Pubblichiamo un documento approvato dall’Assemblea della Sezione Distrettuale di Napoli dell’Associazione Nazionale Magistrati sulla “questione morale”. Un grazie di cuore ai colleghi di Napoli per le loro preziose parole.
ASSOCIAZIONE NAZIONALE MAGISTRATI
Sezione Distrettuale di Napoli
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Il 22.5.2008 l’Assemblea della Sezione dell’ANM del distretto di Corte di Appello di Napoli, con un documento votato all’unanimità, rivolgeva un forte richiamo all’A.N.M. nazionale affinché ponesse al centro della sua attenzione e azione la questione morale in magistratura, e cioè i rapporti opachi tra magistratura e centri di potere politico-affaristici e la invitava ad attivare per questi comportamenti una vigilanza al proprio interno, con applicazione dei principi del codice deontologico ed eventuali sanzioni interne.
Tale accorato appello sembra essere caduto nel vuoto.
La magistratura italiana è stata scossa tante volte e continua ad essere interessata da fatti inquietanti e gravi.
Negli ultimi anni si sono succeduti, con sempre maggiore frequenza, episodi di corruzione di magistrati ad opera di ambienti economico-affaristici, ma anche, purtroppo, gravissimi fatti di collusione tra ambienti giudiziari ed organizzazioni criminali e mafiose.
In particolare, in tante situazioni, sono stati proprio i vertici di alcuni uffici giudiziari, giudicanti e requirenti, ad essere stati particolarmente “sensibili” alle richieste ed alle aspettative di questi ambienti esterni.
In alcune realtà degli uffici giudiziari meridionali è netta la sensazione di una particolare contiguità e compromissione con settori della politica e degli affari, insomma con centri di potere oscuro e tante volte illegale, al punto che le indagini giudiziarie (da quelle che hanno riguardano i distretti siciliani di Catania e Messina, per passare a Reggio Calabria, Crotone o Catanzaro in Calabria, poi a Potenza e Matera in Basilicata e sino alle ultimissime vicende di Napoli) testimoniano che questi centri di potere tante volte sono in grado, addirittura, di interferire con alcune scelte giudiziarie, attivandosi e riuscendo ad acquisire notizie segrete o riservate, impedendo gli sviluppi di indagini ritenute pericolose ed ottenendo, infine, in alcuni casi, anche sentenze o provvedimenti compiacenti.
I fatti sono noti da tempo, anche se pochi, in verità, sembrano prestarvi attenzione.
Riguardano certo le zone più disparate del paese, ma non può non prendersi atto che le situazioni più gravi sono quelle che si verificano all’ interno della magistratura meridionale.
Non è più possibile, quindi, parlare di semplici casi isolati di malcostume.
E’ urgente avviare una riflessione su quella che, secondo il nostro punto di vista, costituisce ormai una vera e propria “questione morale” aperta nella magistratura italiana, forse essa stessa da interpretarsi come un aspetto della più complessiva “questione morale” che interessa le classi dirigenti del nostro paese.
Eppure, nonostante la gravità e la diffusione del fenomeno, l’atteggiamento dell’A.N.M. continua ad essere di segno opposto, nel senso della costante sottovalutazione dei fatti.
L’A.N.M. nazionale, da molti anni ormai, non pronunzia le parole “questione morale” e non affronta, in termini di chiara iniziativa politica di denuncia, nessuna delle gravi vicende che si sono verificate e che sono state lasciate tante volte incancrenire per anni.
Da ultimo, anzi, l’atteggiamento che prevale sembra essere addirittura quello di indifferenza alle tante denunce che pure provengono da cittadini o gruppi, che, in diverse realtà, segnalano la esistenza di questi fenomeni, che assume quasi i profili di una chiusura corporativa.
Addirittura, poi, non risulta neppure che la nostra associazione adotti mai provvedimenti di allontanamento, cioè di sospensione o espulsione, di propri iscritti responsabili di comportamenti come quelli sino ad ora descritti.
