di Matteo Secchi
(Studente universitario)
“Una società responsabile, non più solamente civile”.
Queste le parole usate con grande fervore ed emozione da Don Ciotti, presidente di Libera, il gruppo che coordina più di 1300 associazioni, gruppi, scuole, realtà di base, nella lotta alle mafie e per la promozione di legalità e giustizia.
E con queste parole, lo scorso 15 marzo a Bari, circa centomila persone, hanno partecipato alla XIII edizione della “Giornata della memoria e dell’impegno in ricordo di tutte le vittime delle mafie”.
Un corteo pacifico che ha attraversato il lungomare del capoluogo pugliese, mentre gli altoparlanti scandivano più di 700 nomi: persone che hanno dato la vita per la lotta alla mafia.
Settecento inquietanti rintocchi che cozzavano con l’allegria e i cori dei tanti giovani presenti.
Anche i politici, presenti in massa, hanno dato il loro apporto alla causa. E poi, laboratori, feste e concerti fino a tarda notte.
Questa è stata la faccia oggettiva di Bari, quella che è venuta fuori dai giornali e dalle televisioni, quella di un popolo (amministratori e politici compresi) che crede seriamente nella lotta alla mafia.
C’è un’ altra faccia però, che spesso viene lasciata da parte, quella che pochi raccontano.
E’ quella dell’ipocrisia.
Credo che tutti in Italia condannino la mafia e che tutti siano pronti a manifestare contro questa. Credo che si debba parlare di atteggiamento mafioso e non solo di mafia.
È questo comportamento a farci prendere il bus senza pagare il biglietto, che non fa fare uno scontrino per pagare meno, e così tutti gli atteggiamenti che ormai noi, nessuno escluso, facciamo e che chiaramente alimentano questa rete.
La mafia vive anche e soprattutto di questo.
Ma mentre la mafia ha una struttura piramidale, dove può esservi identificato un boss e quindi si può arrivare (in qualche modo) all’apice del sistema, la rete ha in sé un concetto molto diverso: un sistema che si autoalimenta dove non ci sono apici, dove tutti concorrono allo stesso livello, e dove ognuno cerca il modo di ricavare profitto per sé a scapito di qualcun’altro.
Credere che la mafia sia localizzata solo in quei luoghi dove fa più parlare di sé è un grande errore.
Essa è ovunque.
È nell’ipocrisia che fa dire ad un giovane “sono contro la mafia” e poi si fa uno spinello, in quella dei politici che hanno fatto sempre troppo poco per contrastare questa cultura, ma che in tempo di campagna elettorale manifestano a Bari in prima fila.
Ebbene credo che l’unica via di fuga per combattere l’ipocrisia sia la coerenza.
Dobbiamo lasciare da parte le parole e vivere coerentemente i fatti.
L’unica faccia pulita è quella di persone che coerentemente stanno spendendo la loro vita senza profitti personali per contrastare l’atteggiamento mafioso.
Parlo di Don Ciotti, parlo di Don Pino de Masi ma parlo anche di tante persone che vivono nell’ombra, senza parole, con la coerenza del fare.
Con questo non voglio contestare questo movimento giovane che, anche se incoerentemente, si è dimostrato interessato all’argomento ed ha voluto manifestare per il ricordo delle vittime.
Il mio vuole piuttosto essere un monito, un richiamo all’interruzione di questa tremenda rete che affligge l’Italia.
Manifestare un giorno è semplice, non farsi raccomandare, non superare i limiti di velocità pagare, i biglietti tutti i giorni, questo è veramente difficile.
Ma solo così potremo sconfiggere la mafia e il suo atteggiamento.
Non sarebbe tanto difficile far pagare il biglietto ... se tutti quelli che non lo pagano fossero multati, come accadeva in Italia quando ero piccolo e come accade tuttora in Inghilterra, Francia e Germania !
RispondiEliminaNon sarebbe tanto difficile far rispettare i limiti di velocità ... se tutti quelli che non lo rispettano fossero multati, come accadeva in Italia quando ero piccolo e come accade tuttora in Inghilterra, Francia e Germania !
Potrei andare avanti all'infinito, ma la soluzione problema è invero semplicissima: SI COMINCIA DALLE PICCOLE COSE !
Invece si è voluto fare il contrario, si è voluto prendere i "capi", senza capire che i "capi" diventano tali soltanto perché c'è UNA FOLTA BASE DI ASPIRANTI, e questa base si allargherà sempre più, se non si comincia DAL BASSO.
Morto un Papa, se ne fa un altro. Arrestato un "capo", se ne farà un altro. Ma chi arresta e condanna un "capo" ha fama, onori ... e carriera politica assicurata ! Invece chi arresta e condanna tanti pesci piccoli, fa ben poca strada.
Semplice e banale. Ma non per questo meno vero.
Ha ragione Paolo Emilio ma vorrei aggiungere solo un piccolo appunto.Far rispettare un limite di velocita' minacciando una sanzione e' facile.. far pagare il biglietto del bus minacciando la sanzione e' facile.. e' facile far rispettare una regola con la minaccia di una punizione, ma cosi' si rischia di creare un clima di terrore..e a mio modo di vedere non siamo "cani da minacciare con un bastone".L'ideale invece sarebbe quello di responsabilizzare le persone, far capire che rispettare un limite di velocita' non vuol dire solo assicurare la regolare circolazione stradale ma soprattutto vuol dire evitare il rischio di mettere in pericolo la vita(propria) e altrui..L'ideale sarebbe far capire alla gente che il rispetto delle regole vuol dire essenzialmente rispettare quei beni e quei valori che stanno alla base della nostra societa'e che ognuno di noi deve proteggere. La sanzione deve far capire quanto importante sia il valore che abbiamo violato ma non la userei come strumento per assicurare l'osservanza delle regole e dunque il rispetto di un valore.
RispondiEliminaCarmelo
Noi siamo stati e siamo una grande Civiltà.Siamo crollati tante volte ma siamo sempre risorti.
RispondiEliminaDentro questo paese di uomini e donne c'è l'essenza di tutto, nel bene e nel male.
Questo male che sembra oggi prevalere, può essere sconfitto.
Penso che la manifestazione di Bari, sia un grande avvenimento, non nel numero, ma nel significato.
Dopo decenni di "sistema" mafioso, che ha contaminato tutto il Paese, oggi tante persone hanno mostrato la loro faccia, hanno sfidato il "sistema".
Questo è il contrapposto alla "collusione" di chi, per paura, per piccolo tornaconto, per ignoranza, per "facciamoci i fatti nostri", per "tanto lo Stato, (inteso come Istituzioni), a noi non ci pensa", per "almeno loro...",ha coperto e alimentato il "sistema" che è diventato SISTEMA.
