di Nicola Saracino
(Magistrato)
da Il Riformista del 6 gennaio 2010
Se la legalità è un bene fondamentale in ogni collettività organizzata, al pari di ogni valore o risorsa essa non è illimitata.
Anche nella società più evoluta una percentuale di illeciti sfugge all’accertamento ed alla repressione.
Se, però, tale percentuale risultasse esorbitante, la legalità sarebbe messa seriamente in discussione.
Il deficit di effettività, infatti, attenua nei cittadini il senso del dovere favorendo l’emulazione delle condotte non virtuose.
E’ compito di un Legislatore saggio quello di individuare il punto di equilibrio tra penalizzazione delle condotte e relativa repressione; deve cioè selezionare i fatti realmente offensivi dei valori comuni all’accertamento dei quali far conseguire ineluttabilmente la sanzione.
Se si trascura l’aspetto pratico, in un certo senso “economico”, della legalità e quindi l’esigenza di amministrarla alla stessa stregua di ogni altra risorsa non illimitata, si rinuncia preventivamente alla possibilità di affermarla in concreto: essa mancherà del fondamentale carattere dell’effettività.
Proprio per questo motivo il Costituente ha imposto un limite generale alla stessa attività legislativa disponendo che ogni legge comportante una nuova spesa indichi le risorse con le quali farvi fronte.
L’obiettivo perseguito dall’art. 81 Cost., oltre a quello dell’ordinata allocazione delle risorse pubbliche, è proprio quello di assicurare l’effettività della legge dato che se non si stanziano le risorse per attuarla essa resterebbe solo sulla carta.
Questo fondamentale vincolo risulta sistematicamente disatteso, trascurato, quando s’introducono nuove leggi penali, sia di natura sostanziale (quelle che introducono nuovi reati) sia di carattere processuale (quelle che configurano le garanzie dei cittadini sottoposti a giudizio).
Si assiste, così, alla creazione di nuovi reati dall’incidenza statistica piuttosto rilevante (recentemente, ad esempio, quelli in materia di immigrazione) richiedenti un enorme impegno delle forze di polizia, dei tribunali e del sistema penitenziario, senza indicazione delle risorse economiche necessarie per garantirne l’effettività.
Una soluzione indiretta potrebbe essere quella di depenalizzare preesistenti reati dall’analoga incidenza statistica liberando energie spendibili per far fronte alle nuove esigenze.
L’errore logico e giuridico alla base di tale impostazione consiste nell’aver supposto che il sistema giudiziario ed amministrativo, ai quali è affidato il compito della concreta affermazione della legge, siano capaci di soddisfare qualsiasi nuova richiesta senza che ad essa corrisponda l’accrescimento della relativa spesa; è irrazionale la pretesa di gestire la legalità alla stregua di un bene senza limiti e quindi, per definizione, non economico.
Recenti polemiche suscitate dall’accostamento di concetti propri dell’economia alla giustizia sono solo l’ultimo segnale della crescente, ma irragionevole, domanda di “efficienza” che la politica rivolge, non senza colpe proprie, alla giustizia.
E’ dovere del Legislatore quello di adeguarsi, esso per primo, alle fondamentali regole dell’“aziendalismo”, concetto che non evoca nulla di sacrilego se inteso come abilità di ricavare il meglio da risorse limitate.
Come l’imprenditore è alle prese col dilemma della migliore scelta in relazione ai mezzi disponibili, così il Legislatore deve selezionare i fatti da perseguire e punire tenendo conto della capacità di risposta del sistema giudiziario e, se necessario, incrementarla.
Un maggiore rispetto dell’obbligo della copertura finanziaria delle leggi penali allontanerebbe la tentazione di risolvere il problema negandolo, magari con l’effimera illusione dell’abbandono del principio dell’obbligatorietà dell’azione penale, scelta incapace di restituire effettività alla legislazione penale.
