Oggi ricorre il 30° anniversario dell’assassinio di Peppino Impastato per mano della mafia.
Lo ricordiamo riportando un articolo pubblicato il 7 maggio 2008 su L’Unità.it.
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Sono molte le occasioni per celebrare, e ricordare, la memoria di Peppino Impastato, di cui quest’anno, questo maggio, ricorre il trentennale della morte.
Si comincia mercoledì con una manifestazione a Trapani organizzata dall’associazione Libera di don Luigi Ciotti.
Ma ce ne sono moltissime, di iniziative. Perché Peppino Impastato con la sua denuncia ironica e irriverente di tutte le coperture dell’Italia delle cosche è una figura che dopo trent’anni appare più viva che mai. Almeno in una fetta d’Italia.
Ci sono gruppi musicali indipendenti e teatranti che lo ricordano.
Ma anche iniziative più “politiche” non solo in Sicilia, ma a Bologna, in provincia di Novara, in Toscana, dove è passata ad aprile la carovana antimafia via mare organizzata dal Centro Impastato.
La “carovana” è una specie di “Goletta Verde” antimafia: un quindicimetri che ha navigato e naviga per il mar Tirreno facendo tappa per raccontare e testimoniare quello che era l’obiettivo di Peppino e della madre Felicia: sradicare la mafia non solo dalla Sicilia ma da tutta l’Italia.
Dopo aver toccato Savona, Genova, La Spezia, Livorno, Anzio, Napoli, Tropea, Messina finirà proprio il 9 maggio nel porto di Terrasini.
Per il trentesimo anniversario dell’uccisione, il prossimo 9 maggio, l’emittente radiofonica Primaradio di Cinisi, che trasmette nelle province di Trapani e Palermo, ha deciso di trasformarsi completamente per un giorno in Radio Aut, amplificatore della sprezzante e impietosa ironia del giornalista ucciso dalla mafia nei confronti di Cosa nostra e del potente capomafia Tano Badalamenti, ribattezzato «Tano seduto».
Venerdì Primaradio cambierà così la sua identità in Radio Aut e dedicherà i programmi dell’intera giornata alla memoria di Impastato.
Gli appuntamenti più importanti del trentennale saranno quelli organizzati dal Forum Sociale Antimafia a Cinisi (città di Peppino, dove risiedeva anche Radio Aut), dall’8 all’11 maggio.
I temi centrali dei dibattiti saranno, la libera informazione e la comunicazione dal basso, la lotta alla mafia dagli anni 70 ad oggi, ed il ruolo dei movimenti sociali nella lotta alla criminalità.
Il 9 maggio invece il corteo nazionale Antimafia, partirà da Radio Aut fino alla Casa Memoria Impastato, percorrendo la via che Peppino percorse la notte tra l’8 e il 9 maggio 1978 quando fu sequestrato ed ucciso.
Una morte che allora passò quasi sotto silenzio, anche perché coincise con un’altra, fatidica per la storia italiana: l’uccisione del presidente della Dc Aldo Moro.
La storia di Peppino Impastato: Inizia presto l’attività politica di Peppino Impastato. Nel 1975 organizza il Circolo “Musica e Cultura”, un’associazione che promuove attività culturali e musicali e che diventa il principale punto di riferimento por i giovani di Cinisi.
All’interno del Circolo trovano particolare spazio il “Collettivo Femminista” e il “Collettivo Antinucleare”.
Il tentativo di superare la crisi complessiva dei gruppi che si ispiravano alle idee della sinistra “rivoluzionaria”, verificatasi intorno al 1977 porta Giuseppe Impastato e il suo gruppo alla realizzazione di Radio Aut, un’emittente autofinanziata che indirizza i suoi sforzi e la sua scelta nel campo della controinformazione e soprattutto in quello della satira nei confronti della mafia e degli esponenti della politica locale.
Nel 1978 partecipa con una lista che ha il simbolo di Democrazia Proletaria, alle elezioni comunali a Cinisi.
Viene assassinato il 9 maggio 1978, qualche giorno prima delle elezioni e qualche giorno dopo l’esposizione di una documentata mostra fotografica sulla devastazione del territorio operata da speculatori e gruppi mafiosi: il suo corpo è dilaniato da una carica di tritolo posta sui binari della linea ferrata Palermo-Trapani.
Le indagini sono, in un primo tempo orientate sull’ipotesi di un attentato terroristico consumato dallo stesso Impastato, o, in subordine, di un suicidio “eclatante”.
Nel gennaio 1988 il Tribunale di Palermo invia una comunicazione giudiziaria a Badalamenti.