Ora il SISTEMA va smantellato. Ora queste persone che hanno avuto il coraggio di metterci la faccia, non devono essere abbandonate, noi cittadini ci possiamo mettere solo la faccia, o le parole in questo blog, sono gli intellettuali, gli esperti, i giudici, i politici, gli amministratori,le istituzioni e principalmente LE LORO COSCIENZE, che devono prendere atto che quello che è stato perpetrato è UN CRIMINE verso il popolo.
Sembra che quando dal vaso di Pandora furono rovesciati tutti i mali del mondo,dento vi rimase soltanto una cosa LA SPERANZA.
Alessandra
I miei complimenti a Matteo Secchi!!!
RispondiEliminaQuando gli italiani smetteranno di essere terrorizzati dalle mafie, intese nell'essere costituite da fantasmi invisibili, che ti possono colpire a morte anche in assenza di alcuna motivazione; cominciando, invero, a razionalizzare che chiunque non rispetti il suo prossimo è già un pò mafioso. E, sempre più mafioso è colui che lo stesso atteggiamento (irrespettoso9 lo usa nonostante il ruolo istituzionale che ricopre.
bartolo iamonte
Caro Carmelo,
RispondiEliminaCredi veramente che si creerebbe un "clima di terrore" soltanto facendo rispettare la legge ? Guarda, credimi sulla parola, quarant'anni fa nessuno era "terrorizzato" dal dover pagare il biglietto o dal dover rispettare i limiti di velocità. Semplicemente, sapevano che se non avessero pagato il biglietto o non avessero rispettato i limiti sarebbero stati multati. E, sapendo questo, la stragrande maggioranza pagava i biglietti e rispettava le regole di circolazione.
Certo, sarebbe bello se bastasse educare le persone, spiegare loro la ragione dei divieti e l'utilità sociale di osservarli per ottenere il rispetto delle leggi. E non dico che non sia necessario fare anche questo. Ma non basta. Perché la sanzione serve anche a punire i "furbi", che in Italia, come puoi constatare tutti i giorni, di sicuro non mancano !
Punire serve, perché la pena non ha solo funzione di riabilitazione (ove possibile), ma anche una funzione di "prevenzione generale", funzione che oggi è quasi del tutto, e illegittimamente, dimenticata, con i risultati che ben conosciamo.
X Paolo Emilio e Carmelo...
RispondiEliminaConcordo con Paolo Emilio...
Solo che questo genere di rispetto non deve essere solo attribuito alla società civile... chi sbaglia paga... va benissimo... ma non va bene quando viene attuato solo nei confronti dei più deboli e soprattutto quando vengono previste leggi e restrizioni nei loro confronti e poi invece si vede la politica attuare leggi che prevedono depenalizzazioni di reati maggiori, leggi ad personam, leggi truffa, leggi mancia, leggi che consentono ai potenti di diventare impuniti e nei confronti di alcuni esponenti delle istituzioni vedere garantita l'impunità o misere condanne o sanzioni...
Che si caccino dunque con decisione i magistrati collusi, i poliziotti disonorati, i politici corrotti e così via... e allo stesso tempo pretendere dalla società civile un'osservanza rispettosa della legge.
Che dall'alto si diano degli esempi di autoregolamentazione e allo stesso tempo che provvedano a far rispettare la legge con le dovute sanzioni al resto della società civile.
Per quanto riguarda la mafia... tanti arresti stanno avvenendo in questi giorni fortunatamente... ma sono più che sicuro che solo in questo modo lo Stato non vincerà questa guerra... va bene si fare una rivoluzione culturale e pretendere la mobilitazione di massa della società civile... ma ancora non basta...
RispondiEliminaCi vogliono leggi più severe... e che prevedano e diano la possibilità agli inquirenti di poter indagare anche nelle banche estere...
Perchè sono convinto che un Lo Piccolo non è altro un piccolo capo che fa affari in Sicilia per conto di pesci più grandi i quali incassano la loro parte con movimentazioni bancarie effettuate all'estero... quindi controllare il movimento di denaro di tali piccoli boss... dove depositano tali soldi e parte di questi poi dove ancora vanno spostati... e quindi nelle vere mani di chi.
Da Articolo 21:
RispondiEliminaCAMORRA:MINACCE BOSS;ROBERTI(DDA),STRATEGIA DELEGITTIMAZIONE
NAPOLI, 19 MAR - Una 'strategia di delegittimazione': rientrano in tale ambito le minacce rivolte nei giorni scorsi nei confronti dell'ex pm Raffaele Cantone, dello scrittore Roberto Saviano e della giornalista del 'Mattino' Rosaria Capacchione, dai boss dei Casalesi Francesco Bidognetti e Antonio Iovine in una istanza di remissione del processo, presentata da un avvocato. Cosi' il procuratore aggiunto Franco Roberti, coordinatore della Dda di Napoli, ha spiegato l'iniziativa adottata nell'aula bunker di Poggioreale, dove si sta svolgendo il processo di appello, dei Casalesi.
Il magistrato e' intervenuto sull'argomento nel corso della conferenza stampa convocata per illustrare l'operazione contro i beni e gli esponenti del clan attivo in provincia di Caserta.
Dopo aver definito 'infondata' l'istanza sotto il profilo giuridico, Roberti ha sostenuto che essa rappresenta 'un attacco alla magistratura inquirente per la gestione dei collaboratori di giustizia'. Il procuratore aggiunto ha 'espresso l'auspicio di una presa di distanza da parte dell'avvocatura napoletana nel suo complesso 'rispetto a quanto affermato in aula dal legale dei due boss. 'E' un attacco alla magistratura e solo di riflesso agli operatori della comunicazione'.
Per Roberti il lavoro dei giornalisti che operano 'con grande coraggio' e' 'intollerabile' per il clan. Il magistrato ha poi rivendicato la correttezza dell'operato della procura ('pronti a dimostrare in tutte le sedi l'assoluta trasparenza e rigore nella gestione di tutti i pentiti, nessuno escluso').
Il procuratore aggiunto ha inoltre sottolineato che le minacce in aula rappresentano 'un segnale trasversale, per offrire rassicurazioni ai Casalesi detenuti, un richiamo all'unita' sul terreno dell'attacco alla magistratura e un invito a non cedere, anche se detenuti in regime di 41 bis, all'idea di collaborare con la giustizia'. I Casalesi 'sanno che sta per concludersi il processo e temono la conferma degli ergastoli che possono diventare definitivi'. E nessun capo dei casalesi 'e' pronto al carcere a vita e a farsi spogliare dei beni: sono disposti a tutto pur di ribaltare l'epilogo che vedono avvicinarsi'.
Anche il procuratore Giovandomenico Lepore e' intervenuto sull'argomento. 'Respingo le accuse, si strumentalizza il processo per lanciare proclami, e questo sara' valutato nelle sedi opportune'.
di Andrea Bassi per emilianet!
