In relazione al fatto che si è parlato in questi giorni di Ilda Boccassini (che si è dimessa dall'Associazione Nazionale Magistrati), riportiamo qui una sua intervista del maggio 2004, che ci sembra importante.
Non già per la parte relativa alle vicende politiche circostanziali di quei giorni, ma per il richiamo al fatto che «solo, se efficienti, i magistrati possono difendere l’autonomia e l’indipendenza della loro funzione».
E’ un tema importante che ci sta molto a cuore.
Ilda Boccassini lo ha illustrato molto bene, nel ricordo anche di Giovanni Falcone.
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di Giuseppe D’Avanzo
(Giornalista)
da La Repubblica del 25 maggio 2004
Ilda Boccassini e le polemiche sul ricordo del magistrato quindici giorni prima di venire ucciso: “Giovanni parlò così”.
Sorpresa?
“Per niente. Non sono gli esami a non finire mai, in Italia le sorprese non finiscono mai. E allora non mi sorprendo se il presidente del Senato, la seconda carica dello Stato, commemora Giovanni Falcone stropicciando fuori contesto una sua frase per lanciarla, a fini politici, contro la magistratura. E’ stato un passo falso, è stato un errore con tutto il rispetto che sempre merita la seconda carica dello Stato”.
Ilda Boccassini domenica era a Palermo. Nel viaggio di ritorno a Milano ha avuto un bel riflettere sullo stato delle cose in un Paese lacerato, sempre diviso, sempre in conflitto che non riesce a trovare ragioni comuni e condivise nemmeno accanto alle tombe, nemmeno riflettendo sulle testimonianza di vita che quei morti - morti per servire lo Stato - hanno consegnato alla storia italiana.
A Palermo Giovanni Falcone è stato ricordato, nel dodicesimo anniversario del suo assassinio, con due manifestazioni. Di diverso colore e segno, per dir così.
Romano Prodi e Giuliano Amato nell’aula dove fu celebrato il processo a Cosa Nostra istruito dal giudice istruttore e dal pool di Antonino Caponnetto.
Lungo l’autostrada a Capaci, accanto alle stele, il presidente del Senato Marcello Pera, i membri del governo.
Nessun canale di comunicazione tra i due eventi, se si esclude la presenza della famiglia del giudice.
Ilda Boccassini se n’è andata alla fiaccolata dei giovani e non ha avuto modo di ascoltare le parole di Pera. Le ha lette nelle cronache dei giornali.
Dice ora:
“Non sono rimasta sorpresa o sbigottita per le parole del presidente Pera.
Sono rimasta non stupita, ma addolorata per l’occasione che si è voluto utilizzare per portare l’ennesimo attacco alla magistratura. Ne posso solo prendere atto.
Come prendo atto che, dopo dodici anni Giovanni Falcone, già in vita bistrattato a destra come a sinistra, nemmeno da morto riesce a trovare la pace e il rispetto che merita, un ricordo che sappia riflettere sulla sua grandezza, sulla coerenza dei suoi comportamenti e delle sue scelte, sulla lungimiranza delle sue idee ...”.
Sono le idee di Falcone che Pera ha ricordato.
“No, purtroppo. E lo dico con molta tristezza. Sono le idee di Falcone che il presidente Pera ha strumentalmente utilizzato ...
Il brano citato, domenica a Capaci, dal presidente del Senato fa parte di una lezione di Giovanni all’istituto Gonzaga di Palermo, quindici giorni prima di essere ucciso.
Era l’otto maggio del 1992. Le sue parole sono a disposizione di tutti, pubblicate in volume dalla Sansoni (Interventi e Proposte, pagina 183).
Era una lezione senza titolo nelle sue carte. Il titolo che accompagna il testo pubblicato (“Il dibattito politico sul ruolo della magistratura”) è stato apposto dai redattori del libro, ma rende bene il nucleo della questione che Giovanni affronta”.
Qual è, questa questione?
“Falcone discute dei rapporti tra politica e magistratura. Osserva che «dopo la moda del linciaggio verso la politicizzazione dei giudici ... adesso, con una velocità degna di miglior causa, siamo di fronte alla difesa ad oltranza dell’indipendenza dei giudici».
