(Giudice del Tribunale di Paola)
da Giudici a Sud (n. 2)
Con qualche giorno ai ritardo vorrei dire la mia sull’intervista di Emilio Sirianni e in genere sulla situazione degli uffici giudiziari del distretto di Catanzaro. Lo faccio senza la pretesa di descrivere tutto e tutti, senza voler generalizzare le esperienze personali, ma forte di sette anni di funzioni giudiziarie diverse (pubblico ministero, giudice civile, penale, della previdenza, tutelare e gup) in due uffici giudiziari piccoli: la Procura di Crotone e il Tribunale di Paola.
Dico subito che sono anch’io uno di quei giudici con la valigia, che giustamente sono mal visti da queste parti sia dal personale amministrativo, sia dagli avvocati, sia dai colleghi che restano in sede e spesso hanno difficoltà a comporre un collegio, garantire una direttissima, acquisire il parere del pubblico ministero su una revoca di misura, etc..
Tuttavia additare questo fenomeno come il problema, o comunque uno dei problemi della giustizia calabrese, è forse eccessivo. Non sfugge sicuramente a Emilio Siriani e a chiunque lavori in Calabria, infatti, che, pur avendo le nostre vite private altrove, sacrificate e compresse per anni e anni da questo continuo pendolarismo, molti di noi hanno imparato il dialetto, mangiano la ‘nduia e, soprattutto, cercano di conoscere e capire il territorio, vincendo la diffidenza dei locali che troppo spesso ci liquidano con il classico «dottò, voi non potete capire!».
I tanti colleghi che lavorano in questo modo hanno sempre il cellulare acceso, viaggiano all’alba o di notte per essere in ufficio il più a lungo possibile, fissano giorni di ricevimento per alleviare i disagi di chi li cerca, si organizzano con turni rigorosi e valigie voluminose, senza pregiudizio per la giurisdizione. Il tutto, qualche volta, con il vantaggio di essere un po’ più di-staccati non solo dalle beghe e dalle fazioni locali, ma anche da quel meschino servilismo di facciata e dalle lusinghe verso i magistrati che si celebrano nella piazza del paese, al bar, al ristorante e che, anche loro, rischiano di offuscare e non poco l’immagine di imparzialità di cui ci si riempie tanto la bocca.
E vero – lo hanno scritto già in tanti – non si deve generalizzare. Le realtà sono diverse e gli esempi di abnegazione e di faticoso lavoro silenzioso in Calabria sono molti e spesso vanno cercati e scovati frequentando le aule, spulciando i fascicoli, leggendo le sentenze (come è giusto che sia), perché di questi magistrati non si parla in televisione o sui giornali, non se ne scrive in mailing list, non ne discute il Consiglio Superiore.
Potrei annoiarvi anch’io per ore su colleghi degli uffici calabresi che, ad esempio, dalla funzione di giudice delegato, smaltendo decenni di arretrati, compulsando i curatori, sollecitando le procure e facendo dialogare le banche con i debitori, hanno ingenerato prassi virtuose nelle asfittiche economie locali restituendo alle procedure concorsuali il ruolo di garante del mercato e del credito spesso dimenticato; so di giudici dell’esecuzione che hanno faticosamente riesumato procedimenti ammuffiti, stantii, dopo venti anni di rinvii, accordando finalmente un senso a tante sentenze civili altrimenti destinate solo ad essere incorniciate. Giudici del lavoro e della previdenza che riescono a mettere un po’ d’ordine in un settore abbandonato a se stesso, che però gestisce milioni e milioni di euro, tra provvidenze pubbliche, spese legali, interessi, consulenze, specie in una regione come la Calabria in cui c’è un pensionato o un invalido (vero o falso che sia) in ogni casa, in ogni famiglia! E ancora, giudici tutelari che si sostituiscono ai servizi sociali e alle A.S.L. un po’ pigre (!), pubblici ministeri che riescono a far attivare fognature, depuratori, mense comunali, giudici civili che ristabiliscono un po’ di giustizia in vertenze annose e spesso squilibrate tra poveri diavoli e una pubblica amministrazione, locale e nazionale, che da queste parti è sempre piuttosto disinvolta.
