di Bruno Tinti
(Procuratore Aggiunto della Repubblica di Torino)
da L’Unità del 19 agosto 2008
Il 29 luglio alcuni senatori del PdL e del PD hanno partorito l’“Atto di Sindacato Ispettivo n. 1-00019”, contenente una somma di proposte in materia di giustizia che, con lodevole eufemismo, possono dirsi poco condivisibili. Qui ne commento una.
La pattuglia mista inviata in missione esplorativa propone: “a) l’abolizione dell’obbligatorietà dell’azione penale, con la previsione di un procedimento per la fissazione dei criteri per l’uso dei mezzi di indagine e per l’esercizio dell’azione penale nonché di un procedimento che veda la partecipazione dei pubblici ministeri e di altri soggetti istituzionali e che individui un soggetto istituzionale politicamente responsabile di fronte al Parlamento per la loro effettiva ed uniforme implementazione a livello operativo”.
Detta così, c’è da essere ragionevolmente sicuri che i cittadini non capiscano nemmeno di cosa si stia parlando; proviamo a tradurre.
Obbligatorietà dell’azione penale significa: ogni volta che viene scoperto un reato si deve processare chi viene sospettato di averlo commesso.
Il suo contrario è appunto la non obbligatorietà dell’azione penale: non per tutti i reati scoperti si debbono fare processi ma solo per alcuni.
È un po’ come dire che, se uno abita in una grande casa, può decidere di pulire tutte le stanze; oppure di pulirne solo una parte.
Ma perché si dovrebbe fare una cosa del genere? È ovvio che è più bello e salubre vivere in una casa pulitissima piuttosto che in una pulita solo a metà.
La risposta è ovvia: perché non si hanno abbastanza domestici per pulirla tutta; oppure si hanno domestici pigri e fannulloni; oppure di alcune stanze non si ha proprio bisogno ed è inutile pulirle.
Così si debbono prendere delle decisioni: assumere più domestici (ma magari non me lo posso permettere); licenziare quelli pigri (è inutile, sono uno peggio dell’altro); traslocare in una casa più piccola (non ce ne sono o mi dispiace). E allora mi tocca lasciare alcune stanze sempre sporche, non c’è niente da fare.
Quindi, tornando alla giustizia, si può anche decidere di non fare tutti i processi che si dovrebbero fare e mandare impuniti un sacco di delinquenti; se le risorse non ci sono c’è poco da fare.
Ma prima bisognerebbe vedere se questo è proprio vero; se, in realtà, prima di garantire l’immunità (parola ormai sdoganata da apposito provvedimento legislativo) a chi delinque, non sia possibile trovare altre risorse o usare bene quelle che ci sono.
Ciò perché la non obbligatorietà dell’azione penale ha dei costi non da poco.
A parte l’immoralità di non perseguire chi ha commesso un reato, che si traduce anche in un messaggio criminogeno nei confronti dei cittadini (commettete pure reati, tanto non vi facciamo niente); c’è un problema difficile da risolvere: chi sceglie quali reati perseguire e quali no?
Le soluzioni praticabili sono due: il fai da te e il lascia fare al legislatore.
Che vuol dire, nel primo caso, che ogni procura della repubblica decide quali reati privilegiare e quali lasciar perdere; e, nel secondo caso, che il Parlamento (o magari addirittura il Governo, così si perde meno tempo in discussioni inutili) stabilisce quali processi si debbono fare e quali no.
La prima soluzione è certamente sbagliata: magari in Sardegna il reato più frequente e grave (nel senso che dà origine a faide sanguinose ed infinite) è l’abigeato (sarebbe il furto di bestiame); e al Nord ci si dedica con entusiasmo al falso in bilancio e alla frode fiscale; e magari al Centro e al Sud predominano corruzione e abusi d’ufficio. Che si fa? Il codice penale applicato a macchia di leopardo? E se poi un procuratore sardo arriva a Milano e si mette in testa che, anche lì, l’abigeato è una realtà criminosa gravissima? Chi lo controlla? Anzi, chi li controlla tutti questi procuratori dotati di un potere così grande di cui però non rispondono a nessuno?
Insomma questa strada è sicuramente sbagliata.
La seconda è assai peggiore. Che succederebbe nel nostro Paese se fosse la politica a stabilire quali reati vanno perseguiti e quali no?
Non a caso ho usato il termine “politica” per indicare l’assetto organizzativo cui allude l’“Atto di Sindacato Ispettivo” della pattuglia di senatori in servizio estivo.
