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martedì 27 gennaio 2009

Sulla giustizia riforme spettacolo



di Bruno Tinti




da Toghe Rotte e Micromegaonline

I progetti in materia di riforma della giustizia presentati da D’Alema - Casini e Vietti - Di Cagno (in realtà dalle loro ricche Fondazioni) costituiscono un bell’esempio dello stile legislativo dei nostri tempi: spazio alla fantasia, anche quando la materia richiederebbe rigore scientifico ed esperienza.

Riforme spettacolo possono definirsi, fatte o anche solo proposte per “far vedere che ci sono” e poi, magari, qualcosa, sventuratamente, sarà approvato; e loro saranno i “padri della riforma”.

Come al solito mi occupo della parte penale del progetto. Anche se debbo dire che la prospettata riforma del processo civile desta parecchie preoccupazioni.

Basti pensare che le decisioni in materia di famiglia (a quale dei genitori che si separano affidare i bambini, per esempio) dovrebbe prenderle un solo giudice e non più i 3 che lo decidono ora. Però per arrestare un sindaco che prende mazzette ci vanno 3 giudici, un Tribunale della Libertà e una Corte di Cassazione … Strane priorità.

Restiamo al progetto di riforma penale; ne tratterò in più post perché di osservazioni da fare ce n’è veramente tante.

Il posto d’onore lo merita l’osservazione che si tratta di proposte poco serie: i meccanismi processuali previsti sono assolutamente impraticabili con il sistema processuale e giudiziario vigente.

I nostri vogliono affidare a un collegio di 3 giudici le decisioni in materia di cattura e intercettazioni telefoniche (oggi questo lavoro lo fa un solo giudice); e non si rendono conto (ma sì che se ne rendono conto, invece!) che questo significa paralizzare tutti i tribunali medio piccoli e pregiudicare gravemente quelli più grandi.

Sembra quasi (ma non è vero) che ignorino il sistema delle incompatibilità, quel meccanismo in base al quale chi tocca i fili muore: il giudice che ha deciso in materia di catture o di intercettazioni o di sequestri nella fase delle indagini preliminari non potrà poi fare né il giudice dell’udienza preliminare né il giudice del dibattimento; si è già pronunciato, non è più terzo, non è imparziale, è sospetto.

Ovviamente è una stupidaggine, ma è così.

Già oggi il sistema delle incompatibilità è causa di gravissimi problemi. Quando ci sono parecchie richieste di cattura o di intercettazioni (il che è la norma) spesso potrebbe non essere disponibile il giudice che si è pronunciato la prima volta e che (fino ad ora, ma critiche si sono sollevate anche su questo) potrebbe continuare ad occuparsene: è malato, è in ferie, è applicato in qualche altro ufficio; e allora si deve prendere un altro giudice; ma poi questo giudice (e anche il primo, quello che all’inizio una decisione comunque l’ha presa su un’altra richiesta del PM) non può più partecipare né all’udienza preliminare né al processo in Tribunale; e quando i giudici del Tribunale sono finiti (si fa presto nei Tribunali piccoli) non resta che farli venire da fuori, da un altro Tribunale, in applicazione, come si dice.

Non si tratta di sofismi, sono problemi gravi.

Immaginate un’indagine per traffico di droga (o per appalti truccati, questo è il tipo di processo a cui pensano i nostri legislatori quando si applicano alle riforme): il PM chiede qualche intercettazione e il GIP provvede; poi chiede di catturare un paio di imputati e il GIP (sempre lo stesso) di nuovo provvede.

Passano due mesi e saltano fuori altri telefoni; nuova richiesta di intercettazioni, solo che il GIP di prima è in ferie; poco male, provvede il suo collega, l’altro GIP.

Però poi si debbono catturare altre due persone; il primo GIP è ancora in ferie e il secondo si è sposato ed è in viaggio di nozze.

Facciamo venire un giudice del dibattimento (quelli che fanno il processo vero e proprio) che, per quel giorno, fa il GIP.

Alla fine si arriva all’udienza preliminare: nessuno dei tre giudici che hanno provveduto fino ad ora alle richieste del PM può fare il GUP (appunto il Giudice per l’Udienza Preliminare); e quindi ne facciamo arrivare un altro dal dibattimento.

Gli imputati vengono rinviati a giudizio. Nessuno dei 4 giudici che abbiamo visto lavorare fino ad ora può comporre il collegio giudicante (ce ne servono 3).

Solo che, nei Tribunali medio piccoli, di giudici penali ce ne è in genere 5, massimo 6 (altrettanti in civile).

Come componiamo il collegio, visto che di giudice “vergine” ce n’è rimasto 1 o al massimo 2?: li facciamo venire da un altro Tribunale della regione.

Solo che questi hanno le loro udienze da fare. Beh, lavoreranno nei ritagli di tempo e si fisseranno le udienze quando si potrà.

Capito perché questa cosa di un collegio di 3 giudici che deliberano sulle richieste del PM non è seria?