A Giovanni non sono mai piaciute le ‘astratte affermazioni di principio’ e quel giorno prova ad assaggiare che cosa, per i magistrati, bolle in pentola.
A mo’ di esempio cita le proposte dell’ideologo della Lega, il professor Gianfranco Miglio. Riassume il suo progetto di riforma dell’ufficio del pubblico ministero: «Organo che dovrebbe essere diviso da quelli della funzione giudiziaria, organizzato gerarchicamente dal suo interno dove gli organi superiori dovrebbero avocare a sé gli affari trattati dagli organi inferiori; dove i funzionari avrebbero una carriera distinta dai magistrati della funzione giurisdizionale e non potrebbero essere trasferiti ad uffici di quest’ultima».
«Il reclutamento dei pubblici ministeri dovrebbe avvenire per concorso, ma la nomina, le promozioni e la assegnazione», proponeva Miglio, sarebbero state sottratte al Consiglio superiore della Magistratura per essere assegnate a «un procuratore della Costituzione».
Dico, en passant, che la riforma di Miglio assomiglia come una goccia d’acqua alla riforma dell’ordinamento giudiziario in discussione alla Camere, ma questo come è ovvio Giovanni non poteva saperlo.
Sapeva invece che con idee di quel tipo, con una riforma istituzionale di quel tipo, la magistratura doveva fare ormai i conti senza trincerarsi in una inutile ‘difesa ad oltranza’.
Anche allora il suo occhio vide lontano. Giovanni, in quella lezione al Gonzaga, si chiedeva dunque come difendere l’autonomia della magistratura. Si chiedeva e si sforzava di far comprendere come «autonomia e indipendenza potessero rispondere alle reali esigenze della società, essere funzionali alle necessità della collettività».
Solo quella era la via d’uscita, infatti: rendere concreto per la società l’utilità dell’autonomia e dell’indipendenza della funzione giudiziaria, vederle «riconosciute come un valore da custodire e non già come un privilegio» delle toghe.
E’ in quest’orizzonte che Giovanni fece riferimento alla funzionalità dell’autonomia e dell’indipendenza, valori – disse – che servono per l’efficienza della magistratura. Solo l’efficienza della funzione giudiziaria messa al servizio della società potrà trasformare autonomia e indipendenza in valori non per la magistratura, ma per la collettività. A rileggere quella lezione, il significato è chiaro. Giovanni avverte i magistrati: attenti, dopo il linciaggio della politicizzazione, verranno riforme che avranno l’esplicito obiettivo di piegare l’autonomia della nostra funzione. A nulla varrà una difesa cieca, miope, ‘ad oltranza’, se non renderemo vivo, necessario, conveniente nella società, con un efficiente servizio, quel valore di autonomia e indipendenza ... Mi scusi, mi interrompo ...”.
Perché?
“Questo discorso non voglio farlo, non voglio farmi prendere dalla passione del ricordo di un amico che, in momenti difficili come questo, ci manca se è possibile ancora di più ....
Non voglio unirmi al coro di chi, anno dopo anno, afferra un lembo del pensiero o del lavoro di Giovanni per farne scudo alle proprie scelte o per trasformarlo in un’arma d’offesa contro gli avversari politici.
Spero che almeno da morto, come non lo è stato in vita, Giovanni possa essere rispettato con le sue idee, lucide, premonitrici, controverse o discutibili come sono tutte le idee.
Con il rispetto che un servitore dello Stato, come me, ha e deve avere per la seconda carica dello Stato, ripeto che il presidente del Senato ha commesso un errore lasciandosi anch’egli tentare dall’uso strumentale delle riflessioni di Giovanni Falcone. Per di più, è incappato in una grave contraddizione”.
Qual è la contraddizione?
“Pera ricorda che Falcone pose alla base della sua riflessione un trinomio. Autonomia, indipendenza, efficienza.
Giovanni pensava che solo, se efficienti, i magistrati possono difendere l’autonomia e l’indipendenza della loro funzione.
Ma ci sono anche delle condizioni di base che devono essere assicurate dallo Stato per poter essere efficienti.
Perché il presidente del Senato non si occupa delle condizioni in cui è stato avvilito il servizio giudiziario?