Dov'eri tu, ANM quando, per tutti questi sacrosanti rilievi si produceva un arretrato insopportabile, per i magistrati, ma specialmente per i cittadini che, per il fatto che a pagare e morire c'è tempo, dovevano concorrere nella loro richiesta di giustizia, con molti che, approfittando dei lunghi tempi hanno appellato, opposto, ricorso,perchè condannati.
RispondiEliminaAlessandra
PER ALESSANDRA 8gennaio h.10,31
RispondiEliminaL' ANM c'è,viva e vegeta, assolve con puntualità e solerzia tutti i compiti che si è dati. Quelli a cui fai riferimento,ancorchè sacrosanti,purtroppo non vi rientrano.
In queste considerazioni c'è solo un punto che , a mio modesto parere ,vale la pena di sottoscrivere: la valutazione preventiva dell'incidenza economica dell'esercizio del Diritto nel Sistema-Giustizia .
RispondiEliminaNon credo che si possa considerare la Giustizia come un a"risorsa". Le risorse sono o naturali (acqua , gas ,energia ) o umane (la cultura ,la tecnica , la tecnologia , la salute , il lavoro). Credo che la Giustizia debba essere considerata come una "funzione" indispensabile di Governo delle risorse, un algoritmo socioeconomico, storicamente direzionato.
Nella fattispecie tale algoritmo è stato storicamente direzionato dalla apparente sconfitta del sistema di egemonia dell'esecutivo , vigente in epoca fascista , e il tentativo sempre ostacolato,di attuazione di quell'autonomia , a vantaggio della collettività e del cittadino dopo la liberazione del paese dal nazi-fascismo.
Il problema vero per il nostro sistema -giustizia è utilizzare le risorse (nel senso indicato sopra ) per adempiere alla sua missione ( quella che si può intuire nella Costituzione Italiana ), non per impinguare le tasche agli avvocati e dei giudici disonesti. Maria Cristina
Dal Corriere di oggi riporto un'analisi molto efficace di Luigi Ferrarella.
RispondiElimina"Che cosa è un processo giusto
E se gli aspiranti riformatori della giustizia facessero prima un salto a Cassano d’Adda, sezione distaccata del Tribunale di Milano? Qui non la carenza, ma l’assenza ormai da mesi di cancellieri sta totalmente bloccando la registrazione di 450 sentenze civili e 520 decreti ingiuntivi già fatti: tutti provvedimenti di giustizia ordinaria, spicciola ma importante per la vita delle persone, che i giudici hanno già deciso, ma che formalmente non esistono e dunque non possono dispiegare i loro effetti per i cittadini che li attendono. Ma non sembra essere questa «la durata indeterminata dei processi» dai quali proclama di volerli «tutelare » il riscritto disegno di legge sul «processo breve», soave etichetta che dovrebbe rendere digeribile «la tagliola» sui processi (diritti d’autore al pdl Gaetano Pecorella): quasi che un cittadino dovesse felicitarsi di veder garantito il proprio diritto a constatare in breve l’estinzione del processo penale da cui attende giustizia, e non invece di ottenere in breve il risultato dell’accertamento, cioè la sentenza che fa scaturire diritti, obblighi, sicurezze e risarcimenti.
«La giustizia perfetta non esiste », notava nel 1974 Carlo Bo nell’articolo «La regola di Ponzio », ma «dovrebbe esistere una giustizia sollecita, responsabile, che non si abituasse a sostituire il proprio tempo, soddisfatto nella tranquillità, al tempo senza risposta di chi attende». E in effetti solo un incosciente oggi potrebbe assuefarsi al match tra Italia e Somalia in fondo alle classifiche annuali della Banca Mondiale sui tempi e costi per far rispettare un contratto. O rassegnarsi al malsano «federalismo giudiziario» delle abissali disparità tra tribunali, che per l’esito di un fallimento a Reggio Calabria o Ascoli fa mettere in cantiere battesimo, comunione e cresima dei figli, mentre a Trieste fa aspettare 4 volte meno. E il vero decreto-competitività per le imprese sarebbe quello che le sottraesse alla «tassa» occulta (2,2 miliardi la stima annuale) che l’inaffidabilità tempistica della giustizia, specie civile, scarica su ogni azienda.