Ma, dicono i nostri sapienti legislatori, noi abbiamo previsto la riforma delle circoscrizioni giudiziarie, cioè l’abolizione dei piccoli Tribunali; e, addirittura, l’abolizione dell’udienza preliminare; il che permetterà di recuperare un sacco di giudici e così si potrà far fronte alle esigenze della nostra illuminata riforma.

Quanto sia avventurosa questa tesi lo si capisce con un esempio tratto dalla realtà (così diceva sempre un grande giurista, il professor Antolisei che oggi, secondo me, si sta rivoltando nella tomba).

Supponiamo che un padre di famiglia voglia comprare un automobile: lui ne vorrebbe tanto una grande e costosa; solo che non ha molti soldi.

Davanti a sé ha due opzioni: risparmia, mette da parte i soldi e, quando ne avrà abbastanza, se la comprerà; oppure fa un debito, sperando di avere la possibilità di restituirlo, e se la compra subito.

Quale sia la strada sbagliata lo dimostra la crisi economica mondiale e in particolare l’esperienza dei mutui sub prime.

Perché le promesse stanno a zero. Da oltre 40 anni dicono di voler chiudere i piccoli Tribunali; nel frattempo ne sono stati inaugurati un certo numero e abolito nessuno.

L’abolizione dell’udienza preliminare farebbe ululare di sdegno decine di migliaia di avvocati e tutti i loro supporters parlamentari.

Sicché, che il prospettato recupero di risorse possa esservi davvero chiunque abbia un minimo di competenza ed esperienza giudiziaria non può che dubitarne.

E comunque, se davvero si tratta di proposte concrete, allora - prima - le si realizzi; e - poi - si proceda con la collegialità per le catture e le intercettazioni.

Scommetterei la mia moto contro un vecchio scooter che i Tribunali resteranno quelli che sono e che il collegio di giudici verrà entusiasticamente approvato.



5 commenti:

  1. Concordo con Lei caro Dr.Tinti.
    Il collegio si farà con quello che ne consegue.
    Dopodichè nella bolgia dei tribunali vi accedono soltanto i comuni cittadini che finora non si sono mai lamentati delle intercettazioni fonte di prova dei loro processi.
    Se ne lamenta e ne ha terrore solo la Casta,non capisco perchè in quanto riesce sempre ad evitare, con ogni mezzo il processo.
    Forse capisco perchè, può essere lo strumento che entrambi gli schieramenti possono utulizzare a vicenda nelle loro campagne elettorali.
    E a noi sempre gli oneri.
    Alessandra

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  2. E daje (direbbero a Roma) con sta revisione delle circoscrizioni: ma è possibile che l'unica panacea di tutti i mali sia la soppressione dei Tribunali medio-piccoli? Se non fosse perchè è una delle più cervellotiche (e inutile) idee di riforma, sarei tentato di accettare una soppressione di 59 Tribunali medio-piccoli (è la monotona proposta dell'ANM) per vedere, appunto, l'effetto che fa. Ovviamente peggioramento del servizio della giustizia. E poi cosa facciamo, sopprimiamo i medio ghrandi, così restano solo i grandi; e poi? sopprimiamo la giustizia?
    Vedo, poi, nel commento sulla soppressione dell'udienza preliminare un consueto giudizio del dott. Tinti sull'avvocatura e sulla sua funzione. Sopprimiamo pure quella?

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  3. spiace dirlo (perché l'idea non piace alla maggioranza dei magistrati), ma un modo per superare lo scoglio dell'incompatibilità esiste, ed è applicato in quasi tutto il mondo civile: semplicemente, la magistratura inquirente e quella giudicante sono due corpi distinti per accesso, carriere e mansioni.
    accade in Paesi civilissimi e di sicura tenuta democratica (GB, Giappone, Francia, Germania, Israele, USA, Olanda, Belgio, Spagna - continuo?).
    certo accade anche in Paesi che soffrono (o godono, dipende dai punti di vista) regimi autoritari se non dittatoriali, ma non credo che le due cose (separazione delle funzioni e dittatura) siano implicitamente e necessariamente interdipendenti.

    per fare un esempio semplice semplice, e per restare a quanto conosco un po' meglio, seppur approssimativamente:
    in Giappone c'è un unico esame di stato "di legge". è molto difficile da superare, è completamente anonimo, non richiede né laurea, né pratica né tirocini, non ha limiti di età o di possibili tentativi.
    è tenuto a superarlo chiunque voglia dedicarsi ad attività processuali: avvocati, magistrati, procuratori.

    superato questo esame, ci si può dedicare direttamente alla libera professione di avvocato, oppure partecipare ai concorsi da procuratore o da giudice e, una volta superati, si entra in ruolo.

    qualora un giudice, poniamo il caso, voglia passare a fare il magistrato inquirente, deve dimettersi dall'incarico, e partecipare nuovamente al concorso, senza alcun riconoscimento di quanto fatto fino ad allora.

    riconosco l'importanza del principio di incompatibilità, è una garanzia - formale - di terzietà.
    va però ammesso che il fatto che la composizione degli organici, il numero di passaggi necessari per giungere in dibattimento (con una prima, pericolosa contiguità tra giudicanti e requirenti), e anche il fatto che le funzioni siano intercambiabili, pone notevoli difficoltà nell'applicazione pratica del principio, e questo già con l'attuale ordinamento.

    quanto proposto nella riforma tende - furbescamente, ci mancherebbe - a complicare ed arrugginire ancor più un meccanismo già sovraccarico.

    a vantaggio e ai danni di chi è facilmente intuibile.