Nel maggio del 1992 il Tribunale di Palermo decide l’archiviazione del “caso Impastato”, ribadendo la matrice mafiosa del delitto ma escludendo la possibilità di individuare i colpevoli e ipotizzando la possibile responsabilità dei mafiosi di Cinisi alleati dei “corleonesi”.
Nel maggio del 1994 il Centro Impastato presenta un’istanza per la riapertura dell’inchiesta, accompagnata da una petizione popolare, chiedendo che venga interrogato sul delitto Impastato il nuovo collaboratore della giustizia Salvatore Palazzolo, affiliato alla mafia di Cinisi.
Nel marzo del 1996 la madre, il fratello e il Centro Impastato presentano un esposto in cui chiedono di indagare su episodi non chiariti, riguardanti in particolare il comportamento dei carabinieri subito dopo il delitto.
Nel giugno del 1996, in seguito alle dichiarazioni di Salvatore Palazzolo, che indica in Badalamenti il mandante dell’omicidio assieme al suo vice Vito Palazzolo, l’inchiesta viene formalmente riaperta.
Nel novembre del 1997 viene emesso un ordine di cattura per Badalamenti, incriminato come mandante del delitto.
Il 10 marzo 1999 si svolge l’udienza preliminare del processo contro Vito Palazzolo, mentre la posizione di Badalamenti viene stralciata.
I familiari, il Centro Impastato, Rifondazione comunista, il Comune di Cinisi e l’Ordine dei giornalisti chiedono di costituirsi parte civile e la loro richiesta viene accolta.
Il 23 novembre 1999 Gaetano Badalamenti rinuncia alla udienza preliminare e chiede il giudizio immediato.
Nell’udienza del 26 gennaio 2000 la difesa di Vito Palazzolo chiede che si proceda con il rito abbreviato, mentre il processo contro Gaetano Badalamenti si svolgerà con il rito normale e in video-conferenza.
Il 4 maggio, nel procedimento contro Palazzolo, e il 21 settembre, nel processo contro Badalamenti, vengono respinte le richieste di costituzione di parte civile del Centro Impastato, di Rifondazione comunista e dell’Ordine dei giornalisti.
Nel frattempo, a ridare attenzione al caso, nel 2000 era uscito il film “I Cento passi” di Marco Tullio Giordana con Luigi Lo Cascio come protagonista e una sceneggiatura realizzata con la collaborazione della madre e del fratello di Peppino.
Nel 1998 presso la Commissione parlamentare antimafia si è costituito un Comitato sul caso Impastato e il 6 dicembre 2000 è stata approvata una relazione sulle responsabilità di rappresentanti delle istituzioni nel depistaggio delle indagini.
Il 5 marzo 2001 la Corte d’assise ha riconosciuto Vito Palazzolo colpevole e lo ha condannato a 30 anni di reclusione.
L’11 aprile 2002 Gaetano Badalamenti è stato condannato all’ergastolo.
Badalamenti e Palazzolo sono successivamente deceduti.
Fuori, tema, ma non troppo, la lettera giornaliera. Ogni tanto, giustamente, censurata dalla Redazione!
RispondiEliminaGentile De Luca,
il Lavoro nobilita l'Uomo e lo rende simile alle bestie, da soma!
Queste ultime, nel ricco Occidente, loro malgrado, sono scomparse. L'Uomo, non scompare, cambia lavoro! Il mio, oltre a consentirmi di far fronte alle spese per il mio kafkiano processo (grazie pure agli amici avvocati) e permettermi una sopravvivenza dignitosa; ancor più importante, mi ha insegnato la vita!
Così, oggi, leggendo delle suppliche dei bimbi alla Madonna per fermare la mattanza di San Luca, non ho provato nessuna meraviglia. I bimbi sono fatti così, come i pazzi, con i quali giornalmente mi confronto, anche per lavoro. Alla domanda se val la pena vivere in questo mondo, l'unica risposta utile è, si: ci sono matti e bambini, poi, tante altre belle cose!
Eppure, gli Uomini e le donne credono di essere i loro protettori! Non sanno che, basterebbe semplicemente ascoltarli, per migliorare questo mondo, governato da Idioti!!!
Con la solita stima, bartolo iamonte.