Perché, sia il “procedimento per la fissazione dei criteri per l’uso dei mezzi di indagine e per l’esercizio dell’azione penale” sia il “procedimento … per la loro effettiva ed uniforme implementazione a livello operativo” hanno una caratteristica: l’individuazione, quale boss di tutto il procedimento, di “un soggetto istituzionale politicamente responsabile di fronte al Parlamento”.
Dunque una scelta politica dei reati da perseguire e di quelli da lasciar perdere.
Bene. Qualcuno ha dei dubbi sulla categoria nella quale sarebbero alloggiati i reati di falso in bilancio e gli altri reati societari? O quelli di frode fiscale? O quelli di corruzione? O quelli di abuso edilizio? O quelli di abuso di ufficio? Mi viene in mente anche il reato di finanziamento illecito dei partiti politici ma quasi non lo scrivo perché mi viene da ridere.
Insomma voglio dire che affidare alla classe politica la scelta dei reati da non perseguire produrrebbe in automatico una lista dei reati tipici della classe politica stessa.
Sicché si vede bene che abbandonare il principio dell’obbligatorietà dell’azione penale (puliamo tutta la casa) e adottare quello della non obbligatorietà (ne puliamo solo alcune stanze) è una scelta complicata. E però può anche darsi che sia necessaria.
Ma allora prima vediamolo, se è proprio necessaria.
Il processo penale è lunghissimo (troppo dice, con ragione, la pattuglia di senatori). Allora rendiamolo più corto. Ci avete provato? Avete nominato i giudici necessari, bandendo i relativi concorsi (sono scoperti circa 1500 posti)? No, vero? Avete assunto il personale amministrativo che manca (il 30 % dei funzionari amministrativi)? No, vero? Avete comprato computer, stampanti, fotocopiatrici, autovetture, sistemi informatici moderni, insomma quello che serve per lavorare? No, vero? Allora perché, prima di lasciare sporca metà della casa, non provate a procurarvi le risorse necessarie per tenerla pulita tutta?
Ma perché, mi pare di sentirli, mica viviamo nel paese dei puffi, noi tutti questi soldi non li abbiamo. E magari hanno ragione. Allora proviamo con le soluzioni che non costano niente.
Avete ridisegnato le circoscrizioni giudiziarie e abolito più o meno la metà dei tribunali e delle procure italiane? Anche questo no, eh? Eppure lo sapete che otterreste un sacco di risorse in più per far funzionare quelli che restano e che risparmiereste anche un sacco di soldi. Eh, ma come si fa con gli amministratori locali, compagni di partito che non ne vogliono sapere di far perdere alla loro città il tribunale; magari perdono qualche voto … E gli avvocati delle piccole città dove li mettiamo, anche loro sono elettori. Mi rendo conto …
Avete previsto un diverso regime delle notifiche, per esempio l’obbligo per ogni avvocato di avere un indirizzo e-mail e la validità delle notifiche effettuate in questo modo (così si risparmiano gli ufficiali giudiziari)?
Avete previsto l’obbligo per ogni imputato di eleggere domicilio presso il suo avvocato? Così non dobbiamo fare i salti mortali per trovarlo ogni volta e rinviare il relativo processo.
Avete previsto l’abolizione del processo d’appello (per tutti, non solo in caso di appello del pubblico ministero; che diamine, accusa e difesa con pari diritti, lo dite sempre). Eppure dovreste sapere che nella maggior parte dei Paesi occidentali (che vengono sempre portati ad esempio, in genere a sproposito, quando conviene) il processo d’appello non esiste.
Avete previsto la depenalizzazione di quei reati che potrebbero essere puniti con una multa ad opera di Vigili Urbani, ASL, Ufficio delle Imposte, INPS etc. (dalla sosta con il tagliando falsificato all’omesso versamento delle ritenute INPS)?
Avete previsto una delle decine di riforme che qualsiasi magistrato è in grado di indicarvi, che non costerebbero niente, farebbero risparmiare soldi e renderebbero celere il processo?
Dimenticavo, senza toccare le garanzie difensive, per carità, siamai che un colpevole abbia meno chances di scamparla. Ma certo che non avete fatto nulla di tutto questo.
Allora perché decidere di lasciare metà della casa sporca senza prima sbattersi per vedere come è possibile tenerla pulita? Sarà che, in quelle stanze buie e non frequentate, qualcuno ci si troverà bene?