Lo so, molti di voi criticheranno questa funzione di supplenza della magistratura, che fa molto “pretore d’assalto” degli anni settanta, ma provate a venire a lavorare da queste parti, nei piccoli centri, nei paesini, negli uffici giudiziari minori e scoprirete che sono ancora i magistrati (quasi sempre giovani, molte volte di fuori, anche quei pendolari che non piacciono al mio amico Emilio) a dover garantire questi servizi in un contesto asfittico e miope, in cui l’amministrazione è distratta e la politica assente, presa com’è dalle sue logiche familistiche, dalla spartizione, dalla conservazione degli assetti ...
Eppure, pur avendo visto e vissuto con orgoglio momenti importanti della magistratura calabrese (i cui effetti sono conosciuti solo da pochi avvocati, qualche cancelliere e dai cittadini direttamente interessati), pur sapendo delle difficoltà e dell’abnegazione con cui si lavora a Crotone, a Locri, a Lamezia, a Catanzaro, a Cosenza etc., non posso non dare ragione a Emilio Sirianni e agli allarmi che ha lanciato -più volte negli ultimi mesi.
Ho visto troppe volte rinvii infiniti, che hanno salvato imputati indifendibili (anche 21 volte di seguito all’udienza preliminare in un processo per spaccio di stupefacenti, nonostante l’opposizione del pubblico ministero); ho assistito direttamente al “patteggiamento” tra giudice e difensore sul rito, la pena e la strategia processuale da adottare per il notabile di turno, ritrovando poi parola per parola quei suggerimenti nella sentenza dello stesso giudice; ho letto anch’io sentenze in cui il falso di un funzionario di polizia diviene una «inspiegabile leggerezza», nuovo elemento soggettivo accanto al dolo e la colpa, su cui la Corte di appello di Catanzaro fa giurisprudenza; ho visto gli ossequi in udienza del giudice all’avvocato massone e le blandizie dei difensori a magistrati vanagloriosi, lusingati a suon di incarichi, lezioni all’università, ma anche mozzarelle e cene al ristorante!
Ho sentito la rabbia di cittadini che non testimoniano contro i loro estortori o usurai perché sono certi che poi in tribunale o in corte tutto si risolve in una pavida assoluzione; ho visto incompatibilità e astensioni di dieci giudici di seguito, subito accolte dal presidente, per non celebrare il primo processo istruito contro il clan più feroce della zona, fino a far comporre il collegio a tre giovani civilisti, carichi di grinta e buona volontà; ho visto un interrogatorio ex art. 415 bis c.p.p. ripetuto dal magistrato, perché l’ispettore cui l’atto era stato delegato s’era rifiutato di trascrivere sotto dettatura dell’avvocato la linea difensiva dell’imputato, poi accolta dal pubblico ministero e dal gip in una mirabolante archiviazione.
Ho sentito con le mie orecchie colleghi blasonati definire come una mera questione privatistica il debito verso lo Stato di quattro milioni di euro a fronte di un attivo di meno di un decimo, da parte di un imprenditore fuggito in Sud America con i fondi comunitari, senza accendere nemmeno una lampadina nel capannone costruito con fondi pubblici che avrebbe dovuto accogliere la sua industria finanziata dallo Stato ...
Troppe di queste cose, che vi ho noiosamente raccontato, ho visto in sette anni in Calabria per non riconoscere la sua parte di ragione a Emilio Sirianni, nel suo sfogo accorato.
Potreste dirmi: perché non le denunciate queste cose, perché non le segnalate al Consiglio Superiore invece che ergervi a unici censori della categoria?
Innanzitutto non è facile, non sempre si hanno le prove per una denuncia del genere, spesso – come tutti ben sapete – queste cose avvengono sotto gli occhi di tutti eppure nessuno le ha viste, spesso sfuggono misteriosamente anche ai magistrati di quegli stessi uffici, ai vicini di stanza, ai capi degli uffici e poi – si sa – molti di noi non si esprimono nemmeno sulla propria data di nascita se prima non hanno letto le carte!