Volevo semplicemente rendere omaggio a Peppino Impastato, modello di moralità, audacia e correttezza
RispondiEliminaLa mafia è una montagna di merda (Peppino Impastato)
RispondiElimina...Sin dal 1978 ogni anno, nella giornata del 9 maggio, viene organizzato un evento commemorativo per ricordare Aldo Moro nel corso del quale tutti i politici, passati e presenti, sentono l'impellente necessità di parteciparvi e di dimostrare con la loro evanescente presenza la loro solidarietà: tutt'altro che emotivamente coinvolgente visto quello che poi dimostrano con la loro condotta nei 364 giorni successivi.
E per circa 25 anni, purtroppo, di Peppino Impastato si è parlato poco o niente con questi "reo" di essere morto nello stesso giorno del Moro e di "meritarsi" poca attenzione per quello che, secondo alcuni, aveva fatto da vivo.
In questi decenni di assordante silenzio, fortunatamente, con un impegno straordinario, suo fratello Giovanni e il Centro Siciliano di Documentazione "Giuseppe Impastato" hanno, con le loro mirabili e innumerevoli iniziative, tenuto sempre acceso la fiamma del ricordo di un uomo intenso, passionale, ostinato e determinato nell'affermazione del suo pensiero e della sua voglia di sentire, in una terra difficile come la Sicilia, il profumo della libertà e non il puzzo del compromesso, dei ricatti, delle violenze della Mafia.
Sono cosi riusciti, anche attraverso le dichiarazioni di un collaboratore di giustizia, Salvatore Palazzolo, a far riaprire una inchiesta e un caso che colpevolmente lo Stato aveva deciso di insabbiare e di abbandonare nei cassetti dell'indifferenza.
Dichiarazioni e testimonianze che hanno portato, dopo non pochi ingiustificati anni, solo nel 2001 e nel 2002, rispettivamente alla condanna a 30 anni di reclusione per Vito Palazzolo e all'ergastolo Tano Badalamenti.
Altrettanto positiva, poi, è stata la rappresentazione cinematografica de "I cento passi", film di Marco Tullio Giordana, che ha permesso, negli anni in cui l'iter giudiziario contro Palazzolo e Badalamenti non si era ancora concluso, che la vita e la storia di Peppino, a molti ancora ignota, fosse divulgata ampiamente e liberamente innescando, meravigliosamente, una reazione quasi epidermica in moltissimi siciliani e non solo, atti a identificarsi in Peppino per la sua straordinaria testimonianza di lealtà, di coraggio, di trasparenza e di denuncia contro un sistema criminale perverso come Cosa Nostra in quegli anni, gli anni '80, imperversava e dettava legge con la forza delle armi e del "sangue facile".
Mio padre, la mia famiglia, il mio paese! Io voglio fottermene! Io voglio scrivere che la mafia è una montagna di merda! Io voglio urlare che mio padre è un leccaculo! Noi ci dobbiamo ribellare. Prima che sia troppo tardi! Prima di abituarci alle loro facce! Prima di non accorgerci più di niente!
In questa memorabile riflessione di Peppino si evince chiaramente il suo rifiuto alla mafia, la sua riluttanza a un mondo e a un modo di concepire la vita con tutte le sue sfumature, le sue contraddizioni, le sue amare constatazioni e deludenti verità.
E rileggendo, instancabilmente, la biografia di Peppino sorprende, sconforta, avvilisce, come lo Stato, il nostro Paese, quello per cui sono morti, lungo i decenni della Storia, centinaia di migliaia di eroi e di valorosi servitori delle istituzioni, per la Patria, ancora una volta, abbia dimenticato o peggio rinnegato uno dei suoi più nobili figli attraverso un calcolato e manovrato disegno criminale che doveva annullare Peppino anche dalle coscienze.
Dice il fratello Giovanni:
Fu un depistaggio sistematico, scientifico, che aveva un fine preciso: dopo averlo ucciso, Peppino andava anche rimosso; la cultura di regime voleva che la sua figura venisse dimenticata.
Ci hanno provato in tutti i modi, ma non ci sono riusciti...
E aggiunge che:
Lottare contro la mafia è come lottare contro te stesso, contro un modo di pensare, di vivere... Contro una "forma mentis" che è nostra, perché la cultura mafiosa è profondamente radicata dentro di noi.
Insomma, non abbiamo avuto come nemico solo la mafia, ma pure le Istituzioni.
E nel momento in cui lui affida a noi giovani e a tutti quei cittadini illusi da uno Stato che Stato non è e che per assurdo potrebbero rifugiarsi nell'Anti-stato come esigenza naturale e primordiale di protezione, di tutela, di identità, ecco che con forza e coraggio occorre affermare, anche attraverso il ricordo e la memoria dell' impegno e dell'attività di Peppino Impastato, che "Bisogna presidiare la nostra democrazia".
Indiano
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