Perché non spende una parola dinanzi alle doglianze della magistratura italiana sull’impossibilità dell’efficienza con gli organici malmessi, le risorse ridotte, le leggi contraddittorie?
Ecco, la strumentalità del discorso del presidente del Senato è in questa contraddizione.
Sembrano non interessargli «le reali esigenze della società» che stavano a cuore a Giovanni, ma soltanto la reiterazione dell’accusa di politicizzazione, che, come aveva previsto Falcone più di un decennio fa, annuncia riforme che vogliono condizionare l’autonomia e l’indipendenza di quel servizio.
Se «le reali esigenze della società» fossero state tra i pensieri di Pera, come lo erano nella mente di Giovanni, il presidente del Senato avrebbe forse dovuto spendere anche qualche parola sulla caduta di tensione del ceto politico nel contrasto con la mafia, quella mafia che ha ucciso Giovanni e Paolo Borsellino e Francesca Morvillo e distrutto le loro scorte.
Avrebbe speso qualche frase contro quel desiderio di convivere con Cosa Nostra che sembra il segno di questi anni anche per esplicita ammissione di qualche ministro.
Avrebbe ricordato che, dentro la magistratura, c’è stato chi ha venduto la toga al miglior offerente e chi, fuori della magistratura, l’ha comprata.
Avrebbe ricordato che l’efficienza della funzione giudiziaria non può essere affare soltanto dei giudici o dei pubblici ministeri, ma anche di chi fa le leggi e amministra l’organizzazione giudiziaria”.
Oggi sciopererà?
“Oggi sciopererò e le dico che sciopererò, anche se starò qui nel mio ufficio a lavorare, anche per onorare il ricordo di Giovanni Falcone, magistrato autonomo, indipendente, efficiente”.
Gentile redazione,
RispondiEliminanon sono assolutamente titolato ad esprimere giudizi rispetto a problemi così complessi da determinare la vita civile e democratica della nostra Nazione. Ma da semplice cittadino vittima dello stesso complesso e indegno “sistema italiano” vorrei esprimere il mio punto di vista in merito alle cose scritte nel post di oggi.
Sono un tifoso della magistratura libera, autonoma e indipendente.
Seriamente preoccupato per l'attuale andazzo, già iniziato con l'avvento della cosiddetta seconda repubblica, da parte di una classe dirigente totalmente inadeguata (in maniera bypatisan) al governo del nostro Paese. Questa sedicente seconda repubblica ci sta facendo rimpiangere personaggi “squallidi” come Craxi e Andreotti e già questo è un tutto dire. Ma d'altro canto, la magistratura ha le proprie responsabilità nell'attuale degrado. Essa infatti, mai avrebbe dovuto, o deve, collaborare con un potere politico espressione di una società non del tutto omogenea alla democrazia, in quanto costituita da una élite lontana anni luce dalla base popolare che esprime gli stessi politici. Le tragedie di Falcone e Borsellino sono accomunate soltanto dalla efferatezza dell'azione e dall'onestà intellettuale di entrambi. I personaggi, invece, erano diversi: Falcone voleva bruciare tutte le tappe per la vittoria conclusiva nella lotta alla mafia e questo lo ha portato a commettere errori. Ha creduto di poter piegare la politica al fine di raggiungere il suo nobile intento. Borsellino, avrebbe potuto ottenere tutto ciò che voleva da quei politici che lui non stimava, ma ha preferito andare incontro alla sicura morte, piuttosto che svendere la sua autonomia di magistrato. Forse è questa differenza che ha portato personaggi come Pera a strumentalizzare alcune frasi del dottor Falcone a favore di una politica atta ad imbrigliare l'Ordine giudiziario che godeva, e forse, mi auguro, ancora gode, di una netta superiorità, morale, intellettuale e professionale, rispetto agli altri poteri che compongono le nostre istituzioni.
Grazie, bartolo iamonte
Io spero sinceramente di ricordare male. Tuttavia ho letto qualche tempo addietro che - nell'ambito del progetto di "stabilizzazione" della magistratura onoraria - vi è una norma che attribuirebbe a quest'ultima il compito di definire le cause introdotte fino ad una certa data (ed in origine assegnate ai “Togati”). Insomma, una specie di riedizione delle sezioni stralcio che - lo dico da Avvocato dello Stato - hanno a mio parere (con le dovute eccezioni) arrecato gravissimi danni al prestigio della Magistratura ordinaria.
