Pubblichiamo uno scambio di lettere fra Andrea Falcetta e Bruno Tinti (entrambi componenti della Redazione del blog), nato dalla lettura da parte di Andrea di un brano del libro “Toghe rotte”, scritto da Bruno.
Ne viene fuori un confronto sul ruolo dell’avvocato, scritto dai punti di vista diversi dell’avvocato (Andrea) e del magistrato (Bruno), che ci sembra una bella tappa del percorso di dialogo costruttivo fra tutte le “toghe” (la prima parola dell’indirizzo internet del nostro blog) che era nei nostri auspici quando abbiamo dato vita a questo blog e che pian piano sta diventando realtà.
Qui c’è la lettera di Andrea a Bruno.
A questo link la risposta di Bruno ad Andrea.
Nella sua lettera, Andrea fa riferimento all’avv. Oreste Flamminii Minuto.
Ci teniamo a esprimere all’avv. Flamminii Minuto la nostra stima e profonda gratitudine per il nobile gesto delle Sue dimissioni dall’Unione delle Camere Penali per solidarietà con il Segretario dell’Associazione Nazionale Magistrati aggredito dall’ex Presidente Cossiga (la lettera con le dimissioni dell’avv. Minuto può essere letta a questo link, da dove si può andare alla interessantissima discussione che ne è scaturita nel forum dell’Unione delle Camere Penali).
Non può esserci processo senza avvocati e magistrati. Per le stesse ragioni, il nobile gesto dell’avv. Flamminii Minuto ci sembra la prova migliore di come la giustizia non possa essere promossa e difesa se non insieme dagli avvocati e dai magistrati.
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di Andrea Falcetta
(Avvocato del Foro di Roma)
Egregio dott. Tinti,
Natale viene solo una volta l’anno e quest’anno il mio regalo avrebbero dovuto essere le Sue sagge riflessioni: infatti dopo averla ascoltata nella trasmissione Annozero, colpito sia dalla lucidità delle sue analisi che affascinato dalla sua garbata ironia, avevo chiesto a mia moglie che per questo Natale mi regalasse una copia del suo libro “Toghe rotte”.
Il pomeriggio del 25, dunque, non appena trovato un angolo di solitudine, inizio a sfogliare l’indice e immediatamente dopo mi precipito a pagina 52, sopraffatto dalla curiosità di leggere il capitolo intitolato “Elogio degli avvocati”.
Ne esco amareggiato e deluso.
A beneficio dei nostri lettori, ne riporto qui virgolettati alcuni stralci:
1) “le cose più importanti per l’accusa escono sempre dal controesame della difesa” (difesa scritto in minuscolo),
2) “In vecchiaia scriverò un elogio degli avvocati. Nel bene e nel male fanno grandi i PM ed i giudicanti ... li vorrei anche leali, è vero. Ma non sempre possono esserlo”,
3) “e se un lettore dovesse chiedersi perchè mai gli avvocati non sempre possono essere leali, ecco la sua spiegazione : gli avvocati non sono liberi nelle proprie scelte professionali, perché a differenza dell’autore essi 'hanno un committente'”.
Converrà con me che leggendo queste sue affermazioni, un lettore non possa che dedurne quanto segue:
1) se un avvocato svolge il controesame dei testimoni finisce per inguaiare di più l’imputato, per cui è meglio che se ne stia zitto,
2) l’incapacità professionale degli avvocati contribuisce quindi a far ben figurare i pubblici ministeri e i giudicanti,
3) non è logico attendersi lealtà dagli avvocati, visto che hanno sempre un committente alle cui istruzioni devono attenersi rigorosamente per non incorrere nelle sue ire.
Potrei smentirla, raccontandole molte storie.
Potrei raccontarle la storia di Giorgio Ambrosoli, che per svolgere lealmente ed in obbedienza alla legge il proprio lavoro di liquidatore del Banco Ambrosiano Veneto fu ucciso.
Potrei raccontarle la storia di più di un Avvocato che, in territori controllati dalla criminalità organizzata, hanno rifiutato di portare fuori dal carcere gli ordini criminali dei loro clienti, e sono stati uccisi.
