(Giornalista)
Intervista al Premier rumeno Calin Popescu Tariceanu, pubblicata dal Corriere della Sera di oggi 6 novembre 2007.
Il premier Tariceanu: «Parole avventate e ingiuste contro Bucarest. Deluso da Veltroni».
BUCAREST — Il giovane rom entra alla centrale della Polizia e chiede un passaporto. È quasi una provocazione, perché nella Romania di Ceausescu nessuno, tantomeno gli «tzigani», può ottenere l'espatrio. Sei mesi dopo, gli agenti lo vanno a cercare. È successo un miracolo, il presidente in persona gli ha concesso il nullaosta. Quello ringrazia, ma dice che non ne ha più bisogno, è già tornato dal suo viaggio all'estero.
Al racconto di questo vecchio episodio degli anni Ottanta, Calin Popescu Tariceanu si concede un sorriso.
Il primo ministro romeno è tutt'altro che un cattivo biglietto da visita del suo Paese. È un uomo di bella presenza, molto colto. Un ingegnere civile che oltre alla politica nella vita ha fatto anche dell'altro, ad esempio fondando «Radio Contact», la prima radio privata della sua nazione.
Parla un inglese ed un francese che i nostri governanti si sognano, e ha la virtù, rara per chi fa il suo mestiere, di chiamare le cose con il loro nome. «Non è vero che non facciamo niente per impedire le migrazioni dei rom. Noi ci diamo da fare per integrarli, il problema è che non ci riusciamo, non abbiamo mai ottenuto successi di rilievo».
Il premier romeno ci accoglie nel suo studio in fondo al grande corridoio del palazzo della Vittoria, la sede del governo. Ha appena finito una conferenza stampa dove ha annunciato le misure che mercoledì proporrà a Romano Prodi. La più forte è una legge che consente ai giudici romeni di vietare l'espatrio ai cittadini espulsi da Paesi esteri in quanto autori di reati. «Almeno per qualche anno, ce li teniamo noi», è la chiosa.
Dottor Tariceanu, lei sa bene che non basterà.
«No, certo. Inutile illudersi. Il problema dei rom si risolve con l'educazione, convincendo i giovani a studiare, cambiando le loro abitudini. Ma i frutti, se ci saranno, si coglieranno tra molti anni».
E nell'attesa?
«Dobbiamo confrontarci a livello europeo. Pensare che sia un problema solo nostro non aiuta certo a risolverlo. E neanche la criminalizzazione. Rom non è automaticamente sinonimo di delinquente».
Il vostro idolo nazionale, il calciatore Adrian Mutu, negli stadi viene chiamato «zingaro». Nella sua accezione più negativa, rom sta diventando sinonimo di romeno.
«È un'ingiustizia che mi ferisce. Abbiamo fatto sforzi mostruosi per entrare nell'Unione Europea. Il 99 per cento dei romeni in Italia si comportano bene. Siamo un Paese in forte crescita, e voi, che siete il nostro primo partner commerciale, lo sapete bene».
La preoccupa il clima italiano, non proprio amichevole nei confronti dei romeni?
«Certo, e dovrebbe preoccupare tutti. Alcune dichiarazioni avventate hanno gettato benzina sul fuoco del razzismo contro i miei connazionali, creando una reazione qui in Romania, dove reagiscono insultando e minacciando gli italiani».
Sta nascendo un clima anti-italiano?
«Purtroppo è così. Oggi ho dovuto fare una dichiarazione di condanna per una manifestazione di protesta davanti al vostro consolato, fatta da un gruppo di estrema destra. E mi appellerò ai media perché abbassino i toni. Una certa retorica nazionalista italiana ha innescato la retorica nazionalista romena. Certi uomini politici dovrebbero fare attenzione alle loro parole ».
A chi si riferisce?
«Alcuni partiti della vostra opposizione e dell'estrema destra hanno detto cose spiacevoli. Mi ha deluso molto anche Walter Veltroni. Ha preso a pretesto l'orrendo crimine di una persona che appartiene ad un piccolo gruppo, e ha esteso la sua responsabilità ad un intero popolo».
Si tratta del sindaco di una città che negli ultimi mesi ha subìto una decina di crimini commessi da suoi connazionali.
«Certo. Ma non mi sfugge che le sue dichiarazioni, come quelle di molti altri, erano mirate solo a tutelare la propria figura politica, evitando di assumersi eventuali responsabilità ».
Dove sarebbero le eventuali responsabilità?
«Il germe del crimine è in quegli accampamenti disumani, in condizioni di vita tremende, prive di qualunque assistenza sociale. Questi sono compiti che spettano alle autorità locali, cittadine».
Dopo il vostro ingresso in Europa, il fenomeno dell'immigrazione è cresciuto?
«Le statistiche dicono che non è così. Essere in Europa comporta per tutti vantaggi e costi, purtroppo anche in materia di ordine pubblico. Bisogna capire che i flussi migratori non si possono fermare. I singoli Stati dovrebbero essere realisti e responsabili su questo aspetto. Ma sia in Italia che in Romania vengono fatte dichiarazioni irresponsabili solo per ottenere vantaggi politici immediati».
Riconosce qualche buona ragione al malumore italiano?
«Capisco i vostri sentimenti. Oltre ai crimini gravi, ci sono fenomeni come l'accattonaggio, la prostituzione, che aumentano il senso di insicurezza. Ma su questi aspetti, io, come capo del governo romeno, non posso intervenire».
Avete protestato anche per il decreto di espatrio di alcuni vostri connazionali non proprio immacolati.
«Io ho il dovere di pretendere garanzie. Devo essere sicuro che non vi siano abusi sui cittadini romeni all'estero. Noi ci impegneremo ad estendere la collaborazione tra le autorità dei due Paesi, fornendo all'Italia ogni supporto giuridico alle sue iniziative, di controllo e prevenzione. Ma non vi devono essere prevaricazioni».
Lo sa che potrebbe accadere nuovamente, vero?
«Purtroppo è impossibile prevedere un crimine. Oltre alla morte di Giovanna Reggiani, un'altra conseguenza di questo crimine è stata la creazione di un brutto clima non tra due governi, ma tra due popoli. Si è creato un clima di pregiudizio bilaterale. Occorre fermare la speculazione politica su queste tragedie. Se non facciamo niente, la spirale razzista diventerà sempre più pericolosa, per tutti».
Non solo ha ragione, ma è stato anche molto diplomatico nel citare tutti quegli imprenditori, nostri connazionali, che vanno in Romania a fare affari a basso costo invece di investire in casa propria i loro soldi. Gli stessi che nel loro paese alimentano il mercato della prostituzione, quegli "italiani brava gente" che considerano le loro donne belle e povere e quindi da comprare, perchè no, infondo gli portiamo ricchezza e benessere!!!
RispondiEliminaCinzia Sbardella - Roma