Solo che la risposta del governo alla «regola di Ponzio»—processo breve, rincorsa a 18 mesi di quasi automatico legittimo impedimento per il premier, e nel frattempo decreto legge per fermare subito e per 2 mesi i processi nei quali, proprio come i suoi, vi sia stata una modifica delle imputazioni — è sbagliata. Per il clima che compromette, proprio quando pareva potersi avviare in Parlamento una limpida discussione tra le coalizioni almeno sui corretti termini di una costituzionalizzazione di prerogative delle cariche istituzionali. Per le distorsioni che introduce nel merito, ad esempio applicandosi nell’ultima versione anche alle imprese indagate, e così avvantaggiando Impregilo nel processo a Napoli sui rifiuti, o Telecom e Pirelli nel processo a Milano sui dossier illegali. E per il consueto sapore agro del metodo, restituito anche stavolta dalla permanenza della norma transitoria che, estinguendo tutti i processi senza sentenza di primo grado a due anni dalla richiesta di rinvio a giudizio, conclama la volontà del premier di liberarsi in questo modo dei due nei quali è imputato di corruzione in atti giudiziari del teste Mills e di frode fiscale sui diritti tv Mediaset."
http://www.corriere.it/editoriali/10_gennaio_13/editoriale-ferrarella-processo-giusto_2dd36206-000b-11df-b35f-00144f02aabe.shtml
Un caro saluto.
P.F.
Mi sembra molto importante sottolineare il fatto che la Giustizia non è e non dovrebbe essere considerata una "risorsa" fruibile fra le altre ,ma una fondamentale ed essenziale "funzione" di governo delle risorse, storicamente e socialmente orientata .
RispondiEliminaNicola Saracino scrive :" L'errore logico e giuridico consiste nell'aver supposto che il sistema giuridico e amministrativo ai quali è affidato il compito della concreta affermazione della legge siano capaci di soddisfare qualsiasi richiesta senza che ad essa corrisponda l'accrescimento della relativa spesa . E’ irrazionale la pretesa di gestire la legalità alla stregua di un bene senza limiti e quindi, per definizione, non economico.
Recenti polemiche suscitate dall’accostamento di concetti propri dell’economia alla giustizia sono solo l’ultimo segnale della crescente, ma irragionevole, domanda di “efficienza” che la politica rivolge, non senza colpe proprie, alla giustizia.”
Questa osservazione è logica e fondamentalmente corretta .
Tuttavia occorrerebbe partire dal fatto che il Sistema - Giustizia , non certo riferito alla sola Magistratura, bensì a tutto il personale impiegato, per funzionare efficacemente dovrebbe sempre potersi muovere su due binari : quello della responsabile consapevolezza di essere parte della funzione di governo delle risorse socio- economiche(L’evoluzione della Civiltà umana nel suo insieme non può fare ameno della Giustizia neppure in riferimento alla Guerra ,che pure è un’altra ,benchè deprecabile ed obsoleta, funzione di governo delle risorse)storicamente orientata e quello dell'economia del controllo delle risorse impiegate nella fase dell'attuazione concreta della legge. Ma ,per la mia modesta esperienza ciò che difetta davvero al Sistema-Giustizia Italiano non sono le risorse ma il controllo delle stesse finalizzato all'interesse pubblico.Giustizia e interesse pubblico sono imprescindibili. L'interesse pubblico è quello di soddisfare il bisogno di giustizia del singolo cittadino, -quindi dell'intera collettività ,che non esiste come corpo astratto ma è formata da individui singoli, bisognosi di Giustizia( per non dover ricorrere ad altre forme di riparazione del danno, condannate dal codice e dalla società stessa) - ,non di arricchire (come oggi avviene)gli operatori che ruotano e spesso parassitano attorno al " Sistema Giustizia" . Le risorse impiegate già oggi sono molto male impiegate . All'interno dei Palazzi di Giustizia si commettono abusi , violazioni e ,come provano i fatti, molti reati. Sarebbe un errore aumentare la spesa senza prima disboscare il circuito perverso delle modalità di attribuzione della spesa stessa.