Potrei raccontarle la storia di un uomo di 44 anni, Avvocato da 18, che quando deve decidere se consentire o meno la lettura delle deposizioni acquisite da un collegio in diversa composizione (uno degli esempi da lei citati), non fa il conto della prescrizione ma si ispira ad altri criteri (completezza o meno delle deposizioni, eventuale necessità di ricercare la prova chiedendo conto di ulteriori circostanze, grado di sensibilità del collegio ad una lettura cartacea in luogo dell’ascolto orale, chiarezza dei verbali già formati), così ad esempio prestando il proprio consenso (Tribunale di Roma, neanche 10 giorni fa) in un processo per usura ed estorsione, perchè rassicurato dall’elevata statura professionale del Presidente che era rimasto immutato fin dalla prima udienza, e dunque certamente in grado di illuminare gli altri due giudici sulla condotta più o meno corretta dei testimoni.
Potrei raccontarle la storia di un uomo di 44 anni, Avvocato da 18, che se deve sollevare un’eccezione di incostituzionalità, con nota scritta preavvisa con largo anticipo sia collegio che procura, onde consentire ove possibile la fissazione di un’udienza straordinaria da dedicare a tale imprevisto adempimento, evitando così ai testimoni di venire inutilmente in aula, al PM di trovarsi impreparato alla discussione, e al Presidente di dover rinviare altri processi magari urgenti e gravi, fedele all’insegnamento di un giudice di Roma che aveva appeso fuori dalla propria Aula un motto drammaticamente saggio e meritevole di rispetto: “Il tempo della Giustizia è poco e deve bastare per tutti”.
Potrei raccontarle la storia di un uomo di 44 anni, Avvocato da 18 che avendo maturato, nel corso del processo, una consapevolezza diversa da quella iniziale in ordine alle effettive responsabilità del proprio cliente accusato di atti di libidine verso minori, e valutato che sulla base del quadro probatorio formatosi la misura della pena richiesta dal PM appare equa, si associa alle richieste dell’accusa in sede di conclusioni, e poi a sentenza emessa spedisce una raccomandata al cliente con indicati i termini per impugnare ed il contestuale invito ad eventualmente esercitare tale diritto rivolgendosi ad altro legale.
Il che, sia detto per inciso, non costituisce alcuna deviazione rispetto alla deontologia dell’Avvocato, e anzi ad essa pienamente corrisponde: la funzione del Difensore non è infatti quella di perseguire un’assoluzione ad ogni costo, essendo assai più difficile, delicato ed essenziale il suo dovere, quello cioè di vigilare e battersi affinché l’imputato sia processato secondo le regole, e sia quindi giudicato all’interno di un processo giusto.
Caro dott. Tinti, dopo 18 anni di Professione nel civile, nel penale e finanche nel tributario (e mi creda sempre con risultati pregevoli attestati non dalle mie parole ma dalle sentenze dei Giudicanti) potrei elencarle centinaia di episodi onorevoli e disonoroveli, ora riguardanti gli avvocati, ora i pubblici ministeri, ora i giudici.
Ma non lo farò perchè voglio credere che le affermazioni del suo libro che ho sopra citato, siano il frutto di una svista, di una ingiusta generalizzazione che non appartiene in realtà al suo modo di sentire e di pensare.
Voglio credere che lei condivida la semplice ma preziosa riflessione del mio Collega Oreste Flammini Minuto secondo il quale “Dio, nella sua infinita saggezza, ha distribuito gli incapaci in egual misura in ogni categoria”.
Voglio credere che lei sappia riconoscere a me ed a tantissimi altri silenziosi Difensori, diversi da quelli che descrive nel suo libro, di essere stati e continuare ad essere all’altezza dell’insegnamento di Alfredo de Marsico secondo il quale “ L’Avvocato ha il diritto di difendere con tutte le armi da qualsiasi potere la propria sovranità perché l’Avvocatura è il segno imperituro della difesa dell’uomo libero”.
Voglio credere che in cuor suo ella in realtà ben conosca il tormento e la solitudine di coloro che degnamente indossano la Toga di Avvocato, e spesso soli e silenziosi attraversano a fatica quel percorso ad ostacoli che lei stesso dipingeva con gradevole ironia ad Annozero perché, mi creda, nello sfascio attuale del sistema, il problema di un Difensore spesso non è convincere il Giudice, ma riuscire ad ottenere che il sistema ormai collassato gli consenta di avere prima o poi una qualche udienza in cui chiedere Giustizia per il cittadino che ne ha bisogno: tanto per darle dei numeri, io qui a Roma ho già tre appelli fissati alla fine dell’anno 2010, di fronte ad un Presidente che con rassegnata ironia dennunzia pubblicamente che in alto si è finalmente trovata la soluzione della Giustizia civile, lasciare che i processi si estinguano per morte delle parti.