RispondiEliminaVenerdì 14 marzo si è aperto a Parma quello che è stato definito il processo del secolo, la prima udienza sul crac Parmalat. Una carovana di vagoni pieni di carta il cui risultato sarà solo quello di produrre altre camionate di carta. Una spesa elevata sostenuta dallo Stato per tentare di arrivare a stabilire delle responsabilità ma senza, come molto probabilmente accadrà, che nessuno alla fine, paghi, magari con qualche anno di prigione.
Il processo di Parma è una delle facce della giustizia in Italia, un paese dove il funzionamento della giustizia, che dovrebbe essere uno dei pilastri della vita civile e democratica, manca.
Per fornire un quadro più dettagliato sulla situazione del nostro sistema giudiziario, Emilianet ha incontrato Bruno Tinti, Procuratore aggiunto di Torino, autore di “Toghe rotte”. Un libro che a partire dal racconto di ciò che succede nelle aule dei tribunali e di come si lavora nelle Procure, tenta di spiegare perché, ad esempio, molte persone condannate per reati finanziari le ritroviamo coinvolte in scandali successivi. O perché i processi spesso finiscono con una sentenza di non doversi procedere per prescrizione.
Un ex-manager della Parmalat in un'intervista disse, contro il suo interesse, che è una cosa vergognosa pensare che nel suo caso, se anche venisse condannato a dieci anni alla fine non passerebbe nemmeno un giorno in prigione. Le cose stanno davvero così?
Sì, andrà a finire così. Già è difficile, nonostante si tratti di reati come bancarotta fraudolenta e falso in bilancio, arrivare a dieci anni di galera. Considerando il rito abbreviato, l'indulto, l'affidamento in prova al servizio sociale, il fatto che un po' di prigione preventiva in diversi l'hanno già scontata, chi verrà condannato nel processo Parmalat è davvero improbabile che finirà mai in prigione. Se poi hanno messo via un po' di soldi, come è ragionevole che sia, una parte la daranno agli avvocati e l'altra parte se la terranno per loro.
Non si può che constatare, dunque, che esista una disparità di trattamento da parte del sistema giudiziario. Chi ruba un pezzo di Parmigiano-Reggiano al supermercato, se viene preso, paga. E paga molto di più di chi trucca bilanci...
Sì, paga. La nostra è una giustizia obiettivamente classista. Forse non è voluta proprio così. Non è stata pensata così. Quello con cui ci troviamo a convivere è però un sistema che a causa degli interventi frammentari, ma reiterati numerosissimi, ha finito col non essere più efficiente nei confronti di nessuno. Di nessuno, intendo, che sia in grado di apprestare un minimo di difesa nei confronti del sistema. Siccome gli ultimi della società non sono in grado di apprestare alcuna difesa, è evidente che questi sono gli unici che ne subiscono la severità. Purtroppo la giustizia è un'azienda tarata per operare nei confronti di una parte specifica di cittadini e non cittadini, insomma, anche degli extracomunitari, gli ultimi, i più indifesi, quelli che commettono reati caratteristici per questa fascia della popolazione. Quindi chi viene arrestato perché colto mentre sta rubando un pezzo di formaggio, paga. Anche perché se vieni arrestato, ti processano subito, perché l'arrestato non può stare in carcere aspettando mesi o anni. Se ti processano subito, il reato non va in prescrizione. Se magari, poi, con la gestione della recidiva in vigore ora, il tuo risulta non essere il primo reato che commetti, allora vieni trattato in maniera ancora più severa. Cosa che naturalmente non potrà mai accadere a Berlusconi, lui recidivo non lo diventerà mai, perché non potrà mai essere condannato per falso in bilancio in quanto la legge che si è costruito o non permette di perseguire il falso in bilancio o comunque fa prescrivere il reato. Di fatto è come se esistesse un circuito alternativo della giustizia, fatto apposta per i reati tipici del vertice di una società: corruzione, frode fiscale, falso in bilancio, reati fallimentari. Con chi commette questi reati la giustizia è come se si mettesse d'accordo. E' proprio costruita in modo che i poveracci la scontano tutta, i nostri dirigenti no.
Torniamo all'Emilia-Romagna. Prima abbiamo parlato del processo Parmalat. A far parlare molto sono state però anche le vicende legate al caso Unipol, che hanno fatto dire a qualche politico frasi del tipo “Qui si vuole processare la classe dirigente”...
Si tratta di una dichiarazione che denota in maniera esplicita l'insofferenza per il controllo di legalità da parte della classe dirigente del Paese. E' questo soprattutto che ha contribuito a creare un sistema giudiziario che ha le caratteristiche di cui abbiamo detto. Perché è evidente che una giustizia razionale, efficiente e rapida, può intervenire in maniera incisiva sui comportamenti delittuosi non solo degli ultimi, di chi ruba il formaggio al supermercato, ma anche dei vertici del paese. Ma perché mai la classe dirigente non andrebbe processata? Semmai andrà assolta, all'esito di un processo nei suoi confronti come nei confronti di qualsiasi cittadino. Non si può pretendere di avere un sistema processuale incapace di affrontare i gravi reati che vengono commessi in ogni società evoluta partendo dal presupposto che dev'essere costruito in modo da assegnare il massimo delle garanzie alla classe politica.Detto questo, è importante sottolineare l'importanza che vi sia anche un'informazione corretta dei cittadini. Coloro a cui, in teoria, spetterebbe il ruolo di scegliere i propri rappresentanti, dovrebbero essere portati a conoscenza di quanto due esponenti di un partito hanno detto a certe persone. Un politico può anche parlare con un grande imprenditore, può anche informarsi dello stato di determinate imprese commerciali o finanziarie, ma che si dicano frasi del tipo "facci sognare", io la trovo una cosa assolutamente priva di senso. Forse non è un reato. Anche se è emerso chiaramente che coloro che avevano raccolto le azioni della Bnl, lo avevano fatto in violazione della legge sulle Opa. Un parlamentare è un pubblico ufficiale e l'articolo 331 del codice di procedura penale impone al pubblico ufficiale di denunciare qualunque reato di cui viene a conoscenza. Certo è che se il pubblico ufficiale ignora di trovarsi davanti a un reato, dal punto di vista soggettivo, può anche considerarsi “pulito”. Perché può anche essere che un politico non abbia competenze giuridiche e non sia abbastanza informato. Ma resta il fatto che un avventuriero sta spiegando a un esponente di un partito che vuole comprare la Bnl. La domanda che allora verrebbe da farsi è cosa dovrebbe fregargliene al centro sinistra se Ricucci e Consorte si comprano la Bnl? Perché sono così interessati? Perché un politico vuole sognare e un'altro dice "abbiamo una banca"? Che ci fanno con una banca? A che gli serve? E con quali soldi la vogliono comprare? Secondo me a questi interrogativi dovrebbero poter corrispondere, per i cittadini, anche delle risposte.
In campagna elettorale hai sentito qualcuno parlare di giustizia, di mettere a posto il sistema giudiziario?