RispondiEliminaFaccio anch'io parte dell'Amministrazione pubblica, e conosco dunque perfettamente quello che - con espressione gentile - viene definito "problema della distribuzione delle risorse" (l’espressione indica, più brutalmente, che chi ha voglia di lavorare deve sobbarcarsi i compiti dei colleghi che tale voglia non hanno. Il fenomeno è ben noto anche tra noi Avvocati dello Stato, lo preciso affinché il mio non sembri un “parlare in casa d’altri”). Allora: va bene l’esigenza del riconoscimento di alcune garanzie ai giudici onorari. Ma, per carità di patria, evitiamo che ancora una volta siedano accanto ai Magistrati ordinari allo scopo di smaltirne l’arretrato (decidendo, per giunta, le cause normalmente più intricate e giuridicamente complesse). Cordiali saluti.
Pierfrancesco La Spina
Gentile Avv. La Spina, purtroppo non ricorda male.
RispondiEliminaLa Redazione
Caro Bartolo,
RispondiEliminaLe rispondo a titolo del tutto personale (e non della Redazione), perchè il Suo commento pone all'attenzione un problema molto serio e molto difficile da affrontare e trattare.
Mi permetta di farLe i miei sinceri complimenti per l'acume e la delicatezza insieme con i quali lo ha trattato.
Personalmente, credo che Giovanni si fosse reso conto che non avremmo mai avuto l'efficienza senza il controllo e abbia creduto che si potesse "trattare" (ovviamente con la massima onestà e rettitudine di intenzioni) su questi temi con il potere politico ottenendo dei vantaggi per la giustizia.
Molti non la pensavano come lui sul punto e temevano che da questa idea non sarebbe venuto niente di buono (e confesso che io ero fra questi). Questo spiega le contestazioni che Giovanni subì (una delle più note fu quella Alfredo Galasso al Maurizio Costanzo Show).
La tragedia enorme di tutta la storia era comunque la solitudine e l'isolamento "interno" di questi colleghi, condizione nella quale ogni decisione era davvero difficilissima.
Come ho scritto qui a margine del post sul documentario "In un altro Paese", rivedendo quelle immagini di repertorio mi ha commosso profondamente vedere quanto fossero indifesi Giovanni e Paolo.
La questione alla quale Lei con molto garbo accenna ne nasconde un'altra direi filosofica: quando è necessaria una rivoluzione, quanto può essere opportuno accettare delle mediazioni?
E' un tema davvero difficile e del quale è difficile parlare senza dar luogo a equivoci.
Grazie, comunque, davvero del Suo prezioso contributo e dell'affetto che ci porta.
Felice Lima
Complimenti a Bartolo.
RispondiEliminaPer non perdere le vecche abitudini in molti preferiscono disprezzare il nuovo che avanza anche ammazzarlo.
E in merito a quanto detto da Pierfrancesco La Spina i Tribunali si sono già adeguati nell'attesa rinviando senza motivo le cause.
Sono un'impiegata che quotidianamente fa viaggi a vuoto in Tribunale.
Alessandra
Non capisco perché tutto questo disprezzo verso la magistratura onoraria. Soltanto perché non hanno sostenuto il "concorso" ? Eppure di esami ne hanno sostenuti anche loro. Le loro competenze sono limitate, non si pongono in contrapposizione alla magistratura professionale. I Giudici di Pace smaltiscono moltissimo lavoro che altrimenti spetterebbe ai giudici ordinari. I Giudici Onorari e i Vice Procuratori Onorari, da parte loro, permettono alla giustizia in Italia di sopravvivere, nonostante tutto. E per il lavoro che fanno e le responsabilità che hanno, guadagnano meno di una colf !
