Capita, è capitato, che in uno strafalcione incappi anche chi non dovrebbe.
Nell’ultimo concorso in magistratura una delle tracce elaborate dalla commissione (della quale fanno parte magistrati, avvocati e professoroni) conteneva un evidente errore, linguistico con ricadute giuridiche.
La sorte - quando si dice fortuna – ha voluto che quella traccia non fosse sottoposta ai candidati perché non estratta dalla rosa che si deve necessariamente comporre per evitare imbrogli (anche questi, purtroppo, non sconosciuti alle cronache).
I membri della commissione provenienti dalla magistratura sono, per l’appunto, sorteggiati tra chi aspira ad esserne parte e dimostri il possesso di alcuni titoli e requisiti.
E’ trapelato che l’errore nell’elaborazione di quella traccia fosse riferibile proprio ad un magistrato.
Ma questa è solo la nascita dello “scandalo”.
Perché un tema, sebbene proposto da un solo membro della commissione, deve essere approvato collegialmente. E nessuno ha impedito che lo strafalcione comparisse in uno dei temi che potevano essere proposti ai giovani dottori in legge.
Tutti insieme, magistrati, avvocati e professoroni, non si sono accorti dell'erroraccio.
Tutti colpevoli, nessun colpevole?
E’ preferibile, invece, distribuire equamente le responsabilità e quindi se somarata vi è stata e se essa è partita da un singolo, va anche rimarcato che non ha trovato alcun ostacolo nel vaglio al quale erano tenuti tutti gli altri componenti la commissione.
La vicenda è stata colta al balzo da una corrente togata, Magistratura Democratica, per svilire il metodo del sorteggio a monte della selezione della commissione esaminatrice che si vorrebbe, invece, accuratamente lottizzata dal potere correntizio, l’unico imperante in magistratura.
E’ facile immaginare, a quel punto, che i candidati all’esame da magistrato non dovrebbero temere soltanto gli eventuali infortuni nella predisposizione delle tracce, ma prestare molta attenzione alle stesse soluzioni date ai problemi giuridici di volta in volta prescelti, poiché le prove potrebbero essere valutate “ideologicamente” e non soltanto giuridicamente.
Perché di questo si tratta, nella migliore delle ipotesi: l’ideologia che tenta d’impadronirsi della stessa gestazione dei futuri magistrati.
In quella peggiore, è il correntismo che propaga i suoi tentacoli non solo tra i magistrati, ma anche tra gli aspiranti tali.
E la sfortuna, di solito, ci vede benissimo.