di Andrea Falcetta
(Avvocato del Foro di Roma)
Molti dei visitatori del blog sono “toghe” per cui comprenderanno immediatamente questo strano titolo.
Per spiegarlo a chi invece non è un assiduo frequentatore di codici e codicilli è sufficiente disvelare che, contrariamente a quel che tutti saremmo istintivamente portati a pensare, secondo il diritto codificato l’omicidio non è il più grave dei reati.
Ciò nasce dal diritto naturale, cioè da istinti emozioni valori e principi talmente condivisi tra noi esseri umani da poterli considerare vincolanti anche quando non siano stati espressamente previsti in una qualche legge.
In questo caso, tuttavia, il legislatore non ha fallito, il diritto naturale coincide con quello vigente, perché come è di tutta evidenza uccidere seviziando ed infliggendo torture bestiali inumane ed inutilmente crudeli è sicuramente più grave che uccidere e basta, ragion per cui non soltanto nel comune sentire ma anche nella legge è stato stabilito che chi commettendo un omicidio utilizzi strumenti che vadano oltre il rapporto eziologico causa-effetto, così infliggendo alla vittima sofferenze atroci e “inutilmente” crudeli, debba rispondere di alcune possibili aggravanti che si riflettono, Deo gratias, anche sull’entità della pena
Anche se la nostra filosofia del diritto ci impedisce, diversamente da quel che consente lo spirito pragmatico che ispira i codici di common law (cioè i codici degli anglosassoni), di comminare più di un ergastolo mentre tutto sommato, da un punto di vista anche etico, avrebbe un certo valore adoperare un metodo “aritmetico” nel calcolo delle pene per poter assegnare, ad esempio ad un killer che abbia ucciso 5 persone, qualcosa come 150 anni di galera.
Ritorno al punto, scusandomi per la digressione indotta dal ritorno, sulla Città Eterna afflitta per tutta la settimana da una pioggia incessante, di un sole primaverile che invita a ragionare e non più soltanto a sopravvivere.
Nella mia metafora il paziente è ovviamente la Giustizia.
E’ morto. Salvo complicazioni, vediamo perché.
Il Ministro della Giustizia ha la moglie in galera.
Mi spiace se leggendomi si dovesse offendere, ma gli arresti domiciliari equivalgono alla galera, soltanto che in considerazione di alcune situazioni che prescindono dall’esistenza dei gravi indizi di colpevolezza (presupposto valutato dal G.I.P. e considerato sussistente), il G.I.P. medesimo (un collega di Clementina Forleo, tanto per capirci), ha ritenuto che non fosse necessaria una restrizione estrema della libertà personale, concedendo così una misura meno afflittiva.
Il senso della “misura cautelare” è comunque il medesimo: da quel che risulta fino ad oggi io, cittadino-giudice, sono obbligato a ritenere che tu, cittadino-indagato, abbia effettivamente commesso quel che ti si addebita, per cui ti devo istantaneamente “fermare” finchè tutto non sarà meglio chiarito e, auspicabilmente, archiviato (la pìetas è un sentimento umano meritevole di apprezzamento, e certamente credo di poter dire che i giudici non si divertano a spedire la gente dietro le sbarre).
Tuttavia, giacchè la legge è uguale per tutti, ivi compresi coloro che risultano indigesti al sistema, è evidente che se De Magistris e Forleo, a loro volta oggetto di richieste cautelari da parte del Ministero e della Procura Generale, devono essere fermati con urgenza perché ritenuti “pericolosi”, il “fermo” della moglie del Ministro non può che essere interpretato alla stessa maniera.
