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mercoledì 19 maggio 2021

Come possono i partiti giudicare il correntismo ?




di Massimo Galli - Magistrato

La commissione d’inchiesta sulla magistratura, di cui si sta discutendo negli ultimi tempi, se la si considera come uno strumento necessario per focalizzare l’attenzione del parlamento sui problemi che la magistratura da sola non riesce a risolvere in questo momento, a mio avviso potrebbe valutarsi favorevolmente, a patto che se ne studino con estrema cura la composizione e gli obiettivi.

La situazione critica che si è venuta scoprendo progressivamente infatti è di una gravità tale che merita senz’altro l’attenzione di tutti i soggetti istituzionali che possono intervenire.

L’intervento però dovrebbe essere, per l’ appunto, di tipo istituzionale e non meramente politico poiché la criticità stessa è stata determinata da atteggiamenti incoscienti dei partiti che, negli ultimi anni, si sono molto impegnati per condizionare la magistratura nell’ambito di quel deleterio progetto, che può essere letto in molte iniziative, finalizzato a dare una svolta oligarchico – autoritaria alle istituzioni, mediante la gerarchizzazione della burocrazia, la concentrazione dei centri decisionali, lo svilimento delle occasioni di partecipazione democratica.

In realtà è la politica che dovrebbe riflettere su se stessa e decidere quale è la giustizia che intende promuovere: se quella strumentale agli interessi partitici ed economici o quella prevista dalla costituzione come strumento di coesione e indispensabile presupposto di ogni sviluppo sociale ed economico attraverso il rispetto dei principi fondamentali della convivenza etica e morale.

Purtroppo lo spettacolo che i partiti forniscono di se stessi e della loro capacità di promuovere tale sviluppo democratico non è per niente confortante.

Ci si deve chiedere allora se un’eventuale commissione di inchiesta sulla magistratura potrebbe sortire effettivamente risultati positivi o invece essere semplicemente il pretesto per imporre ulteriori controlli, come la separazione delle carriere tra giudicanti e requirenti, la ricerca di standard di efficacia in odio ai principi fondamentali dell’autonomia e dell’indipendenza della magistratura, la gerarchizzazione degli uffici giudiziari alla stregua di qualsiasi altra organizzazione burocratica a rischio di colonizzazione da parte di centri di potere esterni alle istituzioni.

I partiti in particolare dovrebbero riflettere sulla situazione in cui loro stessi si trovano e sulla possibilità che una svolta oligarchica o addirittura autoritaria,  veicolata da una giustizia al servizio dei più forti,  non risulti alla fine pericolosa per l’esistenza stessa della loro identità democratica, poco propensi come sono alla trasparenza e alla partecipazione nelle loro stesse strutture organizzative.

I partiti sono veramente sicuri che sia una buona idea quella di controllare la magistratura? O non dovrebbero forse riflettere sul fatto che potrebbero trovarsi loro stessi ad avere bisogno di una giustizia autonoma e indipendente ?

 La crisi in cui si trova la giustizia oggi è soprattutto dipendente dall’infiltrazione politica all’interno della magistratura attraverso gli strumenti della promessa di carriera e della minaccia di disciplina.

In occasione dell’ultima elezione per la sostituzione dell’ennesimo componente del CSM, dimessosi per aver scelto di fare carriera senza rispettare la legge, la partecipazione dei votanti si è attestata all’incirca sul 60% degli aventi diritto.

Se si considera che la maggior parte di questi votanti è motivata proprio dalla prospettiva della carriera e della tutela promessa dalle correnti ci si rende conto di quanto forte sia la motivazione di coloro che non hanno votato dichiarando indirettamente ma sostanzialmente di rinunciare ai benefici correntizi per ribadire la mancanza di democrazia e di legalità del sistema di autogoverno che negli ultimi 15 anni ha tutelato solo gli interessi dei partiti, introducendo uno spudorato meccanismo di lottizzazione degli uffici giudiziari.

Potrebbe allora una commissione di inchiesta parlamentare eliminare il correntismo dalla magistratura?

Io penso che lo potrebbe solo se i componenti della commissione venissero scelti non con criteri politici ma tra coloro che hanno dato prova di essere interessati ad una giustizia rispettosa della costituzione e in grado di contrapporsi ai poteri forti, senza scendere a compromessi per ragioni di opportunità carrieristica o di altro genere.

In altre parole dovrebbe essere una commissione di filosofi, giuristi e sociologi, dei saggi più lontani possibile dalla politica.


3 commenti:

  1. A volte anche poche righe possono essere rivoluzionarie...
    Ė panche rivoluzionario trovarsi ripetutamente presidenti e ministri che se anche non eletti, bensì nominati dal Presidente della Repubblica e ratificati dal Parlamento, godano della fiducia del Popolo... Siano davvero, gli attuali, con altrettanta semplicità con la quale hanno ricoperto d'orgoglio l'Italia, capaci di rivoluzionare la giustizia... Lasciando, in questo paese, l'unitarietà delle carriere tra pm e giudici: Fondamentale che il pm faccia gli interessi della Repubblica, e dei cittadini che la compongono, perseguendo i reati e non le persone indistintamente dai reati.

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  2. Purtroppo filosofi, giuristi, sociologi saggi non se ne vedranno per tempi lunghissimi. L'unica cosa possibile è la costituzione di un Comitato permanente formato dalla Comunità-Stato, per lo studio e la soluzione dei problemi della giustizia. Che si occupi, per i tempi brevi, di piccole ma rilevanti riforme. Importante il ripristino della motivazione, la cura del CSM ed altro.

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  3. Infine, rivoluzionaria, insegnava Gramsci, (dopo decenni di mistificazioni) è anche la verità. Ed è verità che la crisi della magistratura TALMENTE È TANTO SERIA quanto il risultato della commistione tra alcune sue frange (anche correnti?) e i servizi segreti. La giustificazione (che non può esserci) è nobile: l'hanno fatto per abbattere la mafia! Ci sono riusciti? Certamente sì, se si considera una "certa" mafia. Certamente no, se si considera la vera mafia. Cioè quella, non più lottata dai tempi di Falcone e Borsellino. Sappiano, i grandi procuratori antimafia (a parte quelli che l'hanno sempre saputo): hanno tradito coloro che per un'Italia migliore hanno dato la vita. Oltre i loro colleghi sopravvissuti che mantenendo la schiena dritta hanno trasportato la croce che si spera possa ancora salvare l'ordine giudiziario.

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