E così chi è giovane, all’inizio della carriera, lontano da casa, non si sente in grado di lanciare da solo accuse così gravi contro colleghi più anziani, accreditati, premiati, osannati dal Foro.
L’ho scritto anche altre volte: in queste ultime propaggini di Italia troppo spesso Roma, il C.S.M., il Ministero della Giustizia e anche l’A.N.M. (per ragioni diverse), appaiono come entità remote, distanti, del tutto disinteressate a quel che da queste parti quotidianamente accade; un po’ come cento e più anni fa ai fattori e ai contadini calabresi apparivano i ricchi proprietari terrieri che vivevano a Napoli e capitavano si e no una volta all’anno a controllare il loro feudo.
In questo le indagini di Luigi de Magistris non sono un’eccezione.
Hanno risalto e fanno rumore perché riguardano politici nazionali, coinvolgono mezz’Italia, si occupano di poteri, interessi e denaro pubblico distribuito allegramente in tutto il paese; ma tantissime altre indagini simili, molti processi analoghi nascono e muoiono nei nostri fascicoli tra poche condanne e le tante difficoltà di provare il dolo intenzionale, l’accordo corruttivo, lo scambio politico elettorale ...
E, poi, non posso non raccontare di un capo di un ufficio giudiziario calabrese, anziano, del posto, uomo misurato e senza dubbio non un giacobino o un censore, che venne convocato alcuni anni fa dal C.S.M. in un procedimento per incompatibilità ambientale del locale Procuratore della Repubblica; incalzato dai Consiglieri, il collega raccontò un po’ delle sue impressioni e delle voci che in città circolavano sul potente pubblico ministero, che venne poi effettivamente trasferito: ebbene quest’ultimo denunciò per calunnia l’anziano magistrato che aveva riferito sul suo conto al Consiglio e per due volte il gip di Roma ha rigettato la richiesta di archiviazione del procedimento, fino all’imputazione coatta. Quel gip oggi è al Ministero della Giustizia; un altro gup, per fortuna, ha prosciolto il collega all’udienza preliminare.
Avevo lasciato un commento ma mi ha dato errore cerco di ripostarlo
RispondiEliminahttp://www.corriere.it/cronache/07_novembre_09/de_magistris_cassazione_reclamo_avocazioen.shtml
penso che la pagliacciata e buffonata sul caso why Not sia giunta al termine con felice soddisfazione sia del Guardiasigilli che del Csm,mi aspetto il secondo round con la Forleo e qui vogliamo ancora parlare del diritto sia della magistratura che dei cittadini ? Spero vogliate scherzare perchè non esiste nessuna delle due cose attuallmente,ci manca solo che arriviamo a livello della situazione Birmania come i monaci,da questa vicenda ho perfettamente capito di quale regia sia al di sopra di tutto,mi spiace solo per tutti i magistrati onesti che possono in qualsiasi momento essere messi fuori gioco,se non si distrugge la fonte ( e Voi sapete benissimo a cosa mi riferisco) arriveremo al punto di annullarci tutti a vicenda noi tra cittadini e Voi tra le istituzioni,che brutta fine stiamo facendo,buon lavoro a tutti
Salvatore Borsellino mi ha spedito questa email che vorrei far leggere a tutti i frequentatori di questo blog:
RispondiEliminaAppello di Salvatore Borsellino a Favore del mensile Casablanca.
Vi chiediamo almeno di leggerlo.
Milano, 4 Novembre 2007
Ho ricevuto in questi giorni diversi mail e sms di giovani sinceramente disperati perche' Casablanca, un giornale che e' la continuazione ideale dei "Siciliani" di Pippo Fava, un giornale che faticosamente combatte a Catania contro l'indifferenza dei tanti e contro l'impero dei Ciancio, un giornale che combatte in trincea e non come noi dalle retrovie, sta per essere ucciso.
Ve ne riporto solo alcuni.
Il primo e' un sms di una amica, appartenete a un gruppo di uomini, donne e ragazzi che non si arrenderanno mai, che ho avuto la fortuna di incontrare sulla rete nella mia incesssante ricerca di persone che vogliano combattere al mio fianco la mia ultima battaglia e che, dopo di me, possano continuare a combatterla.