Dunque riassumendo :
-- il Ministro della Giustizia ha la moglie in galera (nel senso che dicevo prima),
-- il Ministro della Giustizia (cioè colui che dovrebbe promuovere ed assicurare la legalità del sistema di controllo sulla legalità), è esso stesso indagato,
-- i due magistrati verso i quali egli aveva, con atti formali, sollecitato l’apertura di un procedimento, sono anch’essi indagati,
-- Napoli, ‘o paese d’o sole, è sommerso dall’immondizia, ma come dice Luciana Littizzetto la colpa non può essere del suo Sindaco bensì del Sindaco di Ferrara o, più probabilmente, del Borgomastro di Vienna,
-- una parte importante del Governo (praticamente l’intero partito del Ministro) è sotto indagine,
-- il Capo dell’attuale Governo, a differenza del suo predecessore, non passa il tempo a scrivere leggi ad personam, preferendo impiegarlo, in verità dando prova di miglior gusto, a sciare sulle bianche nevi del nostro Belpaese così schivando, insieme ai paletti della pista da slalom, anche le domande dei giornalisti e le legittime richieste di chiarimento di quel che rimane di un Parlamento ormai decimato dalle inchieste,
-- a un incontro di toghe ieri sera sono stato aggiornato sul fatto che ad oggi i rinvii delle decisioni a Roma, per quel che concerne gli appelli nelle cause civili, hanno raggiunto l’anno 2013, lo riscrivo in lettere che fa più effetto duemilatredici,
-- commentando il TG oggi a pranzo, mia moglie osservava (da profana non essendo lei una “toga”) che soltanto tra dieci anni sapremo se Mastella, se sua moglie, se Forleo, se De Magistris e tutti quanti gli altri siano dei farabutti o delle povere persone perbene vittime di fraintendimenti o, come qualcuno asserisce, addirittura di vere e proprie persecuzioni,
-- aggiungo io, che “toga” lo sono, che anche qualora uno/a qualunque di costoro risultasse tra dieci anni essere stato oggi vittima di vera e propria persecuzione, si aprirebbero altri procedimenti e nei dieci ani successivi si saprebbe forse chi e perché se la prese con lui/lei, esattamente come oggi dopo ben 27 anni tutti sappiamo COME precipitò il DC9 Itavia nel mare di Ustica, ma nessuno ancora sa PERCHE’ (questo dipenderà dal buon cuore dei servizi segreti americani o francesi o italiani, ma in tal senso giova osservare che dopo quasi 70 anni la CIA non ha ancora de-secretato gli atti inerenti l’omicidio JFK, sebbene la guerra del Vietnam sia finita da un pezzo, ragion per cui non c’è molto da sperare),
-- nel frattempo recuperare un credito o interrompere una molestia continua a rimanere un lusso da risolvere “privatamente” (sappiamo tutti che in certe zone d’Italia, nell’assenza della Giustizia Civile, i crediti li recupera la malavita organizzata, mentre per le questioni di sicurezza personale o si hanno tanti soldi per rivolgersi a soggetti “legali” pagando tanto, oppure se ne hanno pochi ma basta girare un po’ per i bassifondi e qualcuno che ti protegge per il costo di una dose lo trovi ugualmente, e te ne puoi dunque fregare se i poliziotti sono tutti impegnati a condurre auto blu o controllare gli ioditi che vanno allo stadio per fare casino o quelli che sfrecciano in autostrada a 200 all’ora),
-- in Corte di Cassazione, nella stessa Sezione, due diversi Collegi rendono sentenze diverse su identiche questioni di diritto, tanto nel civile quanto nel penale,
-- gli avvocati non sanno più cosa rispondere ai clienti ed i magistrati non sanno più cosa rispondere agli avvocati.
Il sistema è ormai complessivamente impazzito e non esistono case di cura per malattie mentali così radicate e cronicizzate.
Meglio sarebbe stato, dunque, abolire qualche articolo della nostra bellissima (sottolineo: meravigliosa) Costituzione, e tutto sarebbe andato a posto.
