La decisione, secondo quanto riportato
dal quotidiano, è finalizzata ad evitare il giudizio del collegio dei probiviri
dell’A.N.M. , al quale la consigliera di cassazione sarebbe stata probabilmente
sottoposta, al pari di altri magistrati che, secondo quanto risulta piuttosto
chiaramente dalle chat acquisite nell’indagine penale su Luca Palamara, avevano
raccomandato a quest’ultimo nominativi di colleghi per la loro nomina ad
incarichi direttivi.
In un precedente articolo di questo blog avevamo illustrato nel dettaglio i messaggi tra la dott.ssa Ferranti e l'ex presidente della ANM, che davano conto del pressante interessamento della prima alla nomina di almeno due colleghi, il dott. Turco e il dott. Salzano, rispettivamente a presidente del Tribunale di Viterbo e a sostituto procuratore generale presso la Corte di Cassazione, nomine poi puntualmente avvenute, seppure in date successive alla scadenza del mandato consiliare di Luca Palamara.
Ora giunge la notizia delle
dimissioni della Ferranti dalla Anm.
La scelta non può né deve sorprendere
più di tanto i nostri lettori poiché costituisce
una exit strategy che viene spesso utilizzata da magistrati che intendono sottrarsi
ad un giudizio disciplinare (in sede di Csm o di Anm) e, del resto, è stata già adottata anche da Cosimo
Ferri, sottoposto a procedimento disciplinare in relazione alla vicenda della
nomina del Procuratore di Roma.
Sempre il Fatto quotidiano ha riferito
anche che la Ferranti avrebbe richiesto alla magistratura di Perugia di
cancellare le chat che la riguardano, in quanto violerebbero la sua privacy.
Questa pretesa appare davvero sorprendente,
sia “in fatto che in diritto”, come usa dire tra i giuristi.
Infatti le chat in questione sono
ormai di pubblico dominio da mesi, essendo state pubblicate e commentate su
diversi quotidiani, anche dalla stessa Ferranti che ha tentato di darne pubblicamente (http://www.tusciaweb.eu/2020/06/tutti-sanno-ceno-casa)
una spiegazione, invero alquanto inconsistente, come avevamo già evidenziato
nel precedente articolo.
Per di più esse sono state rilanciate
e diffuse sul web, cosicchè, quand’anche la dott.ssa Ferranti ottenesse la
cancellazione della copia delle chat acquisita nel procedimento penale, il loro
contenuto rimarrebbe pubblicato negli articoli sopra citati e invocare un
diritto all’oblio appare estremamente prematuro.
A prescindere da tali considerazioni
di fatto non va poi dimenticato che la
pubblicazione delle chat in questione è avvenuta in attuazione di un diritto costituzionale,
quale quello all’informazione, che prevale
sicuramente su quello alla privacy quando le notizie, anche di carattere privato,
siano di interesse pubblico e nel caso di specie non è dubbio che esista un
simile interesse se si considera che le conversazioni sono intercorse tra due
soggetti che, all’epoca dei fatti, ricoprivano incarichi istituzionali, (Palamara,
ex presidente dell’Anm, quello di membro togato del Csm e la Ferranti quello di
presidente della commissione giustizia della Camera dei deputati (si veda il
provvedimento del Garante della privacy n. 29 del 27 gennaio 2016, sulla
liceità della pubblicazione su un blog di notizie e commenti che comportano un
trattamento di dati personali, riguardanti un personaggio pubblico).
Ancora, occorre evidenziare che le
conversazioni saranno sicuramente state trasmesse alla Procura Generale e al
Csm per le valutazioni di rispettiva competenza
E invero la condotta da esse
desumibile pare avere rilievo disciplinare sebbene non sia espressamente contemplata
nella casistica esemplificativa di cui alla direttiva del procuratore generale della
Cassazione sui criteri di valutazione delle condotte emergenti dalle chat.
