Gli appunti del giudice Paolo Borsellino pubblicati per la seconda volta
di Giovanna Ieluzzi
(Studentessa)
«Mafia e giustizia. All’apparenza naturale accostamento dei due termini. La mafia (associazione per delinquere) è reato e la giustizia è chiamata a reprimerla. Sicché: la mafia prospera se la giustizia non funziona o funziona male».
Scriveva così Paolo Borsellino, nel 1990, redigendo appunti che sarebbero poi dovuti servire all’impostazione di discorsi da tenere in pubblico.
È Manfredi Borsellino, Commissario di Polizia a Palermo e figlio del giudice scomparso, ad avere raccolto, nello studio di casa, gli scritti privati, le testimonianze su cui il padre lavorava e che ha lasciato incompiuti alla sua morte.
Da essi nasce un libro: “Giustizia e verità. Gli scritti inediti del giudice Paolo Borsellino” (collana dei Quaderni del Consiglio Regionale delle Marche, 2008).
Un libro che somiglia forse più ad un quaderno di bozze, note, tracce di discorsi.
Giorgio Bongiovanni, direttore della rivista Antimafia 2000, curando la pubblicazione di questi appunti autografi, ha deciso di lasciarli esattamente come erano: frammentari, con le loro abbreviazioni, persino con le freccette messe da Borsellino per collegare i pensieri, intervenendo solo dove la comprensione risultava difficoltosa.
Al libro sono accluse le scansioni di alcune pagine di appunti, per il loro indubbio valore di documento e per mostrare la qualità delle scelte editoriali compiute.
Questo per restituire, insieme con i testi, il modo in cui il giudice lavorava, preparandosi a comparire davanti a un uditorio di qualunque genere, ma anche perché essi raccontano un’epoca che ha segnato non la Palermo di allora, ma l’Italia di oggi.
Con un tratto sempre più frettoloso, con un’ironia sempre più graffiante, Borsellino sottolinea la sua disapprovazione nei confronti degli attacchi all’indipendenza della magistratura, ma soprattutto nei confronti di una politica antimafia di facciata, nata in seguito all’emotività connessa alla strage di Capaci.
Ciò che colpisce, nel quadro complessivo dei pensieri di un uomo impegnato in prima persona nella lotta alla mafia e consapevole di come una sentenza di morte già gravasse su di lui, è la nitidezza di analisi del fenomeno Cosa Nostra, dei suoi meccanismi, del suo potere in quanto “anti-stato”.
La questione della criminalità organizzata, oggi, non riguarda solo le cinque regioni italiane direttamente coinvolte dal fenomeno, ma riguarda tutti noi, perché «le mafie non sono solo una organizzazione di persone dedite al crimine, la mafia è un’idea che può insinuarsi nella mente di ognuno: l’idea di prendere una scorciatoia calpestando qualcun altro, l’idea che il più forte abbia il diritto di prevaricare i più deboli, l’idea che il potere e la ricchezza siano la massima aspirazione della vita e che la prepotenza e la violenza siano un mezzo legittimo per raggiungerli», dice Michele Altobelli, Segretario del Consiglio Regionale delle Marche, ente che ha promosso la seconda edizione del volume degli inediti di Borsellino - già arrivato alle stampe nel 2003 ad opera dell’Associazione culturale Falcone e Borsellino e della rivista Antimafia 2000 e sempre curato da Giorgio Bongiovanni.
A partire dalla riedizione del libro, inserito nella promozione dei valori che Antimafia 2000 persegue, nascono varie iniziative a carattere nazionale volte a sensibilizzare un pubblico di cittadini prima che di lettori, perché la legalità non è – e non può essere considerata – un problema marginale nella vita di uno Stato.
A dare voce a questi e a molti altri temi sono il figlio e il fratello del giudice scomparso, Manfredi e Salvatore Borsellino, che si affiancano alla redazione di Antimafia 2000 nel ricordare il sacrificio di tutte le vittime di mafia e nel combattere per il rispetto delle istituzioni.
«Il sogno di mio fratello Paolo era cambiare le cose e lo ha fatto. Come Ingroia, penso che la seconda Repubblica sia nata dal sangue suo e da quello di Falcone» - dice Salvatore Borsellino a Rocca Tiepolo (AN), in occasione del tour promozionale estivo del libro - «Fino alla fine Paolo diceva di essere ottimista, di credere nei giovani. Io non ce la facevo, dopo. Non riuscivo ad andare nelle scuole, a parlare con i ragazzi, perché avevo troppa rabbia. Ho ricominciato solo da poco, da quando il puzzo del compromesso è diventato troppo forte da sopportare».
Alle sue parole, nella medesima occasione, fanno eco quelle di Pasquale Zaccheo: «Lo Stato va tutelato con valori puri e va servito con lealtà e sacrificio, con il coraggio di professare sempre la verità».
Come diceva Martin Luther King, a far paura non sono le parole dei violenti, ma il silenzio degli onesti.
Scusate il quasi OT, ma credo che la persona che nei giorni scorsi ha deciso di gettare la spugna, abbandonando un mondo fatto di corruzione, e abbandonando la vita, meriti un pò della nostra attenzione.
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Affari, boss, politici: la ragnatela dietro il suicidio del prof antimafia
Scritto da Domenico Valter Rizzo
(stralcio)
Al funerale di Parmaliana c’erano quasi duemila persone e due soli politici: Beppe Lumia e Sonia Alfano.
Il funerale si è svolto nella Chiesa del quartiere. La stessa dove la settimana scorsa si era celebrata la festa del patrono. Fuochi d’artificio e la premiazione del torneo parrocchiale di calcetto intitolato alla memoria di Mimmo Tramontata, boss mafioso in servizio permanete effettivo, morto ammazzato tre anni fa.
Luciana