Bastava che Castelli, invece di spendere miliardi per sostituire in ogni singola aula dei nostri tribunali la dicitura “la legge è uguale per tutti” con quella attuale “la giustizia è amministrata in nome del popolo” (miliardi che potevano invece servire per pagare gli straordinari dei cancellieri o le ditte incaricate delle trascrizioni dei verbali di dibattimento, visto che oggi un giudice deve chiudere tutto entro le 14 altrimenti dopo quell’ora restiamo io e lui e se ne va persino l’imputato perchè giustamente ha bisogno di rifiatarsi)... ripeto, bastava che Castelli quei miliardi li spendesse per la dicitura “la Giustizia non è amministrata”, e tutto sarebbe andato a posto.
Se una cosa te la dicono subito poi dopo non puoi dire che già non la sapevi.
Come quando all’ospedale mandano fuori dai parenti un dottorino alle prime armi (i Primari non si sporcano le mani con questo tipo di servizi), a dire che il paziente è morto.
Il paziente è morto, ancora non sappiamo se ci sono aggravanti di crudeltà inumane o sevizie o quant’altro.
Per cui noi qui da “uguale per tutti” non possiamo davvero dire nulla di più visto che non abbiamo ancora la misura esatta del disastro e forse non avremo mai gli strumenti per assicurare a questo disatro, ed ai suoi artefici, un processo “equo” come si conviene in base alle Convenzioni internazionali ed al nostro dettato costituzionale.
Caro cittadino, ci sentiamo proprio come quel povero dottorino alle prime armi, che animato da tanta passione vorrebbe salvare vite ma lo mandano invece a comunicare i decessi.
Questo è il nostro “bollettino medico provvisorio”: il paziente è morto, salvo complicazioni.
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A questo post è stato scritto un commento dalla Redazione, dal titolo "Perché non possiamo consegnarci allo sconforto e alla rassegnazione", che si può leggere cliccando sul titolo medesimo.
bhè allora da dove comincio? dal post lungo lungo? oppure da una carineria tipo la differenza tra omicidio e assassinio? ma quello è il diritto tedesco e in parte anglosassone mica il diritto italico...
RispondiEliminamah la giustizia italia ha una marea di problemi e risolverli è quasi impossibile...
io più che di paziente morto salvo complicazioni parlerei di una partita a tresette col morto...
chi so' i giocatori? il POTERE giudiziario, il potere politico, il potere dottrinale(ah povero mantesquieu)
e il morto? ma il diritto naturalmente!!!
ciao
g820 su splinder
Bellissimo scritto!
RispondiEliminaA quanto pare il giudizio sul mal funzionamento della giustizia è quasi unanime. E allora bisogna riflettere sui reati che appaiono discutibili: il caso Cuffaro, cosa è successo? Questo signore venuto a conoscenza di indagini delicate che riguardavano importanti inchieste sulla mafia, li ha divulgate, facendo svanire il delicato e complesso lavoro fin lì svolto dai magistrati. La giustizia, per come previsto dall'attuale Ordinamento, lo ha inquisito. In seguito, le polemiche e i diversi punti di vista non hanno risparmiato neanche gli stessi magistrati, regalando così al Paese una spaccatura netta tra, pro Cuffaro, contro Cuffaro e la stragrande maggioranza degli italiani stufa degli uni e degli altri. Intanto, questo signore ha continuato nel suo incarico di Presidente della Sicilia, poi è stato eletto, in ordine, nel Parlamento Europeo, al Parlamento Italiano e riconfermato Presidente della Sicilia. Vi chiedo se non sarebbe più utile alla Sicilia e all'intero Paese prevedere nell'ordinamento giudiziario che in casi analoghi, non venga iniziata alcuna indagine da parte della magistratura, a patto che i partiti politici provvedano in autonomia l'immediata estromissione del soggetto per almeno 10 anni da ogni incarico pubblico di responsabilità.