Il problema allora, e qui sul blog è ben evidente a tutti, non è rinfacciarci reciprocamente delle colpe, bensì rimboccarci le maniche tutti insieme per migliorare le cose.
Ne va dell’onore e della dignità delle Toghe.
Di tutte le Toghe, comprese la mia e la Sua.
Nell’auspicio di leggerLa presto, cordiali saluti.
Andrea Falcetta
Caro Avvocato,
RispondiEliminaVorrei soltanto ringraziarla per aver avuto il coraggio morale di esprimere in modo chiarissimo ed efficace ciò che un Avvocato dovrebbe essere e fare.
Sono particolarmente felice che in questi tempi vi sia ancora qualcuno capace di interpretare correttamente il ruolo dell'Avvocato, contro il cinismo e la visione distorta della giustizia che sembra inarrestabile in questo particolare momento storico.
Non creda mai di esser solo. Sono convinto che la maggior parte della popolazione in fondo la pensa come lei, e forse anche una percentuale non lieve dei suoi colleghi !
P.S. - Ai lettori di questo blog potrei consigliare, sull'argomento, alcuni scritti di illustrissimi giuristi, ma forse ancora più immediata sarebbe la visione del film "...e giustizia per tutti", con Al Pacino. Non perdetelo.
Poco fa ho inviato il seguente messaggio ad una amica psicologa:
RispondiElimina"Solo L'amore può riequilibrare questo mondo reso iniquo dall'odio, l'esercito di amanti si accinge ad invocare San Valentino perché li guidi verso il trionfo definitivo dell'amore"
Così mi ha risposto:" L'esercito degli amanti?... almeno questa battaglia noi ce la risparmiamo. Come sei romantico amico mio ...ma l'odio purtroppo regnerà sempre in qualche animo, perché l'essere umano non è puro, solo i bambini possono insegnarci l'amore vero, perché non sono contaminati. Dovremo ispirarci a loro per essere migliori non agli amanti. Non sei d'accordo?"
Ecco, a proposito del film citato da Paolo Emiliano, soltanto chi mantiene il suo animo candido può essere un ottimo difensore, ma anche un ottimo magistrato e in definitiva un ottimo cittadino.
bartolo iamonte
Premetto di non aver letto il libro "toghe rotte", vedrò di rimediare a questa mia mancanza...
RispondiEliminaPremetto di non essere ne un avvocato e ne un magistrato ma esercito la mia professione in tutt'altro campo, quindi al di fuori del mondo della giustizia.
Premetto di conoscere qualche spezzone del libro poichè ho ascoltato il dott. Tinti su Omnibus e su Annozero e di aver letto qualcosa sul web.
Premetto la mia infinita stima nei confronti sia dell'avv. Andrea Falcetta, stima che è derivata dalla lettura dei vari suoi scritti su questo blog, che nella quasi totalità dei casi ho condiviso i contenuti. E allo stesso tempo la mia stima anche nei confronti del dott. Bruno Tinti del quale apprezzo soprattutto il coraggio, dove di questi tempi denunciare tali storture del sistema pubblicamente non tanto conviene.
In merito alla discussione accesasi sulla questione degli avvocati e della professione svolta in questo paese ci sono da dire molte cose... dal sistema così com'è struturato fino a parlare anche dell'idea che gli stessi avvocati si son fatti del loro ruolo nella società oggi...
Prima di accennare al sistema, che a mio avviso è malato e pieno di pecche, desidero far notare il modello di avvocato che oggi esiste in Italia, dove nella maggior parte dei casi l'etica si è andata a far benedire... e anche di moralità, quando si tratta di soldi, spesso e volentieri vien meno...
Esempi?