Nessuno. Questa non è una prova, perché non è che io segua assiduamente la campagna elettorale dei partiti. Ma che qualcuno abbia detto "facciamo qualcosa per la giustizia" a me non risulta. E' come se la giustizia in Italia non esistesse. Va tutto bene evidentemente. L'unico accenno fatto alla giustizia che ho sentito è stata l'apertura di Veltroni alla castrazione chimica nei confronti dei pedofili e il solito appello ad aumentare le pene. Come se aumentare le pene fosse una soluzione. Le cose da fare sarebbero invece altre: sistemare i processi, modificare il codice di procedura penale, ripristinare certe leggi totalmente cambiate dal governo di centro destra. Ma questo non l'ho sentito dire. Il problema giustizia non interessa a nessuno.
Concordo solo in parte con l'autore Andrea Bassi delle 17.15.
RispondiEliminaE' vero che il sistema penale è allo sfascio, ma non per motivi "classisti".
Anzi, forse lo è proprio a causa di quelli che hanno iniziato negli anni '60 a compatire il "poveretto" che ruba, e che oggi compatiscono tutti ... tranne i loro avversari politici !
Chi ruba sbaglia, commette un reato e deve essere punito. Poi si applicherà la pena in funzione della gravità concreta del fatto, della recidiva, delle attenuanti o delle aggravanti, sino a riconoscere persino, in taluni casi estremi, lo stato di necessità. Ma chi ruba commette un reato, e chi ruba abitualmente è un delinquente abituale, abbia egli la cravatta oppure no.
Il sistema è allo sfascio perché se gli assassini scontano sei- sette anni di carcere pieno effettivo (a anche meno, in determinati casi), si scardina in questo modo il principio retributivo e la funzione di prevenzione della pena, "educando" intere generazioni a pensare che tanto, prima o poi, potranno farla franca, anche per la folle lunghezza dei nostri processi e il perdurare ininterrotto della prescrizione.
Per ripristinare un minimo di parvenza di diritto bisognerebbe quindi non solo modificare l'ennesima volta i codici, ma anche, in primis, ristabilire nella coscienza di tutti i cittadini l'idea che chi sbaglia paga, e paga esattamente in proporzione alla gravità di quanto ha fatto, il colletto blu come il colletto bianco.
Se poi si rendesse necessario costruire tante nuove carceri, sarebbe questa l'occasione giusta per dar da lavorare a numerosi disoccupati ! In ogni caso, vedrete che i soldi a bilancio si troveranno, se lo si vorrà veramente.
Cari compagni di viaggio( mi piace chiamarvi cosi' in questo cammino di riflessione e crescita personale al quale, per quel che mi riguarda,date un prezioso contributo)
RispondiEliminaSi,sono fermamente convinto che il rispetto di una qualsiasi regola non puo' e non deve passare attraverso LA SOLA minaccia della sanzione.
Per chiarire il concetto riportato nel mio precedente messaggio, vi diro' che sono assolutamente certo che ognuno di voi, quando sale su un autobus, abbia il biglietto in mano e lo avete non perche' timorosi di essere sanzionati dal controllore di turno, ma perche' per voi l'uso di un servizio di trasporto va retribuito.
Sono certo che abbiate il massimo rispetto delle regole non perche' vi vengono imposte sotto la minaccia di una pena ne' perche'avete assistito alla "punizione" di qualcuno che vi ha indotti a rispettare le regole per non far la sua stessa fine, ma solo perche' quelle regole sono parte di voi e della vostra onesta'.Lo studente che ha scritto il post sulla manifestazione di Bari, chiude dicendo che e' difficile rispettare le regole della civile convivenza.Io aggiungo che sarebbe impossibile rispettarle se non le facessimo nostre.
Certo Paolo,una violazione non puo' rimanere impunita..qualcuno, a tale proposito avrebbe detto che la mancata applicazione della sanzione genera negli "animi buoni", il timore che un fatto illecito possa essere ripetuto e nei "male inclinati" insani impulsi imitativi.
Credo che realmente 40 anni fa nessuno avrebbe avuto il problema di pagar uno stupido biglietto o ad andar piano con la macchina.. ma forse a quei tempi non regnavano l'indifferenza per il prossimo,l'egoismo e la superficialita' dilaganti ai giorni nostri( con le dovute eccezioni ovviamente)
L'educazione al rispetto delle regole e dunque dei valori fondamentali di una societa' dovrebbe essere il nostro obiettivo primario. Se ci rinunciamo ripiegando sulla sola sanzione(ovviamente necessaria anch'essa ma secondaria rispetto al primo obiettivo) rimaniamo sconfitti in partenza.
Un caro saluto
Carmelo
Con riferimento a quanto scrive Carmelo, mi permetto di raccontarVi che un paio di settimane fa è arrivato nelle librerie un libro scritto da Gherardo Colombo.
RispondiEliminaSi intitola “Sulle regole”.
Ricopio la prefazione a firma dello stesso Gherardo.
“Perché?
Ho lasciato la magistratura dopo oltre trentatré anni, dopo aver fatto prima il giudice, poi il pubblico ministero, poi di nuovo il giudice. Mi sono dimesso perché indagine dopo indagine, processo dopo processo, sentenza dopo sentenza mi sono convinto che mi sarebbe stato impossibile – da quel momento – contribuire a rendere l'amministrazione della giustizia meno peggio di quel che è. Progressivamente mi sono convinto che, perché la giustizia cambi, sarebbe stato utile piuttosto intensificare quel che già cercavo di fare nei momenti lasciati liberi dalla professione: girare per scuole, università, parrocchie, circoli e in qualunque altro posto mi invitassero a dialogare sul tema delle regole. La giustizia non può funzionare se il rapporto tra i cittadini e le regole è malato, sofferto, segnato dall'incomunicabilità.
Non può funzionare l'amministrazione della giustizia, quel complesso che coinvolge i giudici, i tribunali, le corti, gli avvocati, i pubblici ministeri, le prigioni, le persone sul cui destino tutto ciò incide il più delle volte pesantemente. E non può funzionare la giustizia intesa come punto di riferimento, come base dei rapporti tra gli abitanti del mondo, dispensatrice, prima ancora che verificatrice, di quel che spetta e quel che è tabù, delle possibilità e dei carichi, degli ordini e dei divieti, delle limitazioni e della libertà.
La giustizia non può funzionare se i cittadini non comprendono il perché delle regole. Se non lo comprendono tendono a eludere le norme, quando le vedono faticose, e a violarle, quando non rispondono alla loro volontà.
Perché la giustizia funzioni è necessario che cambi questo rapporto.
Mi sono dimesso per portare il mio granellino di sabbia sulla strada del cambiamento. Queste pagine sono una parte di quel granellino".
Un caro saluto.
Felice Lima
Caro Carmelo,
RispondiEliminaNobilissime parole le tue. Ma non credo che corrispondano alla realtà di molte persone.