Grazie, bartolo iamonte
Caro Avv. Falcetta, non sono un togato ma credo di aver intuito il disagio che Lei prova parlando di legge e giustizia.Andiamo con ordine: quanto alla sua "lezione" sull'omoicidio e sulle aggravanti direi di soprassedere precisando soltanto che, almeno teoricamente, quando il legislatore disciplina un fatto non fa altro che accostarsi al comune sentimento popolare(non sara' certo una previsione normativa a insegnarmi che un omicidio consumato in modo efferato e' peggiore di quello commesso per raptus); quanto alla pena da infliggere credo Lei stesso si renda conto che usare un metodo"aritmetico" sia, (al di la di un aspetto prettamente esemplare), inutile vista la limitatezza della vita umana( mi augurerei di vedere un reo che sconta per intero una pena detentiva pari a 150 anni)Torniamo.. anzi iniziamo col problema della giustizia. E' proprio leggendo la Sua riflessione in merito che scorgo un malcontento che peraltro accomuno ad altri magistrati: Se mi permette da profano aggiungo che il malcontento inizia a far capolino direttamente nelle aule universitarie e nel momento in cui un povero studente, animato dalle piu' nobili intenzioni e da sentimenti di giustizia.... inizia a prender atto di discipline lacunose e a volte colmate dall'ingegno della giurisprudenza e della dottrina che tentano di riparare all'inezia del lgs(mirabile esempio e' il diritto amministrativo ove esistono istituti praticamente inventati dalla prassi...)Il caso Mastella che oggi e' sulla bocca di tutti dovrebbe portare a fare riflessioni caute tanto sui magistrati quanto sugli indagati( politici o meno).In tutta onesta' Le dico, senza intento offensivo, che non mi sento di sposare la posizione di un vostro ex collega( ma ancora lo e' nei sentimenti e nei ragionamenti) quale e' Di Pietro, che a spada tratta difende la magistratura "a costo della vita". Essa va certamente rispettata ma dubbi possono sorgere sull'operato.. non della stessa ma dei singoli magistrati che, essendo uomini possono commettere errori(non facciamo passare sotto silenzio le tante sentenze aberranti che sono una realta')Dubito della indipendenza della magistratura perche' dubito del fatto che i suoi componenti siano immuni dalla politica.. e dubito fortemente dell'onesta' della politici o almeno di alcuni che sicuramente utilizzeranno il mandato gentilmente concesso dai cittadini per fare i propri interessi. Intanto il povero cittadino che si vede coinvolto in un qualsiasi giudizio(in veste di attore, convenuto, litisconsorte, interveniente.. e chi piu' ne ha piu' ne metta) rischia di veder prima il PadreEterno che il suo giudice naturale che pronuncia sentenza...A quanto pare pure la Suprema Corte inizia a far confusione( con buona pace per la funzione di normofilachia!!)Ha ragione avvocato.. la giustizia e' morta e mi sa che solo un miracolo la puo' riportare in vita
RispondiEliminaAnche una sola legge basterebbe, e neppure costituzionale ... mandare a casa chi fa male il suo lavoro !
RispondiEliminaCaro Andrea,
RispondiEliminasono tornato in Italia per alcuni processi. Te ne racconto uno di ieri.
Processo per omicidio colposo (io assisto l'imputato): una morte assurda, un peso da palestra che cade da una finestra e stronca la vita di una madre di meno di 30 anni.
Io e il collega di parte civile aspettiamo fino alle 14 perché un giudice non togato, in sostituzione del titolare assente, ci dica che non è titolato a trattare quel tipo di processo e ci comunichi la data del rinvio. I parenti della vittima sono in aula, ma la giovane giudice onoraria ha voglia di scherzare e, pensando di fare un piacere ai pochissimia avvocati presenti in aula, dice approffitando della presenza in aula di alcuni avvocati che conosce, incomincia a dire, ridendo: "Ma quanti bei avvocati in aula! Avvocato Tizio, che ci fai qui? E tu, Avvocato Caio?".
