C’era una volta un felice - anzi felicissimo - paese (per le cronache si trattava dell’Allokkistan) i cui cittadini, preso atto che ad ogni regola corrispondevano limitazioni più o meno gravose, decisero la loro fattuale eliminazione: le regole cioè rimanevano, ma ciascuno era autorizzato a farsene un beneamato baffo.
“La vita” dissero i cittadini “è già amara così come è. Che motivo abbiamo di renderla più amara con le nostre stesse mani?”.
“Siamo d’accodo con voi” obiettarono alcuni “ma da che mondo è mondo ogni paese civile ha leggi e decreti: non possiamo fare la figura di selvaggi abolendo ogni regolamentazione”.
“Bella scoperta dell’Africa!” ribatterono i primi “Certo che dobbiamo apparire muniti di leggi, regolamenti e quant’altro: basta saperli scrivere acconciamente e, quasi fossero pietanze, servirli - come dire? - con contorni che ne elimino ogni efficacia".
Detto fatto si posero tutti alacremente all’opera e - ne va doverosamente dato atto - i risultati furono mirabolanti: non solo la mano destra non sapeva quel che facesse la sinistra, ma - di più – operava senza sosta perché il lavoro della sinistra venisse completamente vanificato. Accadde così che, mentre la mano sinistra proclamava solennemente che “tutti sono tenuti a concorrere alle spese pubbliche secondo la loro capacità contributiva”, la mano destra partoriva leggi e leggine per aggirare l’ostacolo, e, nei casi in cui queste non sortivano effetto, dava vita a travolgenti condoni fiscali. Non parliamo poi dell’edilizia, là dove i condoni si susseguivano in modo così puntuale e regolare da tranquillizzare in modo certo palazzinari ed equiparati. I rifiuti tossici erano smaltiti, su incarico di distinti e ricchi industriali, per il tramite di cosche malavitose, le quali praticavano prezzi stracciati e ciò per il semplicissimo fatto che le cosche sotterravano le scorie sic et simpliciter, così inquinando terreni e falde acquifere. Ma di ciò a quei signori industriali non impippava più di tanto, essendo invece loro molto a cuore che si potesse smaltire al prezzo di 100 ciò che, smaltito in modo legale, sarebbe costato 10.000.
Ma c’era di più e di peggio: l’intero sistema delle leggi penali era stato reso meramente cartaceo, sì che, tramite lacci e laccioli, era possibile rinviare la decisione alle calende greche, in modo che i processi finissero a femmine perdute.
Accadeva però che, malgrado tutto questo, qualche decisione dei giudici finisse per venire a maturazione.
Fu così deciso di intervenire - come nel caso della grappa - sulla testa e sulla coda, incidendo a monte e a valle delle possibili azioni delittuose: a monte, si ridussero i mezzi a disposizione delle forze dell’ordine (al punto che i rapinatori fuggivano in automobile, mentre i poliziotti inseguivano a piedi); a valle, si stabilì una variegata serie di misure che venivano dette “alternative alla pena”, con ciò intendendosi, concretamente, che non dovesse accadere nulla di sgradevole e gravoso per i condannati.
Se tutto questo avveniva in materia penalmente rilevante, figuratevi voi per cose di minor conto: ognuno parcheggiava dove voleva e le autovetture sfrecciavano a velocità supersoniche. Chiunque lo avesse desiderato era liberissimo di fare feste danzanti fino all’alba tenendo sveglio l’intero quartiere con musica a volume assordante. Nelle scuole poi c’era da farsi linciare a pretendere che gli studenti dovessero studiare per essere promossi. Insomma fin dalla più tenera età si insegnava a tutti che desiderare una cosa era motivo più che sufficiente per vantare pieno diritto ad averla.
La cosa stupefacente è che gli abitanti dell’Allokkistan si consideravano furbi come califfi, dimenticando che il furbo vive bene in un paese di fessi, ma la convivenza di quaranta milioni di furbi somiglia moltissimo ad un inferno.
Tutto filò liscio come l’olio e la sistematica distruzione degli apparati repressivi proseguì indisturbata per anni.
O meglio, sarebbe proseguita indisturbata se non fosse accaduto che in quel felice paese fosse approdato un fiero briccone di nome Zilim Valed, il quale, clandestinamente, aveva varcato i confini nazionali provenendo dalla lontana Repubblica Caotica del Vattelappeskistan.
Era questa una nazione abitata da un popolo che, per miseria di vita e povertà varie, annoverava al suo interno non solo alcune persone benestanti e tantissimi poveri cristi usi lavorare duro per campare la vita, ma anche fierissimi delinquenti adusi a selvaggi comportamenti.
Il Vattelappeskistan era costituito in repubblica popolare che rivendicava orgogliosamente il titolo di “caotica”, tanto era immenso il casino che la pervadeva. Era però un fatto che - caotica o non caotica – nella Repubblica del Vattelappeskistan le pubbliche autorità andassero giù pesanti con ladri, rapinatori e simile mercanzia: tanto ci andavano pesanti che il nostro Zilim - fractus pallas - decise di emigrare verso siti per lui meno pericolosi. Si informò, chiese in giro, domandò e la risposta fu incondizionatamente unanime: il paradiso terrestre dei malfattori era, per voce unanime di popolo, l’Allokkistan. Fu così che Zilim Valed approdò, felice come un bambino la notte di Natale, nell’Allokkistan, ove cominciò a delinquere a rotta di collo.
