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mercoledì 17 giugno 2020

Gerarchia in magistratura? No grazie!


Pubblichiamo, con il suo consenso, la mail con la quale un collega ha spiegato le ragioni che lo hanno indotto ad aderire alle nostre proposte di riforma dell'autogoverno della magistratura perchè ci ha colpito per la freschezza e l'ironia dell'esposizione. 
Anche il suo contenuto è degno di attenzione perchè proviene da un magistrato che, in virtù della sua anzianità di servizio, ha avuto modo di conoscere bene i meccanismi dell'autogoverno e le modalità operative delle correnti.  
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Sono il dr. Adolfo Coletta ed ho 65 anni.

Sono Magistrato dal 13 maggio 1980.

Sono in servizio presso la Procura della Repubblica di Frosinone con funzioni di Sostituto.

Attualmente dirigo l’ufficio in ragione della mia anzianità di ruolo in assenza del Procuratore.

Ho qualche amico fra i colleghi ed ho avuto la fortuna di lavorare con molti magistrati, la più parte non conosciuti al di fuori dell’ambiente di lavoro, di rilevante spessore umano e culturale.

Da tutti ho imparato molto.

Per i colleghi che non mi conoscono sul sito COSMAG sono sinteticamente oggettivati i dati dei miei quarant’anni di servizio, che non ho ragione di nascondere ad alcuno e che sono disponibile a rendere noti se qualcuno me lo chiedesse.

Sono associato all’A.N.M. per iniziale convincimento che fosse luogo di libera discussione sulle questioni della giurisdizione e strumento idoneo per rappresentare all’esterno della “categoria” (parola che non amo ma ch’è sempre meglio di “corpo” o “corporazione”)  e far correre nella società civile le idee elaborate, sotto il faro della Carta Costituzionale, per svolgere al meglio il servizio di tutela dei diritti e  di composizione degli interessi in conflitto.

Non ho mai aderito ad alcuna “corrente” perché ho sempre ritenuto che la loro stessa esistenza avrebbe comportato, com’è puntualmente avvenuto, la nascita di “leadership” naturalmente tese al controllo della stessa A.N.M. e, per sciagurata contaminazione, del luogo Costituzionale dell’Autogestione, il C.S.M., tradendo in radice la sua funzione di garanzia della Indipendenza del  Magistrato come singolo e come esponente dell’intera Funzione Giurisdizionale.

Scherzando con colleghi con i quali ho avuto maggiori frequentazioni ho spesso rappresentato il senso del ridicolo che dovrebbe coglierci quando ci arrivano gli inviti a partecipare ai rituali “congressi” annuali di questa o quella corrente: siamo poco più di novemila persone che, ove volessero riunirsi ogni anno e discutere delle questioni d’interesse della categoria, potrebbero comodamente farlo occupando, con buona pace dei colleghi laziali, la curva sud dello Stadio Olimpico, magari per due o tre serate in agosto, quando  da Monte Mario spira il ponentino.

Ma  in molti di noi, come mostrano gli sciagurati disastri documentati nelle Palamarate, il senso del ridicolo, purtroppo, non alberga.   

Ma debbo tornar serio ed anche confessare che, per formazione culturale, non ho mai amato le strutture gerarchiche e i leaders. 

Soprattutto, però, ho sempre pensato che il principio gerarchico fosse inconciliabile con il principio Costituzionale che vuole i Magistrati distinguersi soltanto per funzioni.

Principio cardine che non può tradursi nel mero costume per il quale un giovane Sostituto Procuratore dia del “tu” (in luogo del “lei” o del “voi”) al Procuratore Generale presso la Suprema Corte, ma che dovrebbe veramente informare la consapevolezza e la concreta pratica dell’Indipendenza nell’esercizio del servizio giurisdizionale e che avrebbe dovuto e deve tradursi, ad esempio, in una normativa che imponga e disciplini la rotazione permanente nella direzione degli uffici.

Tutto ciò non solo non  è avvenuto, ma le “correnti” (ed i loro leaders), pur lasciando ai posteri qualche logorroico ed inefficace documento di protesta, si son ben adeguate alla riforma che gerarchizzava le Procure, massimizzando il loro potere con la gestione mercantile delle nomine  (soprattutto dei “Procuratori”) secondo un “pensiero unico” che, pur quando attingeva ed attinge alla individuazione di ottimi colleghi, tradiva e tradisce la fondamentale e laica funzione assegnata al CSM dalla Carta Costituzionale e la pluralità culturale della concreta attività giurisdizionale.

Di tale ultimo aspetto, a mio parere, è elemento probante anche la vicenda della formazione, con troppa superficialità lasciata alla gestione della Scuola secondo un disegno neoconformista ove hanno trovato comodo albergo relatori “di corrente”, a volte addirittura inadeguati, che son giunti fino a teorizzare una visione aziendalistica degli uffici giudiziari ed una ridicola funzione manageriale dei Capi a quelli preposti.

Per le ragioni sinteticamente esposte, pur riservando approfondimenti di dettaglio, ritengo mio dovere  aderire alle proposte  per un autogoverno costituzionale elaborate dai colleghi del Blog  “Uguale per tutti” di seguito indicate:
             Sorteggio dei candidati al CSM
             Rotazione dei dirigenti
             Abolizione dell'immunita dei componenti del CSM
 
 Il Magistrato
Adolfo Coletta

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