Io e il collega di parte civile siamo un po' imbarazzati, il giudice non capisce perché e chiede spiegazioni. Il difensore di parte civile, giustamente irritato, dice: "Giudice, credo che non ci sia niente da ridere". Il giudice continua a non capire, sicché il collega è costretto a spiegare che siamo lì per una vicenda dolorosa, che i parenti della vittima sono in aula, che si tratta dell'ennesimo rinvio e che sì, non è proprio il caso di scherzare.
Vergogna? Scuse? Niente. Anzi: " E vabbè, non si può neanche più scherzare!".
Ecco, caro Andrea, cari amici giudici, cari cittadini. Così siamo ridotti. Una vita spezzata è trattata in questo modo, l'amministrazione della giustizia è offesa e vilipesa.
Non sappiamo più cosa dire né cosa fare. Perché hai ragione, Andrea: il paziente è morto davvero.
Caro avvocato,
RispondiEliminaMale ha fatto, senz'altro, il giudice "onorario" penale a scherzare in udienza.
Però, caro avvocato, sarebbe opportuno che lei dimostrasse gli stessi, giusti, risentimenti anche nei confronti di episodi analoghi, se non peggiori, quando provengono da giudici "togati" e professionali.
Non mi fraintenda, non vorrei assolutamente insinuare, e non mi permetterei mai di dire, che lei se la sia presa facilmente con un magistrato "onorario", laddove avrebbe usato maggior prudenza nei confronti di un magistrato professionale.
Volevo soltanto ribadire che, in generale, un avvocato non mi sembra proprio la persona più indicata per emettere giudizi sovra i magistrati che giudicano le sue cause, né qualora siano magistrati onorari, né, a maggior ragione, quando siano magistrati ordinari e professionali.
E non credo di doverle spiegare il perché.
Cordiali saluti.
Caro Andrea, cari Tutti,
RispondiEliminaanch'io sono, come direbbe Andrea, un "avvocato aggressivo", anche se opero nel civile (che vi assicuro richiede anche lui morsi non di poco conto).
Personalmente ho il brutto "vizio" di invocare rispetto dai magistrati sia togati che onorari senza alcuna distinzione, ricordando sovente che il nostro lavoro rappresenta un servizio reso ad un cardine costituzionale, ancorche' da lati diversi dello scranno (ed e' noto a tutti gli operatori quanto sappiano rendersi odiosi certi giudicanti....)
Non mi sono mai curato quando qualcuno mi rimproverava la passione con cui affronto anche questioni bagatellari, giacche' credo che anche de minimis e' possibile trattare con precisione, zelo e attenzione, visto che per le parti anche il poco, a volte, puo' significar molto.
Non mi sono mai ispirato alla convenienza economica delle faccende, spaziando fra questioni in cui l'impegno richiesto non avrebbe mai avuto adeguata proporzione nel compenso invocabile in relazione al valore della causa e pratiche successorie di rilevante entita'.
Amo il mio lavoro e l'ho scelto.
Ma riconosco ora che il paziente e' davvero spacciato e che la fatica quotidiana e' ormai davvero inane.
Allora, mi sono arreso : dopo vent'anni, da cassazionista, lascio il campo.
Mi procura orami dolore recarmi ogni giorno nell'agone, dove un disordine indicibile, una sciatteria senza pari, tempi lunghi al di la' di ogni possibile resistenza umana, neghittosita' e furberie mortificano la voglia di giustizia e l'impegno professionale.
La professione nobile e' diventato un mercato insopportabile, dove si mescolano eccellenze (sempre piu' rare e ahime' sempre piu' "mobbizzate") a mestieranti (come forse piacciono a Vito D'Ambrosio, a me no) senza cuore e senza vergogna, che fanno scempio della domanda di giustizia.