RispondiEliminaE riguardo alla loro cultura, molti sono laureati con lode ! Il fatto è che gli esami "di Catanzaro" hanno rovinato la classe forense, ormai iper-inflazionata, sicché oggi chi non ha appoggi per superare concorsi di ogni tipo, ovvero non ha un bacino di clienti a disposizione per intraprendere la libera professione, molto spesso è costretto a soggiacere al ricatto dello Stato, che "paga" loro uno stipendio da fame, senza previdenza e senza assistenza di alcun tipo. Mi domando sino a quando lo sfruttamento della magistratura onoraria andrà avanti, nel silenzio assoluto dei "media", che si occupano solo di alcuni aspetti del problema giustizia.
Bei tempi, quelli quando esisteva solo il Vice Pretore, incarico veramente "onorario", del tutto gratuito, e il Giudice Conciliatore ! Ma ormai quei tempi sono finiti, da un pezzo...
Vi segnalo un coraggioso articolo dell'ottimo Vulpio, sul Corrire di oggi, che riguarda agghiaccianti episodi sul caso Forleo. non lo ho trovato sul sito del Corriere, probabilmente lo inseriscono domani.
RispondiEliminaQuando si dice il caso.....
RispondiEliminahttp://www.telenorba.it/home/news_det.php?nid=4563
Non dimentichiamo le scadenze Forleo e De Magistris, quest'ultimo domani dinanzi alla disciplinare del CSM perche' " e' necessario che emerga che e' un cattivo magistrato..."
L'articolo di Carlo Vulpio al quale fa riferimento Anonimo delle 17.59 si può leggere a questo link.
RispondiEliminaLa Redazione
Caro anonimo delle 15.41,
RispondiEliminaa me non sembra che ci sia disprezzo per la magistratura onoraria, nella quale sicuramente vi saranno in egual misura, come in tutte le categorie, persone adeguate al ruolo che sono chiamate a compiere e altre che non lo sono.
La questione è un’altra.
A mio parere la presenza fisiologica e massiccia dei giudici onorari all’interno della magistratura fa perdere credibilità alla categoria e non per la mancanza di professionalità o capacità dei giudici onorari, che pure qualche volta si riscontra, ma per una diversa ragione: che senso ha prevedere rigorosi esami e controesami per l’ingresso in magistratura e subordinare l’esercizio delle funzioni giurisdizionali da parte dei vincitori di concorso ad un lungo periodo di tirocinio formativo, se poi una persona appena laureata, magari senza neanche l’abilitazione alla professione forense - come una buona parte dei giudici onorari - può esercitare le medesime funzioni di un magistrato togato, talvolta anche in settori molto delicati?
Stefania Barbagallo
La questione sta proprio nei termini evidenziati da Stefania Barbagallo. Nessuno - è ovvio - disprezza la mgistratura onoraria, che svolge un compito assai importante nella gestione del contenzioso civile e penale. Non si può, tuttavia, continuare ad ignorare la differenza tra lo sbarramento costituito da un concorso a tutt'oggi assai selettivo e quello dato dal semplice "possesso" del diploma di laurea. Del resto come non ricordare gli effetti nefasti - in termini di qualità del corpo docente - dei vari "ope legis" universitari?
RispondiEliminaNon dico certo che il concorso è condizione necessaria e sufficiente a garantire preparazione e professionalità; ma quanto meno necessaria sì!
Saluti,
Pierfrancesco La Spina
Nel condividere pienamente le considerazioni della collega Barbagallo e dell'avv. La Spina, vorrei aggiungere che, premesso che ho con i giudici onorari con cui mi trovo a lavorare rapporti eccellenti di stima (nel senso che li stimo), c'è anche un altro profilo del problema.
RispondiEliminaLo Stato non riesce - o meglio, secondo me non vuole - fare funzionare la giusitzia.
Questo produce "arretrato".
Periodicamente lo Stato organizza uno "smaltimento straordinario" di questo arretrato.
A mio modesto parere occorre opporsi a questi "smaltimenti straordinari" che hanno tutti i vizi ovvi e pretendere che lo Stato si organizzi in modo da non avere bisogno di essi.
Come hanno detto Stefania e l'avv. La Spina, se la Costituzione dice che giudici si diventa per concorso, non ha alcun senso che periodicamente si chieda a "chiunque" di fare il giudice senza concorso.