Rimando al bel libro di Ferrarella "Fine pena mai. L'ergastolo dei tuoi diritti.." per una generale ricognizione sullo stato pietoso dell'impiego delle risorse nell'ambito della Giustizia Italiana . Ma le distorsioni e la diseconomicità dell'impiego delle risorse è ancora maggiore di quella segnalata da Ferrarella e si annida in una quntità di procedure illegali e di abusi che facilmente si potrebbero eliminare "d'ufficio", semplicemente segnalandole al Presidente del Tribunale o al Procuratore Capo. Maria Cristina
."Ma le distorsioni e la diseconomicità dell'impiego delle risorse è ancora maggiore di quella segnalata da Ferrarella e si annida in una quntità di procedure illegali e di abusi che facilmente si potrebbero eliminare "d'ufficio", semplicemente segnalandole al Presidente del Tribunale o al Procuratore Capo. Maria Cristina"
RispondiEliminaGià sperimentato! Con il risultato di aggiungere danno al danno e beffa alla beffa. Degli avvocati segnalati, tranne uno oggetto di un avviso di garanzia relativo al 380 cp che ha contribuito a farlo "fuggire" al nord, gli altri 2 nemmeno scalfiti dalla procura (eppure uno aveva usato termini offensivi e falsato delle date: i 37 anni, poi documentati, diventano 20, riportati sugli atti della controparte?)e né tantomeno dagli ordini; in un caso ho pagato l'avv. - in fase di ricorso cui gli si chiedevano i danni - come consigliato dall'altro "mio" avv. senza mai vedere la "parcella" deliberata dall'ordine, nemmeno dopo 2 mie richieste al loro pres. che ebbe a suggerirmi? Anche questo fuggito, alle Maldive! Il giudice che ha avallato il suo decreto ingiuntivo, mancante di supporti documentati(neanche una richiesta di pagamento, sommaria), trasferito(si?) dopo che l'atro giudice gli ha dimezzata la c.d. "parcella", fantasma! Mai visto una fattura, né sugli acconti e né per il saldo, come richieste dall'avv. subentrato.
Ma il giudice non ha l'obbligo di segnalarlo a chi di competenza nell'interesse della collettività? E non si tratta di sola questione etico-morale, per le quali "non devo ricorrere" - mi disse - "io devo attenermi al codice"... nemmeno quello deontologico?
Da allora ne ho viste di tutto.
Persecuzioni da parte di carabinieri, vigili, ausiliari (nel 2000 ho dismesso l'auto, e da un paio d'anni non uso più quella di mio genero, l'ultima volta, in sosta, mi si fa rilevare che avevo le ruote anteriori non allineate, lo stesso brig. che nel 2000, nel centro abitato, mi aveva multato per circa 400 euro -- 2 giorni prima da 2 ausiliari
"incompetenti" (come da sentenza del GdP in seguita a 2 ricorsi intempestivi) per una "multa sbagliata" (o abusiva-ritorsiva?), triplicata e pagata nel 2006 ma richiesta nel 2008 e cancellata dal ruolo nel 2009?! -- come da unica comunicazione della prefettura, contumace all'udienza del GdP con sentenza a mio favore). Nel 2003, piovono atti criminosi da più parti (istituzioni?); dopo 18 anni (come B?) una sentenza del “civile” non ancora metabolizzata, Inps, Inail, Sem: richieste di somme "erroneamente erogate",
(mentre non si rimborsa l'Iva..., così la Camera di Commercio credito prescritto in 2 anni? Dopo un anno l'integrazione al milione di B?) ri-ri-richieste, trattenute senza avviso nel 2009 per 7 mesi e poi restituite – casualmente! -- perché non dovute (non quelle trattenute nel 2003, oltre un'ipoteca – assieme all'Inail -- per contributi del tutto versati!?). Sto parlando di Previdenza che dovrebbe attivarsi per "emanare un coplesso di provvedimenti a favore di gruppi o singoli: i profughi saranno assistiti da particolari previdenze" (così è scritto sul dizionario). Un parlamentare, dell'ex Dc, che blatera su una tv privata dice che “manca la politica”(? e quindi sono manchevoli le istituzioni?).