Mi scrive :
"Amico, sono abbattuta stasera. Casablanca e' in agomia. Se chiude... Pippo Fava viene ucciso di nuovo. Mi sento impotente, cosa posso fare?
Dammi un consiglio perche' ho solo voglia di piangere..."
Voglio molto bene a questa amica dal volto sconosciuto perche' so che lottera' con me sino all'ultimo, e a questo nome e' ispirato il suo gruppo, e perche' spesso fa iniziare la mia giornata con un sms pieno di colori e di speranza, ma ho rimproverato anche lei perche' anche a lei ho gridato che non e' tempo di lacrime, e' tempo solo di lotta, le lacrime dovremo conservarcele, e saranno di gioia non di disperazione, per quando andremo da Paolo a dirgli che a tutti i morti e gli oppressi dalla mafia e dalla illegalita' avremo reso giustizia.
La seconda e' una email di cui riporto solo alcuni passi :
"... Graziella mi dice che casablanca è in edicola, e non lo compra neanche chi in teoria dovrebbe fare antimafia, non lo compra nessuno delle associazioni antimafia, non lo comprano i vecchi compagni di partito, non lo comprano nemmeno gli amici e 3000 euro al mese d'affitto e di spese continuano a uscire... aiutatemi a trovare un pubblicitario, perchè se muore casablanca, è come aver lasciato morire Graziella, indebitatasi PER NOI, perchè casablanca non produce utili di alcun genere, ....cercasi qualcuno che vende spazi pubblicitari, con massima urgenza ... chiunque ascolti, risponda all'appello disperato,... ne va della vita dell'antimafia vera, se vogliamo produrre sul serio, serve una mano, per favore, aiutateci ......"
La terza mi parla di Graziella Rapisarda, che insieme a Riccardo Orioles faceca parte della redazione dei "Siciliani" e che ora combatte insieme a lui una disperata battaglia perche' Casbalanca possa continuare a vivere, e dice tra l'altro :
"... ha aperto un mutuo sulla sua casa per pagare le spese di affitto, della redazione, le bollete della luce, ma adesso non ce la fa piu' a pagare le rate e la sua casa rischia di essere venduta all'asta. ......"
Ora dobbiamo decidere, se anche noi mescolarci ai tanti che fanno antimafia solo a parole, a quelli che aspettano che ci siano altri, giudici, magistati, poliziotti, giornalisti costretti anche per colpa nosta a diventare degli eroi, o se vogliamo fare anche noi quel poco che ciascuno di noi puo' fare per combattere insieme a loro.
Ci sono tante altre cose che possiamo e che dovremo fare, ci sarenno tante battaglie piu' dure e piu' difficili da combattere e questa che adesso vi chiedo e' solo una delle piu' semplici.
Corriamo tutti ad aiutare chi sta per cadere, andiamo a fargli scudo con il nostro corpo.
Non materialmente, le vere guerre non si combattono piu' cosi', e neanche facendo un obolo, una donazione di cui poi ci dimenticheremmo, perche' allora non avremo davvero fatto quello che potevamo e dovevamo fare.
No, quello che possiamo e che dobbiamo fare e' leggere quello che questi combattenti in trincea scrivono e, con grande fatica, riescono a pubblicare, impegniamoci.
E' dovere di ciascuno di noi comprare leggere e far leggere agli altri questo giornale, permettere che queste persone persono possano continuare a lottare anche per noi e insieme a noi..
Io non sono certo ricco, vivo del mio lavoro, continuo a lavorare anche se potrei gia' andare in pensione, e posseggo solo la casa in cui abito, ma siccome so di stare meglio di tanti altri che con il loro stipendio non arrivano alla fine del mese, non staro' certo a pensare a cosa dovro' rinunziare per fare la mia parte.
Ppensero' invece a cosa dovrei rinunziare se non la facessi, alla mia liberta'.
Io comincero' quindi per primo, perche' e' mio dovere farlo anche per il mome che porto, a versare sul conto che vi indico in fondo 1500 euro per trenta abbonamenti come sostenitore di Casablanca.