La prospettiva che "il tempo e' galantuomo" ed alla fine rende giustizia non mi acquieta piu', perche' diventa sempre piu' difficile essere credibili con chi si affida al nostro aiuto nel professare fiducia in una istituzione ridotta come purtroppo oggi e'.
Da domani cambio lavoro, e non e' stato facile, ne' indolore deciderlo.
Ho ripensato alle parole del Dr. Gherardo Colombo quando ha lasciato la magistratura : non tutto poteva dire, ma l'ho compreso.
Talvolta, quella che sembra una fuga (lo so che apparira' tale) e' l'unico modo per continuare a portarsi ancora rispetto, a voler conservare l'immagine romantica di una istitizione come ce l'hanno insegnata, come l'abbiamo amata, come vi abbiamo aderito e come non e' piu'.....
Per Avvocato delle 17.26.
RispondiEliminaCarissimo Avvocato,
grazie di cuore per la Sua dolorosa e sincera testimonianza.
Comprendiamo davvero pienamente il Suo dolore e la Sua difficoltà, che sono anche i nostri, di Andrea, di Felice, di Stefano, di Bruno, di tanti.
Davvero ormai è solo una grande fatica per trovare un perchè nel non senso generale e nello snaturamento delle nostre delicate professioni, delicate non per noi che le facciamo, ma per i beni preziosi che, ciascuno dalla sua parte dello scranno, siamo chiamati a tutelare e non riusciamo più a tutelare.
Condividiamo ognuna delle sue parole, come pure quelle di Andrea nell'articolo che stiamo commentando.
Crediamo tuttavia di avere il dovere morale di continuare a dare il nostro contributo per migliorare almeno un po' o per non peggiorare il pezzettino di mondo che dipende da noi.
Per di più, in una notte tanto buia, anche solo un po' di dignità, un po' di sincerità, un po' di correttezza, un po' di coraggio a volte, anche in tribunali imbarbariti, in un Paese che si abbrutisce ogni giorno di più, può essere un balsamo che aiuta, che rimette in moto, che incoraggia.
Non possiamo negare agli altri la nostra parte.
In fondo, chi ha fatto la Resistenza, chi ha combattuto per i diritti umani, Ghandi, Luther King, Falcone, Borsellino, Ambrosoli, non sitrovavanoin un contesto migliore del nostro, né sembravano avere più speranze.
Ma a distanza di anni li custodiamo nel nostro cuore il mondo è migliore o meno peggiore anche grazie a loro.
Dobbiamo accettare un'idea: non ci sono soluzioni salvifiche (collettivamente, almeno, perchè individualmente la "salvezza" è alla portata di tutti). Non ci sono strumenti e azioni che possano da sole cambiare il mondo subito.
La scelta è tra "arrendersi" o "resistere", tra "rassegnarsi" o conservare la gioia del cuore e il senso di sé.
A un poeta ingiustamente detenuto da anni si attribuisce la poesia che Le riportiamo qui sotto.
Ci farebbe piacere poterLe scrivere anche in privato. Potrebbe, se lo ritiene, inviarci una mail al nostro indirizzo di posta che si ottiene cliccando nell'apposito link della sidebar di destra? Ovviamente, Le assicureremmo la riservatezza.
Grazie di vero cuore della Sua presenza qui e della condivisione dei Suoi sentimenti.
La Redazione
Mi hanno portato via tutto
le penne
le matite
l’inchiostro
perché loro non vogliono
che io scriva
e mi hanno sprofondato
in questa cella di rigore
però neanche così soffocheranno la mia ribellione.
Mi hanno portato via tutto ...
bè, quasi tutto
perché mi rimane il sorriso
e l’orgoglio di sentirmi libero
e nell’anima un giardino
eternamente fiorito.
Mi hanno portato via tutto
le penne
le matite
ma mi rimane l’inchiostro della vita
il mio stesso sangue
e con questo scrivo ancora versi.
Armando Valladares
Cara Redazione,
RispondiEliminami conoscete gia'!