E’ difficile infatti contestare
che essa integri la grave scorrettezza nei confronti di altri magistrati, di
cui all’art. 3 lett. a) d.lgs. 109/2006, perché l’etero promozione in questo
caso ha prodotto un accordo che ha portato al risultato richiesto ovvero alla
nomina dei due segnalati.
Siamo quindi ben lontani da
semplici espressioni di manifestazione del pensiero.
A ben vedere può ritenersi
realizzata una fattispecie di illecito anche più grave, quella della lett. d)
dell’art. 3, lett. i) d. lgs. 109/2006, ad aderire alla valutazione espressa
dalla Gec della stessa Anm che, in un comunicato
del 19 maggio del 2020, proprio in relazione alle chat in questione, aveva giudicato
“ingiustificabile e pericolosa ogni iniziativa assunta da membri del Parlamento
o da appartenenti ad altri organi dello Stato - ancor più se magistrati - volta ad orientare le scelte compiute dal
Consiglio Superiore nell’ambito dei propri
compiti istituzionali, ciò risolvendosi in una lesione delle prerogative
del Governo Autonomo della magistratura, previste dalla Costituzione a tutela
dell'autonomia e indipendenza della magistratura e, dunque, a presidio di
valori essenziali nell'assetto democratico del nostro Paese si astiene da ogni
intervento che non corrisponda ad esigenze istituzionali sulle decisioni
concernenti promozioni, trasferimenti, assegnazioni di sede e conferimento di
incarichi”.
Allo stato non è dato sapere se sia
stata esercitata l’azione disciplinare nei confronti della dott.ssa Ferranti.
Ad un simile iniziativa non pare possa
essere di ostacolo la circostanza che ella rivestisse la qualità di parlamentare
all’epoca dei fatti poiché analoga situazione non ha impedito alla Procura
Generale di avviare l’azione disciplinare nei confronti di Cosimo Ferri, per i
fatti che lo riguardano.
A questo punto un chiarimento sul
punto è doveroso dal momento che la pubblicazione della notizia della eccentrica
richiesta della dott.ssa Ferranti ha riacceso i riflettori mediatici su questa
vicenda già di per sé indubbiamente rilevante.
della serie: sarebbe stato meglio lasciar friggere la privacy. a meno che, non si faccia parte del nutrito esercito (armata rossa) di cittadini che si possono permettere di dire: io sono io, e voi non siete come me.
RispondiEliminaIl diavolo si nasconde nei dettagli.
La «mossa del cavallo» della dott.sa Donatella Ferranti, in atto consigliere della Suprema Corte, è tanto deprecabile quanto efficace.
Se si sia dimessa dall’A.N.M., ella non è più perseguibile ai sensi dell’art. 10 del codice deontologico.
È vero che teoricamente potrebbe essere soggetta a giudizio disciplinare ad opera della P.G. presso la Suprema Corte, perché le sue sono (non autopromozioni) ma raccomandazioni vere e proprie, disciplinarmente rilevanti ai sensi dell’art. 2, 1° lett. d) del D. lgs. n. 109/ 2006.
Ma non potremo sapere se sia intervenuta l’archiviazione predisciplinare del P.G., con il tacito assenso del Ministro della Giustizia, perché le archiviazioni sono rigorosamente segrete: cfr. R. Russo, Un’inquietante sentenza in tema di trasparenza. L’archiviazione disciplinare del P.G. presso la S.C., in Judicium.it, 28 gennaio 2021.
L’A.N.M. avrebbe avuto titolo per conoscere l’eventuale archiviazione del P.G., ma la sua legittimazione è cessata proprio con le dimissioni della dott.sa Ferranti.
Allo stato soltanto il C.S.M. potrebbe accedere all’archiviazione della dott.sa Ferranti ovvero avviare il procedimento per incompatibilità ambientale (art. 2 L. Guarentigie).
Ma è più probabile che... un cammello passi per la cruna di un ago!
E si! E' più facile che l'intero cammello, anziché la sola coda, passi dalla cruna di un ago.
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