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venerdì 13 marzo 2009

Due stupri e due misure



di Fulvio Milone
(Giornalista)



da La Stampa del 13 marzo 2009


Racz resta in carcere, domiciliaci a un italiano che sevizia un ragazzo.

Uno specializzando del Policlinico di Messina, ieri, ha compiuto una violenza sessuale su un quindicenne che ha accompagnato la madre in ospedale.

La procura gli ha concesso gli arresti domiciliari e, soprattutto, non ha reso note le sue generalità: riservatezza giustificata da comprensibile garantismo, visto che l’indagato potrebbe poi risultare innocente.

Due romeni sono finiti in carcere a Roma il 18 marzo per lo stupro di una quattordicenne nel parco della Caffarella: i nomi con le foto, dati in una conferenza stampa, sono finiti su tutti i giornali; i siti web e i tg hanno trasmesso l’interrogatorio videoregistrato di uno di loro.

Del primo caso si sa poco. L’uomo avrebbe adescato il ragazzo, approfittando di un momento estremamente delicato per lui: sua madre stava facendo la chemioterapia.

Ha ammesso gli approcci, aggiungendo, però, che è stato il quindicenne ad avvicinarlo: giustificazione poco plausibile, che tra l’altro non fornisce alcuna attenuante al medico.

Ad ogni modo il provvedimento più blando come l’arresto in casa, e la riservatezza sul nome, potrebbero essere imposti dal fatto che la questura di Messina deve ancora chiarire come davvero siano andate le cose.

Della seconda storia, quella della violenza alla Caffarella, sappiamo con certezza che i due romeni non sono gli stupratori, perchè il test del Dna li scagiona.

Alexandru Loyos Isztoika e Karol Racz sono in carcere da 22 giorni, nonostante il Tribunale del Riesame abbia cancellato l’accusa di violenza sessuale.

Sull’estraneità del primo gli inquirenti nutrono dei dubbi, tanto che hanno ordinato di nuovo l’arresto di Isztoika per favoreggiamento nei confronti dei veri colpevoli, calunnia nei confronti di Racz (tirato in ballo da Alexandru nella confessione poi ritrattata), e autocalunnia.

Per queste nuove accuse Alex «il biondino» comparirà oggi davanti al giudice che dovrà convalidare o meno il fermo.

Le indagini continuano e dopodomani gli investigatori faranno un altro sopralluogo nel parco con la ragazza violentata.

Ma Racz che c’entra? «E’ un perseguitato – dice l’avvocato Lorenzo La Marca –. Con tutto il rispetto per la ragazzina che ha subito una violenza inaudita, anche lui è vittima in questa storia: nella vicenda della Caffarella è parte lesa, perchè Isztoika l’ha calunniato. E’ stato messo in mezzo come si fa con lo scemo del villaggio».

Caduta l’accusa per lo stupro nel parco, a Racz resta appiccicata addosso quella per un’altra violenza sessuale, compiuta il 21 gennaio su una donna di 41 anni a Primavalle.

Ma anche in quel caso le indagini vacillano.

La polizia scientifica ha accertato (come anticipato da «La Stampa» sette giorni fa) che il Dna dello stupratore non è suo.

La stessa vittima, chiamata in questura per il riconoscimento, non è certa che l’aggressore sia lui.

Racz, inoltre, sostiene di avere un alibi per quella sera («Ero in un campo nomadi, ho i nomi di chi può confermare»).

Karol «faccia da pugile» comparirà nei prossimi giorni davanti al Tribunale del Riesame e l’avvocato La Marca è convinto che giudici revocheranno anche l’arresto per lo stupro di Primavalle.

Nel frattempo, però, si dispera in cella.

Dice di essere un uomo finito: «Comunque si concluderà questa storia, per la gente rimarrò sempre il mostro della Caffarella e di Primavalle. So fare il fornaio, ma chi mi darà un lavoro? Di che vivrò?».

Racz, «lo scemo del villaggio», «l’escluso degli esclusi» come lo definisce La Marca, non ha precedenti penali, solo una multa per un biglietto non pagato in autobus.