Sempre nel 2003 (annus horribilis?), non poteva mancare un controllo mirato dei carabinieri (dopo che mi sono aperto..alle poste, facendo delle confidenze al comandante la stazione, che mi pareva affidabile, e non appena s'allontana un poco vedo che il collega -- quello della multa, ma che io non sapevo non avendo avuto nessuna comunicazione -- gli “mette la pulce nell'orecchio”) che rilevano un sciocchezza cui non ero a conoscenza, superabile con al massimo una multa e per cui si poteva ricorrere al prefetto o al Tar (nel frattempo era scattata la norma che prevede un versamento di 500 € , la multa è di 250 € ).
...segue: Scrivo al prefetto, che come al solito non risponde. Il pm (che avevo segnalato al suo capo per l'avv. del 380) manda al Gip (e a me per posta -- procedura del 140 illegittima...SENTENZA n.3 della C.C., 15/01/2010 -- che non accetto per ripicco: non rispondo a chi mi deve delle risposte da tempo) che demanda al Gup(a se stesso? quello delle 2 cause civili, a mio parere ricusabile), che all'udienza mi dichiara contumace, in assenza dell'avv. (?), rinviato a giudizio (??). Prima udienza: presenti, io e l'avv., assenti i 2 testi (operanti, di ché?) di cui non sapevo, perché nella mia convocazione non vengono menzionati? Avrei provveduto in tempo ad avvisare il loro comandante (che poi ammette che non erano del tutto giustificati; erano in vacanza natalizia) e così tentare almeno di recuperare l'udienza, visto che né il pm e né la giudice l'hanno fatto. Nel sentire la parola “rinvio” (siamo già a 3 anni e 3 masi!) sollevo obiezione e invito la corte a mandare 2 militari per accompagnarli...come si fa con i “comuni mortali”(per quel Gip/Gup è un'espressione che sa di vittimismo?); io l'ho subito, addirittura con la mia auto, quindi sono stato io ad accompagnare il carabiniere, lo stesso – prima del 2000 -- che era in coppia col ma.llo della multa (...?). [Eppure ero io il querelante, avevo deciso di non andare perché l'avv. avverso era quello che nell'80 mi patrocinava per una querela contro 3 pirata che scorazzavano tutti i giorni all'ora di pranzo (uno di questi poi fece uno scontro con un 15enne su una moto ci rimise la vita) su via Roma, a poca distanza dalle sedi dei vigili e carabinieri. I 3 (uno di questi nel contempo diventa cliente del “mio” avv., dopo la morte di “veleno”, il n° 1 sulla piazza, veniva lui...col pallino del fotomontaggio)condannati di reato amnistiato, io – tra lo stupore del com.te dei carab. -- assolto per insufficienza di prove (che per Calogero Mannino equivale ad “assoluzione piena”), di cui il pres. non seppe darmi spiegazione della “sentenza sommaria”e mi consigliò di rivolgermi ad un politico (? scrissi a Scalfaro che intervenne sulla questura che revocò il decreto...) per cercare di rimediare al fatto che non mi si rinnovò il porto d'armi per uso sportivo(insomma l'avv. -- ieri come oggi? -- mi aveva sconsigliato di fare ricorso in appello?).] Da allora è stato ordito una sorta di complotto In seconda udienza risulto assente/presente (ero presente), vengono interrogati i soli testi/carabinieri, io mai? La terza udienza esce la sentenza, io assente, nessuno si degna d'avvisarmi e poi d'informarmi. Ne vengo, casualmente, a conoscenza 3 giorni prima dei termini per il ricorso, dal pres. che convoca il cancelliere: “è possibile che ciò accada?” E mi rassicura che mancano 3 gg...L'avv. (d'ufficio/di fiducia?, è tutto un equivoco) non volle la mia presenza, e mi promise che se la vedeva lui.
