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giovedì 22 ottobre 2020

Non si sequestra la verità.



di Nicola Saracino - Magistrato
 
Solo nelle peggiori dittature si verifica che i cittadini siano tenuti all’oscuro delle trame del potere. 

Con metodi più o meno sofisticati si fa in modo che le notizie scomode non raggiungano la massa e se invece la raggiungono si punisce il diritto di parlarne, il diritto di critica e di manifestazione del pensiero. 

L’Italia  si colloca al 41° posto nella classifica mondiale della libertà di stampa, preceduta dal Ghana o dal Burkina Faso, nazioni dalle quali potremmo prendere lezione di democrazia e di trasparenza.  

Questo vuol dire che l’accesso alle notizie è ostacolato e quando invece non lo è la stampa non le pubblica o le distorce in chiave politica. 
Tuttavia la libertà d’informazione può essere aggredita anche da chi non te lo aspetteresti.

Dei misfatti della magistratura italiana si conosce pochissimo, la classica punta dell’iceberg. 

Nelle chat del dott. Luca Palamara vi sono centinaia di episodi dai quali i cittadini potrebbero capire come il presidente del tribunale o il procuratore della repubblica della loro città siano diventati tali.  Spesso con trame di quart’ordine. Ma ne sono tenuti all’oscuro. 

Come? 

Formalmente le trascrizioni di quelle chat, oltre che delle intercettazioni fatte col trojan, sono state acquisite nell’ambito di indagini penali a Perugia e la procura di quella città ha già chiesto il rinvio a giudizio di Luca Palamara per reati che, tuttavia, non c’entrano un beato nulla con  quelle chat,  o almeno col 99% di esse.  

Eppure quei documenti, di fondamentale importanza per l’opinione pubblica, sono sottratti alla conoscenza dei cittadini perché la legge (art. 684 del codice penale) ne vieta la pubblicazione fino alla sentenza di primo grado o addirittura fino alla pronuncia in grado d’appello (art. 114 del codice di procedura penale). 

Tradotto: a babbo morto!   Quando il tempo avrà lavorato ai fianchi la memoria e l’oblio coperto ogni interesse ad una informazione democratica. 

Questa è, dunque, la situazione formale del cd caso Palamara, che non interessa per gli illeciti penali che gli sono contestati ma come vicenda rivelatrice del “mondo di mezzo” che detta le sorti dei magistrati italiani e quindi dei cittadini che ne subiscono il potere.    

Una verità sotto sequestro, dunque.

Se la Procura di Perugia non ha bisogno delle chat col  dott. Luca Palamara (o almeno della loro gran parte) per provare i reati che gli contesta,  ha il dovere giuridico ed etico di recidere le catene che impediscono ai cittadini di conoscere, escludendo le chat irrilevanti ai fini penali dal fascicolo del pubblico ministero. 

E Cantone  - che è stato all'anticorruzione - è certamente consapevole di quanto fondamentale sia la trasparenza dell'agire pubblico, soprattutto quando   i protagonisti sono   magistrati.   

 




4 commenti:

  1. 41° posto nella classifica mondiale della libertà di stampa, sta dopo il Ghana e Burkina Faso. Le catene che stringono i giornali sono le stesse che incatenano le nostre libertà naturali, elementari, vitali per tutti noi. La nostra è una cd. democrazia, per nulla stato di diritto. Un regime oligarchico-demagogico ove non può esserci posto per la giustizia. Per questi motivi questo Blog è un raggio di luce che deve essere difeso, custodito,coltivato, curato a tutti i costi.

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  2. la tengono in ostaggio, ma non riusciranno a sopprimerla. anche se l'ultimo eroe che aveva dichiarato volerla liberare, e per questo ha fatto fortuna politica, si ritrova a fare i turni di guardia alla prigione unitamente ai sequestratori.

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  3. Buonasera da esterno (alla magistratura) penso che la riforma della Giustizia non si fara' mai.
    Perche' non la vogliono in fondo i politici e ancora meno i magistrati, e poi in linea generale siamo come Paese i piu' lontani da ogni (vero) cambiamento solo superficiale cosmesi, al massimo. Anche con questa vicenda Palamara succedera' cosi' fra poco non se ne parlera' piu', nonostante la vergognosa (conclusione...) al CSM. Mi viene in mente che una decina di anni fa l'onorevole Fini successivamente inquisito per vari reati anche molto gravi, era stato inizialmente archiviato per la torbida vicenda della casa di Montecarlo, dall'allora Procuratore Capo di Roma, che ha un nome e cognome che io adesso non ricordo. E sicuramente avra concluso in modo luminoso la sua carriera in magistratura. Come il dr Pignatone stracoinvolto nelle chat di Palamara e adesso Promotore di Giustizia in Vaticano. A parte qualche voce (isolatissima) sulla stampa non mi risultano voci di critica dall'interno della magistratura Se non e' cosi mi piacerebbe essere smentito. Giammauro PASQUALE Genova

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  4. francescop.scc@gmail.com24 ottobre 2020 alle ore 10:07

    E' evidente che quelle intercettazioni nascondono verità molto più scomode di quelle che finora sono state portate all'attenzione dell'opinione pubblica e coinvolgono soggetti e magistrati che continuano imperterriti nei loro traffici influenzali proprio a causa del tentativo di cercare di "lavare i panni a casa propria" come solitamente avviene in Italia evitando scandali che riguarderebbero l'intera istituzione ed il buon nome della magistratura e di una pluralità di soggetti che ne fanno parte. Non resta che sperare che almeno la Magistratura abbia l'orgoglio di far pulizia a casa propria visto che non si vede come altrimenti possa essere chiamata a giudicare gli altri.

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