Quand’era in Romania viveva in un orfanotrofio diretto da un italiano, dove lavorava («al nero», precisa l’avvocato), cuocendo il pane e i dolci.

E’ in Italia da tre anni, ha vagato fra Livorno e Roma.

Nella capitale guadagnava tre euro al giorno, facendo le pulizie nel settore serbo-bosniaco della baraccopoli di Primavalle.

Dormiva nella catapecchia del fratello, che è stato arrestato un mese fa.

«Dopo che l’hanno preso, mia cognata pretendeva dei soldi per ospitarmi, ma non ne avevo – dice –. Per questo, il giorno dopo lo stupro alla Caffarella, sono andato a Livorno – dice –. Lì avevo degli amici che mi avrebbero accolto. Ma la polizia ha detto che volevo scappare: mi ha arrestato ed è cominciato un incubo».



3 commenti:

  1. Come donna non posso non sottolineare il fatto che le istituzioni che dovrebbero ricordarsi di noi ogni giorno dell’anno e promuovere azioni positive per cambiare la cultura in modo da incidere soprattutto sulla violenza che viene perpetrata tra le mura domestiche, in realtà sanno solo ergersi ad ipocriti “paladini” per strumentalizzarci rispetto a loro specifiche politiche repressive. È, questa, una strumentalizzazione che respingo con la massima fermezza perché la violenza contro le donne è una violenza di genere: non ha mai avuto passaporto.
    Ancora una volta, come è già accaduto lo scorso anno per l’aggressione nei pressi di Tor di Quinto, la violenza maschile viene rappresentata come un problema di sicurezza e di ordine pubblico per criminalizzare etnie diverse, strumentalizzando in modo ignobile il dramma di donne stuprate e spesso uccise.
    La violenza contro le donne non conosce differenze di classe, di etnia, di cultura, di religione.
    È, inoltre, drammaticamente noto (ma si fa finta di non saperlo) che i violentatori per antonomasia sono i nostri fidanzati, i nostri mariti, i nostri padri, i nostri amici … nella stragrande maggioranza delle violenze contro le donne, lo stupratore (o l’assassino) non bussa: ha le chiavi di casa
    Una strumentalizzazione in chiave xenofoba e repressiva, basata sulla discriminazione, non ha nulla a che vedere con la giustizia.
    Come donna pretendo che le misure adottate verso gli uomini accusati di violenza siano uguali per tutti, senza distinzione tra italiani e stranieri, e nello stesso tempo pretendo che venga riportato al centro del dibattito politico e culturale la violenza maschile (senza distinzione etnica) contro le donne come la più grave violazione dei diritti umani.
    Pretendo giustizia, quella vera … quella scevra da strumentalizzazioni … quella uguale per tutti.

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  2. ...ehhh,h già,è vero quello che è scritto in questo post,la violenza sotto ogni forma,anche crudelmente psicologica,che porta alla sopraffazione,al plagio,che può portare una compagna di vita incolpevole anche sull orlo del suicidio,e che porta una compagna a salvarsi solo grazie alla famiglia d origine e a un team di psicologi,viene proprio a volte dal proprio compagno di vita e letto..e...mi dispiace dirlo e mai avrei immaginato l energumeno in questione non è sempre un rumeno o un disadattato o un fallito o un violento schedato o un marito ubriacone,ma a volte cari signori di questo blog(e sottolineo di"questo blog")sono anche uomini di insospettata morale e credenzialità..ahi ahi ahi..a volte non si immagina in che mani si è:-)..IO per fortuna ce l ho fatta,ma ce l ho fatta da sola e con l aiuto di chi mi vuole veramente bene,perchè un certo tipo di polvere è bene che rimanga sotto ai tappetoni che la ricoprono,ragazze dico a voi;quando frequentate qualcuno,ricordatevi che il lupo cattivo può celarsi dietro rispettabilissime spoglie,non lasciatevi mai influenzare dall immagine di ciò,guardate sempre bene..Oltre!distinti saluti

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