Ve la faccio breve e vi risparmio la iniqua serie di delitti consumati dal nostro. Mi limito a rappresentarvi che:
- fu assolto dall’imputazione di rapina per difetto di notifica al difensore cui era stato inviato un solo avviso (che comunicava l’udienza) e non un avviso in duplice copia: uno nella qualità di difensore e uno nella qualità di “rappresentante” di Zilin (che si era dato alla macchia);
- fu “graziato” in ordine a tre furti aggravati, anzi aggravatissimi, poiché questi - ritenuti “avvinti dal vincolo della continuazione” per essere stati commessi in esecuzione di un medesimo disegno criminoso – diedero luogo ad una pena misera che, in quanto tale, rientrarò nell’indulto di turno;
- fu condannato sì per altri quattro furti e tre ricettazioni, ma ogni volta gli fu concessa (come si seppe anni dopo) la sospensione condizionale della pena, dato che il casellario giudiziale non era aggiornato e al giudice non risultavano precedenti condanne;
- diversi gravi reati, tra cui un sequestro di persona, risultarono prescritti a seguito di una novella legislativa che accorciava i termini di prescrizione per favorire alcuni ladroni in guanti bianchi che altrimenti avrebbero dovuto essere ristretti nelle patrie galere.
Dai e ridai che ti ridai, quella peste di Zilim finì per farla grossa, dato che, procedendo ubriaco come una cocuzza alla guida di un’auto rubata, investì un povero vecchio che rimase lì per le terre morto stecchito.
La cosa fece notizia anche perché, in virtù di una leggina entrata in vigore appena tre giorni prima del fattaccio, per i delitti colposi era stata esclusa la possibilità di essere ristretti in carcerazione preventiva. Zilim finì così agli arresti domiciliari da dove si premurò di evadere non oltre il giorno successivo a quello in cui era stato ristretto.
La pubblica opinione insorse e gridò così forte che in fretta e furia si fece un decreto generale in forza del quale tutti i sospetti di vita irregolare furono espulsi dall’Allokkistan in quattro e quattr’otto. Questa volta si fece sul serio e le cifre stanno lì a dimostrarlo: in men che non si dica furono espulsi 587 stranieri di cui 180 donne (delle quali 80 incinte), 200 minori infradodicenni di cui 87 poppanti, e il resto anziani di età superiore ai settantacinque anni.
I conti non tornano, direte voi, gli espulsi debbono essere 588, visto che tutto è stato creato a causa di Zilim e dunque gli espulsi debbono, di necessità, essere 587 più il famigerato Zilim Valed.
E’ qui che vi ingannate e di grosso: Zilim è ancora lì, in Allokkistan, alla macchia, come tanti altri delinquenti, ma nessuno se ne cura perché, dopo tutto, come si dice?, adelante Pedro, ma con judicio. La gente cominciò ben presto a fare macchina indietro. “Non si sa mai” dissero in molti “Si comincia con quattro straccioni e si finisce per pagare le tasse: lasciamo tutto così com’è e non se ne parli più. Amen, pace, così sia”.
Che ci volete fare? l’Allokkistan è l’Allokkistan: un paese che - se non fosse funestato da gente come Zilim Valed cittadino della Repubblica Caotica del Vattelappeskistan - sarebbe felice, anzi felicissimo.
Ma l'Allokkistan non sarà per caso l'Italia?...
RispondiEliminaComunque bella storia... che pare combaciare perfettamente con quella reale del nostro paese...
Ma ci sarebbe dell'altro da aggiungerci...
Comunque complimenti all'autore.
Why not, respinto ricorso De Magistris
RispondiEliminaVizio di forma: "L'avocazione era legittima"
ROMA - La procura generale della Cassazione ha dichiarato inammissibile il reclamo proposto dal pm Luigi De Magistris contro il provvedimento del 19 ottobre scorso con il quale il pg di Catanzaro ha avocato a sé l'inchiesta Why not.
Lo rende noto il pg della Suprema Corte Gianfranco Ciani, spiegando che "la procura generale della Cassazione ha ritenuto che legittimato al reclamo contro il provvedimento di avocazione, ai sensi dell'articolo 70 comma 6 bis dell'ordinamento giudiziario, sia soltanto il capo dell'ufficio, cioè il procuratore della Repubblica, non anche gli altri magistrati ad esso appartenenenti".
Buongiorno a tutta la redazione chiedo scusa per il fuori topic,ma penso che questa notizia che ho letto da repubblica.it sia anche di Vs Interesse sulla richiesta di De Magistris non accettata (avocazione)
RispondiEliminahttp://www.repubblica.it/2007/10/sezioni/cronaca/pm-catanzaro-2/no-reclamo/no-reclamo.html
Mi auguro che possa rivolgersi all'unione europea per mettere fine a questa pagliacciata e buffonata che hanno orchestrato ai suoi danni,buon lavoro a tutti