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  4. Io non sono del ramo e forse fatico a comprenderne i meccanismi, ma sinceramente non vedo come il problema dell'incompatibilità possa essere risolto con la separazione delle funzioni... forse che se oggi ci sono 100 magistrati (che a turno fanno questo e quello) domani ci saranno i soldi per assumerne altri 100 con la separazione delle carriere? O non separeranno semplicemente i 100 esistenti in due gruppi da 50 (con l'aggravante che nemmeno a rotazione si avrà più un "budget" di 100 magistrati tra cui pescare)?

    D'accordo con Baron Litron che probabilmente non si tratta di una causa interdipendente rispetto alla possibilità che ci sia democrazia o regime, ma non vedo assolutamente che beneficio potremmo trarne.

    Infine, riguardo al paragone col Giappone, mi permetto di dire che non mi fido di magistrati corrotti che studiano e hanno le capacità per stravolgere le interpretazioni della legge a danno di chi non interessa loro, ma ancora meno mi fiderei di "magistrati" dichiarati tali non in quanto competenti (con dimostrazione di comepetenza) ma in funzione di un solo semplice concorso... forse che solo in Italia esistono i concorsi truccati? Forse che sotto un regime (dato che si discute tra democrazia e regime) non c'è la possibilità di far passare che fa più comodo? Se già avviene in democrazia cosa mi fa pensare che in un regime ciò non avverrebbe?
    Anche perché laddove (in Italia nel paragone, comunque in democrazia in linea generale) ci sono più passi, più sistemi di controllo, se non altro è più difficile e ci vuole più impegno per passarli tutti senza incastrarsi.

    Non riesco a capire questa sottesa accettazione dei regimi come situazioni non necessariamente negative -o più negative- della democrazia, che sottende tutti i commenti di baron litron...
    Se non fosse così mi scuso, forse ho capito male io, ma questa è l'impressione che mi dà.

    Silvia.

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  5. Silvia, si tranquillizzi: non ho alcuna simpatia per i regimi, di qualunque tipo essi sieno. mi fanno più schifo soltanto le false democrazie, che altro non sono che l'imperio dei delinquenti, e pure profumati...

    se ho dato l'impressione di preferire le dittature, me ne dispiaccio, e me ne assumo la colpa: evidentemente non mi sono spiegato bene.

    tra l'altro, il Giappone è effettivamente un paese democratico e civile, oltre che la più antica monarchia del mondo, benché il suo governo non brilli certo per correttezza ed onestà. preferisco comunque un governo corrotto ma funzionante, e soprattutto soggetto alla reale verifica degli elettori, che un governo corrotto e basta, e oltretutto immobile e gomoso come il nostro

    e nemmeno volevo intendere che la separazione delle funzioni sia la soluzione magica di tutti i mali che affliggono la giustizia italiana.

    tuttavia, considerato che si presentava la questione dell'incompatibilità come ostacolo al regolare e celere svolgimento delle indagini e dei dibattimenti, mi permettevo di suggerire una soluzione che la eliminerebbe alla radice, e che già è norma corrente in parecchi ordinamenti di fatto più celeri e funzionali del nostro (non per questo unico motivo, chiaramente).

    quanto alla questione "concorsi", in Giappone non è molto diverso da qui, se non che l'esame di stato è unico per avvocati, procuratori e giudici.

    la differenza (che io trovo comunque notevole e svantaggiosa per l'Italia) è che qui si accede alla magistratura per concorso, e una volta superato questo nessun altro esame viene richiesto per mutare funzione (se si esclude il concorso per giudice amministrativo, che però è altra cosa).

    quindi, concorso unico per quante diverse figure di magistrato?

    che poi il concorso di magistratura sia - caso unico in Italia - specchiato esempio di imparzialità, anonimato e correttezza non lo posso mettere in dubbio: mai vi ho partecipato, mai ho sentito di concorsi i cui risultati siano stati messi in dubbio, anche se i pare di ricordare una storia di qualche anno fa di fotocopiatrici lasciate accese per errore tutta la notte.... ma forse sbaglio.

    oltretutto, Lei dice: "ma ancora meno mi fiderei di "magistrati" dichiarati tali non in quanto competenti (con dimostrazione di comepetenza) ma in funzione di un solo semplice concorso... "

    perché, i magistrati italiani sono competenti per altro che per aver superato un concorso? la cosa mi giunge del tutto nuova.

    mi pare chiaro (e infatti mi è parso superfluo aggiungerlo nella descrizione sommaria del sistema giapponese) che anche laggiù uno diventa giudice giudicante, o procuratore capo, o PM dopo un notevole tirocinio, nel quale gli tocca, come avviene qui, ricoprire diversi ruoli in qualità di uditore prima di scegliere (o di venir destinato) un incarico.

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