Carnelutti scrisse molti anni fa che il diritto penale esiste per le persone mediocri. Non per il 5% di persone che rispetterebbero comunque la legge, anche se non vi fossero sanzioni, né per il 5% di persone che anche se vi fossero sanzioni gravissime continuerebbero lo stesso a delinquere, ma per il 90% di persone che non commettono un reato ... perché hanno paura della pena !
Un po' come la "contrizione perfetta" del penitente, che deriva soltanto dal suo sincero pentimento, e la "contrizione imperfetta", dovuta anche al timore delle ... sanzioni post mortem.
E' giusto e nobile, pertanto, cercare di elevare la moralità delle persone, ma il male esiste, e non è soltanto cercando di educare la popolazione che lo si estirperà. Lo si potrà ridurre, forse, ma per molti, purtroppo, sarà sempre più efficace la minaccia di una sanzione certa piuttosto che tante belle prediche, che non potranno o, peggio ancora, non vorranno capire.
So che forse non si puo', ma forse anche il primo capitolo del libro di Gherardo Colombo andrebbe riportato tutto.
RispondiEliminaParla di un piccolo Paese, proprio come quello di Ascanio Celestini, dove le cose che capitano non vanno nel senso delle regole.
Eppure ci sembra di conoscerlo, e vorremmo essere altrove.....
La mafia, infatti, non e' solo quella con i segni esteriori che tutti riconosciamo, ed in certi luoghi e' davvero insopportabile soffocante, perche' nessuno pernsa a combatterla, perche' semplicemente pensa che non sia
quella......
Molto modestamente, se quanto riportato di seguito non si trova in contrasto con le norme vigenti (copyright) o altre normative, penso che possa contribuire ad allargare la visione del fenomeno del malaffare
RispondiEliminaTrascrizione soggettiva e parziale dell’intervista di Corrado Augias al prof. Victor Uckmar
Ricavata dalla registrazione A/V della trasmissione televisiva:
Le storie (diario italiano)
RAI 3
Capitalismo e malaffare
(7 dicembre 2006)
…………………………………..
Corrado Augias :
“Il colore dei soldi è spesso opaco”
…………………………………..
Victor Uckmar:
“Io distinguo fra capitalismo finanziario di malaffare dal capitalismo industriale commerciale.
Il capitalismo è necessario per lo sviluppo dell’economia concreta, non dell’economia di carta.
Economia di carta
Oggi nel mondo abbiamo carta…. Valori per otto volte (otto volte), il reddito lordo degli:
Stati Uniti
Canada
Europa
Cina
Un monte di carta che viene movimentato dalla speculazione finanziaria.
(ndr) Un monte di carta che ha questo ammontare. Ed è scarsamente disciplinato.
La base, ad esempio, sono i così detti Hedge Founds (circa 10.000), 8.000 con sede nelle Cayman Islands (isole caimane)”.
E dove si presta……. C’è una libertà , nonostante che si dica la lotta ai paradisi fiscali …..
Ho avuto un episodio che merita di essere raccontato.
Io fui incaricato col mio istituto, di una ricerca contro l’antiriciclaggio e all’epoca era capo dell’F.B.I. per il settore dell’antiriciclaggio il noto Giuliani, che poi fu sindaco (di New York) e poi senatore.
Ci portò in una stanza e ci illustrò dove erano i movimenti, le coltivazioni, i trasferimenti della droga.
DUE ORE.
Io alla fine gli chiesi: ma scusi, i movimenti finanziari, che sono alla base di tutto questo, chi li controlla?
(ndr) (alzando le braccia mimando la risposta): Ah,quelli sono fuori del nostro controllo.
……………………
Nel prosieguo dell’intervista sono illustrate alcune osservazioni sui maggiori scandali finanziari italiani.
Cordiali saluti
Posso aggiungere solo una piccola riflessione generale che mi ronza nella testa, quando sento la parola “pena”?
RispondiEliminaPenso che se non rendiamo inseparabili e imprescindibili la pena dalla riabilitazione non chiuderemo mai il cerchio, ma continueremo a muoverci sulla direttrice di una spirale infinita.
Crediamo davvero che la certezza della pena da sola può essere un deterrente e la sua condanna nelle patrie galere educativa?
Se così è, come mai la maggior parte di coloro che commettono reati è recidiva? Per scelta di vita, forse?
Quante sono in Italia le carceri seriamente riabilitative?
Questi sono dati del 2005, dubito che la situazione sia migliorata da allora...
http://www.grusol.it/informazioni/04-10-05bis.asp
...non è difficile immaginare quale bagaglio d’idee, sentimenti e prospettive si può ereditare da posti così.
O forse devo pensare che siamo, ancora dopo secoli di storia, brutalmente legati ad un’idea di pena intesa come vendetta-castigo?!
(reflussi d’inquisizione papalina!)
Suggerisco che anche l'assistenza sociale risolve alcuni problemi di disoccupazione (ci sono eserciti di laureati in sociologia e psicologia che fanno altro!) e sul lungo termine ho idea che può rendere frutti migliori.
Già, ma non sta bene in questa società fare progetti di miglioramento della vita a lunga scadenza, la massima che contempliamo individualmente, è quella di un mutuo bancario, mentre quella che contemplano i governi è di molto più breve, una legislatura se va bene!
Un saluto a tutti
Concordo con Elvio.
RispondiEliminaAggiungo (sono oramai da quindici anni nel settore) che a fronte di tanti professionisti del sociale inutilizzati nel circuito del servizio riabilitativo, rieducativo e di re-inserimento rivolto alla persona; tantissimi loro colleghi totalmente incompetenti, occupano i pochi posti previsti dagli organici delle strutture di riferimento, con le tragiche conseguenze dell'attuale status-quo.
bartolo iamonte
X Elvio...
RispondiEliminaNon sono daccordo...
Il problema è che tu vedi la pena come un castigo... una sorta di vendetta...
La pena in primo luogo deve essere il ripagamento alle vittime del danno ricevuto.
La pena inoltre serve a tenere al sicuro la società civile da individui che magari mettono la coscienza all'ultimo posto e al primo i soldi e il potere, anche se questo dovesse comportare il disastro economico di migliaia di famiglie o addirittura la morte di alcuni cittadini.
E difatti se vai a vedere le statistiche i mafiosi tornano a fare i mafiosi, i corruttori tornano a corrompere, i bancarottieri tornano a fare il loro mestiere senza alcuna barriera protettiva per i soliti e deboli investitori, ecc...
Chi non torna nella recidività sono quelli che dal mondo del crimine guadagnavano il giusto per andare avanti o poco più... imparando un lavoro in carcere magari dopo non avevano bisogno di tornare a violare la legge.
Questo in linea generale e parlando di chi viola la legge per soldi o potere...
Poi c'è chi viola la legge per altri motivi... e li il tipo di riabilitazione da fare sarebbe diversa...