E' ovvio che dobbiamo essere grati e anche molto grati ai magistrati onorari, fra i quali ci sono eccellenti professionisti e validissime persone.
Il problema non è in alcun modo di minor rispetto per questi professionisti.
Il problema è che non dovrebbero esistere magistrati "onorari", perchè la giustizia è una cosa da fare in maniera seria e organizzata. Il concetto di "onorario" va bene per la presidenza di una associazione benefica, non per l'amministrazione di una cosa come la giustizia.
Io rispetto sinceramente i magistrati onorari e li sento come miei colleghi. Solo vorrei che non ci fossero più colleghi "onorari". Vorrei solo colleghi "effettivi".
Felice Lima
E lo smaltimento dell'arretrato prodotto non lo vuole nessuno come i rifiuti in Campania.
RispondiEliminaQuando furono istituite le sezioni stralcio che dovevano durare quattro anni,nell'attesa di queste la precisazioni delle conclusioni furono rinviate per numerose volte e le sentenze delle sezioni stralcio produssero procedimenti durati anche 16 anni in primo grado che ancora pendono davanti alle Corti d'Appello. E questa è stata una responsabilità dei giudici togati che oggi rivendicano il loro ruolo.
Alessandra
Cara Alessandra,
RispondiEliminaha ragione. I magistrati tante volte (ma, sappia, non sempre) gestiscono male i "colleghi" "onorari".
Tendono a "usarli" come "smaltitori", mentre, una volta che ci sono, bisognerebbe "inglobarli", per fare in modo che possano dare il meglio di sé.
Sappia, però, che questo non è per niente facile e richiede enormi investimenti di tempo (in formazione, assistenza, consiglio, studio, ecc.) che tanti di noi, che abbiamo già tantissimo lavoro, non abbiamo.
In molti casi, poi, la fatica è immane per l'inadeguatezza delle persone, perchè il criterio di selezione dei giudici onorari (che consiste nella totale assenza di un criterio) fa sì che fra loro ci siano persone di notevole spessore, non inferiori per capacità e competenza ai giudici professionali e in tanti casi anche superiori, ma anche persone che mai dovrebbero essere chiamate a quell'ufficio perchè prive di qualsiasi requisito minimo per esercitarlo.
Felice Lima
Grazie Dr. Lima della risposta.
RispondiEliminaE so anche che in Italia si legifera sempre in emergenza e quindi approssimativamente come oggi per i rifiuti.
Quando iniziò a prodursi l'arretrato era l' 1981 e le sezioni arrivarono con sofferenza nel 84 e sono durate per dieci anni
circa.Nel frattempo anche i giudizi nuovi iniziarono di nuovo ad essere arretrato quello di oggi.
E molti giudici non hanno applicato quello che gli consentiva la procedura per una più snella definizione dei giudizi.
E questa volta i rinvii non dipendevano più dalla volontà degli avvocati.
A presto e con vero piacere
Alessandra
Caro Dottor Lima,
RispondiEliminaStavolta concordo perfettamente con Lei. E' assurdo e palesemente illegittimo impiegare magistrati onorari, che non hanno superato il "concorso", per utilizzarli a pieno titolo in Tribunale, in sostituzione dei magistrati professionali, con tutte le resposabilità del ruolo ma, ex adverso, nessuna garanzia !
Sappia che ho conosciuto Giudici Onorari che hanno deciso (per fortuna bene...) cause civili del valore di due milioni di euro ! E che dire dei Vice Procuratori, senza il cui apporto i procedimenti penali non andrebbero più avanti ?
Delle due, l'una: o si riconosce il ruolo che effettivamente svolgono i magistrati onorari di Tribunale e li si tratta conseguentemente (mi sembra, per incidens, che un requisito di preferenza nell'assegnazione dell'incarico sia il voto di laurea...), ovvero li si licenzia e si cessa di sfruttarli e di pagar loro soltanto 72 euro netti a udienza (di solito due udienze a settimana), indipendentemente dal lavoro effettivamente svolto !
Il problema è che se li si "licenziasse" la giustizia in Italia sarebbe morta e sepolta, e non solo agonizzante, com'è ora !
Pertanto, si continuerà così... tuttavia mi domando sempre: cui prodest ?
Cordiali saluti.