A me non sembra difficile da capire.
RispondiEliminaInsomma il potere politico è stato, nell'ultimo ventennio, diciamo, contrastato esclusivamente dal potere giudiziario. Per esempio Craxi, la sua corte, il centro sinistra sono saltati perché un PM di Milano, tale Di Pietro, si mise a dare il pignolo per una mazzetta. Una mazzetta tira l'altra: Mani pulite. Poi ci fu Casson... e poi... sino a De Magistris, a per non farci mancare niente anche la Forleo. Questi invisi alla sinistra, quelli alla destra e tutti invisi al potere.
L'ultimo Governo di sinistra (sic) cade perchè un magistrato indaga su una Presidente di Assemblea regionale. Viene sciolto anche il Parlamento. E, con tutti crismi di una elezione corretta, viene eletto un parlamento bulgaro, di destra.
Gli unici che possono fare ancora danno?
Sempre i magistrati. Questi o da cani sciolti, o anche da tradizionalissimi funzionari della Giustizia, se vengono a conoscenza di fatti criminosi, possono arrecare danno al Potere. A Tutti, meno che a quattro.
Allora? riformiamo la Giustizia. Mettiamo qualcuno che indirizzi le indagini, mettiamo degli incentivi alla carriera, mettiamo che diventano avvocati dell'accusa con gli stessi poteri degli avvocati della difesa (ma senza poter esser eletti al Parlamento). Si, lo so. Niente di originale. Questa nota è scritta da Monsieurr De La Palisse.Ma questa è la semplice realtà
Illustre Procuratore
RispondiEliminaHo letto il documento al quale lei fa riferimento.
Condivido in buona parte ciò che lei ha sinteticamente, ma efficacemente, espresso in ordine alla non obbligatorietà dell'azione penale.
Concordo sulla necessità di organizzare le risorse su basi più adeguate al territorio, tanto a prescindere dagli avvocati di provincia (quale io sono) che pure formano elettorato.
Preciso che la riforma della giustizia dovrebbe accompagnarsi ad una riforma della professione forense. Se da una parte si vuole ristrutturare il CSM (tutto sommato cosa non spregevole) altrettanto deve essere fatto con CNF e consigli dell'ordine, magari anche abolendoli considerato che il CNF si occupa prevalentemente di formazione professionale ( e certamente ne avrà un buon tornaconto.....a favore di consiglieri e "amici").
Ciò detto devo però esprimere il mio dissenso su due punti dei suoi suggerimenti.
1) notifiche all'imputato presso il difensore.
Perchè scaricare sull'avvocato ogni responsabilità? forse che l'avvocato ha più mezzi dell'autorità statale per rintracciare l'imputato? Se i processi si celebrassero in tempi brevi.... potrebbe anche valere con adeguate misure .....ma così....
si rende conto quanto a volte sia difficile rintracciare un assistito a distanza di tempo? o pensa che gli assistiti si rivolgano all'avvocato "mettendosi" nelle sue mani?
2)abolizione del processo di appello.
NO NO e poi NO.
I giudici sbagliano.
gli avvocati sbagliano.
le forze dell'ordine sbagliano.
No! non si può abolire il grado di appello.
Neanche se avessi la certezza di giudici preparati e corretti..... e questo non è!
Io vorrei invitarla ad osservare l'amministrazione della giustizia nella veste dell'avvocato, naturalmente l'avvocato inteso in veste costituzionale, non l'azzeccagarbugli....
Ho letto il suo libro che ho trovato piuttosto realistico....ma con lo sguardo del giudice, vi sono anche altri punti di osservazione da vagliare e sono certa che lei ne abbia assolutamente la sensibilità.
La ringrazio per l'attenzione
Mathilda
http://www.osservatoriosullalegalita.org/06/acom/10ott2/1322giustiusajus.htm
RispondiEliminaIl sistema giudiziario americano funziona perché non fa i processi, non fa gli appelli e non motiva le sentenze.
Secondo il governo statunitense, più del 90% delle condanne per i felonies viene ottenuta con il patteggiamento e nelle contee urbanizzate si arriva al 96%. Lo stesso accade, grazie all'American Rule, nella quasi totalità delle cause civili, mentre il 56% delle condanne per omicidio criminale (preterintenzionale e volontario) viene ottenuta con lo stesso sistema....