RispondiElimina...segue: Dopo un paio di mesi appuro che la sentenza era irrevocabile. Invito l'avv., eravamo in tribunale, a fare l'istanza di rimessione in termini seduta stante; fissa un orario nel suo studio, non si rende reperibile. E quindi sono costretto a farla io. Il ricorso non viene accolto. Dopo vari tentativi di contatti con 2-3 avvocati di fama/(e?) andati a vuoto, 2 giorni dopo la scadenza dei termini, invio un ricorso di 6 pagine per Cassazione, che come previsto finisce in VII sezione (nonè gradito criticare un tribunale che in 40 anni ha solo prodotto danni patrimoniali e malessere?). L'avv. Nominato dalla Corte non mi ha convinto, i Marazzita parlano in modo diverso da quando sono in tv, e dalla Falcetti, così il prof Sinagra, piuttosto irritoso...salta l'appuntamento con un mio concittadino, cassazionista, di Roma e così finisco da un'avv. del mio capoluogo, che trova un'appiglio...3.000 € (da fatturare, per la prima volta, ora che non ho più la partita Iva!); l' udienza è fissata ai primi di novembre, il 24 l'avv. mi spedisce l'ordinanza in cui la Corte dichiara inammissibile il ricorso....pagamento delle spese processuali e 1.000 € per la cassa ammende? Della relativa sentenza a tutt'oggi nulla?...
RispondiEliminaOltre 6 anni, così per l'unico laboratorio d'analisi sotto casa: i Nas trovarono dei reagenti scaduti ma non usati, chiuso per 3 anni, poi riaperto ma senza convenzione, la comunità fa i prelievi presso il distretto Asl e li manda a 20-30 km presso 2 ospedali. I gestori incriminati e poi tutti assolti per non aver commesso il fatto! Danni incalcolabili, alla comunità da parte di una categoria che posso dire di non aver mai avuto un servizio, ma solo disservizi. Ah, dimenticavo, il m.llo è stato trasferito per “incompatibilità...”. A me disse che l'ambiente gli era gradito (gente collaborante) mentre io insistevo che c'è reticenza e omertà.
Tutto questo non c'entra con quanto di dibatte da almeno 15 anni in termini di funzione della PA, e che è del tutto inutile pensare di risolvere il tutto riscrivendo leggi e norme in nome di una riforma o di manomettere la Costituzione se non cambia la cultura politica del paese, e dei singoli cittadini.
Cara Maria Cristina,
RispondiEliminaCredo che ciò che voglia dire il Giudice Saracino sia che ogni scelta legislativa (e quindi politica) comporti un'aggravio di spesa ,spesso anche in settori in cui la percezione di tale evidenza non sia immediata.
Ad esempio, la legge di approvazione del bilancio è intuitivo che comporti delle variazioni in aumento o in diminuzione della spesa pubblica.
Per una legge che invece modifichi,ipoteticamente, l'art 100 del c.p.c. sostituendo al testo vigente il seguente "Chiunque può proporre una domanda o contraddire alla stessa" tale incidenza è più sfumata ,seppure gli effetti sulla spesa pubblica sarebbero molto più consistenti rispetto a qualsiasi legge di bilancio.
Perchè se è vero (com'è vero) che la Giustizia non è una risorsa ma una funzione,altrettanto vero è che l'esercizio di tale funzione necessita di risorse materiali.
Perciò ritengo che definire la legalità come una risorsa sia un'epressione che minus dixit quam voluit.
Possiamo discutere più o meno intensamente e più o meno fondatamente su una mala gestio delle risorse già affidate al sistema giustizia,ma non possiamo prescindere dal fatto che una sostanziosa parte di tali impieghi è vincolata e condizionata da scelte indipendenti dalla volontà dei suoi attori.