Eppure, costantemente chiediamo ai partiti non solo di operare una rigorosa selezione dei propri esponenti e quadri, ma soprattutto poi di avere il coraggio - prima ed indipendentemente dalla esistenza di possibili reati e quindi di indagini o processi - di estromettere dalle proprie fila e dalla vita politica coloro che appaiono compromessi con centri di affari o, peggio, con ambienti criminali.
Ma se questa è, di fatto, la posizione della associazione, è comprensibile che nei cittadini si diffonda la opinione secondo cui, in Italia, esiste anche una sorta di “casta giudiziaria” e che, in fondo, tanti giudici non siano poi molto diversi da settori del ceto politico, amministrativo o economico su cui pure, quanto alla moralità dei comportamenti, si esprimono giudizi severissimi.
La nostra credibilità di fronte ai cittadini riposa su molti fattori, ma uno di essi è la precondizione di tutti: ogni magistrato custodisce la propria indipendenza se non è avvicinabile e condizionabile da ambienti esterni e da centri di potere di qualunque natura.
Questa essenziale condizione deve necessariamente precedere ogni altra componente (la preparazione, lo scrupolo professionale, il rispetto rigoroso della regole processuali ecc.) che pur contribuisce a rendere credibile l’istituzione giudiziaria e l’attività di ogni singolo giudice o pm.
Stiamo per affrontare una stagione difficile in cui forse si decideranno anche le sorti dell’ assetto della magistratura che la Costituzione del ‘48 ha delineato.
Questa sfida può essere affrontata in vari modi, secondo alcuni anche continuando ad ignorare, insieme ad altre questioni, questo grande tema oppure magari sostenendo che esso è, dal punto di vista politico, scomodo, che occorre rinviarne l’analisi a tempi politici migliori e che, in fondo, parlarne apertamente e senza ipocrisie danneggia la nostra immagine.
Noi crediamo, al contrario, che questo momento non sia più rinviabile e che la difesa della nostra indipendenza sarà ancora meno efficace se la magistratura – in alcune sue componenti e realtà – è o anche solo appare non “eticamente autorevole”.
Sarà tanto più possibile conservare l’attuale assetto costituzionale della magistratura se non rimuoveremo il tema della esistenza di una nostra “questione morale” e se avremo, anzi, la capacità di discuterne senza censure e di trovare i modi per risolverla.
Per questo è necessario che la associazione nazionale magistrati si faccia finalmente carico delle aspettative di tanti suoi aderenti ed adegui conseguentemente la sua linea politica.
Napoli, 12 marzo 2009
Consapevole di essere inadeguato a postare un commento, ardisco tuttavia esporre una personalissima riflessione.
RispondiEliminaCon riferimento alla frase: "Stiamo per affrontare una stagione difficile in cui forse si decideranno anche le sorti dell’ assetto della magistratura che la Costituzione del ‘48 ha delineato."
Il beneficio dell'avverbio di dubbio --"forse"-- sembra voler mitigare il grido di dolore disperante, lanciato da questi intemerati Magistrati.
Con stima ed affetto
Stefano
Genova
Noto che e` passato quasi un anno dalla presentazione di questo encomiabile documento...ma la situazione non mi sembra cambiata per il meglio..anzi!
RispondiEliminaCome cittadina non facente parte della categoria, mi associo al "grido di dolore disperante" (Besugo ha detto...13 marzo 2009 23.28), ma ormai i "forse" le "riflessioni" ed i documenti isolati non bastano piu`!
Vedere quante Sezioni sono preparate a controfirmare siffatto documento? Divulgarlo anche su quotidiani?...Non so, ma sento che ormai siamo arrivati ad un momento di tale stortura che si dovrebbe tentare di tutto .
Un grazie sentito
E. Clarke
Io credo che bisogna fare come è accaduto in politica... creare un'associazione nuova... almeno che non ne esista già una compatibile con tali principi e ideali... affinchè possa distinguersi e mostrare le differenze di comportamento, di etica, di moralità, di professionalità, ecc...
RispondiEliminaA differenza di Besugo la mia inadeguatezza è ultra!