...Le detenzioni
Le sentenze, di norma, sono immediatamente esecutive e il condannato va, o torna, in prigione direttamente dall'aula (senza passare dal via). In molti casi però il giudice decidere di "mettere in prova" il condannato e di non mandarlo in prigione (a volte accade anche per crimini molto gravi e per condanne molto lunghe).
T
... stessa fonte...
RispondiEliminaL'appello
In America l'appello non è un diritto costituzionale e solo i condannati a morte godono di una revisione automatica della loro condanna, ma questa non è assolutamente un rifacimento del processo. L'appello americano è una revisione della costituzionalità e correttezza formale del primo procedimento: in esso non si riascoltano i testi, non c'è la giuria e il condannato ha perso la sua (teorica) presunzione d'innocenza. L'appello capitale può diventare una messa cantata pluridecennale che va su e giù per le corti statali e federali, ma per tutti gli altri la musica è ben diversa.
L'appello vene concesso molto raramente e, per chi ha patteggiato, quasi mai. I tempi dell'appello sono così lunghi che, per rimettere in libertà i 13 innocenti di Tulia, il Texas ha dovuto fare un'apposita legge. Capita spesso che l'innocenza di qualcuno condannato a soli 5 - 10 anni venga riconosciuta solo a condanna scontata.
T
... per finire
RispondiEliminaLe corti d'appello hanno, di norma, un potere assoluto nel decidere quali casi udire e quali respingere senza spiegazione. Basti pensare che la Scotus riceve 7 - 8.000 richieste di certiorari l'anno ed emette solo 60 - 70 sentenze.
Non è corretto dire che i giudici americani sono politicizzati, perché essi appartengono a pieno titolo al mondo della politica: sono cioè uomini politici a tutti gli effetti. Essi, avvocati o procuratori che siano, provengono tutti dal mondo forense e tutti hanno alle spalle un periodo più o meno lungo di attivismo politico. A volte sono eletti, ma più spesso nominati da altri uomini politici e tutti, alla fine, rispondono delle loro sentenze al "popolo".
T
Condivido quanto espresso dal dott. Tinti.
RispondiEliminaEfficaci, però, sono anche le osservazioni di Mathilda.
La riforma della giustizia deve riguardare anche la nostra professione forense. Sono per l'abolizione dei consigli dell'ordine: diventati veri e propri centri di potere.
A propostito di obbligatorietà dell'azione penale.
RispondiEliminaAbbiamo recentemente tentato di spiegare in cosa consista il relativo principio:
http://toghe.blogspot.com/2008/07/lessenza-dellobbligatoriet-dellazione.html
Tra le ipotesi in cantiere vi è quella di stabilire delle priorità nella trattazione dei procedimenti penali: questo, tuttavia, non incide sul principio, non ha nulla a che vedere con l'obbligatorietà dell'azione penale.
Nessun PM otterrà l'archiviazione di un procedimento solo perché il reato non è tra quelli da trattare "proritariamente".
Potrà accadere che quel reato si prescriva e l'archiviazione interverrà per quel motivo; l'unica conseguenza rlevante sarà che il PM non incorrerà in responsabilità disciplinare per l'avvenuta prescrizione se egli si sarà attenuto ai criteri stabiliti dal legislatore, dal governo o da altri nel mandare avanti i procedimenti a lui assegnati.
La "discrezionalità", in definitiva, non sarà del PM ma verrà esercitata da un diverso soggetto, politicamente responsabile: in fin dei conti si tratterebbe del solito "ibrido" all'italiana, puro esercizio speculativo per nascondere la realtà.
Ciò che si prospetta, infatti, somiglia molto ad un'amnistia anticipata: l'amnistia riguarda reati già commessi, mentre l'indicazione delle priorità può essere rivolta anche al futuro.
Finché non si assegnerà al PM il potere di "cestinare" autonomanente le notizie di reato (senza cioè l'avallo di un giudice) si tratterà di qualcosa di diverso dalla discrezionalità dell'azione penale ...
Giuste le osservazioni del Dottor Tinti. Forse, però, incomplete.
RispondiEliminaDimenticava una cosa, ad esempio, il Dottor Tinti: l' ORARIO DI LAVORO ! Un ospedale non chiude a mezzogiorno, e i suoi dipendenti non vanno a casa alle due del pomeriggio !
Perché tanti tribunali, invece, chiudono i battenti a quell'ora ?
Uno studio legale lavora mattina, pomeriggio e spesso anche dopo cena. Un Tribunale no.