A ciascuno di voi chiedo di fare un semplice abbonamento per voi stessi, sono solo 30 euro, e di non pensare se per questo dovrete rinunziare ad un cinema o ad una pizza, avrete pero' anche voi acquistato uno spicchio di lberta'.
So che ci sono anche alcuni di voi per i quali anche questo sacrificio potrebbe essere troppo, che non riescono nemmeno una volta al mese ad andare a mangiare una pizza o ad andare a cinema, scrivetemelo e vi mandero' una delle copie di Casablanca che mi arriveranno con il mio abbonamento e se non basteranno cerchero' di farne degli altri, ma Casablanca non deve, non puo' morire.
Pippo Fava non puo', non deve, essere ucciso ancora.
Ci sono due modalita' per sostenere «Casablanca», per fare il vostro dovere, la prima e' tramite un bonifico bancario alle coordinate indicate di seguito
Abbonamento ordinario 30,00
Abbonamento Sostenitore 50,00
Bonifico Bancario
Graziella Rapisarda
Banca Popolare Italiana Catania
Cc: 183088 ABI: 5164 CAB: 16903 CIN: R
La seconda, tramite carta di credito, e' quella attraverso il sito di seguito indicato
http://www.ritaatria.it/donazione_casablanca.aspx
Ancora un grazie a tutti voi per non avermi lasciato da solo in questa lotta per la giustizia.
Salvatore Borsellino
P.S. Per tutti quelli che ne hanno la possibilita : diffondete questo appello.
Perche' non e' possibile segnalare link?
RispondiEliminaQuello che segue, dalla Voce delle Voci, e' davvero interessante
http://www.lavocedellacampania.it/detteditoriale.asp?tipo=inchiesta2&id=71
Tutto chiaro.
RispondiEliminaLetto anche il bel libro di Bruno Tinti.
Chiunque abbia percorso almeno un po' il mondo della giustizia sa che e' tutto drammaticamente vero e che l'indipendenza della Magistratura, prima di diventare condotta coerente e costante, deve essere vissuta prima nella testa e nel cuore.
Ma allora, i tanti - perche' leggiamo che ce ne sono che "soffrono" il malcostume dei Colleghi e dei carrieristi - perche' non fanno fronte comune ed espellono (si', proprio cosi') la mala pianta?
Una valanga non nasce valanga, ma fiocco di neve......
O no?
La Cassazione: "No a ricorso De Magistris"
RispondiEliminaVenerdì 09 Novembre
La Procura Generale della Cassazione ha dichiarato inammissibile il ricorso del pm di Catanzaro Luigi De Magistris contro l'avocazione dell'inchiesta Why Not decisa il 19 ottobre scorso dal Procuratore Generale di Catanzaro. "La procura generale della Cassazione - dice una nota del segretario generale della Procura Generale, Gianfranco Ciani - ha ritenuto che legittimato al reclamo avverso il provvedimento di avocazione, ai sensi dell'art. 70 comma bis dell' ordinamento giudiziario, sia soltanto il capo dell'ufficio, cioé il procuratore della Repubblica, non anche gli altri magistrati ad esso appartenenti".
CAPITO?
Doveva essere il Procuratore ombardi (il cui figliastro e' consulente, anzi "facilitatore di rete", di Saladino) ad impugnare l'avocazione di Why not?
Ma questi, sanno cos'e' la vergogna?
DI QUESTO occorre parlare!
Dal Corriere della Sera:
RispondiEliminaLa Cassazione boccia il reclamo del pm contro l'avocazione dell'inchiesta da parte del pg Favi
Luigi De Magistris (Ansa)
ROMA - Ricorso inammissibile. La Procura generale della Cassazione ha respinto il reclamo proposto dal pm di Catanzaro Luigi de Magistris contro il provvedimento di avocazione con cui, il 19 ottobre scorso, il pg facente funzioni della città calabrese, Dolcino Favi, aveva tolto al magistrato l'inchiesta "Why not". La Suprema Corte, si spiega in una nota, ha ritenuto infatti che soltanto il capo dell'ufficio, ossia il procuratore della Repubblica, sia legittimato al reclamo contro un provvedimento di avocazione, ai sensi dell'articolo 70, comma 6 bis, dell'ordinamento giudiziario.