Non e' da poco che frequento il Vostro blog ed il percorso di riflessione su questo momento particolarmente carico di tensioni l'ho condiviso con Voi sin dall'inizio.
Pure in questi mesi, ne converrete, tante cose sono cambiate e tante altre non cambieranno cosi' facilmente, per cui bisogna attrezzarsi per rinnovarsi altrove con lo slancio giusto per cercare di cambiare uno stato di cose ora assolutamente inaccettabile e schiacciante.
Cio' che e' accaduto a De Magistris e alla Forleo insegna una lezione purtroppo spietata: essi sanno che alla fine emergera' - e fino in fondo! - tutto il buono del loro operare.
Ma intanto saranno passati giorni e mesi e anni; intanto chi aveva confidato nella loro opera vedra' frustrata la propria aspettativa di giustizia, perche' la distrazione, prima, e la punizione, poi, portano ritardi, rallentamenti, anche prescrizioni, a tutto danno delle parti offese nei procedimenti da questi magistrati seguiti (che e' poi il fine ultimo degli attrezzati antagonisti).
Del resto, nessuno si premura nemmeno di nasconderlo, l'obiettivo degli ostacoli disseminati sulla loro strada.
Per un avvocato avviene qualcosa di simile, con l'aggravante pero' che, essendo un "procuratore d'altri", i fatti che lo colpiscono, le meschinita' e piccinerie di quanti non amano incontrare un modo diverso di intendere la giustizia, le piccole e grandi ritorsioni o solo contrarieta', specie ove l'ambiente sia potentemente inquinato, finiscono con l'incidere purtroppo sulle posizioni degli ignari ed incolpevoli suoi rappresentati.
E questo non e' giusto.
L'advocatus e' appunto il chiamato in aiuto, non colui che senza volerlo ti danneggia perche' e' come e', testardamente fuori dal "sistema".
Il senso di responsabilita' in questo caso puo' essere schiacciante.
Allora bisogna trovare altri luoghi, altre vie per non tradire i propri valori e possibilmente allontanarsi da un sistema molto insano, dove vale di piu' chi e' disposto al compromesso, alla piaggeria, alla collusione.
Non so se la soluzione che ho pensato per me e per quelli che a me si erano affidati sia la migliore; certo provo a viverla come un atto di ribellione, non di resa.
Sono un combattente e non mi arrendero', ma il campo di battaglia nel quale mi trovo oggi e' ormai un immane acquitrino.
Mi piacerebbe percio' poter continuare anche in privato il confronto sui temi che ci sono cari e che ci accomunano, avendo letto, a fondo e con autentico piacere, (e diffuso) tutti Voi Bruno, Felice, Andrea.
Non mi fermo, solo cambio passo...: quello di prima mi e' divenuto insopportabile
Ad Avvocato.
RispondiEliminaIn quest'ottica - non di resa, ma di nuva prospettiva di impegni - ti siamo assolutamente solidali e vicini.
E dunque, potremmo ancora stare insieme, qui e altrove, e darci il sostegno che viene dalla condivisione e da un briciolo di "compassione", in un mondo sempre più caratterizzato dal perseguimento sordo e rancoroso di meschini interessi egoistici.
Un fortissimo abbraccio pieno di affetto e l'invito a mantenere la promessa di scriverci anche in privato.
Tutti da La Redazione
Siete veramente una redazione di Grandi!
RispondiEliminaMa vorrei capire da avvocato delle 17 e 26 che abbandona la professione forense per un nuovo impegno di lotta, come intende lottare e se posso essere d'aiuto anche io.
All'uopo dichiaro che, grazie al mio lavoro con disabili psichiatrici e fasce deboli in genere, sono già ben allenato da circa 20 anni di dura lotta in un contesto territoriale non abituato a riconoscere il ben che minimo diritto già a chi sa gridare figuratevi a chi è persino senza voce.
Grazie, bartolo iamonte.