RispondiEliminaNonostante, dopo un ringraziamento dal profondo del cuore alla Sezione Distrettuale di Napoli dell’A.N.M., voglio esprimere in merito la mia opinione. "Il silenzio è mafioso" ha detto Di Pietro; intendendo, credo, che una persona, pur essendo onesta, se non denuncia il malaffare si rende complice e quindi mafioso. Sono certo che la moltitudine dei magistrati onesti erano e sono a conoscenza delle forzature effettuate nell’esercizio delle loro funzioni da parte di molti colleghi che, nonostante ciò, hanno fatto carriere d’oro in termini economici e di prestigio ai vertici dell’Ordine giudiziario, grazie alla commistione con il potere politico. Solo se si prova questo dato, si può anche dire che la Ndrangheta è l'organizzazione criminale più pericolosa esistente al mondo!
Per quel poco che vale, quoto il post.
RispondiEliminaLa richiesta c'é.
Pochi quelli che la pongono.
La risposta é, come sempre, un silenzio assordante.
Sono con voi che vi ponete il problema. Ma con la consapevolezza che il mio appoggio non vale nulla.
(1) In considerazione della situazione della Giustizia vorrei far riflettere tutti i lettori che scrivono commenti più o meno sconfortati sull'opportunità di fare un sforzo e di astenersi - giusto per non dare un gratuito vantaggio al "nemico".
RispondiElimina(2) Nel caso particolare la denuncia dei magistrati di Napoli è indice di una
grave situazione ma anche di tensione morale e di volontà di reagire. Sarebbe quindi giusto gridarla ai quattro venti per sollecitare e mettere in mora chi dovrebbe farsene carico.
(3) Per esempio la classe politica che non si sogna minimamente di fare nulla di simile.
Ho appena scoperto su aprileonline alcuni illuminanti stralci della seduta del Copasir in cui Gioacchino Genchi è stato "torchiato" per 7 ore e che si è conclusa con la trasmissione degli atti alla magistratura, come pure la dichiarazione del on. Fiano che "la magistratura faccia il suo corso" (un classico) con, in sovrappiù, l'ipocrita aggiunta che "è nell'interesse di Genchi".
Per Nanni64 e per Raffaele Simonetti.
RispondiEliminaIo credo che lo sconforto, quando è presente in dosi omeopatiche, finisca col provocare delle reazioni positive e dunque faccia bene. Per Nanni64 convengo di valere tre volte niente, ma come diceva un eccelso comico francese, tre volte niente è già più di niente e quando si è in migliaia a pensarla nella stessa maniera si è già qualcosa. Forse mi faccio delle idee, ma incomincio a pensare che oltreatlantico in certi circoli non si escluda che in Italia possa accadere qualcosa e ci si prepari a evitare di essere impelagati in qualcosa di antipatico. Mi chiedo se certi giganti nostrani non abbiano i piedi di argilla.
Potrebbe essere opportuno portare a conoscenza dei cittadini, nei dettagli le azioni di "malaffare" commesse da magistrati, ovviamente senza fare nomi pubblicamente,dire il "peccato "non il "peccatore". Propongo un bolg ad hoc! Cristina
RispondiEliminaSono andato sul link "aprileonline" citato da Raffaele Simonetti e ho letto le dichiarazioni di Rutelli che mi ricordano prepotentemente un grande servizio giornalistico di molti anni fa. Si trattava di un famoso processo criminale al quale un valente giornalista dedicava una intera e interessantissima pagina di giornale. Si era veramente avvinti dal racconto, ma alla fine, riflettendo, si arrivava alla conclusione che il giornalista aveva voluto trasmetterci il semplice messaggio:" i giudici non hanno detto niente, l'accusa non si è pronunciata, le vittime son state zitte, la parte civile non ha aperto bocca, gli accusati son stati zitti e noi giornalisti non sappiamo niente."
RispondiEliminaSempre per analogia si può dire che è un vero peccato che Rutelli non abbia dedicato le sue energie al giornalismo e che invece possa, in qualche maniera, influire sul prosieguo di indagini nei confronti di colletti bianchi sporchi.
E' un ottimo comunicato.
RispondiEliminaMa, appunto, solo un comunicato e cioè solo parole.
Con le quali si ricorda che a precedenti parole non sono seguiti fatti.
Ed alle quali dubito ne seguiranno.