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mercoledì 5 dicembre 2007

Uguale per tutti?


di Stefano Racheli
(Sostituto Procuratore Generale presso la Corte di Appello di Roma)


Il piccolo Everson è morto.

Forse per maltrattamenti in famiglia.

Sbocconcellato da botte e quant’altro, giorno dopo giorno.

Chi ha potere e dovere di farlo sta indagando e dunque è presto per stabilire giuridiche responsabilità, ma non è presto per osservare che, se sei nato nella culla sbagliata, per te è più possibile, molto più possibile, che ti accada ciò che, teoricamente, può accadere a tutti.

La fame, il freddo, le botte e anche la morte sono per te, a causa di quella sbagliatissima culla, molto più possibili.

Ed è anche molto più possibile che, morendo, non ti vengano riservati onori nazionali, né interrogazioni parlamentari né scritti di famosi opinionisti. E ciò per il semplice motivo che di te non è mai fregato niente a nessuno o quasi a nessuno.

Innumerevoli modifiche legislative sono nate per lesa maestà di potenti da quattro o da otto soldi, ma mai nulla nasce – neppure per lesa vita – se a soffrire sono, come si esprime la Bibbia, l’orfano e la vedova (vale a dire chi conta quanto il due di spade quando briscola è coppe).

Il piccolo Everson era, in verità, nella sua nuda debolezza, tutelato dall’art. 3 della Costituzione della Repubblica italiana: “Tutti i cittadini hanno pari dignità sociale e sono eguali davanti alla legge”, ma Everson è dovuto volare lassù perché la pari dignità sociale e l’eguaglianza davanti alla legge non lo hanno reso eguale di fronte alla morte.

E non si sa se coloro che lo avrebbero dovuto salvare si siano mossi per tempo per correre in suo aiuto.

Non si sa: anche in questo caso, è presto per sapere.

Certo è che Everson ha atteso; ha atteso per giorni, per mesi. Poi, in silenzio e in punta dei piedi, se ne è andato, accolto festosamente dagli angeli nella gloria riservata ai piccoli martiri.

E’ così signori, sempre di più e sempre più arrogantemente: ogni giorno si divarica la forbice tra la tutela cartacea dei “poveri” e la tutela fattuale dei “ricchi”.

Ma – si dice – il sistema è quello che è.

Cazzate.

Il sistema è la risultante dei nostri egoismi, delle nostre interessate cecità, del nostro non fare quel poco che è in nostro potere, quando Everson piange, perché ogni Everson, è affidato a noi tutti.

Signori che leggete, questo non è solo lo sfogo di un magistrato: è un invito a guardarvi intorno se mai vi sia, nei vostri paraggi, un Everson, piccolo o grande, ma comunque indifeso e bisognoso.

Perché – ve lo giuro – qualunque peccato abbiamo commesso in vita, ci sarà perdonato se avremo soccorso un piccolo Everson, ma non scamperemo al castigo se mai – pieni dei nostri stupidi battibecchi – ci saremo distratti al, punto di ignorare il dolore e la morte dei deboli.

Ciao Everson, scusaci tutti. E accetta il nostro bacio commosso anche se giunge troppo in ritardo.

2 commenti:

  1. Questo commento mi riempie il cuore di tristezza...

    Giustizia... che significato ha oggi? Siamo nel terzo millennio ma pare di essere tornati 1000 anni addietro.

    La colpa di chi è? Un pò di tutti forse... a partire dagli stessi cittadini che han fatto davvero poco per tenere alto il senso di moralità in questo paese, ma che di certo ha influito su chi poteva sfruttarne direttamente e indirettamente a proprio vantaggio lo smantellamento del significato di questo termine, salendo per l'appunto la scala del potere, attraversando magistrati e politici cioè a toccare chi il potere lo esercita affinchè possano far ciò che più gli aggrada in barba ai dettami costituzionali o di legge stessi.

    I cittadini cominciano a capire e ribellarsi, solo che ora sorge una domanda a cui non so rispondere...

    Ma siamo ancora in tempo a tornare indietro? E come fare?

    L'importante è forse stare attenti e vigili e denunciare sempre e in ogni caso atti di illegalità, restare sempre nell'ambito della legalità, ascoltare la propria coscienza e poi agire e giudicare. Solo così, da parte del cittadino può attuarsi un cambiamento radicale del sistema giudiziario.

    RispondiElimina
  2. Gentile Dott. Racheli,
    mi unisco a Salvatore D'Urso.
    Ogni singola morte è una tragedia per l'intera collettività, soprattutto quando, come mi sembra di percepire dal Suo Intervento, in un sistema efficiente ed in una Società meno egoista e distratta, si sarebbe forse, sottolineo forse, potuto evitare.
    Ci dica di più su questa vicenda, ovviamente nei limiti di ciò che Le è consentito.
    Ogni singolo caso interessa tutti, perchè imparando dagli errori se ne possono evitare altri.
    Capiamo insieme se qualcuno ha sbagliato, ed in caso affermativo dove ha sbagliato.
    Siamo qui per migliorarci attraverso un confronto aperto leale e svincolato da qualsiasi pre-giudizio.
    Conoscere per agire.
    In questo io credo fortemente.

    Andrea Falcetta

    RispondiElimina

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