Comunque io in fin dei conti sono stanco del falso buonismo perchè poi proprio chi commette reati se ne approfitta... becca una pena misera, se è al di sotto dei 3 anni non ci va nemmeno in carcere, se è superiore grazie al patteggiamento la riduce e se riesce a portarla sotto i 3 anni non va in carcere, e magari tu vittima o poliziotto che hai rischiato la vita per vederlo dietro le sbarre te lo ritrovi invece davanti libero di tornare a fare ciò che faceva prima e magari ti sorride con un'espressione da sfottò, e qualcuno potrebbe cominciare a pensare ma chi cavolo me lo fa fare?
E così che l'Italia è diventato il paese delle meraviglie... dove succedono davvero cose al di fuori della normalità.
Pongo una serie di domande a chi pensa che questo sistema buonista serve e rende giustizia ai cittadini. In queste casistiche cercate realmente di identificarvi e non guardare il problema estraneamente poichè sulla pelle degli altri poi siamo tutti bravi ad essere più buoni, ma questa bontà è falsa poi si commette una cattiveria nei confronti delle vere vittime.
1) Un mafioso entra nel tuo bar e ti invita a pagare il pizzo dicendoti che se non lo paghi sgozzerà tuo figlio. Tu che fai? Paghi? E nel caso la polizia lo arresta pensi che sia giusto che tu riceva giustizia? Come lo recuperi? E nel frattempo ti sembra giusto che anzichè beccarsi 20 anni se ne becca 5 o 6 e tra sconti permessi ed altro dopo 2 o 3 anni al massimo te lo ritrovi davanti? E magari ti torna a minacciare tuo figlio o addirittura a vendicarsi ammazzando tuo figlio?
2) Ammazzano tuo figlio mentre lo stavano rapinando. A parte recuperare socialmente gli assassini tu pensi che tu figlio abbia diritto ad essere ripagato in modo che quelle persone scontino in galera il giusto periodo di tempo affinchè sia fatta davvero giustizia? O sei daccordo che tra patteggiamenti ed altri sconti vari dopo 7 o 8 anni quelle persone tornano ad essere libere?
3) Tu investi tutti i tuoi risparmi in prodotti sicuri offertiti dalle banche, le banche quei soldi te li investono su un'azienda che è indebitata fortemente nei loro confronti e vicina al fallimento, quell'azienda fallisce i primi a essere risarciti sono le banche che prima dell'operazione fatta coi tuoi soldi da quell'azienda non ci ricavavano quasi niente, dopo invece hanno riscosso i loro crediti coi tuoi soldi e anche il proprietario dell'azienda ne è uscito un pò acciaccato ma che è riuscito comunque a salvare parte del suo partrimonio. Tu ti senti truffato? E' giusto che le scelte sbagliate di un imprenditore siano compensate con i risparmi di un qualsiasi cittadino? E' giusto che questo non venga condannato pesantemente dalla legge dopo che ha mandato migliaia di famiglie sul lastrico? E' giusto che questa persona e le banche continuino a conservare il loro patrimonio dopo questa truffa colossale alla Totò? Ammesso che come in america queste persone vanno in galera per 20 anni come le recuperi? Insegnandogli a fare i panettoni?
Il punto è che se ci sono le leggi giuste, la pena certa e che punisca più pesantemente i reati più gravi e non il semplice furto di un pollo rapportandolo al furto di qualche milione di euro... il ladro di polli lo riabiliti facilmente, il ladro di milioni e milioni di euro non tanto, figuriamoci poi ai tanti corruttori che aspirano a diventare sempre più potenti e nel parlamento ne abbiamo parecchi di questi esempi, qualcuno è diventato anche Presidente del Consiglio. E questo grazie alla teoria buonista del ladro e corruttore socialista...
Vorrei aggiungere soltanto un breve cenno alla bella prefazione di Gherardo Colombo, per dire che a mio modesto avviso la funzione del magistrato non è quella, pur encomiabile, di "rendere l'amministrazione della giustizia migliore di quella che è", ma soltanto quella di applicare la legge, con la massima diligenza possibile, ai casi concreti che gli sono sottoposti
RispondiEliminaDetto così sembra poca cosa, ma in realtà non è facile tener sempre il massimo grado di diligenza e di produttività. Chi è magistrato mi ha perfettamente compreso.
Gherardo Colombo non può dunque imputare a se stesso la mancanza di quel risultato, e ciò semplicemente perché nessun risultato "extra" gli era richiesto.
Gherardo Colombo ha fatto bene il suo dovere, e non può rammaricarsi di nulla. Addurre come motivo delle sue dimissioni il fatto che non sia riuscito “a migliorare il sistema” è una considerazione del tutto personale, seppur espressione di un animo nobile.
Scrivo queste note perché mi avvedo che, così dicendo, egli inavvertitamente pone nel dubbio l'utilità del lavoro di tanti altri bravi, onesti, laboriosi e anonimi magistrati.
Sono fermamente convinto, infatti, che non è mai "inutile" fare il proprio dovere, e che se anche il risultato di una giustizia migliore non dovesse arrivare, essendo questo legato più al potere politico che a quello giudiziario, resterebbe sempre la consolazione di non aver sprecato la propria vita, ma di aver svolto bene il proprio lavoro e di aver contribuito, con l’esempio, a formare delle persone migliori.
Mentre i manifesti e gli appelli antimafia specie in Calabria versano in silenzio pre-elettorale, le carovane continuano a marciare. L'ultima a Bari, 100 mila persone (al netto di bestie da soma, carri e merci) hanno sfilato per le vie di quella città scandendo i nomi delle circa 700 vittime cadute per vil mano mafiosa.
RispondiEliminaQuesti lunghi viaggi nel meridione reso desertico dal cancro mafioso hanno l'obbiettivo di sensibilizzare le genti del sud alla cultura antimafiosa ed al rigoroso rispetto della legalità.
Sarà il caso di ricordare in cosa consista la cultura antimafiosa.
È cultura antimafiosa, per chiunque ma ancor più per le nostre Istituzioni, non trattare i mafiosi con i loro stessi metodi;
è cultura antimafiosa avere rispetto degli altri, e, più si ricoprono ruoli e cariche pubbliche più il rispetto deve aumentare;
è cultura antimafiosa non essere forti con i deboli e deboli con i forti;
è cultura antimafiosa sforzarsi di mantenere il più possibile integra la propria dignità;
è cultura antimafiosa non incontrarsi di nascosto con i mafiosi, specialmente, dopo aver esternato contro pubblicamente;
è cultura antimafiosa considerare tutti i mafiosi persone fuori dal contesto civile e cercare con tutti i mezzi, messi a disposizione dalla stessa società civile, di recuperarli;
è cultura antimafiosa non considerare buoni gli amici, parenti e conoscenti in odor di mafia e, invero, cattivi tutti gli altri che dallo stesso odore se deduce siano mafiosi;
è cultura antimafiosa non rivolgersi mai ai mafiosi quando si subisce un torto;
è cultura antimafiosa compiere ogni proprio atto alla luce del sole;
è cultura antimafiosa non scrivere lettere anonime;
è cultura antimafiosa non accusare gli altri in assenza di prove certe;
è cultura antimafiosa prima di giudicare gli altri di farsi un accurato esame di coscienza se non essi stessi abbiano mai fatto le stesse cose;
è cultura antimafiosa considerare i mafiosi senza onore;
è cultura antimafiosa recuperare i mafiosi facendole conoscere l'onore;
è cultura antimafiosa aiutare il prossimo;
è cultura antimafiosa stigmatizzare ogni tipo di corporativismo ed ogni tipo di associazionismo, riconosciuto dalle nostre istituzioni, i cui membri tengono celata l'appartenenza;
è cultura antimafiosa ignorare la mafia e fare giornalmente il proprio dovere.