Quando si dice che la penalizzazione ha dei costi, si vuol proprio sottolineare che questi sono costi indipendenti dalla diligenza e dall'efficienza della gestione delle risorse già affidate.
Un reato nuovo implica la punizione di un comportamento che fino ad allora era rimasto lecito.Per mettere in moto il meccanismo repressivo vengono interessati sia la polizia giudiziaria che viene onerata di tutte quelle attività necessarie e conseguenziali (vedi art 55 c.p.p.),sia (per quel che interessa in questa sede) il sistema giudiziario che viene anch'esso onerato di tutta una serie di attività ed adempimenti "obbligatori".
Certamente possiamo discettare se tali adempimenti vengano svolti in maniera efficiente.Ma è una disputa sul quomodo,non sull'an.
Possiamo,cioè,additare come responsabile di uno sperpero di risorse quel giudice che,ad esempio, non effettui con rigore il vaglio di ammissibilità e rilevanza delle prove,perchè ciò determina un'aggravio inutile di costi in termini di tempo, udienze,consulenze etc etc.Ma l'istruzione di una causa o di un processo, deve in ogni caso aver luogo.
Senza dilungarmi oltre,ciò che voglio dire ( e che ritengo il Giudice Saracino abbia voluto dire) è che la politica quando modifica o introduce ex novo un qualsiasi assetto normativo in qualunque campo,dovrebbe ragionare in termini di praticabilità delle scelte prese e di loro incidenza sulla spesa pubblica ,dal momento che ogni prescrizione o proscrizione implica dei costi la cui sostenibilità non viene sempre ed appieno calcolata.
Cordialmente
P.F.
P.S.
RispondiEliminaDevo correggere il tiro.
Rileggendo l'articolo del Giudice Saracino,in nessuna parte si dice che la Giustizia è una risorsa.
Si dice che lo è la legalità,che credo debba in questo contesto intendersi proprio come prescrizione/proscrizione di determinati comportamenti.
Fatta questa precisazione,vale quanto detto.
Cordialmente
P.F.
L'articolo di Nicola Saracino esorisce dicendo:"Se la legalità è un bene fondamentale in ogni collettività organizzata, al pari di ogni valore o risorsa essa non è illimitata".
RispondiEliminaIn linea di pricipio non condivido tale assioma : la legalità non è in sè stessa un valore. E' un valore per l'umanità e per cittadini solo se le leggi sono giuste e se vengono applicate. La storia ci insegna che nel nome della legalità , del rispetto delle leggi sono state commesse le peggiori atrocità contro gli esseri umani.
Una cosa è ragionare sull'economia e razionalità del sistema giustizia in rappporto alle risorse e alla loro reperibilità e un'altra è equiparare la legalità ad una risorsa che deve essere dispensata a seconda del budget.
Sul "Fatto" del 21/01/10 c'è un bell'articolo di Bruno Tinti che spiga molto bene come si può semplificare la procedura di reperibilità delle risorse. Maria Cristina
Cara Maria Cristina,
RispondiEliminaRiporto il link dell'intervento del Giudice Davigo che chiarisce meglio di quanto abbia potuto fare io quanto ho provato a dire.
Parte 1
http://www.youtube.com/watch?v=Iesda9kmDWo
Parte 2
http://www.youtube.com/watch?v=5-1PYApseoM&feature=related
Parte 3
http://www.youtube.com/watch?v=k6-KzuVmuQM&feature=related
In merito all'articolo di Tinti,le faccio notare che tutte le proposte di modifica dallo stesso avanzate devono essere approvate con legge dal Parlamento( sostituire il c.p.p. , abrogare reati ridicoli, abolire tribunali piccoli e inutili) o ,al più, con provvedimento amministrativo dell'Esecutivo(spendere un po’ di soldi per personale di cancelleria e segreteria e qualche computer) adottato sulla base di legge.
Ciò a conferma che lo sperpero di risorse è,nella maggior parte dei casi,indotto ed esogeno e non endogeno al sistema giudiziario.
Cordialmente
P.F.