Ce ne sono molti ai quali ho assistito, dove non è importante la verità storica dei fatti... ma che il presunto colpevole non sia colpevole, come se la giustizia fosse uno strumento virtuale atto a punire chi ha violato la legge e quindi, in un certo senso, il presunto cirminale diventa vittima, vittima della giustizia. Quindi il presunto criminale ha il diritto di difendersi da tale aggressione e può farlo nominando un avvocato, il quale avrà il compito di difendere il suo cliente/vittima. Ma si dimentica purtroppo l'altra faccia della medaglia, quella più importante, quell'altra faccia che in realtà ha dato un significato al termine "Giustizia", e cioè rendere a chi ha subito il torto l'equo indennizzo, che può essere sia sostanziale, cioè dietro rimborso economico, che penale cioè ripagando il debito nei confronti della società ma soprattutto di chi è stato vittima di azioni illegali.
Ecco secondo me cos'è la giustizia...
Aggiungo e premetto che non sono un giustizialista, ma voglio che l'ago della bilancia non penda ne troppo da l'una e ne troppo dall'altra parte... e in questo paese purtroppo da troppo tempo sta pendendo dalla parte di chi commette i reati... e non penso che ci sia bisogno di dire altro in merito...
Quindi cosa è giusto? Cosa la logica, rimanendo indipendenti al processo, ci porta a scegliere? E cosa la nostra coscienza ci indica come percorso che normalmente dovremmo sostenere?
Certo c'è chi, tra gli avvocati, ragiona in qusto modo, Andrea ci ha regalato degli ottimi esempi, ma proprio questi rari esempi ci portano a riflettere su quanto siamo in errore, se consideriamo tali esempi come giusti e quindi condanniamo chi si comporta contrariamente a questi.
Da qui, infine, possiamo allora parlare di sistema errato o malato. Difatti in questo paese, la nostra cultura in materia di giustizia, non indica come fine di fare giustizia, di ridare alla vittima il giusto risarcimento sia materiale che morale di quanto subito, ma ci sembra indicare che il fine della giustizia sia più tutelare il potenziale criminale più di quanto sia moralmente, logicamente e coscientemente giusto fare.
Certo, non dico di venir meno ai diritti di un qualsiasi imputato, su questo non vorrei esser frainteso, e quindi non indico come causa del male i diritti dell'imputato ma quelli del difensore.
Il problema è proprio sulle responsabilità, che nel nostro paese in alcuni settori vengono meno, che poi comportano i danni evidenti in qualunque settore della nostra società, Quindi: nella giustizia, nella sanità, nella sicurezza, nell'economia, nella finanza, nel lavoro, ecc...
Quindi c'è bisogno di normalizzare il sistema, legiferare in modo da attribuire ad ogni singolo professionista la responsabilità civile e penale sui risultati derivanti dalle sue azioni.
(Per esempio)
Così per gli avvocati che sanno perfettamente di difendere un pedofilo, cercando in tutti i modi di dimostrarne l'innocenza, quando risultano prove schiaccianti che è stato lui a realizzare ciò, o per i mandanti mafiosi di omicidi, ecc... Certo, proposto in questo modo potrebbe risultare un pò sconcertante, ma questo perchè si perde di vista il fine reale della giustizia, gli avvocati e i magistrati sono servi della giustizia e non dell'imputato da difendere o dell'accusatore, ma semplicemente del fine naturale di ciò che è giusto, e cioè della ricerca della verità storica dei fatti e in base a questi realizzare la giustizia.
E così è per la sanità, dove se muore una mamma incinta in procinto di partorire nei corridoi di un ospedale perchè nessuno sa cosa fare o dove andare e la si mette per ore in attesa (fatto reale accaduto 5 o 6 anni fa al cardarelli di napoli) e nessuno risultava responsabile di quanto accaduto.
Così per la politica, dove nelle scelte scellerate delle publbiche amministrazioni, risulta difficile risalire e addebbitare ai diretti responsabili i danni causati, vedi la campania dove i danni causati all'intera società, in termini di salute, di immagine, economici e morali sono incalcolabili e da pagare con altrettanti incalcolabili ergastoli che nessuno purtroppo mai riceverà e chissà alla fine se qualcuno sconterà qualche annettto di galera.
E così via in altri settori...
E' il sistema che va cambiato e sul come magari ne potremmo discutere un'altra volta, anche se è inutile farlo poichè risulta ovvio che impossibile modificarlo.