In fine, è cultura antimafiosa far conoscere il più possibile la cultura mafiosa.
bartolo iamonte.
Intanto vi prego di perdonare lo scambio d'identità, ma a volte il mio compagno dimentica di disconnettersi dal suo account di posta e questo è il risultato... divento Elvio!
RispondiEliminaIn ogni caso, voglio precisare che non era mia intenzione esprimere nessun tipo di buonismo, non sono cattolica e non credo nell’indulgenza gratuita. Il mio è puro e semplice civismo, molto interessato, misto a chiare e confessate venature di psico-sociologia abbastanza spicciola, giacché non sono un addetto ai lavori.
Non credo per nulla che riabilitazione significhi insegnare un lavoro o quantomeno non solo quello. Recuperare vuol dire soprattutto comprendere e insegnare a comprendere. Non credo proprio che sia più facile recuperare un ladro di polli rispetto ad un ladro di milioni, anzi. Chi ruba per vivere non si aspetta molto dalla vita e quindi non ha un gran che da perdere, per lui la privazione della libertà è solo l'ennesima, ed ha certamente spalle forti e carattere forgiato per sopportarla. Mentre per chi ruba milioni ed ha uno status sociale da difendere, credo che anche solo la galera nuda e cruda, con certezza della pena annessa, potrebbe bastare a curare e prevenire le manie di grandezza (scherzo...ma non troppo!).
Il problema è proprio che i ladri di polli vanno in galera senza protezioni né riabilitazioni e quelli di milioni se ne restano nelle loro belle e ricche case o nelle cliniche del caso e questo fa della nostra una giustizia classista, proprio come dice Andrea.
Comunque ogni reato contro il vivere sociale ha una sua ragione (malata) di esistere e va visto e analizzato in tutte le sue poliedriche motivazioni per essere compreso, affrontato e sconfitto; se non facciamo prevenzione fuori (le galere) e cura dentro, secondo me non ne usciamo!
Laddove prevenzione non è certo predicare la bontà d’animo, ma mettere tutti i cittadini nella stessa condizione di dignità e di scelta consapevole. E la cura non può ridursi all’insegnamento di un lavoro, ma deve incidere profondamente la personalità attraverso l’autocoscienza e guidare il risveglio di un forte senso d’appartenenza sociale.
Poi vorrei aggiungere che fare leva sui sentimenti di dolore per raggiungere una soluzione adeguata non mi sembra una buona strada. Posso cercare di immedesimarmi nelle situazioni peggiori, la morte di un familiare, la rovina economica, il ricatto e quant'altro L'empatia non mi aiuterà a capire e risolvere; a Roma si dice: “volemose (vogliamoci) bene e cascamose (cadiamoci) addosso.
Mi sembra chiaro che il coinvolgimento non può renderci obiettivi, per me il verbo utile è comprendere con tutto il suo bagaglio etimologico che non include né il verbo giustificare, né compatire. Inoltre, scusate se insisto, ma a me quest’idea di pagare la pena, mi risulta ancora un po' sospetta, continuo a sentire l'eco della vendetta barbarica.
Se esiste una parte malata della nostra società che commette reati di varia natura la responsabilità è anche (e soprattutto, penso io) della società stessa e solo lei può e deve assumersene l'onere e la responsabilità.
Oppure vogliamo credere a Lombroso?
Vogliamo fare una cernita fin dalla nascita di quegli individui che hanno le caratteristiche per essere dei futuri delinquenti!
Badate che i vari Cirio, Cragnotti, Ricucci o Berlusconi in queste reti non ci finiranno mai!
Loro non hanno la fronte bassa gli occhi piccoli e malvagi e i modi ribelli!
Cinzia non sono daccordo.
RispondiEliminaIo sono per il chi sbaglia paga.
E se uno sbaglia nei miei confronti deve pagare.
Una volta succedeva che quando uno ti procurava un torto chi era vittima del torto si faceva giustizia da solo...
Oggi in una società più civile chi rende giustizia alla vittima è lo Stato.
Lo Stato ha il dovere di far rispettare la legge e di rendere giustizia alle vittime di reati e sopprusi.
Poi che nella realtà tu mi citi che ci sono personaggi che secondo te possono far tutto ciò che vogliono tanto non pagheranno mai, beh permettimi di dire che anche qui hai torto e per due motivi... il primo quello realista che ci sono potenti che hanno pagato, anche se c'è voluto molto per metterli dentro o comunque dichiararli colpevoli agli occhi dello Stato e della Giustizia... basta andarsi a vedere l'epoca di Tangentopoli... secondo, invece, che nonostante i potenti non vogliono farsi giudicare, che provono a corrompere coi loro soldi o con le loro minacce giudici ed istituzioni varie, resta sempre il fatto che quella persona un giorno prima o poi sarà smascherata, se in vita pagherà per tutto ciò che di male ha fatto, se morta, invece, sarà la storia a rendere comunque giustizia. A prescindere comunque deve rimanere il concetto che la Giustizia deve essere Uguale per Tutti, e che l'impegno di tutti deve convergere verso quella strada e penso che passo dopo passo se non ci arrendiamo presto ci arriveremo.
Cara Cinzia,
RispondiEliminaNon esiste una "parte malata della società" che commette delitti.
La responsabilità penale è PERSONALE, e i delitti sono commessi da SINGOLE PERSONE, con tanto di nome e cognome.
Lombroso non c'entra per nulla.
Il male esiste, non è una "malattia".
Far scontare la pena non è barbaro. E' invece barbaro, e altamente incivile, non infliggere alcuna pena !
Leggiti "Delitto e Castigo", e capirai uno dei significati della pena: l'espiazione per il male commesso. Nel romanzo, il colpevole finisce per desiderare la pena, per poter finalmente non esser più preda degli atroci rimorsi che costantemente lo tormentano. In questo senso, egli cerca la pena quasi come una terapia, proprio per espiare la colpa ed esser finalmente in pace con la propria coscienza.
La pena, non mi stancherò mai di ripeterlo, ha tutti i seguenti scopi e significati:
1) Riabilitazione;
2) Retribuzione;
3) Prevenzione generale;
4) Prevenzione speciale;
5) Espiazione.