E non so come si concili tutto questo con il fatto che diversi giudici civili facciano solo due udienze, due mattine alla settimana. Ripeto: due MATTINE alla settimana ! Se non vi sembra questo un motivo sufficiente perché il concorso in magistratura sia sempre affollato, trovatene un altro ... :)
Direte: perché il resto del tempo lo dedicano a scrivere sentenze, a casa. Beh, è vero senz'altro, ma è anche vero che taluni ne scrivono assai più di tanti altri ... però sono tutti pagati allo stesso modo !
Per cui anche i più volenterosi alla fine, dicono: "ma chi me lo fa fare ..." e si accodano a fare il minimo indispensabile per "passare" le periodiche ispezioni.
Quanto alla proposta di abolire l'appello, mi sembra una banalità e, fondamentalmente, il frutto della stesso atteggiamento mentale che ha introdotto quella "schifezza" del patteggiamento in ambito penale: ridurre la vita e il destino delle persone a semplici numeri, a mera statistica giudiziaria.
Fregandosene se, eliminando l'appello, si elimina anche la possibilità di rimediare a tante "cantonate". Dimenticando che il processo penale nei regimi anglosassoni è solo l'ultimo di tanti altri procedimenti preliminari che in Italia non esistono. Ma inalberandosi, poi, se si tocca la pretesa "obbligatorietà" dell'azione penale ... che in Italia NON ESISTE GIA' PIU', di fatto, DA TANTISSIMI ANNI !
Ho voluto, con ciò, ricordare solo alcune cose che erano passate sotto silenzio. Ricordando che le "colpe" per la situazione attuale della giustizia non sono certo nate adesso, né sono tutte di una parte soltanto.
Riguardo alla professione forense, agli avvocati che parlano di riforme vorrei dire: dove eravate quando a Catanzaro passava il 99,7% dei candidati ? Ormai è TARDI: in ogni casa bifamiliare c'è un avvocato! Solo a Roma ci sono più avvocati che in quasi tutta la Francia ! E buona parte della crisi della giustizia dipende anche dall'inflazione di avvocati degli ultimi quindici anni, che nello stesso periodo hanno ... DECUPLICATO il loro numero in tutta Italia. Con i risultati che vedete.
@ l'anonimo dell 18,40.
RispondiEliminaE teniamocelo l'appello!
Però, così, non possiamo pretendere di avere statistiche "americane"; e smettiamola di dire che quella italiana è una giustizia lumaca!
T
Voglio rispondere a Mathilda partendo da una preliminare considerazione: la storia di Italia non è simile a quella degli altri Paesi europei quanto alla condivisione generale di cultura istituzionale, della separazione dei poteri e della legalità.
RispondiEliminaSe una parte della classe politica ritiene usuale (anche in campagna elettorale) utilizzare un linguaggio che contrastata con i principi che molti cittadini seguono e poi impartiscono ai propri figli, bisogna essere cauti nelle modifiche della Carta costituzionale.
Le notifiche degli atti giudiziari da effettuare presso gli studi legali a me sembra cosa utile.
Il mandato difensivo è un'attività complessa, che implica responsabilità e competenze professionalmente alte.
Esiste il rapporto fiduciario: se l'avvocato e imputato possono decidere la strategia difensiva, magari anche NON collaborando nel procedimento con l'Autorità Giudiziaria, si può però richiedere che, per fatti strettamente processuali, il difensore rappresenti la posizione dell'imputato in modo ampio.
Sull'appello.
Come ho scritto in altra sede, se si vuole mantenere il giudizio di secondo grado (e io ho qualche perplessità in considerazione del fatto che la prova si forma innanzi alle parti processuali), si può comunque eliminare il divieto della "reformatio in peius".
Chi è ritiene di essere innocente e chiede uan pronuncia diversa da parte del giudice di secondo grado, invitandolo a rivisitare gli atti processuali e la sentenza di primo grado, deve permettere che il giudice di secondo grado non abbia limitazione alcuna. anche con riferimento alla pena. Come accade in Francia.
Ci sarebbe maggiore serietà nell'intraprendere giudizi di secondo grado, ponderando le scelte molto più di quanto avviene adesso, con effetti positivi sulla gestione dei carichi di lavoro e sulla celerità delle decisioni.
Francesco Messina
Sulla "reformatio in peius" in ambito penale concordo con la valutazione del Dottor Messina.
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