato, che non ha potuto fare perché l'inchiesta gli è stata tolta. Secondo il pm, inoltre, Mastella, quando ha chiesto il trasferimento cautelare, sapeva che negli atti figurava il suo nome, quindi non può essere incompatibile il magistrato che poi, proseguendo le indagini, iscrive il ministro nel registro degli indagati come atto dovuto. Una dato confermato, secondo il pm, dal fatto che Mastella avrebbe tentato di ottenere una comunicazione della Procura "circa l'irrilevanza penale" del contenuto di intercettazioni telefoniche, "dichiarazione che, ovviamente, l'Ufficio di Procura non ha mani rilasciato". Il magistrato afferma anche di "non comprendere quale possa essere il contenuto della relazione del Procuratore trasmessa il 19 ottobre 2007", lo stesso giorno dell'avocazione e che sarebbe indicato da Favi come uno degli atti posti alla base del suo provvedimento, visto che non poteva conoscere il contenuto delle indagini. De Magistris afferma di avere agito correttamente, iscrivendo Mastella nel registro degli indagati quando sono emersi indizi di reato a suo carico e di avere trasmesso poi "il provvedimento di iscrizione al Procuratore aggiunto per il successivo visto. Altro non competeva".

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  4. Ma cosa fa nella vita Salvatore, non ha altro da fare che scrivere su tutti i siti di internet ? Beato lui. In ogni caso, auguri per l'eventuale, ma ben avviata, carriera politica !

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  5. X il solito anonimo...

    Lavoro...

    E nel tempo libero scrivo... e mi informo...

    E a differenza di molti ho deciso di non girare la faccia da un'altra parte e far finta di niente, adesso non più...

    Oggi non ci possiamo più permettere di far finta di niente e lasciar fare a chi sta decidendo del nostro futuro e di quello dei nostri figli.

    Riguardo alla carriera politica... e chi ti dice che voglio intraprenderla... al momento simpatizzo fortemente per la Lista Civica Nazionale che godrà del mio massimo supporto ed impegno. Spero che persegua gli obiettivi che si è preposta e che riesca a farsi sentire nel resto del terriorio nazionale.

    Ecco la mia alternativa qual'è... e per questa c'è bisogno di impegnarsi tutti.

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  6. Dal sito di ANNOZERO

    Magistrati scomodi
    Tre domande a Giuseppe D’Avanzo

    Giuseppe D’Avanzo ha scritto un editoriale sulla Repubblica intitolato “Il paragone impossibile con Falcone e Borsellino” nel quale dice che “di tritolo, minacce istituzionali, poteri occulti… se ne vorrebbe sapere di più, al di là dell’emotività di teatri televisivi di incerta informazione che non danno conto della realtà, ma preferiscono simularla.”


    Prima domanda.
    Perché Giuseppe D’Avanzo che è un giornalista abituato a dare conto della realtà omette di dire che il paragone tra la vicenda De Magistris-Forleo e quella di Falcone-Borsellino è stato fatto da Salvatore Borsellino, fratello di Paolo? E se ancora non ha capito il motivo di questo accostamento, perché non lo chiede direttamente a lui?


    Seconda domanda.
    A noi non risulta che De Magistris e Forleo abbiano parlato di inchieste in corso. Se a D’Avanzo risulta il contrario, lui che non è avvezzo a simulare la realtà, perché non ce ne parla?


    Terza domanda.
    D’Avanzo ha mai sentito parlare dell’intervista di Paolo Borsellino del 19 maggio 1992 ai giornalisti Jean Pierre Moscardo e Fabrizio Calvi, registrata quattro giorni prima dell'attentato di Capaci? In quell’intervista si parla delle inchieste in corso sui rapporti tra Berlusconi e la mafia. D’Avanzo pensa che anche Paolo Borsellino debba essere deferito al Csm con un giudizio postumo?


    E' giusto quello che ho pensato anch'io ( e chissa' quanti altri....!) leggendo oggi il giornale

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  7. avevo una compagna di banco con il tuo stesso cognome e mi piace pensare che possa essere una tua parente perchè anche lei era (non perchè sia scomparsa ma perchè le nostre strade si sono divise)una persona che amava approfondire, scavare negli argomenti,valutare i diversi punti di vista e non accontentarsi mai della
    "superficie"... mi piacerebbe immaginare un mondo o meglio un'italia in cui tutti si comportino così.Se solo non ci fermassimo ai commenti superficiali e incominciassimo ad essere noi stessi i fautori di una comunicazione documentata libera e sincera, magari avremmo maggiori speranze per il futuro...coraggio salvatore... voglio trovarti in tutti i blog per discutere e confrontarsi...silvia torino

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  8. Su D'Avanzo...

    Chissà perchè appena ieri lessi l'articolo ebbi anche io la stessa tua impressione...

    Sono miseri e disdicevoli attacchi a due magistrati che hanno trovato il coraggio di non abbassare la testa come invece fanno ogni giorno molti loro colleghi quando si tratta di toccare cose che non si possono toccare.

    Dovrebbe invece rispettare e come un bravo giornalista degno di questo nome dovrebbe magari indagare lui stesso sul perchè c'è questo comportamento da parte dei due magistrati riportando su qualche suo più illuminante articoli fatti a noi ignoti ma ben facilmente immaginabili.

    X Silvia...

    Grazie, sarà un piacere anche per me leggerti... ovunque...

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