Il fatto che la Costituzione ponga la riabilitazione in primo piano non significa affatto che gli altri significati non esistano più. E non bisogna mai dimenticare che, per la Costituzione, la pena deve soltanto "tendere" alla riabilitazione del condannato, con ciò significando che non tutti debbano e possano necessariamente esser riabilitati !
Tu dici: "Badate che i vari Cirio, Cragnotti, Ricucci o Berlusconi in queste reti non ci finiranno mai!".
Questo è il solito argomento che si ripeterà sempre. Allo stesso modo, si potrebbe dire che i più efferati assassini della storia (Hitler e Stalin, ad esempio) non hanno mai subito un processo, se non postumo ! Non è però un valido motivo per non punire i ladri, i rapinatori, gli stupratori e tutti gli altri colpevoli.
In breve, si combattono i delitti in vari modi: con l'istruzione, con l'educazione, con il benessere, con il lavoro, con la lotta alla corruzione politica e mafiosa, con ogni altro mezzo di prevenzione. Ma quando la prevenzione fallisce, ed è inevitabile che in certi casi fallisca (non vivendo noi nell'Iperuranio), l'unica difesa che rimane ai cittadini onesti è l'applicazione delle sanzioni penali.
La gente non è, mediamente, né troppo cattiva, né troppo buona. Il fatto che in astratto tutti possano redimersi è poi certamente vero. Com'è vero che, in concreto, ben pochi lo fanno !
Tu dici, infine, che non siamo "cani da minacciare con un bastone". Hai ragione: amo troppo gli animali per paragonare a loro certi individui.
Perché un cane non scioglierà mai nell'acido cinquanta persone.
Un uomo, sì.
Per Salvatore
RispondiEliminaL'ho capito che non siamo d'accordo, ma quello che non ho ancora capito e avrei piacere di comprendere è cosa intende Lei per pagare e rendere giustizia.
Quello che spero di essere riuscita a spiegare è ciò che io intendo;
non vorrei che il mio pensiero sia interpretato immaginando la galera come un soggiorno estivo dove si fanno corsi di autocoscienza.
In quanto a rendere giustizia, anche qui sento il bisogno di fare una precisazione.
Questo mi sembra un concetto in parte astratto. E’ chiaro e concreto aspettarsi che chi commette un reato sia punito con pene adeguate al reato stesso, ma in quanto alla soddisfazione che proveremo nel vederlo assicurato alla giustizia, è probabile che sia un po’ troppo effimera perché ci ripaghi realmente del torto subito.
Non credo si possa rendere nulla a nessuno.
Chi ha perso qualcosa o qualcuno non potrà mai essere proporzionalmente ripagato della perdita.
Ma quello che la società civile dovrebbe pretendere, e ciò a cui dovrebbe aspirare, è che non si verifichi la reiterazione.
Grazie per la pazienza
Per Salvatore
RispondiEliminaL'ho capito che non siamo d'accordo, ma quello che non ho ancora capito e avrei piacere di comprendere è cosa intende Lei, all'atto pratico, per pagare e rendere giustizia.
Quello che spero di essere riuscita a spiegare è ciò che io intendo;
non vorrei che il mio pensiero sia interpretato immaginando la galera come un soggiorno estivo dove si fanno corsi di autocoscienza.
In quanto a rendere giustizia, anche qui sento il bisogno di fare una precisazione.
Questo mi sembra un concetto in parte astratto. E’ chiaro e concreto aspettarsi che chi commette un reato sia punito con pene adeguate al reato stesso, ma in quanto alla soddisfazione che proveremo nel vederlo assicurato alla giustizia, è probabile che sia un po’ troppo effimera perché ci ripaghi realmente del torto subito.
Non credo si possa rendere nulla a nessuno.
Chi ha perso qualcosa o qualcuno non potrà mai essere proporzionalmente ripagato della perdita.
Ma quello che la società civile dovrebbe pretendere, e ciò a cui dovrebbe aspirare, è che non si verifichi la reiterazione.
La ringrazio di aver scoltato con pazienza le mie ragioni e la saluto con stima
X Cinzia
RispondiEliminaSul fatto che rendere giustizia serva ad evitare la reiterazione sono daccordo e l'ho già spiegato...
sul fatto che invece serva anche a ripagare la vittima che ha subito il reato è fondamentale. Io penso che un cittadino debba pretendere dalla giustizia che chi ha commesso un reato alla sua persona debba scontare in carcere tanto tempo in proporzione alle dimensioni del danno subito.
Io penso che perdere una persona cara per colpa di un rapinatore o perdere i suoi risparmi per colpa di un truffatore e vedere queste persone che li hanno commessi fuori dal carcere o a scontare pene miti non sia per nulla piacevole e quindi chi ha subito non si sente appagata e quindi finisce nel non credere e avere fiducia nella giustizia...
Glielo dico per esperienza personale...
Chi sbaglia paga... deve pagare... sia per evitare la reiterazione e sia per ripagare le vittime del danno subito.
In uno Stato di Diritto è un dovere fondamentale della giustizia assicurare ciò... altrimenti meglio la legge del taglione e che ognuno si faccia giustizia da se. Se lo Stato di Diritto deve esistere si deve anche sentire... e lo devono sentire tutti indistintamente.
Il rispetto delle regole è la diga rappresentata da una morale collettiva acquisita nei secoli (salvo naturalmente le eccezioni sempre esistite) e tramandata da generazioni.
RispondiEliminaIn questi ultimi decenni, forse grazie all'istruzione, all'informazione, il cattivo esempio "dall'alto" ha prodotto un'incrinatura che tutti sappiamo come diventa catastrofica nelle dighe.
Forse abbiamo veramente bisogno tutti di un periodo di punizioni severe per ripristinare il rispetto delle regole.
Come si fa per i bambini.
Tanti auguri di una serena Pasqua
UGUALE PER TUTTI
Cari saluti Alessandra
Sante parole, di Paolo Emlio e di Salvatore D'Urso.
RispondiEliminala responsabilità è e deve rimanere personale, la pena è e deve rimanere proporzionata al danno inferto. Il risarcimento, se c'è stato danno economico, dev'essere il più vicino possibile a quanto perso dal danneggiato.
Questo almeno nelle intenzioni.
Trovo un po' classista (per non dire razzista) che i morti di fame possano essere impermeabili al carcere, mentre questo potrebbe terrorizzare i ricchi.
Ci sono molti poveracci onestissimi, che di carcere potrebbero morire, anche solo per la vergogna.
Ci sono moltissimi benestanti marci nell'animo, che il carcere, pur avendo tutti i mezzi per evitarlo, lo mettono in conto, anche solo come sgradevole incidente di percorso.
E penso che se Lombroso vivesse al giorno d'oggi, la nostra clkasse dirigente gli darebbe un vastissimo materiale di studio, anche doopo diversi trattamenti a base di botulino e lifting....
baron litron