WHY NOT - L'inchiesta "Why Not" riguarda il finanziamento illecito ai partiti, la truffa e l'abuso d'ufficio. L'avocazione decisa dal procuratore Favi era stata decisa per «incompatibilità nel procedimento» da parte di de Magistris. Incompatibilità che si sarebbe venuta a creare per il coinvolgimento nell'inchiesta del Guardasigilli Clemente Mastella (iscritto nel registro degli indagati). Poiché lo stesso ministro aveva chiesto il trasferimento del magistrato, il pm avrebbe dovuto astenersi. Siccome l'astensione non c'è stata, né il capo dell'ufficio aveva provveduto alla sostituzione del magistrato titolare dell'inchiesta, il procuratore generale aveva deciso - il 19 ottobre scorso - l'avocazione applicando l'art 372 lettera A del codice di procedura penale. Una decisione arrivata dopo la diffusione della notizia dell'iscrizione di Mastella nel registro degli indagati. Nell'inchiesta, oltre a Mastella, sono coinvolti, tra gli altri, il presidente del Consiglio, Romano Prodi, esponenti politici del centrodestra e del centrosinistra e imprenditori.
LE TAPPE - De Magistris aveva presentato il 29 ottobre scorso il ricorso in Cassazione contro la decisione del pg. Era stato lo stesso magistrato a farlo sapere lasciando la sede del Consiglio Superiore della Magistratura, dopo essere stato ascoltato per oltre tre ore. Ai consiglieri di Palazzo dei Marescialli il pm aveva, tra l' altro, denunciato che il tentativo di sottrargli le inchieste sugli intrecci tra politica e affari era cominciato nel 2005 e si era concretizzato in più eventi concatenati. Nelle sette pagine del ricorso in Cassazione, De Magistris aveva sostenuto, in sostanza, che il pg di Catanzaro Favi, quando ha disposto l'avocazione dell'inchiesta "Why not", non poteva conoscere gli atti e quindi non avrebbe dovuto togliergli l'indagine. Tre a suo giudizio i punti fondamentali del reclamo alla Suprema Corte: l'inesistenza della sua incompatibilità, l'avere informato dell'iscrizione di Mastella nel registro degli indagati il procuratore aggiunto, e l'impossibilità di poter verificare la competenza del Tribunale dei ministri dal momento che l'inchiesta gli era stata tolta. Su quest'ultimo punto, il magistrato aveva manifestato perplessità perché a suo avviso era ancora da accertare se la condotta ipotizzata nei confronti di Mastella fosse proseguita anche dopo la sua nomina a ministro. Ma non aveva potuto fare questa verifica, aveva sottolineato, proprio perché l'inchiesta gli era stata tolta.
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Chiedo alla redazione se può commentarmi questa decisione di respingimento del ricorso da parte del Pm De Magistris...
Da quello che si apprende dalla stampa pare che il diritto di fare ricorso spetti al PG che in questo caso dovrebbe ricorrere contro se stesso...
Ma stiamo scherzando o cosa? Che regole del castro (per non dire un'altra cosa) sono queste? Regole da Repubblica delle Banane?
No, Salvatore.
RispondiEliminaLa questione è la seguente.
Con l'avocazione, il Procuratore Generale "toglie" l'inchiesta alla Procura.
La Procura, che è da sempre un ufficio "gerarchizzato" (nel quale cioè comanda il Capo, diversamente da quello che accade negli uffici giudicanti) e che è ancora più gerarchizzato dopo la riforma dell'ordinamento giudiziario fatta dal governo Berlusconi e modificata solo un poco dal governo Prodi, può ricorrere contro la Procura Generale, ma il ricorso lo deve fare il Capo della Procura, il Procuratore. Mentre Luigi De Magistris è un Sostituto Procuratore.
Il paradosso qui è che il Procuratore Capo non può che essere contento del fatto che l'inchiesta sia stata avocata.
Insomma, quest'ultimo episodio della storia dimostra definitivamente, se ce ne fosse stato un qualche bisogno, che ciò cui stiamo assistendo non è "il cado De Magistris", ma il caso "Giustizia in Italia".
La Redazione